Attorno a ogni città ruota una serie di leggende che stanno a metà tra la superstizione e la curiosità turistica. Abbiamo deciso di iniziare ad approfondire questo tema, partendo da Torino perché è la città in cui questo tipo di leggende ha avuto più successo. Se l’esperimento avrà successo, potrebbe diventare il primo di una serie di numeri a tema.
Al centro di questo numero di S&P trovate una cartina di Torino che riporta i “luoghi del mystero” che abbiamo scelto, contrassegnati con un numero. A ognuno corrisponde un breve pezzo che racconta la storia e, dove è stato possibile, l’origine della leggenda. In qualche caso non abbiamo ancora una risposta soddisfacente, e abbiamo lanciato un “invito a un’indagine” per saperne di più in futuro. Buona lettura!
Al centro di questo numero di S&P trovate una cartina di Torino che riporta i “luoghi del mystero” che abbiamo scelto, contrassegnati con un numero. A ognuno corrisponde un breve pezzo che racconta la storia e, dove è stato possibile, l’origine della leggenda. In qualche caso non abbiamo ancora una risposta soddisfacente, e abbiamo lanciato un “invito a un’indagine” per saperne di più in futuro. Buona lettura!
Sul fatto che Torino rappresenti nell’immaginario collettivo la città magica per eccellenza esistono pochi dubbi e questo stereotipo è legato a doppia mandata alle altre due credenze che vogliono Torino “città diabolica” e Torino “città del mistero”. Per quanto concerne il primo aspetto, la magia di Torino dipenderebbe dalla sua particolare posizione: situata quasi esattamente sul 45° parallelo, segnalato dall’obelisco di Piazza Statuto, si troverebbe su di un punto di intersezione tra misteriose correnti energetiche terrestri (1). Non a caso, secondo numerose leggende di sapore esoterico, la città farebbe parte di un triangolo di magia “bianca” (con Praga e Lione) e uno di magia “nera” (con Londra e San Francisco). La città sarebbe tuttora percorsa da gallerie sotterranee e grotte: nei sotterranei di Palazzo Madama (2), ad esempio, esisterebbero ancora le Grotte Alchemiche frequentate dagli alchimisti di Casa Savoia. Esisterebbe addirittura una lunga galleria che, come raccontato da Massimo Centini nella sua Guida insolita ai misteri, alle leggende e alle curiosità del Piemonte[1]«collegherebbe questo palazzo al Castello di Rivoli, galleria in cui potevano transitare due carrozze affiancate e che sarebbe servita per favorire i collegamenti tra le regali residenze, per celare tresche d’amore o per facilitare precipitose fughe, nonché per nascondere operazioni di politica nazionale ed internazionale lasciando all’oscuro il popolino».
Fin qui l’aspetto magico.
Per quanto concerne invece gli aspetti più misteriosi e diabolici, secondo gli esoteristi la città di Torino è sospesa tra le Forze del Bene e quelle del Male: il suo cuore bianco (2) si troverebbe nel cortile dei Giardini Reali dietro Piazza Castello (la fontana dei Tritoni), mentre il suo cuore nero in piazza Statuto (1). Dando credito ai vari trattati esoterici si scopre infatti che in questa zona, ai tempi dei romani, c’era la vallis occisorum ovvero la necropoli. Proprio in piazza Statuto inoltre sorgeva il patibolo, fino a quando i francesi lo trasferirono in quello che ancora oggi viene detto dai torinesi il “rondò della forca”, all’incrocio tra corso Regina Margherita e via Cigna (3). Ed è sempre in piazza Statuto, in mezzo al giardinetto che ospita l’obelisco, che si troverebbe secondo alcuni iniziati nientemeno che la porta dell’inferno. In realtà, più prosaicamente, andando a cercarla troverete un tombino che porta ad un nodo delle fogne cittadine… Per cautelarsi contro questa poco onorevole collocazione c’è comunque anche una versione alternativa che prevede l’ingresso infernale proprio sotto la fontana del Frejus, collocata al centro della piazza (versione difficile questa volta da verificare, considerato che la fontana pesa centinaia di tonnellate…)
Proseguendo nel giro turistico tra i luoghi magici e misteriosi della città, ci dirigiamo verso il centro per incontrare la soglia dell’infinito rappresentata dalla Fontana Angelica di Piazza Solferino (4), opera di Giovanni Riva che la scolpì nel 1930, dopo essersi aggiudicato il concorso bandito dall’allora ministro Bajnotti. Su questa fontana sono stati scritti fiumi di parole: di volta in volta è stata interpretata come un codice massonico o, come riporta Giuditta Dembech nel suo Torino città magica[2], come un messaggio allegorico dei costruttori di cattedrali. Un messaggio imperituro che secondo l’autrice si potrebbe tradurre come: «ricercate la verità senza fermarvi. Compite la Grande Opera che, dalla Pietra Grezza del vostro ignorare vi porterà alla Pietra Squadrata della Conoscenza, il limite della Sacra Soglia». Tutto questo sarebbe raccontato attraverso simboli, dal ceppo di quercia alla rosa nascosta nel pugno del Gigante, al nido da cui si dipartono i rondinotti (i neofiti che hanno appreso la Parola). I due giganti raffigurati, Boaz e Jaquim, in particolare, rappresenterebbero i guardiani della soglia che immette sull’infinito.
A rafforzare, se mai ce ne fosse bisogno, l’aura di mistero che circonda Torino si potrebbe poi citare il soggiorno del profeta Nostradamus nel 1556, chiamato dai Savoia per seguire la gravidanza di Margherita di Valois, consorte di Emanuele Filiberto. A onor del vero, il soggiorno, testimoniato tra l’altro da una lapide rinvenuta nella cascina Morozzo, è stato di recente messo in dubbio in quanto la gravidanza di Margherita è avvenuta soltanto nel 1561[3]. Ma a Torino avrebbe soggiornato anche un altro personaggio importante (e inquietante): il Conte di Cagliostro, nel 1788. Da Rossotti[4] apprendiamo che Vittorio Amedeo III, vista la fama sinistra del conte, pensò bene di invitarlo ad andarsene il più presto possibile dalla città. Cagliostro, piccato, se ne andò davvero ma non prima di aver lanciato una maledizione che però gli si ripercuoterà contro: dopo poco tempo lo troveremo imprigionato e torturato nel carcere-fortezza di San Leo. Emblematica è pure la presenza del grande filosofo Nietzsche che, dopo aver scritto Ecce Homo, forse per non smentire le forze occulte operanti a Torino, in questa città impazzirà proclamandosi, nel gennaio del 1889, il Cristo risorto.
Le origini della leggenda
Ma da cosa nascono le presunte caratteristiche magico-esoteriche di Torino e da quanto tempo si va consolidando questa credenza?
Per quanto concerne l’origine, è probabile che una certa influenza l’abbia avuta la conformazione urbanistica della città stessa: se da un lato infatti l’impostazione caratterizzata da vie che si intersecano ad angolo retto, lunghi e diritti viali alberati, palazzi uniformi nelle facciate e nelle altezze, porticati che si estendono sempre uguali a se stessi, è il riflesso di una certa razionalità pragmatica, dall’altro gli stessi viali alberati che puntano verso l’orizzonte “infinito” e la stessa regolarizzazione geometrica degli spazi trasmettono una sensazione di enigmatica spiritualità. Per quanto riguarda invece il quando compare questa nomea, Giovanna Spagarino Viglongo[5] riporta la tesi secondo la quale la vocazione alla “magicità” sarebbe antichissima e dovuta all’influsso di certi sortilegi provocati da richiami occulti [dalla presenza del calice del Graal al papiro dei morti conservato nel Museo Egizio (5)]. Altri invece considerano questa presunta malia un’invenzione piuttosto recente, legata al fenomeno migratorio che Torino conobbe nel secondo dopoguerra e che provocò la perdita della sua identità piemontese razional-positivista. Comunque sia andata, non si può certo negare che all’alone di magico mistero contribuirono i Savoia. Dopo la restituzione di Torino da parte degli occupanti francesi in seguito alla pace di Cateau Cambrésis del 1559, Emanuele Filiberto, per giustificare il trasferimento della capitale del ducato proprio a Torino, affidò al barone Filiberto Pingone l’incarico di valorizzare le tradizioni locali. Una grande capitale infatti necessita di un’origine mitica (basti pensare a Roma e al mito di Romolo e Remo). Pingone, a cui la fantasia di certo non mancava, nell’opera Augusta Taurinorum del 1577[6] pensò bene di riprendere l’antica leggenda del principe egizio Fetonte, figlio del Sole e di Iside che, dopo aver rubato il carro all’augusto genitore andò a sfracellarsi, per manifesta imperizia (ma soprattutto per adattarsi ai desiderata di Emanuele Filiberto che aveva commissionato il tutto), proprio alla confluenza dei due fiumi Po e Dora, là dove sorgerà la futura capitale del Regno Sabaudo.
La leggenda verrà ripresa nel secolo successivo da Emanuele Thesauro, intellettuale della corte di Carlo Emanuele II che, con la sua Historia dell’Augusta Città di Torino[7] ne aumenterà ulteriormente la fortuna letteraria, e da questo momento in poi Iside diverrà, per tutti gli amanti dell’occulto, una sorta di santa protettrice esoterica di Torino.
Piazza Castello "Cuore bianco" della città, sarebbe uno dei vertici del triangolo della magia bianca, insieme con Praga e Lione. Tra i suoi punti più carichi di mistero, la Fontana dei Tritoni di Piazzetta Reale, la cancellata del Palazzo Reale con le statue equestri dei Dioscuri, e i sotterranei di Palazzo Madama, dove si troverebbero le Grotte Alchemiche. Influssi benefici sarebbero garantiti anche dalla Sindone, attualmente custodita nel vicino Duomo.
A questo alone di mistero che avvolge la città contribuì, in epoche successive, anche l’opera svolta dalla massoneria con i suoi richiami alle tradizioni esoteriche iniziatiche: come giustamente fanno notare gli autori Bongioanni e Grazzi nel loro libro Torino l’Egitto e l’Oriente[8], il diffondersi delle logge massoniche in epoca napoleonica potè avvenire grazie alle élite culturali già impregnate di idee illuministiche e contemporaneamente aperte a pratiche para-scientifiche come il mesmerismo, al confine con lo spiritismo. E a proposito di spiritismo non si possono non citare le esibizioni di fine ottocento del “magnetizzatore” Donato al Teatro Scribe e l’interesse degli scienziati positivisti come Cesare Lombroso o Enrico Morselli, profondamente improntati al fideismo scientifico, ma contemporaneamente affascinati da tutto ciò che riguardava il mondo dell’occulto ed in particolare i fenomeni medianici.
Questa fama non è limitata al passato: in tempi molto più recenti, Vittorio Messori e Aldo Cazzullo, nel loro libro Il mistero di Torino – due ipotesi su una capitale incompresa del 2005[9], riporteranno quanto scritto dal famoso pittore metafisico Giorgio De Chirico nel 1939: «Torino è la città più profonda, più enigmatica, più inquietante, non d’Italia, ma del mondo».
Neppure Papa Giovanni Paolo II, durante la sua visita a Torino nel settembre 1988 sembrò sfuggire a un’inquietudine particolare quando ebbe a dire «La città di Torino era per me un enigma. Ma, dalla storia della Salvezza, sappiamo che là dove ci sono i Santi entra anche un altro che non si presenta con il suo nome. Si chiama il Principe di questo mondo, il Demonio [...] Tu Torino hai bisogno di una conversione eccezionale, superiore». A pensarci bene però una magia ci sarebbe davvero: nonostante le tante false leggende, miti inventati, sedicenti pratiche esoteriche e segreti massonici, c’è un sacco di gente che, sulla realtà della Torino Magica, sarebbe disposta ancora al giorno d’oggi a mettere la mano sul fuoco. Se non è magia questa...
Giuseppe Ardito
Biologo, ha insegnato antropologia nelle Università di Torino e Firenze
1) Centini M. (1999), Guida insolita ai misteri, ai segreti, alle leggende e alle curiosità del Piemonte, Roma: Newton& Compton.
2) Dembech G. (1978), Torino città magica, Torino: L’Ariete.
4) Rossotti R. (1998), Guida insolita ai misteri, ai segreti, alla leggenda e alla curiosità di Torino, Roma: Newton& Compton.
5) Spagarino Viglongo G, (1993), Torino, Città indemoniata, Almanacco Piemontese 1993.
6) Andrea Viglongo e C. Ed. Torino. Philiberti Pingonii Sabaudi Augusta Taurinorum, Taurini apud haeredes Nicolai Bevilaquae MDLXXVII, cum privilegio.
7) Tesauro D. E., MDCLXXIX Historia dell’Augusta Città di Torino, per Bartolomeo Zappata, Torino.
8) Bongioanni A. e Grazzi R. (1994) Torino L’Egitto e l’Oriente tra storia e leggenda, Torino: L’Angolo Manzoni.
9) Messori V. e Cazzullo A. (2005), Il mistero di Torino. Due ipotesi su una capitale incompresa, Milano: Mondadori.