La cospirazione impossibile

Una sintesi dell’introduzione di Massimo Polidoro al libro 9/11: La cospirazione impossibile, uscito a settembre per Piemme

L’11 settembre 2001 quattro aeroplani dirottati da 19 terroristi arabi si schiantarono contro le Torri Gemelle a New York, contro il Pentagono a Washington e, solo per poco, non riuscirono a distruggere anche la Casa Bianca o il Campidoglio. Fu una devastazione che provocò la morte di quasi 3.000 persone, il più grande attacco subito dagli Stati Uniti sul suolo nazionale dopo quello di Pearl Harbor. Fu anche la tragedia meglio documentata della storia.
Ciò nonostante, a sei anni di distanza, un sondaggio della Scripps News Service e dell’Università dell’Ohio rivela che un americano su tre è convinto che dietro gli attentati ci sia, in un modo o nell’altro, il Governo statunitense.
Già il giorno dopo si diffuse la prima insinuazione. Al-Manar, la rete televisiva di Hezbollah, e il quotidiano siriano al-Thawra informarono i loro lettori e telespettatori che 4.000 israeliani che lavoravano al World Trade Center erano stati avvertiti degli attentati e non si erano presentati al lavoro. Conclusione: l’attacco era stato programmato dagli israeliani e dagli ebrei d’America.
Non importava nulla che tra le vittime di quella mattina ci fossero oltre 400 tra cittadini israeliani e americani di religione israelita o etnia ebraica. L’idea del "complotto sionista" aveva già messo radici e aveva dato la stura a una valanga inarrestabile di ipotesi cospirazioniste di ogni tipo.
Oggi, se si cercano con Google le parole "9/11" e "conspiracy" si trovano un milione e seicentomila pagine web dedicate a sostenere la "vera storia" dell’11 settembre, in contrapposizione con la versione ufficiale, a cui si aggiungono oltre 3.000 saggi e decine di film e documentari.
Ancora una volta, poco importa che la "versione ufficiale" sia il frutto di innumerevoli fonti: non solo la Commissione d’inchiesta sull’11 settembre, ma anche le ricerche condotte da organizzazioni e istituzioni indipendenti, come l’American Society of Civil Engineers, la National Fire Protection Association, la Federal Emergency Management Agency, gli Underwriters Laboratories, il National Institute of Standards and Technologies; università come quella di Columbia, la Purdue University, il Massachusetts Institute of Technology o la Northwestern University; le inchieste di giornalisti provenienti da ogni parte del mondo, che hanno intervistato migliaia di testimoni. Non ultime, le parole dello stesso Osama Bin Laden, che ha più volte rivendicato la responsabilità dell’operazione.
Tra coloro che ritengono di avere scoperto la "verità", invece, molti sostengono che l’amministrazione Bush avrebbe orchestrato un complicatissimo piano per avere il pretesto per scatenare una guerra in Afghanistan e in Iraq e mettere le mani sul petrolio di quella nazione.
Che George W. Bush e i suoi abbiano approfittato degli attentati per i loro più o meno nascosti interessi sono in pochi a dubitarlo. Ma che abbiano mentito su tante cose, soprattutto sulle vere ragioni della guerra, non prova in alcun modo che gli attacchi dell’11 settembre siano stati provocati dallo stesso governo.
Non c’è in circolazione un’unica "teoria del complotto" valida e onnicomprensiva, ma piuttosto tante versioni. C’è chi ritiene responsabili Bush e i suoi cortigiani e chi invece lo vede come un complotto israeliano. Chi lo interpreta come una cospirazione ordita dai baroni del petrolio e dai fabbricanti di armi e chi invece dà la colpa alla CIA e ai servizi deviati. C’è chi pensa che gli attentatori sarebbero stati partner volontari, chi li considera involontari complici manipolati dall’alto e chi addirittura afferma che non sarebbero mai esistiti. Così come non sarebbero nemmeno mai esistite, o sarebbero state in qualche modo tolte di mezzo dall’esercito, le 265 persone imbarcatesi sui quattro voli schiantatisi quella mattina.
Credere a una teoria cospiratoria porta a dover accettare ipotesi sempre meno plausibili. Quante centinaia di migliaia di persone dovrebbero essere necessarie per realizzare tutto questo? Possibile che non si faccia avanti una "gola profonda", rosa dal rimorso, per confessare tutto?
Probabilmente, l’idea che l’11 settembre sia stato un complotto governativo va ricercata nella idealizzazione degli Stati Uniti e dei loro mezzi militari. Il fatto che il sistema di difesa aerea fosse progettato per difendersi da attacchi esterni e non interni; il fatto che i protocolli burocratici e le catene decisionali allungassero i tempi di reazione; il fatto che nessuno avesse previsto un attacco di quel tipo; il fatto insomma che abbiamo a che fare con persone capaci di sbagliare e non con supereroi infallibili non viene preso minimamente in considerazione.
E qui si rivela anche una componente di razzismo nemmeno tanto occulta. Dietro quante di queste teorie, infatti, c’è l’idea che un gruppo di arabi che vivono nelle caverne, o come si legge sul sito Luogocomune.net: «19 beduini armati di taglierino e spray al peperoncino», non sarebbero mai stati in grado di realizzare qualcosa del genere? Spesso, si ha l’impressione che chi caldeggia le ipotesi alternative sull’11 settembre sia convinto di sostenere idee di sinistra. Ma queste idee sono tutt’altro che un’esclusiva della sinistra: alcuni dei più importanti "complottisti" abbracciano idee di estrema destra. Il film Loose Change, per esempio, indica tra le sue fonti più importanti l’American Free Press, un’agenzia di stampa fondata da Willis Carto, uno dei più noti razzisti e antisemiti d’America. Inoltre alcuni autorevoli esponenti della sinistra americana, come Noam Chomsky, si oppongono con forza alle teorie del complotto sull’11 settembre in quanto sposterebbero l’attenzione dalle vere responsabilità politiche dell’amministrazione Bush a malefatte immaginarie e poco credibili, screditando così tutto il movimento di opposizione.
L’idea alla base del libro era quella di presentare un’analisi critica delle principali teorie e interpretazioni alternative offerte in questi anni per spiegare gli attentati terroristici dell’11 settembre 2001.
Per realizzarlo ho chiesto la collaborazione di persone che non solo si occupassero di scienza e sapessero comunicare in maniera chiara a un pubblico non specialistico, ma che avessero un’esperienza riconosciuta nell’esame di teorie controverse e di ipotesi pseudoscientifiche.
Questo gruppo di esperti ha vagliato una per una le più importanti ipotesi relative a quattro argomenti fondamentali: Andrea Ferrero ha preso in esame gli antefatti e i precedenti storici dell’11 settembre; Paolo Attivissimo ha analizzato minuziosamente l’attacco al WTC; Francesco Grassi ha sottoposto a indagine l’attacco al Pentagono e Stefano Bagnasco ha cercato di capire che cosa è accaduto veramente al volo UA93. Lorenzo Montali ha cercato di capire quali sono i meccanismi psicologici alla base della credenza nei complotti, mentre lo storico della scienza Michael Shermer, fondatore della Skeptic Society, ha analizzato gli attentati dal punto di vista di un americano che ha vissuto il dramma del suo Paese e non sopporta chi specula sul dolore di un popolo sfiduciato. A James Randi, il più importante indagatore critico di misteri e di teorie pseudoscientifiche, ho invece chiesto di raccontare la storia di Willy Rodriguez, suo ex assistente personale e uno degli eroi dell’11 settembre. Rodriguez è oggi uno tra i sostenitori più in vista dell’ipotesi secondo cui gli attentati sarebbero un inside job, un lavoro sporco del governo.
Abbiamo poi la fortuna di ospitare anche un intervento di Umberto Eco, che condivide con noi alcune riflessioni sul perché i complotti abbiano sempre tanto successo presso il pubblico, indipendentemente dalle smentite.
Infine, ho chiesto una postfazione al matematico e logico Piergiorgio Odifreddi, che ha presentato una riflessione critica sul post-11 settembre e sulla politica americana che ha fatto seguito a quegli eventi.
Scopo del libro, insomma, è quello di stimolare il ragionamento e non certo difendere la "versione ufficiale" degli attentati. Anche perché il fatto che qualcosa non quadri in una versione non dimostra automaticamente che sia vera la versione opposta, se non ci sono prove indipendenti che la avvalorano.
Ciò che invece ci interessa presentare è un metodo attraverso il quale analizzare gli argomenti e le prove presentate a supporto delle ipotesi alternative. Un metodo che può essere utilizzato, indipendentemente dalle opinioni politiche o dalle opzioni ideologiche che ciascuno può legittimamente avere, se ci si pone l’obiettivo di verificare la fondatezza di un’ipotesi. Se, cioè, si vuole uscire dalla logica che impone di credere a qualcuno solo perché sta "dalla mia parte", sforzandosi invece di provare a capire.
In questo senso non abbiamo la pretesa di spiegare tutto, né d’altra parte pensiamo di essere i depositari della verità sui fatti dell’11 settembre. Siamo però convinti che la ricerca appassionata, rigorosa e razionale sia la sola strada da percorrere per costruire una conoscenza adeguata della realtà sociale.
Il libro è solo una tappa lungo questa strada ma ci auguriamo che, giunti alla fine, anche voi penserete che si tratti di un viaggio che valeva la pena affrontare.
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