I casi di autocombustione umana, o "combustione umana spontanea" (SHC) continuano ad accendere polemiche (per così dire) dovute in gran parte agli sforzi di giornalisti e autori non scientifici. Tra questi possiamo citare i ricercatori del paranormale (alla loro maniera) inglesi Jenny Randles e Peter Hough, Larry Arnold, autista di scuolabus della Pennsylvania, il minatore, diventato agente di polizia, John E. Heymer e - più recentemente - i produttori della serie tv The Unexplained, della rete A&E.
La perseverante mancanza di prove scientifiche di SHC (vedi l'articolo di Mark Benecke "Spontaneous Human Combustion: Thoughts of a Forensic Biologist", in Skeptical Inquirer, vol. 22, n. 2, marzo/aprile 1998, pp. 47-51) costringe i fautori di questa teoria a una disperata ricerca di casi imputabili a questo presunto fenomeno - casi che spesso sono abbastanza diversi l'uno dall'altro.
Essi attribuiscono alla SHC qualsiasi strano decesso causato dal fuoco nella stessa maniera in cui si potrebbe accusare il folletto dell'autostrada per l'insolito incidente che ci è capitato (per un approfondimento, vedi Nickell e Fisher 1987 e Nickell 1996). Perfino casi che hanno un'ovvia soluzione sono talvolta manipolati per promuovere la SHC. Il caso del 1980, riguardante un'anziana signora inglese caduta con la testa in avanti in un caminetto acceso, è stato debitamente analizzato da Randles e Hough (1992, pp. 84-85, 91) e da Arnold (1995, p. 130).
Anche il caso di Jeannie Saffin, incluso in Heymer (1996, pp. 179-188) e in Arnold (1995, pp. 208-209), è piuttosto istruttivo. Siccome nella morte di Saffin la causa della combustione del corpo non è ovvia, gli esperti di paranormale sono particolarmente rapidi nel proporre la SHC. Così facendo, naturalmente, essi cadono nell'errore logico chiamato argumentum ad ignorantiam (dedurre dall'ignoranza), visto che non è possibile provare una causa basandosi sulla mancanza di fatti. Il fatto inoltre illustra come dettagli cruciali possano essere ignorati e come un racconto si esageri con il passar del tempo, dimostrando pertanto il conseguente bisogno di rivolgersi alle fonti originali.
Jean Lucille "Jeannie" Saffin era una donna di 61 anni con l'età mentale di una bambina, a causa dei danni cerebrali causati dall'uso del forcipe alla nascita. Dopo la morte dalla madre, avvenuta l'anno precedente, viveva con il padre ottantaduenne e un fratello nella casa di famiglia a Edmonton, a nord di Londra. In un caldo e umido mercoledì, il 15 settembre 1982, Jeannie era seduta in cucina con il padre. Le finestre erano aperte. Improvvisamente, più o meno alle quattro e un quarto del pomeriggio, Jack Saffin si avvide che la figlia era avvolta dalle fiamme. Chiamò il genero Don Carroll, e i due uomini spensero il fuoco con l'acqua. Carroll chiamò un'ambulanza, che arrivò velocemente, e Jeannie fu portata al North Middlesex Hospital.
In seguito fu trasferita al centro ustionati del Mount Vernon Hospital, dove quasi otto giorni dopo morì, alle 8.10 di mattina del 23 settembre. La causa della morte fu registrata piuttosto superficialmente come "broncopolmonite da ustioni".
Per i fautori della SHC, questo caso è un mistero da brivido. In un capitolo dedicato alla morte di Jeannie Saffin, Heymer esprime «perplessità sulla causa delle sue bruciature» (1996, p. 186), e ha incluso un'affermazione di Don Carroll (1994) che dice: «non c'era niente di acceso nella cucina a parte la fiamma pilota del grill». Ciononostante, Carroll ripete che egli vide «fiamme uscirle fuori dalla bocca e dalla cintura». Anzi, «le fiamme le uscivano dalla bocca come a un drago, con un suono simile a un ruggito». Per di più, insiste, «i suoi vestiti non stavano bruciando» (Carroll 1994). Heymer (1996, p. 187) sottolinea l'ultimo punto, affermando che è «un mistero come lei si sia ustionata all'interno di vestiti intatti» (in corsivo nel testo originale).
Arnold in pratica afferma la stessa cosa, usando prevalentemente informazioni provenienti da Heymer e facendo apparentemente ben poche indagini di suo conto. Egli scrive: «Mentre gli uomini lottavano per salvare Lucille (sic), il genero giura che "dalla sua bocca uscivano fiamme ruggenti, come un drago"». E aggiunge: «Il personale dell'ambulanza... ha notato che non c'erano danni da fumo in cucina, e che i suoi vestiti non erano bruciati. Solo una parte del solo suo cardigan rosso di nylon (sic) si era sciolta» (Arnold 1995, pp. 208-209).
Certamente il caso sembra impressionante - almeno fino a quando le indagini ci portano alle fonti originali. In primis, parlando dei supposti vestiti non bruciati, esiste una dichiarazione scritta di Carroll, rilasciata alle autorità subito dopo la morte della cognata. In questa deposizione, rilasciata dodici anni prima, egli indicò che «i suoi abiti erano a brandelli e carbonizzati. Anche lei era annerita: tentava di togliersi i vestiti di dosso da sola, ma le dissi di fermarsi» (Carroll 1982). Inoltre, un rapporto dattiloscritto dell'agente di polizia Leigh Marsden riporta: «I vestiti stavano ancora bruciando quando arrivai sulla scena. Io stesso le tolsi di dosso il resto dei vestiti. Lei e i suoi vestiti stavano bruciando. Spensi il fuoco usando un asciugamano». (Marsden 1982). Si suppone che i paramedici dell'ambulanza abbiano riferito che gli indumenti di Saffin non erano bruciati, mentre quello che hanno scritto è che lei «indossava vestiti di nylon, non in fiamme» (Heymer 1996, p. 186) ovviamente intendendo "non più in fiamme" e non "non bruciati". È falso affermare, come fa Heymer, che il cardigan di nylon era «sciolto e non bruciato» (Heymer 1996, p. 186). Oltre al cardigan, i suoi indumenti comprendevano un vestito e un grembiule di cotone (Marsden 1982; Heymer 1996, p. 196).
Secondo quanto afferma Carroll, le fiamme probabilmente apparvero uscire dalla vita della Saffin. Questo potrebbe essere il punto dove il cardigan di nylon prese fuoco. Inoltre, schizzi di nylon fuso in fiamme possono aver causato le bruciature sulla «parte anteriore della coscia sinistra» della vittima e, dopo essersi alzata in piedi, sulla sua «natica sinistra» e «su punti del ginocchio sinistro», come riporta il referto autoptico. Considerando che i danni sono tipicamente più gravi al di sopra delle fiamme piuttosto che sotto, non è sorprendente sapere che c'erano anche «ustioni profonde (cioè, la pelle è distrutta fino allo strato sottocutaneo di grasso) sulla faccia, collo, entrambe le spalle, parte superiore del torace» e «in diversi punti dell'addome» e anche «sulle due mani» (Post-mortem 1982).
L'affermazione sulle fiamme che le sarebbero uscite dalla bocca "come a un drago" non è confermata da evidenze mediche. Nella relazione fatta dal Mount Vernon Hospital all'ufficio del medico legale si riferisce che quando la vittima arrivò al centro ustionati «c'era della fuliggine nel naso, mentre la parte posteriore della bocca appariva intatta» (Whitlock 1982). Questo fu confermato dall'autopsia. A parte la broncopolmonite (con infiammazione di trachea e bronchi), non c'erano «tracce di malattie naturali», e neppure c'era traccia di combustione interna. Il referto autoptico confermava invece: «Ustioni sul 30-40 per cento della superficie del corpo» (corsivo dell'autore).
Ma allora che cosa ne è della descrizione di Carroll di fiamme espulse dalla bocca di Saffin "con un ruggito"? Questa potrebbe essere la sensazione avuta da Carroll - specialmente dopo averci ripensato per dodici anni. Questi dettagli sono assenti dalla sua originale deposizione alla polizia. Tuttavia, in una successiva deposizione, Carroll afferma che, all'ospedale, nonostante la sua testa fosse bendata, «io potei vedere dentro la bocca di Jeannie, e l'interno della sua bocca era bruciato» (Carroll 1994). È possibile che la Saffin stesse respirando affannosamente cosicché le fiamme che le attaccavano la faccia possono essere parzialmente entrate, e quindi uscite, dalla sua bocca, seguendo il flusso respiratorio. Heymer è d'accordo con questa ipotesi (Heymer 1996, p. 195). Per quanto riguarda il ruggito, nonostante sembri che un medico abbia detto a Carroll che doveva essersi sbagliato (Arnold 1995, p. 208), e nonostante avesse anche ammesso di essere tecnicamente sordo, egli dice: «Nondimeno, io udii il suono delle fiamme uscire dal corpo di Jeannie» (Carroll 1994). È possibile che a causa delle sue aspettative e per le interconnessioni tra i sensi, egli abbia semplicemente immaginato di sentire ruggire le fiamme.
Dalle evidenze mediche si evince chiaramente che non ci fu un incendio interno, ma che la Saffin soffrì ustioni esterne causate dagli indumenti che presero fuoco. Come al solito, i fautori della SHC non riescono a teorizzare come questo sia potuto succedere. Ma una possibilità emerge dalla deposizione originale di Carroll, dove afferma: «Ho verificato il fornello del gas e ho visto che era spento e ho visto che mio suocero aveva la pipa in mano e l'ho controllata verificando che era caricata con tabacco fresco e non accesa» (Carroll 1982). Questo sembra escludere la pipa, che, peraltro, non viene più menzionata da Carroll (1994), Heymer (1996) o Arnold (1995). Tuttavia, John Burton, coroner di Sua Maestà per la città di Londra, disse ad Arnold: «normalmente troviamo prodotti per fumatori, sigarette o simili, specialmente nei casi di vittime immobilizzate o anziane» (Burton 1996).
La pipa rappresenta il tipo di "prodotto per fumatori" che si potrebbe cercare, e l'insistenza di Carroll nel dire che era riempita di tabacco fresco e non accesa trascura un'ovvia possibilità. Non potrebbe essere che l'anziano signor Saffin avesse appena svuotato la pipa dalla cenere calda, e che magari un piccolo tizzone ancora acceso sia caduto in grembo a Jeannie Saffin? A questa plausibile possibilità dobbiamo aggiungere che porta e finestra della cucina erano aperte, così come era aperta la porta sul retro, rendendo possibile l'esistenza di una corrente d'aria. Questo potrebbe aver facilmente trasformato la brace sui vestiti in fiamme.
Se accettiamo questa possibilità, rimangono solo dei misteri minori, e possiamo eliminare anche quelli. Jeannie Saffin era seduta su alcuni giornali in una sedia Windsor di legno, e i fautori della SHC si chiedono come sia possibile che la carta non sia stata danneggiata dal fuoco (Heymer 1996, p. 185). La semplice risposta è che fu il corpo stesso della Saffin a proteggere i fogli; ovviamente il fuoco non si propagò alle sue natiche se non quando lei si alzò allontanandosi dalla seggiola. Chi propone la teoria della SHC si chiede anche perché non vi furono danni da fumo nella stanza (Heymer 1996, pp. 186-187). L'ovvia risposta potrebbe essere che ci fu poco fumo in quanto le fiamme furono confinate al corpo della vittima, e che finestre aperte e corrente d'aria dispersero efficacemente il fumo che c'era. In ultimo, i cultori del paranormale chiedono perché mai dovrebbe essere normale che la vittima non provasse dolore - sia al momento dell'incidente che in seguito (Heymer 1996, pp. 187, 194). In effetti durante l'incendio, secondo il padre la donna non gridò, ma emise «lamenti» (Saffin 1982). Le sue condizioni mentali, la produzione di endorfine (molecole che riducono la sensazione di dolore) da parte del corpo, il susseguente stato di shock, e l'eventuale stato di semi-incoscienza possono aver contribuito a ridurre la sua risposta al dolore.
La serie tv The Unexplained della A&E incluse il caso Saffin nella sua ora di discussione sulla SHC (18 settembre 1997). I miei brevi commenti sui casi furono inclusi, e tirando le somme la presentazione potrebbe essere considerata equilibrata. Sfortunatamente alla fine del programma il narratore parlò di «un agopuntore di notevole talento. Attraverso la meditazione e l'allenamento, ha imparato a sfruttare le correnti elettriche del proprio corpo...». Detto fatto, il presunto fenomeno appallottolò un giornale che, con un movimento della mano (e un po' di editing video per nascondere il ritardo), si incendiò. Ahimé, sembra che i produttori siano stati ingannati da un ben noto trucco magico, chiamato "lo sguardo dello yogi" (Miller 1978) oppure "fuoco generato da poteri mentali" (Premanand 1994). Ironicamente, l'impresa dipende dal mescolare segretamente due composti chimici che, effettivamente, bruciano per combustione spontanea.
Tratto da The Skeptical Inquirer, March/April 1998, per gentile concessione. Traduzione di Claudio Casonato (Sono in debito con Tim Binga, Direttore del Center for Inquiry Libraries; con il collega del CSICOP Ray Hyman, per avermi fornito il materiale sullo "Yogi's Gaze"; e con Ranijt Sandhu, ricercatore associato dello CSICOP.)
Bibliografia
La perseverante mancanza di prove scientifiche di SHC (vedi l'articolo di Mark Benecke "Spontaneous Human Combustion: Thoughts of a Forensic Biologist", in Skeptical Inquirer, vol. 22, n. 2, marzo/aprile 1998, pp. 47-51) costringe i fautori di questa teoria a una disperata ricerca di casi imputabili a questo presunto fenomeno - casi che spesso sono abbastanza diversi l'uno dall'altro.
Essi attribuiscono alla SHC qualsiasi strano decesso causato dal fuoco nella stessa maniera in cui si potrebbe accusare il folletto dell'autostrada per l'insolito incidente che ci è capitato (per un approfondimento, vedi Nickell e Fisher 1987 e Nickell 1996). Perfino casi che hanno un'ovvia soluzione sono talvolta manipolati per promuovere la SHC. Il caso del 1980, riguardante un'anziana signora inglese caduta con la testa in avanti in un caminetto acceso, è stato debitamente analizzato da Randles e Hough (1992, pp. 84-85, 91) e da Arnold (1995, p. 130).
Anche il caso di Jeannie Saffin, incluso in Heymer (1996, pp. 179-188) e in Arnold (1995, pp. 208-209), è piuttosto istruttivo. Siccome nella morte di Saffin la causa della combustione del corpo non è ovvia, gli esperti di paranormale sono particolarmente rapidi nel proporre la SHC. Così facendo, naturalmente, essi cadono nell'errore logico chiamato argumentum ad ignorantiam (dedurre dall'ignoranza), visto che non è possibile provare una causa basandosi sulla mancanza di fatti. Il fatto inoltre illustra come dettagli cruciali possano essere ignorati e come un racconto si esageri con il passar del tempo, dimostrando pertanto il conseguente bisogno di rivolgersi alle fonti originali.
Jean Lucille "Jeannie" Saffin era una donna di 61 anni con l'età mentale di una bambina, a causa dei danni cerebrali causati dall'uso del forcipe alla nascita. Dopo la morte dalla madre, avvenuta l'anno precedente, viveva con il padre ottantaduenne e un fratello nella casa di famiglia a Edmonton, a nord di Londra. In un caldo e umido mercoledì, il 15 settembre 1982, Jeannie era seduta in cucina con il padre. Le finestre erano aperte. Improvvisamente, più o meno alle quattro e un quarto del pomeriggio, Jack Saffin si avvide che la figlia era avvolta dalle fiamme. Chiamò il genero Don Carroll, e i due uomini spensero il fuoco con l'acqua. Carroll chiamò un'ambulanza, che arrivò velocemente, e Jeannie fu portata al North Middlesex Hospital.
In seguito fu trasferita al centro ustionati del Mount Vernon Hospital, dove quasi otto giorni dopo morì, alle 8.10 di mattina del 23 settembre. La causa della morte fu registrata piuttosto superficialmente come "broncopolmonite da ustioni".
Per i fautori della SHC, questo caso è un mistero da brivido. In un capitolo dedicato alla morte di Jeannie Saffin, Heymer esprime «perplessità sulla causa delle sue bruciature» (1996, p. 186), e ha incluso un'affermazione di Don Carroll (1994) che dice: «non c'era niente di acceso nella cucina a parte la fiamma pilota del grill». Ciononostante, Carroll ripete che egli vide «fiamme uscirle fuori dalla bocca e dalla cintura». Anzi, «le fiamme le uscivano dalla bocca come a un drago, con un suono simile a un ruggito». Per di più, insiste, «i suoi vestiti non stavano bruciando» (Carroll 1994). Heymer (1996, p. 187) sottolinea l'ultimo punto, affermando che è «un mistero come lei si sia ustionata all'interno di vestiti intatti» (in corsivo nel testo originale).
Arnold in pratica afferma la stessa cosa, usando prevalentemente informazioni provenienti da Heymer e facendo apparentemente ben poche indagini di suo conto. Egli scrive: «Mentre gli uomini lottavano per salvare Lucille (sic), il genero giura che "dalla sua bocca uscivano fiamme ruggenti, come un drago"». E aggiunge: «Il personale dell'ambulanza... ha notato che non c'erano danni da fumo in cucina, e che i suoi vestiti non erano bruciati. Solo una parte del solo suo cardigan rosso di nylon (sic) si era sciolta» (Arnold 1995, pp. 208-209).
Certamente il caso sembra impressionante - almeno fino a quando le indagini ci portano alle fonti originali. In primis, parlando dei supposti vestiti non bruciati, esiste una dichiarazione scritta di Carroll, rilasciata alle autorità subito dopo la morte della cognata. In questa deposizione, rilasciata dodici anni prima, egli indicò che «i suoi abiti erano a brandelli e carbonizzati. Anche lei era annerita: tentava di togliersi i vestiti di dosso da sola, ma le dissi di fermarsi» (Carroll 1982). Inoltre, un rapporto dattiloscritto dell'agente di polizia Leigh Marsden riporta: «I vestiti stavano ancora bruciando quando arrivai sulla scena. Io stesso le tolsi di dosso il resto dei vestiti. Lei e i suoi vestiti stavano bruciando. Spensi il fuoco usando un asciugamano». (Marsden 1982). Si suppone che i paramedici dell'ambulanza abbiano riferito che gli indumenti di Saffin non erano bruciati, mentre quello che hanno scritto è che lei «indossava vestiti di nylon, non in fiamme» (Heymer 1996, p. 186) ovviamente intendendo "non più in fiamme" e non "non bruciati". È falso affermare, come fa Heymer, che il cardigan di nylon era «sciolto e non bruciato» (Heymer 1996, p. 186). Oltre al cardigan, i suoi indumenti comprendevano un vestito e un grembiule di cotone (Marsden 1982; Heymer 1996, p. 196).
Secondo quanto afferma Carroll, le fiamme probabilmente apparvero uscire dalla vita della Saffin. Questo potrebbe essere il punto dove il cardigan di nylon prese fuoco. Inoltre, schizzi di nylon fuso in fiamme possono aver causato le bruciature sulla «parte anteriore della coscia sinistra» della vittima e, dopo essersi alzata in piedi, sulla sua «natica sinistra» e «su punti del ginocchio sinistro», come riporta il referto autoptico. Considerando che i danni sono tipicamente più gravi al di sopra delle fiamme piuttosto che sotto, non è sorprendente sapere che c'erano anche «ustioni profonde (cioè, la pelle è distrutta fino allo strato sottocutaneo di grasso) sulla faccia, collo, entrambe le spalle, parte superiore del torace» e «in diversi punti dell'addome» e anche «sulle due mani» (Post-mortem 1982).
L'affermazione sulle fiamme che le sarebbero uscite dalla bocca "come a un drago" non è confermata da evidenze mediche. Nella relazione fatta dal Mount Vernon Hospital all'ufficio del medico legale si riferisce che quando la vittima arrivò al centro ustionati «c'era della fuliggine nel naso, mentre la parte posteriore della bocca appariva intatta» (Whitlock 1982). Questo fu confermato dall'autopsia. A parte la broncopolmonite (con infiammazione di trachea e bronchi), non c'erano «tracce di malattie naturali», e neppure c'era traccia di combustione interna. Il referto autoptico confermava invece: «Ustioni sul 30-40 per cento della superficie del corpo» (corsivo dell'autore).
Ma allora che cosa ne è della descrizione di Carroll di fiamme espulse dalla bocca di Saffin "con un ruggito"? Questa potrebbe essere la sensazione avuta da Carroll - specialmente dopo averci ripensato per dodici anni. Questi dettagli sono assenti dalla sua originale deposizione alla polizia. Tuttavia, in una successiva deposizione, Carroll afferma che, all'ospedale, nonostante la sua testa fosse bendata, «io potei vedere dentro la bocca di Jeannie, e l'interno della sua bocca era bruciato» (Carroll 1994). È possibile che la Saffin stesse respirando affannosamente cosicché le fiamme che le attaccavano la faccia possono essere parzialmente entrate, e quindi uscite, dalla sua bocca, seguendo il flusso respiratorio. Heymer è d'accordo con questa ipotesi (Heymer 1996, p. 195). Per quanto riguarda il ruggito, nonostante sembri che un medico abbia detto a Carroll che doveva essersi sbagliato (Arnold 1995, p. 208), e nonostante avesse anche ammesso di essere tecnicamente sordo, egli dice: «Nondimeno, io udii il suono delle fiamme uscire dal corpo di Jeannie» (Carroll 1994). È possibile che a causa delle sue aspettative e per le interconnessioni tra i sensi, egli abbia semplicemente immaginato di sentire ruggire le fiamme.
Dalle evidenze mediche si evince chiaramente che non ci fu un incendio interno, ma che la Saffin soffrì ustioni esterne causate dagli indumenti che presero fuoco. Come al solito, i fautori della SHC non riescono a teorizzare come questo sia potuto succedere. Ma una possibilità emerge dalla deposizione originale di Carroll, dove afferma: «Ho verificato il fornello del gas e ho visto che era spento e ho visto che mio suocero aveva la pipa in mano e l'ho controllata verificando che era caricata con tabacco fresco e non accesa» (Carroll 1982). Questo sembra escludere la pipa, che, peraltro, non viene più menzionata da Carroll (1994), Heymer (1996) o Arnold (1995). Tuttavia, John Burton, coroner di Sua Maestà per la città di Londra, disse ad Arnold: «normalmente troviamo prodotti per fumatori, sigarette o simili, specialmente nei casi di vittime immobilizzate o anziane» (Burton 1996).
La pipa rappresenta il tipo di "prodotto per fumatori" che si potrebbe cercare, e l'insistenza di Carroll nel dire che era riempita di tabacco fresco e non accesa trascura un'ovvia possibilità. Non potrebbe essere che l'anziano signor Saffin avesse appena svuotato la pipa dalla cenere calda, e che magari un piccolo tizzone ancora acceso sia caduto in grembo a Jeannie Saffin? A questa plausibile possibilità dobbiamo aggiungere che porta e finestra della cucina erano aperte, così come era aperta la porta sul retro, rendendo possibile l'esistenza di una corrente d'aria. Questo potrebbe aver facilmente trasformato la brace sui vestiti in fiamme.
Se accettiamo questa possibilità, rimangono solo dei misteri minori, e possiamo eliminare anche quelli. Jeannie Saffin era seduta su alcuni giornali in una sedia Windsor di legno, e i fautori della SHC si chiedono come sia possibile che la carta non sia stata danneggiata dal fuoco (Heymer 1996, p. 185). La semplice risposta è che fu il corpo stesso della Saffin a proteggere i fogli; ovviamente il fuoco non si propagò alle sue natiche se non quando lei si alzò allontanandosi dalla seggiola. Chi propone la teoria della SHC si chiede anche perché non vi furono danni da fumo nella stanza (Heymer 1996, pp. 186-187). L'ovvia risposta potrebbe essere che ci fu poco fumo in quanto le fiamme furono confinate al corpo della vittima, e che finestre aperte e corrente d'aria dispersero efficacemente il fumo che c'era. In ultimo, i cultori del paranormale chiedono perché mai dovrebbe essere normale che la vittima non provasse dolore - sia al momento dell'incidente che in seguito (Heymer 1996, pp. 187, 194). In effetti durante l'incendio, secondo il padre la donna non gridò, ma emise «lamenti» (Saffin 1982). Le sue condizioni mentali, la produzione di endorfine (molecole che riducono la sensazione di dolore) da parte del corpo, il susseguente stato di shock, e l'eventuale stato di semi-incoscienza possono aver contribuito a ridurre la sua risposta al dolore.
La serie tv The Unexplained della A&E incluse il caso Saffin nella sua ora di discussione sulla SHC (18 settembre 1997). I miei brevi commenti sui casi furono inclusi, e tirando le somme la presentazione potrebbe essere considerata equilibrata. Sfortunatamente alla fine del programma il narratore parlò di «un agopuntore di notevole talento. Attraverso la meditazione e l'allenamento, ha imparato a sfruttare le correnti elettriche del proprio corpo...». Detto fatto, il presunto fenomeno appallottolò un giornale che, con un movimento della mano (e un po' di editing video per nascondere il ritardo), si incendiò. Ahimé, sembra che i produttori siano stati ingannati da un ben noto trucco magico, chiamato "lo sguardo dello yogi" (Miller 1978) oppure "fuoco generato da poteri mentali" (Premanand 1994). Ironicamente, l'impresa dipende dal mescolare segretamente due composti chimici che, effettivamente, bruciano per combustione spontanea.
Tratto da The Skeptical Inquirer, March/April 1998, per gentile concessione. Traduzione di Claudio Casonato (Sono in debito con Tim Binga, Direttore del Center for Inquiry Libraries; con il collega del CSICOP Ray Hyman, per avermi fornito il materiale sullo "Yogi's Gaze"; e con Ranijt Sandhu, ricercatore associato dello CSICOP.)
Bibliografia
- Arnold L.E. (1995) Ablaze! The Mysterious Fires of Spontaneous Human Combustion, New York: M. Evans and Co.
- Burton J., Letter from Coroner's Court to Larry Arnold, 27 giugno 1996.
- Carroll D., Signed witness statement made to Constable Leigh Marsden, 2 ottobre 1982.
- Heymer J.E. (1996), The Entrancing Flame: The Facts of Spontaneous Human Combustion, London: Little, Brown & Co.
- Marsden L. (1982), Constable's typed notes, Saffin case, n.d.
- Miller H. (1978), The Art of Eddie Joseph, England: Supreme Magic Co.
- Nickell J. (1996), "Investigative Files column. Not-so-spontaneous human combustion", Skeptical Inquirer, 20 (6), nov./dic., pp. 17-20.
- Nickell J., Fischer J.F. (1987), "Incredible cremations: Investigating spontaneous combustion deaths" Skeptical Inquirer, 11 (4), pp. 352-357.
- Post-mortem examination, Case of Jean Lucille Saffin, Department of Forensic Medicine, Charing Cross Hospital, 28 settembre 1982.
- Premanand B. (1994), Science versus Miracles, India: Indian CSICOP.
- Randles J., Hough P. (1992), Spontaneous Human Combustion, London: Robert Hale.
- Saffin J., Signed witness statement made to Constable Leigh Marsden, 2 ottobre 1982.
- Whitlock M., Report as Registrar in Plastic Surgery, Mt. Hospital, to Mr. R. Wilde, Coroner's Officer, Uxbridge, 27 ottobre 1982.
- www.csicop.org/cgi-bin/q/amazon/spontaneous+combustion
- www.csicop.org/q/skeptic-bibliography/shc
- wheel.dcn.davis.ca.us/~btcarrol/skeptic/shc.html
- www.urbanlegends.com/death/spontaneous.human.combustion/
- www.impropaganda.com/shc.html
- www.csicop.org/q/csicop/spontaneous+human+combustion