Non è facile leggere la vita di un personaggio curioso come Marcello Creti, perché sembra composta da due parti distinte e separate.
Nacque a Roma il 16 aprile 1922. Suo padre, Mario Creti (1881-1969) era un uomo ricco, molto ricco. Di nobile famiglia pugliese, si stabilì a Roma, dove divenne un finanziere importante e un acquirente munifico di edifici e ville di campagna. La prima moglie gli morì nel 1918 a causa dell’influenza spagnola. Risposatosi subito, ebbe due figli: Marcello, e, un anno dopo, una bambina.
Marcello cresce in una grande villa di Grottaferrata, nei Castelli Romani, ed è lì che il ragazzino comincia a manifestare un’insana passione per le tecnologie e le innovazioni più ardite. Frequenta il liceo classico, ma studia in casa, “per motivi di salute”. Non pare brillare nelle lingue antiche, ma l’ingegneria gli piace da matti. Fra i quindici e i diciotto anni progetta, realizza e in parte brevetta un po’ di tutto, compresa una “automobile autarchica”.
A sedici anni e mezzo finisce sui giornali per due invenzioni nel campo delle comunicazioni: un sistema efficiente di telefonia in vivavoce (brevettato come “Amplitele”, in grado di ridurre l’effetto Larsen, il ritorno tra amplificatore e microfono) e, soprattutto, un apparecchio per “teleriunioni”, cioè per condividere una telefonata fra più persone distanti - cosa a quel tempo assai difficile.
Assurge a notorietà generale, fino a diventare una specie di modello dell’italiano giovane e geniale, la cui intelligenza è al servizio totale della patria. Il 21 febbraio 1940, nemmeno diciottenne, è ricevuto da Mussolini insieme al padre: a presentarlo è Vittorio Cini, il commissario per l’E42, l’esposizione universale prevista per il 1942 a Roma e mai realizzata. Creti vince premi in denaro, viene intervistato, si dice certo della «fiducia accordatami dal Duce».
Questa fascinazione per l’invenzione - nel senso letterale del termine - è una delle cose che tiene insieme la gioventù di Creti, caratterizzata da un’attenzione pubblica sorprendente, e la sua maturità. In apparenza le due parti dell’esistenza di quest’uomo si direbbero scollegate. Nella prima è un genio italico sostenuto dall’alta estrazione sociale e dal contesto politico; nella seconda è il deus ex machina di un cenacolo di sodali, spesso appassionati di occultismo, che in Creti scorgevano l’iniziatore di quello che sotto molti profili fu un effimero, nuovo movimento religioso.
Non è chiaro quando nacque l’“Associazione Culturale Ergoniana di Sapientia”: Creti affermava di averla fondata giovanissimo, ma in realtà il gruppo cominciò a farsi conoscere sul serio a partire dagli inizi degli anni '80. Il circolo degli ergoniani probabilmente rimase limitato ad alcune decine di persone; eppure per anni, grazie forse anche alle larghe disponibilità economiche di Creti, si riunì in un antico monastero restaurato nei pressi di Sutri, nel viterbese, con annesse ampie aree verdi e giardino.
Prima di diventare Associazione Ergoniana e virare verso l’esoterismo in ogni sua forma, il luogo ospitò la prima iniziativa post-bellica del nostro inventore , il “Centro Romano Esperienze Tecniche Industriali”, che - se non lo aveste notato - ha per sigla C.R.E.T.I. Qui cominciò a spiegare di essere in grado di canalizzare spiriti superiori, le cui rivelazioni furono raccolte in una serie di libri e libretti dai titoli incredibili - fra gli altri, Gli Anthalidei e I Cosmitron (528 pagine con trascrizione di centinaia di messaggi ricevuti fra il 1974 e il 1976 durante una serie di trance).
Dai video realizzati durante le riunioni e dalle interviste trasmesse sulle televisioni laziali negli anni '80-’90, si direbbe che il clima in casa ergoniana fosse conviviale, quasi familiare, con frequenti celebrazioni intorno a lunghe tavolate - rigorosamente vegetariane - presiedute dallo stesso Creti. Evidente era pure la commistione fra ergoniani e piccoli gruppi neo-templari, di quelli che solo il provincialismo italiano è stato in grado produrre, con conseguenti iniziazioni e attribuzioni di titoli tanto altisonanti quanto innocui. Nel 1996 una delle sue più attive sostenitrici, Daniela Frattura, scrisse su di lui un volume agiografico, Storia di un medium, stampato a Frascati e oggi introvabile; nell’autunno del 1998 a Sutri arrivarono invece quelli di Report di RaiTre.
Certo, a leggere gli opuscoli, le rivelazioni di Creti lasciano senza parole. Gli ergoniani, infatti, altro non sono se non individui destinati a diventare superuomini e superdonne: quelli dell’ergon greco, cioè l’opera, la forza, perché in realtà sono energhes, attivi. Gli individui più pronti a “evolvere” erano, sappiatelo, i discendenti degli anthalidei, cioè gli eredi di una civiltà di saggi, scomparsa - una civiltà che in alcuni, ben disposti per animo, sarebbe stato possibile restaurare. Del resto, nel corso delle sue ricerche archeologiche guidate dalla medianità, Creti sosteneva di aver trovato presso Roma i resti della perduta Anthalide, che conservava nella sede dell’associazione.
Ma al centro del pensiero di Creti, ancora una volta, saltano fuori le cose mai dimenticate della sua precoce genialità, ossia l’invenzione e la tecnica, e soprattutto i sistemi ineffabili per trasformare uomini e donne. La forza che tiene insieme la realtà per Creti non è altro che Ergos, che poi, pur essendo una parola greca, per lui è l’acronimo di Energia Radiante Governante Ogni Scienza. Fra le mille trovate di Creti, una sonda che rileva “l’irradiazione bioenergetica” dei corpi: in caso di squilibri, grazie all’impianto installato nella sede di Sutri, è possibile restaurare l’irradiazione e diventare via via ergoniani completi, “restaurati”, appunto. Non mancano credenze estreme sui dischi volanti, che compiono i loro voli nei cieli del pianeta uscendo ed entrando da due grandi cavità poste ai poli - insomma, Creti è anche un sostenitore dell’origine “sotterranea” degli UFO, una bizzarra commistione con la teoria occultistica della Terra Cava.
Non mancavano giudizi taglienti su chi non evolve verso Ergos, ossia l’homo demens, dei cui tratti (anche fisici) Creti aveva redatto un elenco sprezzante, intriso di moralismo vecchia maniera. Forse non a caso, il nostro medium era anche un estimatore dell’antica fisiognomica, della quale si propugnava esperto e innovatore.
Morì, beffardamente, il 1° gennaio del 2000, sulle soglie del futuro. Contraddittorio in tutto, al funerale vi fu una forte presenza di prelati cattolici, per lui che aveva disegnato un universo che non c’entrava niente col cristianesimo. A Sutri, nel luogo in cui operò, c’è ancora un Centro Studi Sapientia, che, secondo il piccolo sito, oggi fa capo a un’associazione culturale con interessi assai meno eterodossi di quelli del medium. Non va però trascurato che il “Fondatore”, come viene definito Creti nel sito dell’associazione senza che sia mai fatto il suo nome completo, è stato tumulato nella sede storica degli ergoniani, ossia nel monastero.
Abbiamo detto che la vita di Creti sembra caratterizzata da due fasi separate, quella dell’inventore e quella del capo di una minuscola neo-religione. Non è così: a tenerle insieme c’era una figura mistica che gli appariva fin da bambino.
Intervistato da Daniela Quaresima per L’Unità del 24 maggio 1994, fra invenzioni senza paragoni e ricordi mirabolanti (macchine per imbalsamare e ingrandire animali anche vivi, studi sui raggi cosmici, la macchina per la Cretiterapia, la scoperta dei quark da lui fatta già alla fine degli anni '40, la collaborazione da ragazzino con Ettore Majorana…), Creti spiegò che fin dall’infanzia teorie e scoperte gli erano suggerite, in sogno o durante le sedute medianiche, da Ergos, una personificazione dell’energia che regge l’intero universo. Nell’intervista Creti rivangava con toni nostalgici i giorni in cui «Mussolini voleva far vedere che in Italia c’erano dei valori» e perciò incoraggiava i suoi studi pionieristici. Dopo, invece, con la fine del fascismo, era diventato «una pedina a perdere». Per questo si era trasformato, secondo le sue stesse parole, in «un emarginato».
Nacque a Roma il 16 aprile 1922. Suo padre, Mario Creti (1881-1969) era un uomo ricco, molto ricco. Di nobile famiglia pugliese, si stabilì a Roma, dove divenne un finanziere importante e un acquirente munifico di edifici e ville di campagna. La prima moglie gli morì nel 1918 a causa dell’influenza spagnola. Risposatosi subito, ebbe due figli: Marcello, e, un anno dopo, una bambina.
Marcello cresce in una grande villa di Grottaferrata, nei Castelli Romani, ed è lì che il ragazzino comincia a manifestare un’insana passione per le tecnologie e le innovazioni più ardite. Frequenta il liceo classico, ma studia in casa, “per motivi di salute”. Non pare brillare nelle lingue antiche, ma l’ingegneria gli piace da matti. Fra i quindici e i diciotto anni progetta, realizza e in parte brevetta un po’ di tutto, compresa una “automobile autarchica”.
A sedici anni e mezzo finisce sui giornali per due invenzioni nel campo delle comunicazioni: un sistema efficiente di telefonia in vivavoce (brevettato come “Amplitele”, in grado di ridurre l’effetto Larsen, il ritorno tra amplificatore e microfono) e, soprattutto, un apparecchio per “teleriunioni”, cioè per condividere una telefonata fra più persone distanti - cosa a quel tempo assai difficile.
Assurge a notorietà generale, fino a diventare una specie di modello dell’italiano giovane e geniale, la cui intelligenza è al servizio totale della patria. Il 21 febbraio 1940, nemmeno diciottenne, è ricevuto da Mussolini insieme al padre: a presentarlo è Vittorio Cini, il commissario per l’E42, l’esposizione universale prevista per il 1942 a Roma e mai realizzata. Creti vince premi in denaro, viene intervistato, si dice certo della «fiducia accordatami dal Duce».
Questa fascinazione per l’invenzione - nel senso letterale del termine - è una delle cose che tiene insieme la gioventù di Creti, caratterizzata da un’attenzione pubblica sorprendente, e la sua maturità. In apparenza le due parti dell’esistenza di quest’uomo si direbbero scollegate. Nella prima è un genio italico sostenuto dall’alta estrazione sociale e dal contesto politico; nella seconda è il deus ex machina di un cenacolo di sodali, spesso appassionati di occultismo, che in Creti scorgevano l’iniziatore di quello che sotto molti profili fu un effimero, nuovo movimento religioso.
Non è chiaro quando nacque l’“Associazione Culturale Ergoniana di Sapientia”: Creti affermava di averla fondata giovanissimo, ma in realtà il gruppo cominciò a farsi conoscere sul serio a partire dagli inizi degli anni '80. Il circolo degli ergoniani probabilmente rimase limitato ad alcune decine di persone; eppure per anni, grazie forse anche alle larghe disponibilità economiche di Creti, si riunì in un antico monastero restaurato nei pressi di Sutri, nel viterbese, con annesse ampie aree verdi e giardino.
Prima di diventare Associazione Ergoniana e virare verso l’esoterismo in ogni sua forma, il luogo ospitò la prima iniziativa post-bellica del nostro inventore , il “Centro Romano Esperienze Tecniche Industriali”, che - se non lo aveste notato - ha per sigla C.R.E.T.I. Qui cominciò a spiegare di essere in grado di canalizzare spiriti superiori, le cui rivelazioni furono raccolte in una serie di libri e libretti dai titoli incredibili - fra gli altri, Gli Anthalidei e I Cosmitron (528 pagine con trascrizione di centinaia di messaggi ricevuti fra il 1974 e il 1976 durante una serie di trance).
Dai video realizzati durante le riunioni e dalle interviste trasmesse sulle televisioni laziali negli anni '80-’90, si direbbe che il clima in casa ergoniana fosse conviviale, quasi familiare, con frequenti celebrazioni intorno a lunghe tavolate - rigorosamente vegetariane - presiedute dallo stesso Creti. Evidente era pure la commistione fra ergoniani e piccoli gruppi neo-templari, di quelli che solo il provincialismo italiano è stato in grado produrre, con conseguenti iniziazioni e attribuzioni di titoli tanto altisonanti quanto innocui. Nel 1996 una delle sue più attive sostenitrici, Daniela Frattura, scrisse su di lui un volume agiografico, Storia di un medium, stampato a Frascati e oggi introvabile; nell’autunno del 1998 a Sutri arrivarono invece quelli di Report di RaiTre.
Certo, a leggere gli opuscoli, le rivelazioni di Creti lasciano senza parole. Gli ergoniani, infatti, altro non sono se non individui destinati a diventare superuomini e superdonne: quelli dell’ergon greco, cioè l’opera, la forza, perché in realtà sono energhes, attivi. Gli individui più pronti a “evolvere” erano, sappiatelo, i discendenti degli anthalidei, cioè gli eredi di una civiltà di saggi, scomparsa - una civiltà che in alcuni, ben disposti per animo, sarebbe stato possibile restaurare. Del resto, nel corso delle sue ricerche archeologiche guidate dalla medianità, Creti sosteneva di aver trovato presso Roma i resti della perduta Anthalide, che conservava nella sede dell’associazione.
Ma al centro del pensiero di Creti, ancora una volta, saltano fuori le cose mai dimenticate della sua precoce genialità, ossia l’invenzione e la tecnica, e soprattutto i sistemi ineffabili per trasformare uomini e donne. La forza che tiene insieme la realtà per Creti non è altro che Ergos, che poi, pur essendo una parola greca, per lui è l’acronimo di Energia Radiante Governante Ogni Scienza. Fra le mille trovate di Creti, una sonda che rileva “l’irradiazione bioenergetica” dei corpi: in caso di squilibri, grazie all’impianto installato nella sede di Sutri, è possibile restaurare l’irradiazione e diventare via via ergoniani completi, “restaurati”, appunto. Non mancano credenze estreme sui dischi volanti, che compiono i loro voli nei cieli del pianeta uscendo ed entrando da due grandi cavità poste ai poli - insomma, Creti è anche un sostenitore dell’origine “sotterranea” degli UFO, una bizzarra commistione con la teoria occultistica della Terra Cava.
Non mancavano giudizi taglienti su chi non evolve verso Ergos, ossia l’homo demens, dei cui tratti (anche fisici) Creti aveva redatto un elenco sprezzante, intriso di moralismo vecchia maniera. Forse non a caso, il nostro medium era anche un estimatore dell’antica fisiognomica, della quale si propugnava esperto e innovatore.
Morì, beffardamente, il 1° gennaio del 2000, sulle soglie del futuro. Contraddittorio in tutto, al funerale vi fu una forte presenza di prelati cattolici, per lui che aveva disegnato un universo che non c’entrava niente col cristianesimo. A Sutri, nel luogo in cui operò, c’è ancora un Centro Studi Sapientia, che, secondo il piccolo sito, oggi fa capo a un’associazione culturale con interessi assai meno eterodossi di quelli del medium. Non va però trascurato che il “Fondatore”, come viene definito Creti nel sito dell’associazione senza che sia mai fatto il suo nome completo, è stato tumulato nella sede storica degli ergoniani, ossia nel monastero.
Abbiamo detto che la vita di Creti sembra caratterizzata da due fasi separate, quella dell’inventore e quella del capo di una minuscola neo-religione. Non è così: a tenerle insieme c’era una figura mistica che gli appariva fin da bambino.
Intervistato da Daniela Quaresima per L’Unità del 24 maggio 1994, fra invenzioni senza paragoni e ricordi mirabolanti (macchine per imbalsamare e ingrandire animali anche vivi, studi sui raggi cosmici, la macchina per la Cretiterapia, la scoperta dei quark da lui fatta già alla fine degli anni '40, la collaborazione da ragazzino con Ettore Majorana…), Creti spiegò che fin dall’infanzia teorie e scoperte gli erano suggerite, in sogno o durante le sedute medianiche, da Ergos, una personificazione dell’energia che regge l’intero universo. Nell’intervista Creti rivangava con toni nostalgici i giorni in cui «Mussolini voleva far vedere che in Italia c’erano dei valori» e perciò incoraggiava i suoi studi pionieristici. Dopo, invece, con la fine del fascismo, era diventato «una pedina a perdere». Per questo si era trasformato, secondo le sue stesse parole, in «un emarginato».