E' curioso pensare quanto ci preoccupiamo dell'avvenire dei figli (facendoli studiare, investendo sul loro futuro, cercando di prepararli a essere autosufficienti, e magari risparmiando soldo su soldo per lasciar loro una casa o un gruzzolo) mentre ci preoccupiamo molto poco del contesto in cui questi nostri figli dovranno poi vivere e lavorare. Cioè non investiamo sul futuro che sarà il loro, non facciamo nulla per evitare le crisi di energia e di occupazione che stanno emergendo in prospettiva, e che potranno essere all'origine di tensioni molto gravi.
Forse ci manca l'immaginazione necessaria perché questo futuro entri nel nostro campo visivo. Forse ci manca una motivazione sufficiente, per indurci ad agire. In ogni caso sembriamo mancare soprattutto di una cultura adatta a capire e a guidare queste grandi trasformazioni in corso.
Infatti la complessità crescente dei sistemi nelle nostre società tecnologiche e industriali richiede una grande capacità di comprensione delle nuove strutture nascenti. È come passare dalla guida di un'auto alla guida di un jet. Bisogna avere nuove "patenti", per essere in grado di interpretare tutti i segnali che appaiono sul cruscotto di bordo, e intervenire con manovre tempestive per correggere ogni volta la rotta nel modo più intelligente.
Per capire il mondo moderno occorrono insomma molti talenti: uno di questi (forse il principale) è di riuscire a far fronte ai crescenti "montaggi" di elementi che formano le nostre società industriali, con paralleli "montaggi" di idee, di invenzioni mentali e di adattamenti. Ciò richiede una comprensione più profonda del concetto di "informazione". Ed è giunto il momento di parlare di questo concetto, poiché esso è alla base di tutte le strutture che vediamo intorno a noi: siano esse biologiche, tecnologiche o mentali.
L'informazione
Penso che tutti voi conosciate quei giochi di costruzione di plastica, quei pezzetti che si agganciano uno all'altro per costruire delle casette, dei campanili, dei vagoncini o qualunque altra cosa. Ebbene, questi giochi di costruzione rappresentano un utilissimo esempio per capire la natura, la vita e l'uomo.
Infatti, anche la vita è stata una lenta costruzione, partita dalle prime molecole organiche iniziali. Se si guardano ancor oggi gli organismi viventi ci si rende conto che essi sono costituiti dagli stessi materiali di base: un fiore, una carota o un coniglio sono costruiti con gli stessi elementi. Quello che conta è come sono collocati questi elementi, cioè come è organizzata la struttura che li riunisce. In altre parole, come questi elementi sono stati messi in una forma. Questa si può definire informazione, intesa appunto come "messa in forma".
L'evoluzione della vita è stata una continua messa in forma di nuove strutture, una continua fantasia di elementi agganciati nei modi più diversi.
Pian piano è emersa, con l'Homo sapiens, la capacità non solo di lasciar fare alla natura questi agganci, ma di provocarli, di dirigerli.
Cioè con l'intelligenza, l'immaginazione, è apparsa la capacità di utilizzare materiali semplici e associarli in modi sempre più diversi, creando strutture sempre più straordinarie.
Questo è stato proprio il ruolo per esempio delle invenzioni, che attraverso i tempi hanno permesso di trasformare completamente il mondo in cui viviamo. E queste invenzioni sono state prodotte dal nostro cervello, che è stato capace, a sua volta, di organizzare nelle sue strutture cerebrali gli elementi semplici di memoria, montandoli e associandoli per creare idee, immagini mentali, progetti.
Tutto ciò che vediamo intorno a noi, dagli edifici alle automobili, dalle strutture amministrative alla stessa organizzazione sociale, è in definitiva il frutto dell'attività cerebrale: si tratta cioè di strutture, di materiali o di costruzioni "messi in forma" grazie alla nostra intelligenza, creatività (o anche stupidità). Ma insomma, sono il prodotto dell'attività del nostro cervello: il riflesso della nostra intelligenza, della nostra cultura. Quindi, ogni volta che interveniamo in queste strutture per modificarle, correggerle o ripararle dobbiamo saper agire con competenza, perché è come nel gioco degli scacchi: se si compiono le mosse sbagliate si compromettono le sorti della partita.
Un altro esempio può aiutarci a capire meglio.
Come vibrare una martellata
È una storiella abbastanza conosciuta. Un automobilista, per strada, ha un guasto al motore e spinge la sua auto fino dal meccanico. Questi osserva il motore, prova a smontare e rimontare, ma non riesce a metterlo in moto.
L'automobilista allora spinge l'auto fino a un secondo garage. Qui si ripete la stessa scena: il meccanico non riesce a trovare il guasto.
Finalmente arriva a un terzo garage. Qui il meccanico esamina con attenzione il motore, prende un martello e batte una martellata in un certo punto. Il motore riprende a funzionare perfettamente.
"Grazie!" esclama l'automobilista. "Quant'è?" "100 euro" risponde il meccanico. L'automobilista rimane perplesso: "Ma come, 100 euro per una martellata mi sembrano un po tante!" "Oh no!" risponde il meccanico. "La martellata costa solo 10 centesimi. Gli altri 9990 sono per sapere dove dare la martellata."
Questa storiella è estremamente istruttiva, perché contiene una delle verità profonde del nostro tempo, anzi di tutti i tempi. Sapere dove dare la martellata, per così dire, è sempre stato importante, in tutte le epoche.
Per esempio, Michelangelo sapeva dove dare le martellate giuste. Tutti sapevano usare lo scalpello: lui, però, riuscì a scolpire il Davide.
Eppure, in termini di lavoro e di fatica, il suo gesto non era molto diverso da quello di coloro che scolpivano paracarri. E neppure diverso da quello dell'uomo preistorico, che scheggiava le prime pietre.
Qual è la differenza? La differenza si chiama software. Potremmo chiamarla anche intelligenza o creatività o competenza. O più semplicemente informazione. Vale a dire "messa in forma".
Delle tavole di legno, per esempio, possono servire per fare un'asse da lavare, oppure un violino Stradivari. Il materiale è lo stesso, per i due oggetti: quello che cambia è il contenuto in informazione.
Analogamente occorrono in pratica le stesse materie prime per costruire una macchina da lavare o un satellite artificiale.
Anche qui quello che conta non è quindi il materiale, ma il modo in cui è stato messo in forma. Cioè l'informazione.
Tutta la storia delle invenzioni è praticamente la storia dell'aumento della complessità. Dai primi semplici assemblaggi si è passati a strutture sempre più complesse. Più raffinate. Che riflettevano il crescente aumento di intelligenza, creatività, competenza.
Si è passati dalla ruota al carro, alla locomotiva, all'auto, all'aereo, al jet, all'astronave. Con una sequenza analoga si è passati dalle prime pietre alle frecce, alle palle di cannone, alle bombe, ai missili teleguidati.
E così si è passati dal binocolo al telescopio, al radiotelescopio. E dal pallottoliere al computer.
Tutto questo processo è stato, in definitiva, un modo per aumentare il contenuto energetico degli oggetti. Per andare più in fretta, o per usare armi sempre più potenti, o per vedere sempre più lontano, o per calcolare sempre più in fretta.
È grazie a questa capacità di assemblaggio che è stato possibile trasformare cose apparentemente inerti, come minerali, terra, olii, metalli, in oggetti apparentemente animati, come auto, macchine automatizzate, robot.
Anche la natura è stata capace di organizzare assemblaggi di molecole sempre più complessi. Attraversò una lunga evoluzione, ciò ha dato origine alla vita e alla comparsa dell'uomo.
Se per esempio noi smontassimo un uomo, per vedere come è fatto dentro, troveremmo:
15 chili di carbonio4 chili di azoto
1 chilo di calcio
1/2 chilo di fosforo
1/2 chilo di zolfo
2 etti di sodio
1 etto e mezzo di potassio
1 etto e mezzo di cloro, oltre a un'altra quindicina di materiali. E 5 secchi d'acqua.
Questi sono gli elementi fisici che compongono un uomo.
È evidente, quindi, che non sono i materiali ad avere importanza, ma il modo in cui essi sono organizzati. Cioè è importante l'informazione che c'è dentro.
Quell'informazione che è appunto contenuta nel codice genetico, cioè nei piani di costruzione dell'individuo. E che fa sì che ogni individuo sia diverso da ogni altro.
Anche Leonardo da Vinci, dipingendo la Gioconda, trasformò dei semplici mucchietti di polvere in impasti di colore. Per trasformarli poi in immagini. Grazie a un altro tipo di informazione.
Obbligati a capire
Oggi noi viviamo in un mondo che è proprio il frutto delle trasformazioni che noi stessi abbiamo operato sull'ambiente. L'abbiamo dipinto noi, per così dire, il mondo in cui viviamo. Spesso senza neppure volerlo progettare così come è venuto fuori. Ora, però, dobbiamo viverci dentro, e siamo obbligati a capirlo. Proprio per evitare crisi e collisioni.
Quindi la nostra cultura deve essere capace di comprendere e orientare queste trasformazioni. Per non esserne vittime. Infatti non basta essere intelligenti e colti: bisogna avere una cultura adatta al proprio ambiente. E al proprio tempo. Qualunque esso sia.
Se per esempio noi ci trovassimo di colpo nudi nella foresta dell'Amazzonia, tutta la nostra cultura e tutte le nostre competenze non ci servirebbero a niente. Saremmo in pratica degli analfabeti, facili prede di animali, insetti, malattie, sabbie mobili.
Un indio, invece, saprebbe cavarsela benissimo: saprebbe orientarsi, difendersi dagli animali, trovare cibo, usare erbe medicamentose, evitare i pericoli. Ma, inversamente, questa sua cultura non gli servirebbe a niente se fosse posto di colpo di fronte ai problemi di una società industriale. Rapidamente sarebbe lui a essere vittima delle sabbie mobili.
Il problema è quindi di essere culturalmente adatti ai proprio ambiente e al proprio tempo. Cioè avere una struttura mentale che consenta di capire il proprio sistema per dirigerlo meglio. E per vivere meglio.
Sappiamo tutti, per esempio, che uno dei problemi di una società industriale, qualunque essa sia, è quello di procurarsi energia.
Cominciamo col dire che la maggior parte delle fonti energetiche sono in realtà solo tecnologia, cioè struttura. Per esempio il petrolio non servirebbe a niente se non esistesse il motore; perché il petrolio è in realtà solo un componente del motore, una delle tante parti che lo compongono; e così l'uranio non servirebbe a niente senza reattori nucleari, ecc. Ebbene, a parte ciò, anche se l'energia fosse disponibile in gran quantità non servirebbe a niente se il sistema in cui si inserisce fosse privo di un'informazione adeguata.
Tanto per fare un esempio: occorre la stessa quantità di energia, lavoro e fatica per inviare un telegramma con tutte le lettere mescolate (e quindi incomprensibili) oppure per inviare un telegramma in cui le lettere siano nel giusto ordine, e quindi comprensibili.
Analogamente occorre la stessa quantità di energia, denaro e lavoro per costruire un'automobile che non funziona oppure un'automobile che funziona. Basta che due soli fili siano incrociati perché tutto il lavoro sia inutile e il sistema non giri.
Anche nei sistemi biologici, quando l'informazione, cioè la struttura, ha un difetto, un errore, o non è adeguata, tutto il sistema entra in crisi, anche se dispone di cibo e di energia.
In una molecola di emoglobina, per esempio, basta che solo due o tre dei suoi diecimila atomi siano in una posizione sbagliata perché l'individuo si ammali e muoia.
Tutto ciò spiega bene perché dei sistemi complessi, come sono le nostre società industriali, richiedano un continuo flusso non solo di energia ma di software, cioè di competenza, creatività, intelligenza: sia se certi modelli si vogliono mantenere, sia (ancor più) se si vogliono modificare o orientare.
Questa informazione che continuamente occorre aggiungere al sistema si chiama, in definitiva, cultura.
Oggi abbiamo molte difficoltà a tenere il passo con questo crescente sviluppo della complessità. Ma se, come sembra, ben pochi hanno voglia di tornare indietro nel passato, la soluzione che ci rimane è quella di sviluppare la capacità di gestire il presente, per preparare possibilmente un buon futuro. Più "informato ".