È giusto pubblicizzare le morti per Covid-19 dei no-vax?

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©Marco Verch Professional Photographer da Flickr
«Muore attivista no-vax: aveva rifiutato il vaccino anti-Covid», «In terapia intensiva il guru dei negazionisti»: notizie di questo tenore sono piuttosto frequenti da qualche mese a questa parte e spesso vengono fatte circolare sui social network per sottolineare l'importanza della vaccinazione nel prevenire le forme più gravi della malattia. A volte sono accompagnate da commenti che mettono alla gogna le vittime. L'idea di fondo è che le persone che si sono ammalate dopo aver avventatamente rifiutato il vaccino anti-Covid "se la sono cercata" e che la conoscenza della loro morte evitabile può aiutare altri a non cadere nello stesso errore. Ma è davvero così?

Non mettiamo qui in discussione il diritto di cronaca e quindi la pubblicazione di queste notizie sui giornali, ma discutiamo della loro diffusione sui social media e in generale su internet a scopo "pedagogico": dal punto di vista etico è giusto diffondere queste storie? E in pratica è utile per promuovere le vaccinazioni?

Le due questioni sono strettamente intrecciate, ma per necessità le esaminiamo separatamente, cominciando dalla prima: è giusto usare queste storie per cercare di convincere i dubbiosi?

Ha affrontato la questione, con un articolo sul sito The Conversation, Nick Chate, professore di scienze comportamentali dell'università di Warwick.[1]

Chi sostiene l'opportunità di diffondere queste notizie sposa una posizione filosofica chiamata consequenzialismo, l'idea che le azioni debbano essere giudicate solo dalle loro conseguenze. In questa visione, la decisione di usare le vittime loro malgrado come cattivi esempi è giustificata, perché si ritiene che possa dissuadere altre persone dal correre gli stessi rischi e che le vite umane salvate in questo modo abbiano un peso molto maggiore rispetto al disagio causato alle famiglie delle vittime. Secondo il consequenzialismo, la decisione da prendere dipende da una semplice somma algebrica tra costi e benefici. Un caso particolare del consequenzialismo è l' utilitarismo, l'idea che sia giusto ciò che aumenta la felicità e il benessere degli esseri sensibili.

Ma questo non è certo l'unico modo possibile di vedere le cose: in diretta opposizione al consequenzialismo si pone l' etica deontologica, secondo cui sono le norme morali a dirci se un'azione è lecita o no, e non le sue conseguenze. L'etica deontologica si può esprimere con il celebre imperativo categorico di Kant: «agisci in modo da trattare l'umanità, sia nella tua persona sia in quella di ogni altro, sempre anche come fine e mai semplicemente come mezzo».

Il puro consequenzialismo non descrive in modo realistico la morale umana: se il bilancio di costi e benefici fosse l'unico criterio etico di decisione, per esempio, davanti a un paziente sano e cinque persone malate e bisognose di trapianto, sarebbe obbligatorio uccidere il paziente sano per prelevare i suoi organi e così salvare la vita di cinque persone, con un guadagno netto di quattro vite umane. Ci sono varianti del consequenzialismo che affrontano questo tipo di obiezioni, ma ci porterebbero troppo lontano dalla questione iniziale.[2]

Tra le diverse tradizioni filosofiche ce n'è una che può chiarire meglio la questione che stiamo discutendo: quella del contrattualismo, cioè l'idea che una decisione sia lecita se viene concordata dalle persone interessate: le vittime di cui stiamo parlando avrebbero accettato di essere usate come esempio negativo? E le loro famiglie? Avrebbero approvato il taglio e l'impostazione del racconto?

Ci sono effettivamente casi di malati di Covid che in punto di morte hanno chiesto di raccontare la loro storia per servire da monito ad altri. In un'ottica contrattualistica, siamo moralmente autorizzati a riferire la loro vicenda. Altre volte l'autorizzazione non è stata richiesta. In questi casi è più problematico parlare delle vittime, soprattutto se le mettiamo alla berlina come mentecatti che hanno stupidamente messo a rischio la propria vita.

Se accettassimo la posizione consequenzialista, dovremmo però fare un'altra verifica: viene dato per scontato che raccontare queste storie sia utile alla causa dei vaccini, ma siamo sicuri che lo sia davvero? L'assunto di fondo è che coloro che non si sono ancora vaccinati sottovalutino il pericolo causato dal coronavirus e che metterli di fronte alla morte di altre persone non vaccinate apra loro gli occhi e potenzialmente li convinca a vaccinarsi.

Questa convinzione è ingenua e non descrive bene la realtà, perché non tiene conto del "pregiudizio di conferma" (in inglese confirmation bias), la nostra tendenza a gestire le informazioni ricevute in modo da mantenere le nostre convinzioni precedenti, selezionando e valorizzando quelle favorevoli e ignorando o sminuendo quelle contrarie.[3]

Far cambiare idea agli esseri umani è difficile, ancora di più quando si sentono in pericolo. "Sbattere in faccia" i dati che contraddicono le loro convinzioni in generale non basta e può perfino essere controproducente. Inoltre il confirmation bias non è un difetto peculiare di chi ha dubbi sui vaccini: riguarda tutti, ognuno relativamente alle proprie opinioni. Questo non significa che la comunicazione scientifica sia inutile, ma che deve essere calibrata sulle esigenze specifiche del destinatario. Le vicende di persone non vaccinate e poi morte di Covid sono semplici osservazioni aneddotiche, non prove scientifiche: vengono bene accolte da chi è già convinto che il Covid sia pericoloso e che i benefici dei vaccini siano molto superiori ai rischi, perché confermano quello che queste persone pensavano già, ma non è a loro che bisogna rivolgersi. Se si vuole aumentare il numero di vaccinazioni non serve parlare a chi si è già vaccinato o comunque ha intenzione di farlo: bisogna invece rivolgersi a coloro che hanno dubbi in proposito e quindi fare lo sforzo di usare le argomentazioni più convincenti per queste persone, che vedono il mondo in modo molto diverso da noi, e non per noi stessi. Aiuta a mettersi nei panni di questi individui riflettere sul fatto che le storie di persone morte subito dopo aver fatto il vaccino generalmente non fanno cambiare idea a chi nei vaccini ha fiducia perché le riconosce come coincidenze prive di valore causale: in maniera esattamente speculare, si può presumere che le storie dei no-vax morti di Covid siano insufficienti a eliminare i timori dei dubbiosi.

Non c'è bisogno di limitarsi a un ragionamento astratto: per valutare l'adeguatezza di questo metodo possiamo consultare i numerosi studi scientifici che esaminano le strategie più efficaci per la promozione dei vaccini in generale e di quelli per il Covid in particolare.[4] In questa sede non approfondiamo la complessa letteratura sull'argomento. Osserviamo soltanto che un punto chiave è prendere sul serio chi ha paura dei vaccini, senza mettersi in cattedra, senza ostilità e cercando di affrontare le sue preoccupazioni.[5]

Il racconto delle persone morte di Covid non affronta per niente questi timori, un fattore chiave per l'esitazione vaccinale, e rischia di alimentare la polarizzazione tra favorevoli e contrari ai vaccini. Un atteggiamento che non è una novità per chi segue queste pagine da un po' di tempo.

Ma se queste storie non servono a promuovere le vaccinazioni, perché vengono diffuse così spesso?

Questa pandemia è in corso da quasi due anni e ha avuto un prezzo altissimo, individuale e sociale. Le vaccinazioni ci offrono una possibile via d'uscita, ma il fatto che una percentuale significativa della popolazione non si sottoponga al vaccino allontana la fine dell'emergenza e costringe tutti a rimanere più a lungo in una condizione difficile e pericolosa. È normale provare un certo livello di esasperazione e risentimento: diffondere queste notizie può offrire un senso di rivalsa nei confronti di persone che si identificano un po' approssimativamente come corresponsabili della propria infelicità. È una reazione comprensibile; però bisogna riconoscere che il motivo per cui si è spinti a raccontare e condividere queste storie è sfogare la propria esasperazione, non promuovere le vaccinazioni. Questa esasperazione può avere conseguenze gravi, come ha mostrato la proposta dell'assessore alla sanità della Regione Lazio Alessio D'Amato di far pagare i costi della terapia intensiva a quei cittadini che non hanno voluto vaccinarsi e si sono ammalati di Covid.[6] A prima vista l'idea potrebbe anche sembrare convincente, ma contrasta con l'universalità del servizio sanitario e stabilisce un principio che, se accettiamo, dovremmo applicare con coerenza: dovremmo far pagare le cure anche a chi ha avuto un tumore ai polmoni a causa del fumo, a chi ha contratto una malattia sessualmente trasmissibile, a chi ha sviluppato il diabete a causa di una cattiva alimentazione, e così via, in un elenco che potrebbe comprendere la maggior parte delle malattie. Non avremmo più uno Stato liberale ma uno Stato etico che sorveglia la moralità dei propri cittadini nella loro vita privata.

È umano desiderare un argomento vincente che permetta di convincere i dubbiosi in un batter d'occhio, ma le ragioni dell'esitazione vaccinale sono profonde ed è illusorio pensare di poterle eliminare con scorciatoie. Vanno affrontate pazientemente attraverso un dialogo basato sul rispetto, sulla comprensione, sull'empatia e sull'apprendimento collaborativo.

Note


1) Chater, N. (2021, agosto 13). Should we tell stories of vaccine sceptics who have died of COVID? The Conversation. Consultato in data 26 settembre 2021, da https://bit.ly/3veav7c
2) Chi fosse interessato può consultare la voce sul consequenzialismo dell'eccellente Stanford Encyclopedia of Philosophy: "Consequentialism" (3 giugno 2019). Consultato in data 26 settembre 2021, da https://stanford.io/3lM6bJk .
3) Si veda per esempio: Pluviano, S., Della Sala, S. (2020, aprile 23). Il pregiudizio di conferma. Query. Consultato in data 26 settembre 2021, da https://bit.ly/3p7g4n0 .
4) Si veda per esempio, sull'esitazione vaccinale in generale: Schuster, M., Eskola, J., & Duclos, P. (2015, April 18). Review of vaccine hesitancy: Rationale, remit and methods. Vaccine. Retrieved September 26, 2021, from https://bit.ly/30zLb0h . Sull'esitazione relativa ai vaccini anti-Covid si veda: Mohammad S Razai, P. O. (2021, June 2). COVID-19 vaccine Hesitancy: The FIVE Cs to TACKLE behavioural AND sociodemographic factors - mohammad S Razai, Pippa OAKESHOTT, ANEEZ ESMAIL, Charles Shey wiysonge, KASISOMAYAJULA viswanath, Melinda C Mills, 2021. SAGE Journals. Retrieved September 26, 2021, from https://bit.ly/3FMxzil .
5) Ne abbiamo parlato qui: "Come far fronte all'esitazione a vaccinarsi per il Covid-19?" (2021, dicembre 20). Consultato in data 26 settembre 2021, da https://bit.ly/3aIOO5y .
6) "Il Lazio contro i No vax: "Si paghino i ricoveri"" Il Messaggero (2021, agosto 31). Consultato in data 26 settembre 2021, da https://bit.ly/3BHgX94 .
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