Cosa lega la United States Coast Guard alla flotta di Cristoforo Colombo e alla mitica squadriglia degli Avenger, dispersa dopo essere partita in volo di addestramento da Fort Lauderdale?
Cristoforo Colombo partì per dimostrare, contro ogni pronostico, che era possibile "buscar el Levante por el Ponente". Ma i Re di Spagna in realtà finanziarono la sua impresa non tanto nel nome della scienza e della conoscenza, quanto piuttosto per la molto più prosaica sete di nuove terre da colonizzare e dominare.
Ecco che allora, alla partenza della piccola flotta, promisero a chiunque avesse avvistato una nuova terra una consistente rendita vitalizia.
Quando dunque, la sera del 11 ottobre 1492 , dopo quasi due mesi di navigazione, Colombo, a bordo della Santa Maria, percepisce strani segnali, anomalie della bussola, il passaggio di una meteora e un inesplicabile brillio del mare, non mostra segni di agitazione, ma anzi rassicura i suoi uomini dicendo di aver visto "una luce in terra che poteva essere candela o torcia di pescatori o di viandanti". Per secoli dunque si tramandò questa leggenda di segni premonitori e oscuri che avrebbero guidato quei mitici navigatori verso la loro scoperta, in una zona sospettosamente vicina a quella oggi meglio nota come il Triangolo delle Bermuda. Ma Colombo era un uomo di mare assai esperto, forse insieme a Cook il più grande marinaio di tutti i tempi, capace di mettere in dubbio le correnti opinioni sulla circumnavigabilità del globo, che lui, a ragione, sosteneva possibile.
Ben altri segni aveva visto, che lo avevano indotto a credere che la terra fosse vicina, giunchi e bastoni che galleggiavano sull'acqua, pesci tipici che indicavano la vicinanza degli scogli, uccelli terrestri, pesci volanti luminosi, ma si era ben guardato dal palesare tali avvistamenti al suo equipaggio perché solo chi "avesse visto per primo la costa" si sarebbe aggiudicato il vitalizio della Regina Isabella. Così, ancor prima che un anonimo marinaio dalla coffa della Pinta pronunciasse la fatidica frase "Terra in vista!", Cristoforo Colombo si era già assicurato il privilegio di essere stato il primo della sua flotta ad averla avvistata.
Si spiega così il mistero di Colombo, che secondo molti sarebbe legato alla maledizione del Triangolo delle Bermuda, e che invece va ricondotto, molto più semplicemente, all'arguto calcolo di convenienza di un coraggioso, e sapiente, marinaio genovese.
E la squadriglia perfettamente addestrata che pilotava gli Avenger, che, secondo quanto affermano i sostenitori della pericolosità del Triangolo, non si sarebbe mai fatta confondere da un banale guasto alla strumentazione, composta da un equipaggio ardito che conosceva perfettamente la zona, che cosa potrebbe avere a che fare, allora, con il mitico navigatore del 1492?
Il legame è lo stesso, una non verità, o meglio una verità parziale, poiché solo certi elementi della storia sono stati portati alla luce mentre altri sono rimasti sommersi o volutamente dimenticati.
Quella degli Avenger in realtà non era affatto una squadriglia, ma una semplice flotta di aerei in volo di addestramento, uno solo era il pilota esperto, peraltro da pochissimo trasferito e quindi niente affatto pratico della zona, gli altri erano tutti allievi. Proprio per non trasferire le comunicazioni sul canale d'emergenza, nel timore che qualcuno dei suoi aspiranti piloti non fosse in grado di trovare la nuova frequenza, il comandante Taylor non riuscì a ricevere le informazioni della Torre di Controllo che gli avrebbero salvato la vita, dopo un banale guasto tecnico della strumentazione di bordo. Proprio l'ordine di restare sempre in formazione e la loro assoluta fedeltà al protocollo impedì anche a uno solo degli allievi di rendersi conto dell'errore e di invertire la rotta autonomamente. Così nessuno tornò indietro a raccontare i motivi del disastro. Altro che una squadra di veterani che sorvolavano un mare calmo in una serata serena, la pattuglia degli Avenger era composta da un istruttore che aveva perso l'orientamento e da quattro allievi piloti che cercavano, totalmente fuori rotta, di compiere un ammaraggio di fortuna nel mezzo di una burrasca caratterizzata da "forti turbolenze e difficili condizioni di volo" con "forte vento e mare molto mosso". E i soccorsi, contrariamente a quanto affermato da più parti, non partirono affatto pochi minuti dopo l'ultimo messaggio di soccorso, cioè alle 16,45, ma bensì quasi tre ore dopo, alle 19,27. Niente di strano che non venisse trovata alcuna traccia di quegli aerei che, secondo le schede tecniche di costruzione erano sì in grado di affrontare un ammaraggio di fortuna, ma, come dimostrato dalle prove di collaudo, sarebbero affondati in meno di un minuto. E il Mariner che fu inviato in soccorso e che non fece mai più ritorno alla base, probabilmente esplose ventitré minuti dopo essersi alzato in volo. Era infatti un tipo di aereo comunemente noto come "tanica di benzina volante" a causa delle pericolose esplosioni che sprigionava.
Nessun mistero dunque, stando anche al rapporto della United States Coast Guard, che riporta dati ben precisi. Ogni anno attraversano la zona compresa nel Triangolo delle Bermuda almeno 150 mila navi, circa 10 mila mandano occasionali richieste di soccorso, ma solo 5 di queste vengono ritenute disperse. Considerando i fattori meteorologici e climatici, la vastità della zona e l'alta densità di traffico navale e aereo, questi non sono ritenuti, a livello statistico, dati allarmanti né tanto meno anomali.
Per concludere con le parole di Larry Kusche, la leggenda sul Triangolo delle Bermuda "è un mistero del tutto inventato, costruito su ricerche negligenti e alimentato da scrittori e giornalisti che, intenzionalmente o meno, hanno fatto uso di errori, sviste, bugie e sensazionalismo".
Sarebbe bastato approfondire i fatti, leggere le pagine del rapporto sulla pattuglia degli Avenger, documentarsi sulla cupidigia dei regnanti di Spagna, e consultare i dati della Coast Guard per appurare la verità. Accertamenti alla portata di tutti, informazioni pubbliche e facilmente accessibili che però nessuno pare si sia dato la pena di consultare. Molto più facile, certo, ripetere all'infinito la stessa eterna leggenda priva di alcun fondamento.
Del resto, come già diceva Oscar Wilde, "l'uomo può credere nell'impossibile, ma non crederà mai nell'improbabile".
Cristoforo Colombo partì per dimostrare, contro ogni pronostico, che era possibile "buscar el Levante por el Ponente". Ma i Re di Spagna in realtà finanziarono la sua impresa non tanto nel nome della scienza e della conoscenza, quanto piuttosto per la molto più prosaica sete di nuove terre da colonizzare e dominare.
Ecco che allora, alla partenza della piccola flotta, promisero a chiunque avesse avvistato una nuova terra una consistente rendita vitalizia.
Quando dunque, la sera del 11 ottobre 1492 , dopo quasi due mesi di navigazione, Colombo, a bordo della Santa Maria, percepisce strani segnali, anomalie della bussola, il passaggio di una meteora e un inesplicabile brillio del mare, non mostra segni di agitazione, ma anzi rassicura i suoi uomini dicendo di aver visto "una luce in terra che poteva essere candela o torcia di pescatori o di viandanti". Per secoli dunque si tramandò questa leggenda di segni premonitori e oscuri che avrebbero guidato quei mitici navigatori verso la loro scoperta, in una zona sospettosamente vicina a quella oggi meglio nota come il Triangolo delle Bermuda. Ma Colombo era un uomo di mare assai esperto, forse insieme a Cook il più grande marinaio di tutti i tempi, capace di mettere in dubbio le correnti opinioni sulla circumnavigabilità del globo, che lui, a ragione, sosteneva possibile.
Ben altri segni aveva visto, che lo avevano indotto a credere che la terra fosse vicina, giunchi e bastoni che galleggiavano sull'acqua, pesci tipici che indicavano la vicinanza degli scogli, uccelli terrestri, pesci volanti luminosi, ma si era ben guardato dal palesare tali avvistamenti al suo equipaggio perché solo chi "avesse visto per primo la costa" si sarebbe aggiudicato il vitalizio della Regina Isabella. Così, ancor prima che un anonimo marinaio dalla coffa della Pinta pronunciasse la fatidica frase "Terra in vista!", Cristoforo Colombo si era già assicurato il privilegio di essere stato il primo della sua flotta ad averla avvistata.
Si spiega così il mistero di Colombo, che secondo molti sarebbe legato alla maledizione del Triangolo delle Bermuda, e che invece va ricondotto, molto più semplicemente, all'arguto calcolo di convenienza di un coraggioso, e sapiente, marinaio genovese.
E la squadriglia perfettamente addestrata che pilotava gli Avenger, che, secondo quanto affermano i sostenitori della pericolosità del Triangolo, non si sarebbe mai fatta confondere da un banale guasto alla strumentazione, composta da un equipaggio ardito che conosceva perfettamente la zona, che cosa potrebbe avere a che fare, allora, con il mitico navigatore del 1492?
Il legame è lo stesso, una non verità, o meglio una verità parziale, poiché solo certi elementi della storia sono stati portati alla luce mentre altri sono rimasti sommersi o volutamente dimenticati.
Quella degli Avenger in realtà non era affatto una squadriglia, ma una semplice flotta di aerei in volo di addestramento, uno solo era il pilota esperto, peraltro da pochissimo trasferito e quindi niente affatto pratico della zona, gli altri erano tutti allievi. Proprio per non trasferire le comunicazioni sul canale d'emergenza, nel timore che qualcuno dei suoi aspiranti piloti non fosse in grado di trovare la nuova frequenza, il comandante Taylor non riuscì a ricevere le informazioni della Torre di Controllo che gli avrebbero salvato la vita, dopo un banale guasto tecnico della strumentazione di bordo. Proprio l'ordine di restare sempre in formazione e la loro assoluta fedeltà al protocollo impedì anche a uno solo degli allievi di rendersi conto dell'errore e di invertire la rotta autonomamente. Così nessuno tornò indietro a raccontare i motivi del disastro. Altro che una squadra di veterani che sorvolavano un mare calmo in una serata serena, la pattuglia degli Avenger era composta da un istruttore che aveva perso l'orientamento e da quattro allievi piloti che cercavano, totalmente fuori rotta, di compiere un ammaraggio di fortuna nel mezzo di una burrasca caratterizzata da "forti turbolenze e difficili condizioni di volo" con "forte vento e mare molto mosso". E i soccorsi, contrariamente a quanto affermato da più parti, non partirono affatto pochi minuti dopo l'ultimo messaggio di soccorso, cioè alle 16,45, ma bensì quasi tre ore dopo, alle 19,27. Niente di strano che non venisse trovata alcuna traccia di quegli aerei che, secondo le schede tecniche di costruzione erano sì in grado di affrontare un ammaraggio di fortuna, ma, come dimostrato dalle prove di collaudo, sarebbero affondati in meno di un minuto. E il Mariner che fu inviato in soccorso e che non fece mai più ritorno alla base, probabilmente esplose ventitré minuti dopo essersi alzato in volo. Era infatti un tipo di aereo comunemente noto come "tanica di benzina volante" a causa delle pericolose esplosioni che sprigionava.
Nessun mistero dunque, stando anche al rapporto della United States Coast Guard, che riporta dati ben precisi. Ogni anno attraversano la zona compresa nel Triangolo delle Bermuda almeno 150 mila navi, circa 10 mila mandano occasionali richieste di soccorso, ma solo 5 di queste vengono ritenute disperse. Considerando i fattori meteorologici e climatici, la vastità della zona e l'alta densità di traffico navale e aereo, questi non sono ritenuti, a livello statistico, dati allarmanti né tanto meno anomali.
Per concludere con le parole di Larry Kusche, la leggenda sul Triangolo delle Bermuda "è un mistero del tutto inventato, costruito su ricerche negligenti e alimentato da scrittori e giornalisti che, intenzionalmente o meno, hanno fatto uso di errori, sviste, bugie e sensazionalismo".
Sarebbe bastato approfondire i fatti, leggere le pagine del rapporto sulla pattuglia degli Avenger, documentarsi sulla cupidigia dei regnanti di Spagna, e consultare i dati della Coast Guard per appurare la verità. Accertamenti alla portata di tutti, informazioni pubbliche e facilmente accessibili che però nessuno pare si sia dato la pena di consultare. Molto più facile, certo, ripetere all'infinito la stessa eterna leggenda priva di alcun fondamento.
Del resto, come già diceva Oscar Wilde, "l'uomo può credere nell'impossibile, ma non crederà mai nell'improbabile".