"Quanto realmente indipendente fu lo sviluppo del pensiero e delle scienze in Cina? Possibile che esso sia stato influenzato da qualche altro evento verificatosi nella storia della scienza e della tecnologia in India, nei territori dell'Islam, o nell'Europa occidentale, oppure che, al contrario, ne sia stato all'origine?"
Questa domanda che J. Needham si e ci pone esplicitamente è l'origine di questa breve trattazione cui mi accingo. Diciamo breve in rapporto naturalmente alla vastitàdell'argomento per il quale Needham stesso ha impegnato tutta la propria vita e il cui frutto ha raccolto in una monumentale opera edita in sei volumi da Einaudi col titolo Scienza e civiltà in Cina. Tutto ciò che segue è da attribuire alla ricerca dello scienziato anglosassone, non certo all'autore di questo articolo, che si limita al ruolo di modesto studente nei confronti della sua opera alla quale si avvicina esattamente come a un libro di testo, e della quale cercherà di riproporvi una parziale ma fedele eco.
Questo studioso è universalmente riconosciuto come il massimo sinologo contemporaneo e sono stato particolarmente lieto che lo stesso Carl Sagan, nella sua ultima opera, abbia inserito il suo nome in un breve elenco di scienziati particolarmente degni della sua ammirazione.
Originalità della cultura cinese
Nonostante la vasta letteratura esistente sui contatti tra la Cina e l'Europa, buona parte di quanto è stato scritto consiste purtroppo (forse inevitabilmente) in poco più che una serie di congetture.
Una generale convinzione che buona parte degli sviluppi caratteristici del pensiero e della pratica cinesi avesse origini occidentali è stata dura a morire fino al XVIII secolo e oltre. Alcuni studiosi di linguistica supponevano che i Cinesi fossero "una antica colonia egizia" per la natura ideografica della loro lingua; si riteneva che la maggior parte dell'astronomia cinese fosse di ispirazione occidentale, così come la loro scienza geografica; si attribuiva l'introduzione dello gnomone e della clessidra all'epoca di Dario, mentre ai tempi di Alessandro altri influssi avrebbero importato la geometria, il sistema duodecimale e quello di catalogazione delle stelle. Alla luce delle conoscenze odierne, tutto ciò appare ora insostenibile.
Altrettanto diffuso è stato il luogo comune che il dualismo Yin-Yang del pensiero cinese fosse di origine iranica. Le due parole, che inizialmente significavano il "lato in ombra" e il "lato al sole" di colline o abitazioni, vengono usate nella loro accezione filosofica, un po' a sorpresa, soltanto intorno al IV secolo a.C.: Yin col significato di scuro, debole, femminile, notte, luna, e così via; e Yang col significato di forte, chiaro, maschile, giorno, sole, eccetera; da queste categorie si sviluppò una elaborata teoria della natura. Del tutto superficiale appare una somiglianza con lo zoroastrismo. "Nello zoroastrismo - scrive A. Waley - il buio è essenzialmente malvagio; il principio della luce è essenzialmente buono. Ma il concetto fondamentale di Yin-Yang era del tutto differente: essi erano i due aspetti indipendenti e complementari dell'esistenza, e lo scopo dei filosofi dello Yin-Yang non era il trionfo della luce, ma il raggiungimento nel corso della vita umana di un perfetto equilibrio tra i due principi".
È normale essere portati a ritenere possibile il far risalire ogni cosa a un'unica origine, ma non possiamo certo escludere a priori la possibilità di correnti di pensiero parallele e completamente indipendenti, soprattutto per quanto riguarda teorie, scoperte e osservazioni di carattere scientifico.
Prendiamo ad esempio le teorie dell'atomismo, che conosciamo assai bene nella storia della nostra civiltà classica: a cominciare dal V secolo a.C. con Leucippo e Democrito di Abdera, per arrivare a Epicureo alla fine del III secolo a.C. e Lucrezio all'inizio del I secolo a.C. A sua volta la geometria del Mo Ching (il canone moista, che si ritiene sia stato composto intorno al 370 a.C.) giunge a una definizione del punto come una retta suddivisa innumerevoli volte, in segmenti talmente piccoli da non poter essere ulteriormente ridotta. Il concetto di indivisibilità dunque sembra nato pressoché contemporaneamente in entrambe le civiltà. D'altra parte in tutte e due vi erano uomini che tagliavano e segavano continuamente legno e altri materiali, e non era troppo difficile per una persona in grado di riflettere arrivare a chiedersi che cosa sarebbe accaduto se avesse continuato a dividere in due un oggetto sino a che la parte restante fosse diventata così piccola da risultare ulteriormente indivisibile. Compito della speculazione filosofica è elaborare autonomamente e, perché no, diversamente tutto ciò che questa intuizione era poi in grado di spiegare.
Non v'è dubbio che, tra le remote civiltà del mondo antico, la Cina sia stata la più isolata. L'originalità dei suoi modelli culturali caratteristici fu quindi maggiore. Ma questo non significa che essa non abbia subito l'influenza tecnologico-civilizzatrice irradiata dalle civiltà della cosiddetta "Mezzaluna fertile"; tanto più che per tutti i secoli successivi, nel corso di tre millenni, la Cina trasmise e ricevette, con intensità sempre variante, elementi tecnici e culturali. Così come è un fatto innegabile che la Cina è sempre stata nel circuito della diffusione, è altrettanto necessario tener conto dello sviluppo parallelo di idee e tecniche, di una indipendenza delle invenzioni, e così via. In tutti questi campi è inutile insistere sulle generalizzazioni: ciò di cui abbiamo bisogno è conoscere un maggior numero possibile di fatti. Scrive l'antropologo R. B. Dixon: "È probabile che all'origine di un gran numero di caratteristiche simili ma apparentemente non connesse tra loro sia realmente la diffusione; resta però sempre una notevole quantità di fatti per i quali l'unica spiegazione razionale è quella di una origine indipendente. Il buon senso e le leggi della probabilità vanno infatti applicati in ogni campo, e se per dare una spiegazione in termini di diffusione è necessario presupporre che si sia verificato qualcosa di estremamente improbabile o di quasi impossibile, l'onus probandi si rivela assai pesante. Là dove vi sono serie difficoltà materiali, dobbiamo rifiutare di lasciarci trascinare da vaghe generalizzazioni e pretendere invece prove concrete. Fin quando tali prove non verranno fornite, è da preferire l'alternativa di una invenzione indipendente o di una convergenza. Certo la diffusione è all'origine dello sviluppo culturale in misura maggiore delle invenzioni indipendenti, ma non si può negare, di fronte all'evidenza dei fatti, anche l'esistenza di occasionali invenzioni indipendenti".
Il termine "convergenza", come viene utilizzato qui dall'antropologo, ha un significato simile a quello che esso ha nei dibattiti sul carattere dell'evoluzione biologica: il processo mediante il quale strutture analoghe, ma non omologhe, sono giunte a somigliare le une alle altre col progressivo adattamento all'ambiente. Applicato all'evoluzione sociale, il concetto di convergenza non significa necessariamente un'invenzione indipendente di ordine superiore. Può anche solamente significare che di fronte agli stessi semplici problemi uomini di differenti regioni del globo trovarono soluzioni uguali.
In conclusione, tra i Cinesi e i loro vicini occidentali intercorsero molti più rapporti e si ebbero molte più interferenze di quanto non si sia spesso supposto, ciononostante lo stile essenziale del pensiero e dei modelli culturali cinesi mantenne una costante, sorprendente autonomia. È questo il vero significato dell'"isolamento" della Cina; contatti vi furono, ma mai in quantità sufficiente a influenzare lo stile caratteristico della sua civiltà e quindi della sua scienza.
Primi contatti tra cultura cinese e occidente classico
Già nell'età del bronzo è seriamente presumibile una continuità nei contatti tra Cina e Europa. Esistono riscontri in tal senso non solo nelle tecniche che si suppone siano state trasmesse, ma anche in una effettiva corrispondenza di forme negli oggetti. Le corrispondenze descritte in una serie di importanti saggi da O. Janse sono impressionanti e testimoniano di una sostanziale continuità in tal senso da prima del 1500 a.C.: a) spade a doppio taglio con pomo ad antenna o ad anello; b) accette-martello di pietra; c) il motivo a spirale rovesciata della ceramica dipinta di Yangshiao; d) punte di freccia a tre alette; e) manici zoomorfi dei vasi; f) ornamenti d'oro zoomorfi; g) accessori per il fodero di tipo speciale; h) calici in metalli preziosi ornati con una sfera o un anello sullo stelo; i) recipienti dai coperchi con stampo a stella; l) un certo tipo di punte di lancia in bronzo; m) collane o anelli per il collo; n) alcune asce cerimoniali; o) celtis (particolari asce) in bronzo cavi.
Un altro dato piuttosto curioso riguarda la distribuzione del "carro-uccello", vale a dire della rappresentazione in coccio o in bronzo di un uccello montato su tre ruote, che troviamo in Cina, in Egitto e in numerose località europee. Siamo quindi di fronte a diversi altri esempi di comparsa pressoché contemporanea di idee e tecniche alle due estremità opposte del mondo antico.
Un'acuta osservazione di Janse fa notare come allora non vi fossero barriere costituite da frontiere di stati nazionali indipendenti a impedire diffusioni e scambi attraverso l'ampia distesa delle steppe che si estende dai Balcani e dai Carpazi fino all'Ordos. Egli fa anche notare come, tanto nella cultura di Hallstatt (Russia meridionale) quanto in quella corrispondente cinese, sin dall'inizio sale e ferro fossero associati e il grande interesse di entrambe per l'ambra gialla.
Moltissimi sono anche i paralleli letterari, folcloristici o artistici: rappresentazioni di esseri divini dalla coda di sirena in Gallia e in Cina; la danza della gru con personaggi dalla testa taurina e passaggi sotterranei di tombe come controparti del Minotauro e del Labirinto; pratiche rituali per l'aratura che formano una "catena" che si snoda dal cerimoniale imperiale cinese, al "campo delle tre arature" che Omero descrisse raffigurato sullo scudo di Achille, fino alla festa anglosassone del "lunedì dell'aratro" e tanti altri. Gli esperti di struttura comparata dei racconti popolari discutono di quanto le conquiste mongole abbiano contribuito alla diffusione in Europa di un simile patrimonio culturale: è un campo d'indagine che può portare a confronti molto stimolanti, ma le cui conclusioni sono probabilmente destinate a rimanere per gran parte congetturali.
Altrettanto, l'analisi di ciò che gli storici dell'arte hanno scoperto sui rapporti reciproci tra l'arte cinese e quella di altri popoli ci porterebbe troppo lontano. Ci limitiamo a sottolineare un ben preciso influsso culturale cinese sull'arte europea del tardo Medioevo e del Rinascimento, soprattutto in Italia, dove aveva fatto ritorno Marco Polo: nella pittura toscana del periodo compaiono tratti stilistici nonchè la vera e propria rappresentazione di personaggi asiatici.
Vale infine la pena di notare che alcune notizie sul Confucianesimo sembrano aver raggiunto l'Europa già nel II secolo d.C. Notevole in particolare la notizia dell'ateismo confuciano a cui, a quanto pare, si richiamò Celso, il grande scrittore pagano attaccato da Origene. Nella confutazione fattane da quest'ultimo l'ateismo dei Seri (Cinesi) viene menzionato più volte. È di grandissimo interesse che un accenno al razionalismo e allo scetticismo confuciani abbia così raggiunto un mondo dominato dall'astrologia individuale e dalla superstizione gnostica, benché il ritratto delle virtù dei Seri fosse palesemente idealizzato. A tale proposito viene naturale chiedersi come una civiltà sorta sulle qualità filosofiche del Conficianesimo non abbia in seguito prodotto una adeguata filosofia della Scienza in senso moderno: la risposta trovata da Needham sta nelle responsabilità, deleterie in questo campo, dell'avvento del buddismo. Il discorso sarebbe infinito, chiudiamo quindi, almeno per adesso, questa parentesi.
Tecnica e Scienza
Non è difficile rendersi conto della diffusione di tutte queste idee perché esse si svilupparono un paio di secoli dopo l'apertura dell'Antica Via della Seta. Quando infatti, attorno al I e II secolo d.C., si stabilizzarono una serie di vie di comunicazioni terrestri e marittime la plausibilità degli scambi tecnologici e culturali divenne indiscutibile.
È altrettanto chiaro però che durante il periodo di formazione della moderna scienza europea non si seppero valutare con la dovuta attenzione i contributi cinesi o indiani: il grande lavoro compiuto dai Gesuiti per portare a conoscenza dell'Occidente le scienze e le tecniche cinesi si svolse per intero dopo il 1600 e perlopiù dopo il 1650.
"Ma se la scienza dell'Asia orientale non riuscì a filtrare fino ai Franchi e ai Latini - scrive Needham - (cioè proprio a quella parte del mondo dove, per una serie di "accidenti" storici il cui determinismo geografico e sociale deve ancora essere chiarito, si sarebbero successivamente sviluppate la scienza e la tecnologia moderne), ben diversa fu la sorte della tecnologia dell'Asia orientale. Tale filtro, o barriera, si dimostrò efficace solo per le scienze più astratte. Le invenzioni tecniche, al contrario, filtrarono lentamente ma massicciamente da est a ovest durante i primi quattordici secoli dell'era cristiana. E ciò ci conferma nel sospetto che mentre la diffusione in senso antropologico fu molto importante nel caso delle tecniche, essa fu molto meno efficace nel caso delle scienze vere e proprie e del pensiero scientifico".
A questo punto occorre distinguere il concetto di teoria e osservazione scientifica da un lato, e invenzioni tecnologiche dall'altro. Se facessimo un sondaggio per valutare quale esempio di scienza applicata sia il più conosciuto universalmente, probabilmente la spunterebbe la ruota, ma sarebbe poco più che un complimento, visto che prima non vi era scienza alcuna da applicare: le discussioni sul valore del pi greco sembrano giungere quando, perlomeno a giudicare dalle testimonianze cinesi, già da tempo i tentativi dei falegnami di costruire delle ruote erano stati coronati da successo.
Lungi dal suggerire che la storia della scienza e della tecnica debbano essere scritte separatamente, ma quando si considera la diffusione dell'una e dell'altra si nota l'esistenza di una sorta di operazione di filtraggio. Non furono forse le invenzioni di uso pratico a diffondersi per prime, piuttosto che le osservazioni scientifiche e prescientifiche, le ipotesi e le teorie?
Nel campo della tecnica si operò forse una sorta di inarrestabile automatismo. "La gente - ha scritto Leroi-Gourhan - può accettare un linguaggio meno sottile di quello che essa adoperava precedentemente, o una religione meno sviluppata, ma, escludendo arretramenti temporanei dovuti alla devastazione della guerra, non regredisce mai dall'aratro alla zappa". Inoltre, è intuibilmente piuttosto improbabile che possano diffondersi interi sistemi di pensiero, che per natura stessa sono ancorati a sistemi e caratteristiche etniche ben precise, mentre sembra più logico aspettarsi piuttosto la diffusione di singole parti di tali sistemi. Certamente non si assistette mai a processi di accettazione o di rifiuto in blocco.
Benché paradossalmente, come abbiamo visto finora, i contatti fra Cina, Islam ed Europa fossero ben maggiori di quanto si credesse, fin dal VI-VII sec. d.C. le strutture di pensiero cinesi ed europee erano saldamente codificate entro argini culturali che difficilmente permettevano l'accettazione subitanea di elementi provenienti dall'esterno, e questo durò fino al momento dell'"ingordigia" culturale dell'epoca rinascimentale. Lo sviluppo della medicina cinese ebbe corso per vie largamente indipendenti da qualunque ingerenza esterna. Analogamente, nel XIII secolo l'astronomo persiano Jamal al-Din raggiunse Pechino con una importante spedizione astronomica, ma il suo influsso sull'astronomia cinese fu praticamente nullo, per il fatto evidente che i due sistemi di pensiero erano troppo diversi, anche se forse ebbe un effetto indiretto sulla fondamentale invenzione da parte di Kuo Shou-Ching del montaggio equatoriale. All'inverso, i Cinesi avevano osservato l'esistenza delle macchie solari fin dal I sec. a.C., ma l'informazione, se mai avesse raggiunto l'Europa, non vi avrebbe trovato credito in quanto l'impostazione filosofico-teologica del tempo prevedeva il Sole come simbolo di perfezione, quindi non poteva avere macchie. Allo stesso modo non avrebbe potuto attecchire l'idea cinese di pianeti fluttuanti in un vuoto immenso o spinti da venti su direttrici precise in uno spazio deserto perché palesemente in contrasto con l'idea geocentrica delle sfere di cristallo concentriche e con le sue implicazioni teologiche. Ovviamente, quando i Gesuiti vennero a conoscenza di queste teorie le bollarono come sciocchezze da bonzi e mandarini.
Flusso della tecnica verso Occidente
Nelle epoche tra il I e il XIII secolo la Cina produsse una enormità di applicazioni tecniche di cui esistono prove certe che l'uso in loco precedette, a volte di secoli, l'uso in Europa: a) la pompa a catena con paletta quadrata; b) la molazza e l'applicazione ad essa della forza idraulica; c) macchine soffianti per la lavorazione dei metalli; d) il ventilatore rotante e la spulatrice; e) i mantici a pistoni; f) il telaio a ordito orizzontale; g) i macchinari per l'aspatura, torcitura e doppiatura della seta; h) la carriola; i) il carro a vela; j) il mulino-carro; k) il pettorale e il collare per animali da tiro; l) la balestra; m) l'aquilone; n) il rotatore da elicottero; o) la tecnica delle trivellazioni profonde; p) il procedimento per la produzione della ghisa; q) le sospensioni cardaniche; r) il ponte con archi a sesto ribassato; s) il ponte sospeso a catene di ferro; t) le chiuse per i canali; u) numerose invenzioni nell'ambito delle costruzioni navali (compartimenti stagni, vele aerodinamiche); v) il timone dritto di poppa; w) la polvere pirica; x) la bussola magnetica; y) la carta e la stampa a caratteri mobili; z) la porcellana. L'alfabeto non basta ad elencare tutti gli esempi.
Gli unici esempi di tecnologie importanti mancanti in Cina e probabilmente introdottevi dai Gesuiti furono: a) la vite (nella forma più semplice fu portata dai mercanti arabi, ma i Gesuiti la introdussero con l'argano idraulico di Archimede); b) la pompa aspirante-premente di Ctesibio; c) l'albero a gomiti; d) il movimento a orologeria.
Curioso che almeno due congegni di origine cinese non siano mai passati a nessun'altra civiltà: a) il carro che punta a sud (antenato delle macchine cibernetiche); b) la balestra a ripetizione (con caricatore).
Infine si possono elencare alcune tecniche di cui già nel tardo Medioevo si sapeva dell'uso in Cina, ma non adottate perché, probabilmente, non adatte ai modelli produttivi europei del tempo: a) i compartimenti stagni nelle costruzioni navali; b) la carta-moneta; c) l'uso del carbone.
In ultima analisi, occorre poi tenere presente che per la diffusione di questo genere di influssi non è necessario che a passare sia un intero sistema di pensiero o di idee. Spesso è sufficiente un accenno, un suggerimento o uno stimolo. Nell'ambito dell'evoluzione sociale, per ciò che concerne la storia della tecnologia, deve essere successo molto spesso che un concetto "arrivato" in qualche modo, sia poi stato filtrato e la risposta ad esso sia dipesa dalla natura della cultura locale.
Concludo con le parole di Robert Hooke, il quale, riferendosi allo studio del contributo della civiltà cinese allo sviluppo della scienza, scrisse: "Si schiuderà di fronte a noi un impero di conoscenze, finora descritto solo in termini leggendari, e ci permetterà di entrare in contatto con tutto ciò che di meglio e di più grande questo impero abbia mai creato, nel passato come nel presente".
Lucio Braglia
Coordinatore CICAP Emilia Romagna