Dunque l'infaticabile Piero Angela è tornato alla carica e ha riportato sulla breccia un per ora piccolo gruppo di uomini di scienza e di cultura, compresi i tre premi Nobel Daniel Bovet, Rita Levi Montalcini e Carlo Rubbia, per ridare slancio a una battaglia che egli combatte ormai da quasi due decenni. Si tratta di un Comitato italiano per il controllo delle affermazioni sul paranormale, affine ad analoghe iniziative spontanee esistenti in altri paesi. Una nuova forma di censura? Tutt'altro. Si potrebbe definire piuttosto una nuova forma di servizio che fornisce gratuitamente al grande pubblico valutazioni obiettive e rigorose circa le troppe notizie, per lo più "incontrollate", o controllate solo nel senso del loro presumibile "fare notizia", che i nostri mezzi di comunicazione di massa continuano a divulgare sia pure in forme che mi sembrano meno sfacciate di quanto accadeva non molti anni fa. Insomma una specie di vaglio critico permanente, che alla lunga dovrebbe limitare il fenomeno per cui il pubblico si sente avallare come veri o quantomeno credibili «fatti che non sono stati adeguatamente controllati o che si sono poi rivelati frutto di errori o di mistificazione». Ma un'iniziativa analoga Angela già l'aveva promossa una decina d'anni fa. Il riprenderla ora non equivale a una dichiarazione di fallimento? Non significa ammettere che l'irrazionale trionfa più che mai, non solo presso i più sprovveduti ma anche presso la gente di media cultura, e persino fra intellettuali e politici? E che questo accada in qualche misura anche in Italia, sia pure senza coinvolgere lo stesso Presidente, come è avvenuto in America con Reagan? La pianta della credulità ingenua e irrazionale non si è rivelata forse inestirpabile?
Ma proprio Angela ha dimostrato che un'azione seria di smitizzazione e messa a punto, e anche se necessario di denuncia delle mistificazioni, può riuscire molto efficace: lo rivelarono i sondaggi operati prima e dopo certe sue serie televisive. E credo che oggi ogni pur modesto successo che si riesca a ottenere in questa direzione acquisti una rilevanza anche maggiore che in passato. La ragione è molto semplice: la fiducia nella scienza e nella stessa "razionalità" è fortemente in crisi anche per ragioni del tutto indipendenti da indulgenze al paranormale o a pseudoscienze astrali. Da un lato non solo il credere che esista una stabile verità scientifica, ma persino che si possa disporre di un metodo scientifico sicuramente e universalmente valido è messo in forse dalla stessa critica epistemologica. Da un altro lato la gente comune ha sempre minor fiducia che la scienza assicuri un reale progresso. Non è più soltanto Hiroshima e la bomba H che alla scienza si rimprovera, ma anche e soprattutto i disastri ecologici in atto e quelli paventati. Insomma l'approccio scientifico ai problemi è assai meno popolare di dieci o quindici anni fa.
In questo clima la peggiore delle iatture che possono capitarci sarebbe quella di una stabile saldatura fra questa sorta di assai diffuso disincanto circa il valore e le possibilità della scienza e quel del pari diffuso indulgere in positivo all'irrazionale che è costituito dalla credenza nei fenomeni paranormali. Proprio quando la progressiva presa di coscienza delle malefatte di applicazioni tecniche imprudenti, quando non sconsiderate, delle conoscenze scientifiche dovrebbe portare le società avanzate a chiedere alla scienza molto di più che in passato (anche in termini di responsabilità e autocontrollo), rischia invece di svilupparsi verso di essa un atteggiamento di diffidenza e di rifiuto. Esso, del resto, già in qualche misura esiste ed è operante: lo dimostrerebbero, si è scritto, anche i tagli ai finanziamenti della ricerca verificatisi in diversi paesi. Finché la gente si limita a giocare col proprio oroscopo, niente da ridire. Ma sarebbe una iattura che per l'"effetto serra" si cercassero (a buon mercato) spiegazioni astrologiche e si invocassero congruenti rimedi. È invece urgentissimo persuadere la gente che occorrono in proposito ulteriori ricerche scientifiche complicate e costose, da estendersi anche alle ipotizzabili combinazioni di fonti energetiche che consentano uno sviluppo ragionevole del Sud del mondo senza mandare arrosto il pianeta. Ed esempi del genere si potrebbero facilmente moltiplicare per dieci o per cento. La cosa più difficile nel clima che ho detto, sarà di non dar l'impressione di assumere nel demistificare il fantastico e il cervellotico, atteggiamenti di vecchio scientismo troppo aprioristico e sicuro di sé, quello per esempio che rifiuta la notizia di un accadimento strano solo perché non riesce a spiegarlo, anziché cercarne eventuali evidenze intersoggettive o denunciarne l'assoluta assenza. I programmi della nostra scuola media richiedono "di far acquisire all'alunno il metodo scientifico", che non è pretesa troppo ambiziosa riferita a qualunque età se vuol dire saper anzitutto distinguere ciò che ha qualche fondamento da ciò che non ne ha in affermazioni che vengono fatte e magari ripetute con tutta convinzione.
Ma proprio Angela ha dimostrato che un'azione seria di smitizzazione e messa a punto, e anche se necessario di denuncia delle mistificazioni, può riuscire molto efficace: lo rivelarono i sondaggi operati prima e dopo certe sue serie televisive. E credo che oggi ogni pur modesto successo che si riesca a ottenere in questa direzione acquisti una rilevanza anche maggiore che in passato. La ragione è molto semplice: la fiducia nella scienza e nella stessa "razionalità" è fortemente in crisi anche per ragioni del tutto indipendenti da indulgenze al paranormale o a pseudoscienze astrali. Da un lato non solo il credere che esista una stabile verità scientifica, ma persino che si possa disporre di un metodo scientifico sicuramente e universalmente valido è messo in forse dalla stessa critica epistemologica. Da un altro lato la gente comune ha sempre minor fiducia che la scienza assicuri un reale progresso. Non è più soltanto Hiroshima e la bomba H che alla scienza si rimprovera, ma anche e soprattutto i disastri ecologici in atto e quelli paventati. Insomma l'approccio scientifico ai problemi è assai meno popolare di dieci o quindici anni fa.
In questo clima la peggiore delle iatture che possono capitarci sarebbe quella di una stabile saldatura fra questa sorta di assai diffuso disincanto circa il valore e le possibilità della scienza e quel del pari diffuso indulgere in positivo all'irrazionale che è costituito dalla credenza nei fenomeni paranormali. Proprio quando la progressiva presa di coscienza delle malefatte di applicazioni tecniche imprudenti, quando non sconsiderate, delle conoscenze scientifiche dovrebbe portare le società avanzate a chiedere alla scienza molto di più che in passato (anche in termini di responsabilità e autocontrollo), rischia invece di svilupparsi verso di essa un atteggiamento di diffidenza e di rifiuto. Esso, del resto, già in qualche misura esiste ed è operante: lo dimostrerebbero, si è scritto, anche i tagli ai finanziamenti della ricerca verificatisi in diversi paesi. Finché la gente si limita a giocare col proprio oroscopo, niente da ridire. Ma sarebbe una iattura che per l'"effetto serra" si cercassero (a buon mercato) spiegazioni astrologiche e si invocassero congruenti rimedi. È invece urgentissimo persuadere la gente che occorrono in proposito ulteriori ricerche scientifiche complicate e costose, da estendersi anche alle ipotizzabili combinazioni di fonti energetiche che consentano uno sviluppo ragionevole del Sud del mondo senza mandare arrosto il pianeta. Ed esempi del genere si potrebbero facilmente moltiplicare per dieci o per cento. La cosa più difficile nel clima che ho detto, sarà di non dar l'impressione di assumere nel demistificare il fantastico e il cervellotico, atteggiamenti di vecchio scientismo troppo aprioristico e sicuro di sé, quello per esempio che rifiuta la notizia di un accadimento strano solo perché non riesce a spiegarlo, anziché cercarne eventuali evidenze intersoggettive o denunciarne l'assoluta assenza. I programmi della nostra scuola media richiedono "di far acquisire all'alunno il metodo scientifico", che non è pretesa troppo ambiziosa riferita a qualunque età se vuol dire saper anzitutto distinguere ciò che ha qualche fondamento da ciò che non ne ha in affermazioni che vengono fatte e magari ripetute con tutta convinzione.