Su un sito Internet del governo britannico è possibile, per chiunque, inserire una petizione rivolta al Primo Ministro. La petizione resta sul sito per qualche tempo e tutti i cittadini che vogliono sottoscriverla possono aggiungere il loro nome. Fra le tante petizioni se ne può leggere una, che si è chiusa il 22 aprile 2007, il cui testo recita: «Noi sottoscritti chiediamo al Primo Ministro di perdonare Helen Duncan, l’ultima strega processata in Gran Bretagna». Le firme raccolte sono state solo circa cinquecento, ma l’iniziativa ha fornito occasione ai giornali britannici per rievocare la vicenda della Duncan, la famosa medium scozzese che nel 1944 fu processata a Londra e subì una condanna a nove mesi di carcere.
A proporre la petizione è stato Gordon Wills, che si firma come Barone di Prestoungrange con riferimento a una località in Scozia presso Edimburgo. Wills non ha sangue blu, ma ha comprato il titolo di barone, qualche anno fa, dagli eredi di una famiglia che lo vantava. Nel 2004, sfruttando qualche antiquato privilegio nobiliare, Wills insediò un “tribunale baronale” e proclamò il pardon, ossia una grazia postuma, per 81 persone che furono condannate a morte come streghe nel XVI e XVII secolo nel territorio della sua baronia. Il caso della Duncan non rientrava nella sua (simbolica) giurisdizione, ma il barone ha esteso anche a lei il suo zelo e ha quindi tentato la strada della petizione al governo, in accordo con una discendente della medium e con altri suoi sostenitori che sperano di riabilitarne la memoria.
Quello del 1944 è stato spesso definito, in tutti questi anni, come “l’ultimo processo per stregoneria” e la Duncan è stata perfino indicata come “la sfortunata vittima dell’ultima caccia alle streghe”. Lo stesso barone ha rilasciato dichiarazioni in cui sostiene: «Il processo con la condanna di Helen Duncan come strega fu chiaramente altrettanto un’ingiustizia come quelli del XVI e XVII secolo». E aggiunge: «Si stenta a credere che un tribunale nel XX secolo sia stato disposto a condannare qualcuno per stregoneria». Ma davvero la Duncan fu accusata di essere una strega? No, per niente: semmai fu accusata di non esserlo e di non avere i poteri che diceva di possedere! L’equivoco nasce dal nome della legge in base alla quale la Duncan fu condannata, il Witchcraft Act (Legge contro la stregoneria) del 1735. Quel titolo era infatti lo stesso di altre precedenti leggi in base alle quali, in epoca anteriore (e fino a non molti anni prima), tante “streghe” furono condannate all’impiccagione. Ma quella del 1735 (o 1736, quando entrò in vigore) rovesciava la situazione. Fu una legge moderna e illuminata, che di fatto pose fine all’epoca della caccia alle streghe in Inghilterra e Scozia. Negava la reale esistenza dei poteri magici prima di allora attribuiti alle streghe (quali sortilegi, malefici, evocazione dei morti), e condannava a una lieve pena, al massimo un anno di carcere, le persone che pretendevano, cioè fingevano di avere simili poteri e se ne servivano per ingannare il prossimo. Venivano condannati quelli che pretendevano di esercitare, come recita il testo della legge, «ogni genere di stregoneria, magia, incantamento o evocazione», o che affermavano di predire il futuro o di saper ritrovare beni o bestiame rubati, e ciò con lo scopo di «prevenire e punire» pratiche «con le quali le persone ignoranti vengono spesso ingannatee defraudate».
Helen Duncan (1897-1956) era una medium, famosa in tutto il regno, che teneva sedute spiritiche a pagamento. Dava ai suoi clienti l’illusione di parlare con i loro morti e perfino di vederne i fantasmi materializzati. Fu arrestata durante una seduta a Portsmouth nel gennaio 1944 e fu rilasciata in settembre. Sotto il profilo legale, i motivi per infliggerle la pena, in base al testo della legge del 1735, c’erano tutti. Però in quel processo sono stati visti aspetti strani. Era singolare che si invocasse una legge tanto antica e che si usasse tanta severità. Le sedute medianiche erano molto comuni nell’Inghilterra di quegli anni, ma non si ha notizia di altre medium che venissero incarcerate per un periodo così lungo. Sono state fatte diverse ipotesi, più o meno fantasiose ma forse con un fondo di realtà, per configurare un retroscena a quella vicenda. Si è parlato di servizi segreti britannici, di spionaggio tedesco, dei preparativi per lo sbarco delle truppe alleate in Normandia, di due navi da guerra affondate. Forse avremo occasione di riparlarne.
A proporre la petizione è stato Gordon Wills, che si firma come Barone di Prestoungrange con riferimento a una località in Scozia presso Edimburgo. Wills non ha sangue blu, ma ha comprato il titolo di barone, qualche anno fa, dagli eredi di una famiglia che lo vantava. Nel 2004, sfruttando qualche antiquato privilegio nobiliare, Wills insediò un “tribunale baronale” e proclamò il pardon, ossia una grazia postuma, per 81 persone che furono condannate a morte come streghe nel XVI e XVII secolo nel territorio della sua baronia. Il caso della Duncan non rientrava nella sua (simbolica) giurisdizione, ma il barone ha esteso anche a lei il suo zelo e ha quindi tentato la strada della petizione al governo, in accordo con una discendente della medium e con altri suoi sostenitori che sperano di riabilitarne la memoria.
Quello del 1944 è stato spesso definito, in tutti questi anni, come “l’ultimo processo per stregoneria” e la Duncan è stata perfino indicata come “la sfortunata vittima dell’ultima caccia alle streghe”. Lo stesso barone ha rilasciato dichiarazioni in cui sostiene: «Il processo con la condanna di Helen Duncan come strega fu chiaramente altrettanto un’ingiustizia come quelli del XVI e XVII secolo». E aggiunge: «Si stenta a credere che un tribunale nel XX secolo sia stato disposto a condannare qualcuno per stregoneria». Ma davvero la Duncan fu accusata di essere una strega? No, per niente: semmai fu accusata di non esserlo e di non avere i poteri che diceva di possedere! L’equivoco nasce dal nome della legge in base alla quale la Duncan fu condannata, il Witchcraft Act (Legge contro la stregoneria) del 1735. Quel titolo era infatti lo stesso di altre precedenti leggi in base alle quali, in epoca anteriore (e fino a non molti anni prima), tante “streghe” furono condannate all’impiccagione. Ma quella del 1735 (o 1736, quando entrò in vigore) rovesciava la situazione. Fu una legge moderna e illuminata, che di fatto pose fine all’epoca della caccia alle streghe in Inghilterra e Scozia. Negava la reale esistenza dei poteri magici prima di allora attribuiti alle streghe (quali sortilegi, malefici, evocazione dei morti), e condannava a una lieve pena, al massimo un anno di carcere, le persone che pretendevano, cioè fingevano di avere simili poteri e se ne servivano per ingannare il prossimo. Venivano condannati quelli che pretendevano di esercitare, come recita il testo della legge, «ogni genere di stregoneria, magia, incantamento o evocazione», o che affermavano di predire il futuro o di saper ritrovare beni o bestiame rubati, e ciò con lo scopo di «prevenire e punire» pratiche «con le quali le persone ignoranti vengono spesso ingannatee defraudate».
Helen Duncan (1897-1956) era una medium, famosa in tutto il regno, che teneva sedute spiritiche a pagamento. Dava ai suoi clienti l’illusione di parlare con i loro morti e perfino di vederne i fantasmi materializzati. Fu arrestata durante una seduta a Portsmouth nel gennaio 1944 e fu rilasciata in settembre. Sotto il profilo legale, i motivi per infliggerle la pena, in base al testo della legge del 1735, c’erano tutti. Però in quel processo sono stati visti aspetti strani. Era singolare che si invocasse una legge tanto antica e che si usasse tanta severità. Le sedute medianiche erano molto comuni nell’Inghilterra di quegli anni, ma non si ha notizia di altre medium che venissero incarcerate per un periodo così lungo. Sono state fatte diverse ipotesi, più o meno fantasiose ma forse con un fondo di realtà, per configurare un retroscena a quella vicenda. Si è parlato di servizi segreti britannici, di spionaggio tedesco, dei preparativi per lo sbarco delle truppe alleate in Normandia, di due navi da guerra affondate. Forse avremo occasione di riparlarne.