Sotto il generico nome di superstizioni siamo soliti indicare un vasto gruppo di comportamenti, che vanno dall'incrociare le dita nei momenti critici, al ritenere che "porti bene" indossare un certo indumento, al mangiare lenticchie a Capodanno: tutte manifestazioni, comunque, generalmente considerate come innocue manie.
A mio avviso, e intendo qui dimostrarlo, rientrano in questa categoria anche le varie credenze nell'astrologia, negli oroscopi, nei sogni premonitori, nella cartomanzia, nella cabala e così via, che talvolta possono comportare qualche conseguenza, se non altro per il portafoglio di chi vi ricorre: fortunatamente, una buona parte delle persone le ritiene tuttalpiù un gioco.
Tuttavia, se andiamo a indagare più a fondo sui meccanismi biologici e sui percorsi evolutivi che sono alla base delle superstizioni, ci imbatteremo in tematiche ben più importanti quali la funzione primaria del sistema nervoso centrale, la decisionalità, la ricerca di rapporti "causa-effetto", il metodo scientifico e perfino la missione del CICAP. Ma andiamo con ordine e partiamo da un classico esperimento di etologia animale, citato a questo proposito da Danilo Mainardi nel suo bellissimo L'animale irrazionale, che ci aiuterà molto nei successivi ragionamenti.
Allo scopo di studiare l'apprendimento negli animali, nel caso specifico nei piccioni, lo studioso del comportamento Frederic Burrhus Skinner aveva realizzato delle gabbie in cui veniva automaticamente erogata una piccola porzione di mangime ogni qualvolta il soggetto studiato eseguiva un determinato compito, ad esempio quello di beccare un certo dischetto tra altri di diversa dimensione o colore; cosa che gli animali imparavano a fare abbastanza rapidamente. A questo punto Skinner ebbe la bella idea, che gli animalisti certamente giudicherebbero un po' sadica, di modificare il meccanismo in modo tale che il "premio" venisse invece erogato del tutto casualmente, anche se abbastanza di frequente. Dopo qualche tempo, egli notò che i piccioni ripetevano movimenti in apparenza strani: chi sbatteva senza motivo le ali, chi torceva goffamente il collo, chi beccava insistentemente un particolare punto della gabbia: ne dedusse che, avendo ciascuno ricevuto casualmente il premio mentre compiva quella determinata azione, lo aveva considerato conseguenza di quest'ultima; e poiché, ripetendola spesso, capitava anche che all'azione conseguisse a breve ancora un'erogazione del premio, la sua convinzione ne veniva ulteriormente rafforzata: a tutti gli effetti, quei pennuti erano diventati superstiziosi!
Ma oltre che da esperienza diretta, la superstizione può derivare anche da trasmissione culturale, cioè dal "sentito dire" da altri, e a questo proposito cito, ancora da Mainardi, un altro brillante esperimento, questa volta ideato dal tedesco Ebherard Curio, utilizzando dei comuni merli Turdus Merula. Egli aveva disposto due merli in gabbie contigue, in modo tale che potessero chiaramente vedersi tra loro, ma che ciascuno potesse vedere un'ulteriore gabbia nascosta all'altro. Nella gabbia visibile solo dal merlo A, Curio collocò un pericoloso rapace; in quella visibile solo dal merlo B, un'innocua bottiglia colorata. Il merlo A, e tutti i successivi merli messi nella gabbia A, giustamente erano spaventati dalla presenza del rapace e manifestarono rumorosamente tutti i comportamenti tipici della segnalazione di pericolo. Il merlo B, e i suoi successori, vedendo invece la bottiglia e credendo che il terrore di A fosse causato da questa, presero a spaventarsi tutte le volte che la vedevano, anche successivamente in diverse condizioni sperimentali e in assenza sia di merli A che di rapaci. Alla fine dell'esperimento, si era creata un'intera popolazione di merli (mai scelta di animale è stata più azzeccata) che si spaventavano all'apparizione della bottiglia colorata: erano diventati superstiziosi, questa volta per "errata trasmissione culturale".
I due aspetti comportamentali dei piccioni di Skinner, in un caso l'apprendimento nell'altro la superstizione, derivano da un identico meccanismo: la capacità, anzi più propriamente la tendenza, ad individuare dei rapporti di causa-effetto tra eventi diversi; nel primo caso, correttamente; illusoriamente nel secondo. E questa caratteristica, comune a tutti gli animali e particolarmente evidente nell'uomo, a sua volta discende dalla natura del sistema nervoso e dalle pressioni evolutive che lo hanno nel tempo forgiato.
Semplificando drasticamente, possiamo ridurre ogni sezione funzionale del sistema nervoso ad uno dei seguenti tre modelli, schematizzati nelle figure:
fig.1
1) nella sua forma più semplice, si tratta di una rete di elaborazione la quale, sulla base della presenza o meno di determinati stimoli (cioè alla percezione di eventi esterni o interni all'organismo), "sceglie", nel senso puramente meccanicistico del verbo, se attuare o meno una determinata azione (figura 1); un tipico esempio è rappresentato dalla reazione di "ritrazione rapida" da una intensa forma di calore, presente in quasi tutte le forme di vita animale, dalle più primitive alle più sofisticate;
fig. 2
2) in forma un po' più evoluta, il processo decisionale della rete viene condizionato anche dal contributo di una sezione che chiamiamo memoria, in grado di conservare traccia di stimoli distanziati nel tempo e di modificarsi sulla base di esperienze precedenti (figura 2);
fig. 3
3) al massimo livello di complessità, come sicuramente avviene nel caso del cervello umano, oltre che su ingenti e multiformi prestazioni di memoria, il processo può avvalersi anche di raffinatissimi meccanismi di supervisione, che permettono la modalità della decisione cosciente (figura 3).
Gli organismi più semplici possiedono solo funzionalità del primo tipo; man mano che si sale nella scala evolutiva, sono sempre più diffusamente presenti anche quelle del secondo e infine del terzo tipo. In tutti i casi, lo scopo funzionale della struttura è quello di prendere una decisione: quanto più tali decisioni si riveleranno vantaggiose per l'organismo che ne è portatore, tanto più la selezione naturale favorirà la perpetuazione della struttura stessa. Essendo (fortunatamente) il nostro un mondo "regolare", cioè un mondo in cui i rapporti causa-effetto sono estremamente ripetitivi, le strutture decisionali vincenti sono state quelle che più efficacemente erano in grado di tener conto di questi rapporti. Per rimanere all'esempio più semplice, poiché la permanenza della esposizione ad una intensa forma di calore può essere fatale all'organismo, una struttura neuronale in grado di determinare la sua rapida individuazione ed un non meno rapido allontanamento, è certamente stata evoluzionisticamente vantaggiosa. Al crescere della complessità delle strutture nervose, aumenta la loro capacità di operare su rapporti causa-effetto meno immediati o evidenti, mettendo in gioco sia il substrato genetico, sia la memoria locale di esperienze dirette oppure acquisite per trasmissione culturale (con il rischio di comportarsi da merli di Curio).
Si comprende a questo punto perché negli animali dotati di sistema nervoso centrale altamente complesso, diciamo di cervello, sia così forte e costante la spinta a "ricercare" rapporti di causa-effetto tra eventi diversi, fino a coglierli anche dove non vi sono. D'altra parte, è stato evoluzionisticamente più utile "abbondare" nelle associazioni, piuttosto che "lesinare"; faccio un esempio: un bambino (o un animale domestico) tocca una stufa accesa e si scotta; il suo cervello registra fortemente la associazione causa-effetto "stufa-scottatura", che d'ora in poi condizionerà ogni suo rapporto con le stufe; anche se, successivamente, in numerose occasioni la stufa sarà spenta e quindi verrà falsificata la precedente associazione, il bambino ricorderà sempre, e farà bene, quell'unico caso "positivo".
Queste sono le basi fisiologiche della superstizione e la spiegazione del perché sia così diffusa, persino tra i piccioni ed i merli.
Nel caso dei piccioni di Skinner, possediamo tutti gli elementi per stabilire una precisa linea di demarcazione tra comportamento "giusto" o "sbagliato", cioè tra associazione "corretta" o "illusoria": è lo sperimentatore stesso a tracciarla, premiando regolarmente l'azione desiderata oppure erogando il premio a caso. Il piccione, che ha un cervello da piccione, non può fare di più e fa bene a "tentare" tutte le azioni che gli sembrano pertinenti: non si sa mai. Ma il cervello dell'uomo ha ben altre potenzialità di analisi e di trasmissione culturale e, nel tempo, ha sviluppato quello che chiamiamo il metodo scientifico. Si tratta di un ingente insieme di osservazioni, esperienze e metodiche, che dovrebbero aiutare a distinguere le associazioni causa-effetto reali da quelle illusorie e quindi a prendere correttamente le conseguenti decisioni. Sento già il coro degli "ascientifici": ma anche gli scienziati sbagliano, ma vi possono essere fenomeni che la scienza ancora non conosce, ma non si può ridurre tutto a formule matematiche.
Tutto giusto, se il metodo scientifico si proponesse di fornire "la Verità", come vorrebbero i filosofi: esso invece, più modestamente ma più concretamente, si limita a migliorare la attendibilità delle nostre previsioni e quindi delle nostre scelte; in questo, si è dimostrato finora lo strumento di gran lunga più efficace a nostra disposizione. Pensate a quante scelte si devono fare nel progettare e nel guidare un aeroplano: fortunatamente, si fanno tutte utilizzando il metodo scientifico e gli aeroplani generalmente volano, tanto che anche i filosofi ed i paranormalisti si fidano a salirvi.
Dunque, se si trovasse al posto del piccione, l'uomo scientifico scoprirebbe facilmente il giochetto di Skinner, in quanto nel primo caso la associazione "azione-premio" ha occorrenza 100%, mentre nel secondo rientra nell'ambito della casualità. Uno dei primi criteri per appurare la effettiva esistenza di un rapporto tra due eventi è infatti la valutazione di significatività statistica: con questo semplice esame, l'astrologia e le altre credenze che ho citato all'inizio palesano subito la loro natura di superstizioni (c.v.d.). Un secondo espediente è quello di cercare se vi sono altri "normali" rapporti causa-effetto collaterali che spiegano il fenomeno apparentemente "paranormale": se Polidoro si accorge che la bacchetta dell'illusionista è sostenuta da un filo invisibile invece che dalla forza del pensiero, come il mago vuol far credere, ha riportato il "mirabolante" nell'alveo nelle ben note proprietà della materia e della gravità.
Eccoci dunque arrivati alla conclusione: l'evoluzione ha dotato gli animali di una spiccata attitudine a individuare rapporti causa-effetto, che talvolta li porta a sbagliare per eccesso; l'uomo, tuttavia, possiede anche potenti strumenti critici, sia strutturali che culturali, grazie ai quali ha saputo nel tempo costruire il mirabile edificio della conoscenza scientifica e affinare le relative metodiche: sarebbe colpevole se non ne approfittasse.
E se non ci riesce da solo (non sempre è facile), può sempre ricorrere al CICAP.
1) Mainardi Danilo, L'animale irrazionale. Mondadori, 2001.
2) Cavalli Sforza L. e F. Chi siamo? Mondadori 1993.
3) Oliverio Alberto, Biologia e filosofia della mente. Laterza, 1999.
4) Boncinelli Edoardo, Io sono, tu sei. Mondadori, 2002.
5) Boncinelli Edoardo, Il cervello, la mente e l'anima. Mondadori 1999.
6) Skinner B.F., Scienza e comportamento. Franco Angeli, 1973.
7) Jakendoff Ray, Coscienza e mente computazionale. Il Mulino, 1990.
8) Le Doux Joseph, Il sè sinaptico . Cortina, 2002.
Galeazzo Sciarretta
Ingegnere elettronico, si occupa da 40 anni di progettazione di strumentazione per lo studio del sistema nervoso ed è Presidente di una tra le più importanti società del settore; è anche curatore scientifico di Mosaicoscienze
A mio avviso, e intendo qui dimostrarlo, rientrano in questa categoria anche le varie credenze nell'astrologia, negli oroscopi, nei sogni premonitori, nella cartomanzia, nella cabala e così via, che talvolta possono comportare qualche conseguenza, se non altro per il portafoglio di chi vi ricorre: fortunatamente, una buona parte delle persone le ritiene tuttalpiù un gioco.
Tuttavia, se andiamo a indagare più a fondo sui meccanismi biologici e sui percorsi evolutivi che sono alla base delle superstizioni, ci imbatteremo in tematiche ben più importanti quali la funzione primaria del sistema nervoso centrale, la decisionalità, la ricerca di rapporti "causa-effetto", il metodo scientifico e perfino la missione del CICAP. Ma andiamo con ordine e partiamo da un classico esperimento di etologia animale, citato a questo proposito da Danilo Mainardi nel suo bellissimo L'animale irrazionale, che ci aiuterà molto nei successivi ragionamenti.
Piccioni e merli
Allo scopo di studiare l'apprendimento negli animali, nel caso specifico nei piccioni, lo studioso del comportamento Frederic Burrhus Skinner aveva realizzato delle gabbie in cui veniva automaticamente erogata una piccola porzione di mangime ogni qualvolta il soggetto studiato eseguiva un determinato compito, ad esempio quello di beccare un certo dischetto tra altri di diversa dimensione o colore; cosa che gli animali imparavano a fare abbastanza rapidamente. A questo punto Skinner ebbe la bella idea, che gli animalisti certamente giudicherebbero un po' sadica, di modificare il meccanismo in modo tale che il "premio" venisse invece erogato del tutto casualmente, anche se abbastanza di frequente. Dopo qualche tempo, egli notò che i piccioni ripetevano movimenti in apparenza strani: chi sbatteva senza motivo le ali, chi torceva goffamente il collo, chi beccava insistentemente un particolare punto della gabbia: ne dedusse che, avendo ciascuno ricevuto casualmente il premio mentre compiva quella determinata azione, lo aveva considerato conseguenza di quest'ultima; e poiché, ripetendola spesso, capitava anche che all'azione conseguisse a breve ancora un'erogazione del premio, la sua convinzione ne veniva ulteriormente rafforzata: a tutti gli effetti, quei pennuti erano diventati superstiziosi!
Ma oltre che da esperienza diretta, la superstizione può derivare anche da trasmissione culturale, cioè dal "sentito dire" da altri, e a questo proposito cito, ancora da Mainardi, un altro brillante esperimento, questa volta ideato dal tedesco Ebherard Curio, utilizzando dei comuni merli Turdus Merula. Egli aveva disposto due merli in gabbie contigue, in modo tale che potessero chiaramente vedersi tra loro, ma che ciascuno potesse vedere un'ulteriore gabbia nascosta all'altro. Nella gabbia visibile solo dal merlo A, Curio collocò un pericoloso rapace; in quella visibile solo dal merlo B, un'innocua bottiglia colorata. Il merlo A, e tutti i successivi merli messi nella gabbia A, giustamente erano spaventati dalla presenza del rapace e manifestarono rumorosamente tutti i comportamenti tipici della segnalazione di pericolo. Il merlo B, e i suoi successori, vedendo invece la bottiglia e credendo che il terrore di A fosse causato da questa, presero a spaventarsi tutte le volte che la vedevano, anche successivamente in diverse condizioni sperimentali e in assenza sia di merli A che di rapaci. Alla fine dell'esperimento, si era creata un'intera popolazione di merli (mai scelta di animale è stata più azzeccata) che si spaventavano all'apparizione della bottiglia colorata: erano diventati superstiziosi, questa volta per "errata trasmissione culturale".
A che cosa serve il cervello
I due aspetti comportamentali dei piccioni di Skinner, in un caso l'apprendimento nell'altro la superstizione, derivano da un identico meccanismo: la capacità, anzi più propriamente la tendenza, ad individuare dei rapporti di causa-effetto tra eventi diversi; nel primo caso, correttamente; illusoriamente nel secondo. E questa caratteristica, comune a tutti gli animali e particolarmente evidente nell'uomo, a sua volta discende dalla natura del sistema nervoso e dalle pressioni evolutive che lo hanno nel tempo forgiato.
Semplificando drasticamente, possiamo ridurre ogni sezione funzionale del sistema nervoso ad uno dei seguenti tre modelli, schematizzati nelle figure:
fig.1
1) nella sua forma più semplice, si tratta di una rete di elaborazione la quale, sulla base della presenza o meno di determinati stimoli (cioè alla percezione di eventi esterni o interni all'organismo), "sceglie", nel senso puramente meccanicistico del verbo, se attuare o meno una determinata azione (figura 1); un tipico esempio è rappresentato dalla reazione di "ritrazione rapida" da una intensa forma di calore, presente in quasi tutte le forme di vita animale, dalle più primitive alle più sofisticate;
fig. 2
2) in forma un po' più evoluta, il processo decisionale della rete viene condizionato anche dal contributo di una sezione che chiamiamo memoria, in grado di conservare traccia di stimoli distanziati nel tempo e di modificarsi sulla base di esperienze precedenti (figura 2);
fig. 3
3) al massimo livello di complessità, come sicuramente avviene nel caso del cervello umano, oltre che su ingenti e multiformi prestazioni di memoria, il processo può avvalersi anche di raffinatissimi meccanismi di supervisione, che permettono la modalità della decisione cosciente (figura 3).
Gli organismi più semplici possiedono solo funzionalità del primo tipo; man mano che si sale nella scala evolutiva, sono sempre più diffusamente presenti anche quelle del secondo e infine del terzo tipo. In tutti i casi, lo scopo funzionale della struttura è quello di prendere una decisione: quanto più tali decisioni si riveleranno vantaggiose per l'organismo che ne è portatore, tanto più la selezione naturale favorirà la perpetuazione della struttura stessa. Essendo (fortunatamente) il nostro un mondo "regolare", cioè un mondo in cui i rapporti causa-effetto sono estremamente ripetitivi, le strutture decisionali vincenti sono state quelle che più efficacemente erano in grado di tener conto di questi rapporti. Per rimanere all'esempio più semplice, poiché la permanenza della esposizione ad una intensa forma di calore può essere fatale all'organismo, una struttura neuronale in grado di determinare la sua rapida individuazione ed un non meno rapido allontanamento, è certamente stata evoluzionisticamente vantaggiosa. Al crescere della complessità delle strutture nervose, aumenta la loro capacità di operare su rapporti causa-effetto meno immediati o evidenti, mettendo in gioco sia il substrato genetico, sia la memoria locale di esperienze dirette oppure acquisite per trasmissione culturale (con il rischio di comportarsi da merli di Curio).
Si comprende a questo punto perché negli animali dotati di sistema nervoso centrale altamente complesso, diciamo di cervello, sia così forte e costante la spinta a "ricercare" rapporti di causa-effetto tra eventi diversi, fino a coglierli anche dove non vi sono. D'altra parte, è stato evoluzionisticamente più utile "abbondare" nelle associazioni, piuttosto che "lesinare"; faccio un esempio: un bambino (o un animale domestico) tocca una stufa accesa e si scotta; il suo cervello registra fortemente la associazione causa-effetto "stufa-scottatura", che d'ora in poi condizionerà ogni suo rapporto con le stufe; anche se, successivamente, in numerose occasioni la stufa sarà spenta e quindi verrà falsificata la precedente associazione, il bambino ricorderà sempre, e farà bene, quell'unico caso "positivo".
Queste sono le basi fisiologiche della superstizione e la spiegazione del perché sia così diffusa, persino tra i piccioni ed i merli.
La scelta giusta
Nel caso dei piccioni di Skinner, possediamo tutti gli elementi per stabilire una precisa linea di demarcazione tra comportamento "giusto" o "sbagliato", cioè tra associazione "corretta" o "illusoria": è lo sperimentatore stesso a tracciarla, premiando regolarmente l'azione desiderata oppure erogando il premio a caso. Il piccione, che ha un cervello da piccione, non può fare di più e fa bene a "tentare" tutte le azioni che gli sembrano pertinenti: non si sa mai. Ma il cervello dell'uomo ha ben altre potenzialità di analisi e di trasmissione culturale e, nel tempo, ha sviluppato quello che chiamiamo il metodo scientifico. Si tratta di un ingente insieme di osservazioni, esperienze e metodiche, che dovrebbero aiutare a distinguere le associazioni causa-effetto reali da quelle illusorie e quindi a prendere correttamente le conseguenti decisioni. Sento già il coro degli "ascientifici": ma anche gli scienziati sbagliano, ma vi possono essere fenomeni che la scienza ancora non conosce, ma non si può ridurre tutto a formule matematiche.
Tutto giusto, se il metodo scientifico si proponesse di fornire "la Verità", come vorrebbero i filosofi: esso invece, più modestamente ma più concretamente, si limita a migliorare la attendibilità delle nostre previsioni e quindi delle nostre scelte; in questo, si è dimostrato finora lo strumento di gran lunga più efficace a nostra disposizione. Pensate a quante scelte si devono fare nel progettare e nel guidare un aeroplano: fortunatamente, si fanno tutte utilizzando il metodo scientifico e gli aeroplani generalmente volano, tanto che anche i filosofi ed i paranormalisti si fidano a salirvi.
Dunque, se si trovasse al posto del piccione, l'uomo scientifico scoprirebbe facilmente il giochetto di Skinner, in quanto nel primo caso la associazione "azione-premio" ha occorrenza 100%, mentre nel secondo rientra nell'ambito della casualità. Uno dei primi criteri per appurare la effettiva esistenza di un rapporto tra due eventi è infatti la valutazione di significatività statistica: con questo semplice esame, l'astrologia e le altre credenze che ho citato all'inizio palesano subito la loro natura di superstizioni (c.v.d.). Un secondo espediente è quello di cercare se vi sono altri "normali" rapporti causa-effetto collaterali che spiegano il fenomeno apparentemente "paranormale": se Polidoro si accorge che la bacchetta dell'illusionista è sostenuta da un filo invisibile invece che dalla forza del pensiero, come il mago vuol far credere, ha riportato il "mirabolante" nell'alveo nelle ben note proprietà della materia e della gravità.
Eccoci dunque arrivati alla conclusione: l'evoluzione ha dotato gli animali di una spiccata attitudine a individuare rapporti causa-effetto, che talvolta li porta a sbagliare per eccesso; l'uomo, tuttavia, possiede anche potenti strumenti critici, sia strutturali che culturali, grazie ai quali ha saputo nel tempo costruire il mirabile edificio della conoscenza scientifica e affinare le relative metodiche: sarebbe colpevole se non ne approfittasse.
E se non ci riesce da solo (non sempre è facile), può sempre ricorrere al CICAP.
Per saperne di più
1) Mainardi Danilo, L'animale irrazionale. Mondadori, 2001.
2) Cavalli Sforza L. e F. Chi siamo? Mondadori 1993.
3) Oliverio Alberto, Biologia e filosofia della mente. Laterza, 1999.
4) Boncinelli Edoardo, Io sono, tu sei. Mondadori, 2002.
5) Boncinelli Edoardo, Il cervello, la mente e l'anima. Mondadori 1999.
6) Skinner B.F., Scienza e comportamento. Franco Angeli, 1973.
7) Jakendoff Ray, Coscienza e mente computazionale. Il Mulino, 1990.
8) Le Doux Joseph, Il sè sinaptico . Cortina, 2002.
Galeazzo Sciarretta
Ingegnere elettronico, si occupa da 40 anni di progettazione di strumentazione per lo studio del sistema nervoso ed è Presidente di una tra le più importanti società del settore; è anche curatore scientifico di Mosaicoscienze