Se ampiamente noti sono i rapporti che esistettero tra nazismo tedesco ed esoterismo, non altrettanto si può dire del lato occulto del fascismo italiano, e questo per diversi motivi.
Primo dei quali è senz'altro il fatto che, a differenza della mostruosa esperienza germanica, il fascismo non ebbe alcun interesse verso le correnti iniziatiche. Ne ebbero quest'ultime verso il regime, invece, nella speranza di indottrinarlo e di convertirlo a una dimensione magica, pagana, aristocratica e anticattolica.
Basterebbe questo per comprendere quale poteva essere la posizione di Mussolini verso gli esoteristi che lo invitavano a ripristinare radicalmente l' imperium romano: il dittatore non aveva il minimo interesse ad assecondare questa minuscola minoranza di esaltati, mentre perseguiva (e ottenne) il pieno appoggio politico, e in parte ideologico, della chiesa cattolica.
Per anticipare le conclusioni di questo saggio, si può dire che l'ermetismo corteggiò per un breve periodo il regime fascista, auspicando che realizzasse un autentico stato imperialista tradizionale[1]; ben presto le illusioni dei vari "maghi" si schiantarono contro il pragmatismo mussoliniano che non solo non dette ascolto ai diversi iniziati, ma seguì una linea assolutamente contraria alle associazioni segrete, prima delle quali la massoneria, e ai cenacoli esoterici in genere.
Proprio la massoneria può servirci come introduzione al discorso, premettendo che essa non assorbiva tutto il variegato, bizzarro e complesso mondo dell'esoterismo italiano degli anni venti, ma ne era l'espressione più antica e strutturata.
Com'è noto, il regime fascista fu sempre contrario alla massoneria [2]; questa posizione (sostenuta con particolare veemenza dalle componenti cattolico-nazionaliste) ebbe una escalation nei primi anni venti, quando il fascismo da movimento si impose come regime: nel 1923, le squadre fasciste furono aizzate contro le sedi massoniche, devastando biblioteche e archivi di quattrocento logge, scatenando una caccia al massone così violenta che il presidente americano Harding, 32° Grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, minacciò di non accogliere le credenziali del nuovo ambasciatore italiano negli Stati Uniti se non fosse cessata la campagna di violenze contro i suoi "fratelli".
La morte di Harding, avvenuta di lì a poco, fece venir meno questa estrema difesa della massoneria in Italia, che tornò ad essere il bersaglio inerme delle squadre di camicie nere.
Piazza del Gesù offrì inutilmente il brevetto di 33° Grado del suo Rito a Mussolini nel novembre 1925: forse al dittatore bruciava ancora il ricordo dei rifiuti che gli impedirono di entrare nella massoneria quando ne fece istanza alla Loggia Romagnoli di Milano, alla Loggia Rinancini di Lugo, nonché a Losanna.
In seguito a una legge contro le associazioni segrete (22 novembre 1925), il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Domizio Torrigiani, decretò l'autoscioglimento dell'Ordine; altrettanto fece Piazza del Gesù nell'ottobre del 1926.
Se per i primissimi tempi del fascismo, diversi suoi esponenti di spicco furono massoni attivi (Italo Balbo, Giacomo Acerbo, Giuseppe Bottai, Roberto Farinacci), l'appartenenza all'associazione segreta illuministica poteva costare molto cara.
Così accadde per Domizio Torrigiani e il generale Luigi Capello. Il primo venne condannato a cinque anni di confino a Lipari, con la falsa accusa di avere finanziato il complotto dell'onorevole Zaniboni contro il "duce". Venne liberato, cieco e malato, solo per tornare nella sua casa di Pistoia, a morirvi, il 31 agosto 1932.
Il generale Capello, che pure aveva partecipato alla "marcia su Roma", quando fu chiamato a scegliere tra fascismo e massoneria, restò fedele a quest'ultima: al processo-farsa in cui fu accusato di essere uno dei mandanti dell'attentato di Zaniboni venne condannato a trent'anni di reclusione.
Altri massoni, come Ubaldo Triaca, garante d'amicizia presso il Grande Oriente di Francia, erano decisamente schierati verso un antifascismo senza compromessi.
Tuttavia, queste posizioni non erano la norma. In Italia, prima che il fascismo bandisse la sua crociata antimassonica, l'associazione segreta non nascondeva la sua simpatia verso il movimento di Mussolini: lo stesso Torrigiani, in occasione della "marcia su Roma", augurò il successo al capo del fascismo.
E il Grande Oriente d'Italia inviò un telegramma ai "fratelli" statunitensi, terrorizzati dallo spauracchio anarchico agitato in occasione del processo a Sacco e Vanzetti, per rassicurarli che, finalmente, l'Italia era entrata in un'era di ordine e di pace.
Agli esordi del fascismo, la massoneria tentò un avvicinamento formale che auspicava una restaurazione, in senso "romano e tradizionalista"; il 23 maggio 1923, rappresentanti della massoneria di rito Scozzese fecero dono a Mussolini di un'arcaica ascia etrusca legata a fascio secondo prescrizioni rituali.
La massoneria, dunque, visse una lacerante crisi quando il fascismo divenne regime: da una parte, infatti, l'anima borghese, spiritualista e ferocemente anticomunista dell'associazione vedeva con la massima simpatia il fascismo.
Dall'altra parte, i massoni non potevano rinnegare il loro secolare cosmopolitismo, la loro ostilità verso la chiesa cattolica (che era invece un sostegno fondamentale del regime), il filantropismo di marca settecentesca che davvero non poteva convivere con l'arroganza e la violenza ostentata dalle squadracce.
La legge che aboliva le società segrete aveva una falla: l'elenco delle associazioni di cui si ordinava lo scioglimento non comprendeva per una banale dimenticanza tre gruppi di minore importanza, costituiti da un pugno di individui e quasi sconosciuti al pubblico: l'Ordine del Tempio, l'Ordine Martinista e il Rito di Memphis-Misraim.
Questi gruppuscoli furono l'ultimo rifugio di massoni, ma soprattutto di esoteristi, che tentarono di conservare una minima vita organizzativa.
Il più notevole e instancabile esponente di queste associazioni fu Arturo Reghini (1878-1946), un professore di matematica toscano che rappresentò la voce più forte e critica dell'esoterismo italiano contro il regime fascista.
Ma spieghiamo subito che Reghini fu contro il fascismo perché lo riteneva una grande possibilità sprecata, anzi negata, per calcolo politico e interesse di potere.
Fin dal 1924, Reghini condannò la collusione fra fascismo e chiesa cattolica, affermando che la potenziale rivoluzione che avrebbe dovuto richiamare in vita la cultura romana si era sottomessa ai gesuiti: "Dal punto di vista iniziatico, invero, e anche semplicemente dal punto di vista storico e italiano, non vediamo per quale motivo il genio costruttore romano debba essere posposto al genio demolitore di quel cristianesimo, che dopo aver distrutto l'impero ne ha sfruttato il prestigio".[3]
Mussolini seguiva "la parte guelfa", commentava Reghini, cercava l'unione con la chiesa cattolica, culminata con i Patti Lateranensi del 1929, imponeva il cattolicesimo come religione di stato e bandiva la massoneria, con ciò riportando "l'Italia in quella stessa posizione in cui si trovava prima del 1859, quando era governata dall'imperatore d'Austria, dai suoi satelliti e dal papa".
La reazione fascista fu, come abbiamo visto, durissima: la massoneria e le diverse associazioni iniziatiche furono proibite e i loro componenti furono perseguitati.
Il veneziano Marco Egidio Allegri, nominato nel 1923 Grande Conservatore ad vitam del Santuario Italiano del Rito di Memphis, subì il carcere e il confino (1928-1929); di Torrigiani e Capello abbiamo già parlato.
Nel 1946, Reghini scrisse: "Era riserbata alla teppa fascista la selvaggia furia di devastazione dei nostri templi, delle nostre biblioteche e il vandalismo che fece a pezzi i ritratti e i busti dei grandi spiritualisti come Mazzini e Garibaldi che decoravano le nostre sedi". E ancora: "In Italia la persecuzione contro la Massoneria in questo ultimo ventennio è stata iniziata e sostenuta dai gesuiti e dai nazionalisti; e i fascisti per ingraziarsi questi messeri non esitarono a provocare l'avversione del mondo civile contro l'Italia con le loro gesta vandaliche contro la massoneria" [4].
Se Reghini condannava il fascismo "perché troppo fascista", Julius Evola lo biasimava "per non esserlo abbastanza"...
Il romano Julius Evola (1898-1974) ha suscitato nell'ultimo decennio un rinnovato interesse degli intellettuali sulla sua complessa, talvolta francamente inquietante, esperienza culturale [5].
Qui basterà rilevare la sua critica al regime fascista fondata soprattutto sul fatto che esso non realizzava una nuova società autenticamente tradizionalista e pagana, fondata sulle caste, sull'autorità, sul rito, sull'iniziazione, aristocratica, radicalmente antidemocratica e anticristiana.
Nell'editoriale del primo numero della rivista La Torre, fondata da Evola nel 1930, così scriveva l'esoterista romano: "La nostra parola d'ordine, su tutti i piani, è il diritto supremo di ciò che fu privilegio ascetico, eroico e aristocratico su tutto ciò che è pratico, condizionato, temporale, e che in qualsiasi modo si lasci misurare dalla passione e dall'utilità, sia essa individuale, sia essa collettiva".[6]
In dimensione politica, Evola sosteneva "un ordine di differenziazioni qualitative, quindi di gerarchia, quindi anche di autorità e di imperium nel senso più ampio".
Tali enunciazioni nella realizzazione pratica sono le premesse di ogni dittatura, con conseguenze tristemente note a tutti.
Evola visse un continuo rapporto di amore-odio nei confronti del fascismo; maggiore consenso sembra abbia trovato presso certi nazisti, tanto che pare abbia tenuto corsi di cultura negli Ordensburgen, antichi castelli dei Cavalieri Teutonici in cui si insegnava l'esoterismo nazista al fine della creazione della Razza Eletta.
Evola non negò le sue critiche al regime fascista, colpevole - a suo dire - di non condurre fino in fondo la sua opera di restaurazione tradizionalista; tuttavia poté sempre pubblicare i suoi libri durante il ventennio di dittatura.
Anche il fascismo, seppure in misura e toni minori rispetto al nazismo, denunciava una "congiura ordita dagli ebrei, con la complicità della massoneria, ai danni dei popoli liberi" (sic!).
Tale congiura avrebbe preso non solo le forme della lotta politica ed economica, ma avrebbe anche utilizzato la subdola arma dell'esoterismo per danneggiare i suoi nemici. Questo delirio non ha nulla di verosimile e non è che l'ennesima prova di quanto a ogni dittatura serva un nemico contro cui catalizzare l'odio del popolo sottomesso, come ha ben compreso Orwell nel suo romanzo 1984.
Un tal Mario de' Bagni scriveva nel 1939: "La propaganda ebraica è ricorsa in tutti i tempi al trucco delle false profezie per seminare la confusione delle idee fra gli ariani. E non è difficile constatare che tali profezie tendono invariabilmente a far supporre l'esistenza di un misterioso e ineluttabile destino per il quale gli stati ariani dovrebbero andar tutti in isfacelo e su di loro dovrebbe trionfare il popolo eletto" [7].
E seguendo questa folle chiave di lettura, l'articolo esamina le celebri Centurie di Nostradamus considerandole grimaldelli ebraici per seminare zizzania, sconforto e disfattismo tra le genti cosiddette ariane: "Il Nostradamus obbedisce fedelmente all'imperativo giudaico di predire disgrazie e di far supporre la loro fatale ineluttabilità, con lo scopo di stordire i cervelli meno resistenti e diffondere comunque quello stato di ansietà che tanto giova al regolare svolgimento degli intrighi ebraici".
Val la pena di notare che Nostradamus proveniva sì da una famiglia ebraica, che però si era convertita al cattolicesimo almeno mezzo secolo prima che venisse al mondo l'astrologo il quale, del resto, fece riferimento alla cultura ebraica solo citando la Bibbia, come facevano migliaia di suoi contemporanei, in ogni paese europeo.
Per concludere, è abbastanza evidente che l'esoterismo italiano venne schiacciato dal regime fascista che non tollerava alcuna alternativa alla propria concezione dell'uomo, del mondo e della storia.
La massoneria concepita come religione laica sarebbe stata una temibile concorrente del fascismo che intendeva assorbire la totalità delle espressioni individuali e collettive; la dittatura non tollera varchi o spazi liberi in nessun campo.
Dal canto loro, gli esoteristi non trovarono nel regime mussoliniano un interlocutore disponibile a causa della fondamentale irreligiosità o anticristianesimo da loro professato.
Si può dire, in sintesi, che per il raggiungimento e il mantenimento del potere e del consenso a Mussolini non servivano quelle poche migliaia di iniziati, massoni, occultisti e pitagorici, ma i milioni di cattolici che vedevano nel papa la suprema autorità morale.
A quali orrori possa condurre la complicità tra potere statale e fanatismo mistico-esoterico lo dimostra la tremenda storia della Germania di Hitler.
Paolo Cortesi
Saggista
Primo dei quali è senz'altro il fatto che, a differenza della mostruosa esperienza germanica, il fascismo non ebbe alcun interesse verso le correnti iniziatiche. Ne ebbero quest'ultime verso il regime, invece, nella speranza di indottrinarlo e di convertirlo a una dimensione magica, pagana, aristocratica e anticattolica.
Basterebbe questo per comprendere quale poteva essere la posizione di Mussolini verso gli esoteristi che lo invitavano a ripristinare radicalmente l' imperium romano: il dittatore non aveva il minimo interesse ad assecondare questa minuscola minoranza di esaltati, mentre perseguiva (e ottenne) il pieno appoggio politico, e in parte ideologico, della chiesa cattolica.
Per anticipare le conclusioni di questo saggio, si può dire che l'ermetismo corteggiò per un breve periodo il regime fascista, auspicando che realizzasse un autentico stato imperialista tradizionale[1]; ben presto le illusioni dei vari "maghi" si schiantarono contro il pragmatismo mussoliniano che non solo non dette ascolto ai diversi iniziati, ma seguì una linea assolutamente contraria alle associazioni segrete, prima delle quali la massoneria, e ai cenacoli esoterici in genere.
Indice |
La massoneria finisce messa al bando
Proprio la massoneria può servirci come introduzione al discorso, premettendo che essa non assorbiva tutto il variegato, bizzarro e complesso mondo dell'esoterismo italiano degli anni venti, ma ne era l'espressione più antica e strutturata.
Com'è noto, il regime fascista fu sempre contrario alla massoneria [2]; questa posizione (sostenuta con particolare veemenza dalle componenti cattolico-nazionaliste) ebbe una escalation nei primi anni venti, quando il fascismo da movimento si impose come regime: nel 1923, le squadre fasciste furono aizzate contro le sedi massoniche, devastando biblioteche e archivi di quattrocento logge, scatenando una caccia al massone così violenta che il presidente americano Harding, 32° Grado del Rito Scozzese Antico e Accettato, minacciò di non accogliere le credenziali del nuovo ambasciatore italiano negli Stati Uniti se non fosse cessata la campagna di violenze contro i suoi "fratelli".
La morte di Harding, avvenuta di lì a poco, fece venir meno questa estrema difesa della massoneria in Italia, che tornò ad essere il bersaglio inerme delle squadre di camicie nere.
Piazza del Gesù offrì inutilmente il brevetto di 33° Grado del suo Rito a Mussolini nel novembre 1925: forse al dittatore bruciava ancora il ricordo dei rifiuti che gli impedirono di entrare nella massoneria quando ne fece istanza alla Loggia Romagnoli di Milano, alla Loggia Rinancini di Lugo, nonché a Losanna.
In seguito a una legge contro le associazioni segrete (22 novembre 1925), il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Domizio Torrigiani, decretò l'autoscioglimento dell'Ordine; altrettanto fece Piazza del Gesù nell'ottobre del 1926.
Se per i primissimi tempi del fascismo, diversi suoi esponenti di spicco furono massoni attivi (Italo Balbo, Giacomo Acerbo, Giuseppe Bottai, Roberto Farinacci), l'appartenenza all'associazione segreta illuministica poteva costare molto cara.
Così accadde per Domizio Torrigiani e il generale Luigi Capello. Il primo venne condannato a cinque anni di confino a Lipari, con la falsa accusa di avere finanziato il complotto dell'onorevole Zaniboni contro il "duce". Venne liberato, cieco e malato, solo per tornare nella sua casa di Pistoia, a morirvi, il 31 agosto 1932.
Il generale Capello, che pure aveva partecipato alla "marcia su Roma", quando fu chiamato a scegliere tra fascismo e massoneria, restò fedele a quest'ultima: al processo-farsa in cui fu accusato di essere uno dei mandanti dell'attentato di Zaniboni venne condannato a trent'anni di reclusione.
Altri massoni, come Ubaldo Triaca, garante d'amicizia presso il Grande Oriente di Francia, erano decisamente schierati verso un antifascismo senza compromessi.
Tuttavia, queste posizioni non erano la norma. In Italia, prima che il fascismo bandisse la sua crociata antimassonica, l'associazione segreta non nascondeva la sua simpatia verso il movimento di Mussolini: lo stesso Torrigiani, in occasione della "marcia su Roma", augurò il successo al capo del fascismo.
E il Grande Oriente d'Italia inviò un telegramma ai "fratelli" statunitensi, terrorizzati dallo spauracchio anarchico agitato in occasione del processo a Sacco e Vanzetti, per rassicurarli che, finalmente, l'Italia era entrata in un'era di ordine e di pace.
Agli esordi del fascismo, la massoneria tentò un avvicinamento formale che auspicava una restaurazione, in senso "romano e tradizionalista"; il 23 maggio 1923, rappresentanti della massoneria di rito Scozzese fecero dono a Mussolini di un'arcaica ascia etrusca legata a fascio secondo prescrizioni rituali.
La massoneria, dunque, visse una lacerante crisi quando il fascismo divenne regime: da una parte, infatti, l'anima borghese, spiritualista e ferocemente anticomunista dell'associazione vedeva con la massima simpatia il fascismo.
Dall'altra parte, i massoni non potevano rinnegare il loro secolare cosmopolitismo, la loro ostilità verso la chiesa cattolica (che era invece un sostegno fondamentale del regime), il filantropismo di marca settecentesca che davvero non poteva convivere con l'arroganza e la violenza ostentata dalle squadracce.
Reghini:"Il fascismo? Troppo fascista!"
La legge che aboliva le società segrete aveva una falla: l'elenco delle associazioni di cui si ordinava lo scioglimento non comprendeva per una banale dimenticanza tre gruppi di minore importanza, costituiti da un pugno di individui e quasi sconosciuti al pubblico: l'Ordine del Tempio, l'Ordine Martinista e il Rito di Memphis-Misraim.
Questi gruppuscoli furono l'ultimo rifugio di massoni, ma soprattutto di esoteristi, che tentarono di conservare una minima vita organizzativa.
Il più notevole e instancabile esponente di queste associazioni fu Arturo Reghini (1878-1946), un professore di matematica toscano che rappresentò la voce più forte e critica dell'esoterismo italiano contro il regime fascista.
Ma spieghiamo subito che Reghini fu contro il fascismo perché lo riteneva una grande possibilità sprecata, anzi negata, per calcolo politico e interesse di potere.
Fin dal 1924, Reghini condannò la collusione fra fascismo e chiesa cattolica, affermando che la potenziale rivoluzione che avrebbe dovuto richiamare in vita la cultura romana si era sottomessa ai gesuiti: "Dal punto di vista iniziatico, invero, e anche semplicemente dal punto di vista storico e italiano, non vediamo per quale motivo il genio costruttore romano debba essere posposto al genio demolitore di quel cristianesimo, che dopo aver distrutto l'impero ne ha sfruttato il prestigio".[3]
Mussolini seguiva "la parte guelfa", commentava Reghini, cercava l'unione con la chiesa cattolica, culminata con i Patti Lateranensi del 1929, imponeva il cattolicesimo come religione di stato e bandiva la massoneria, con ciò riportando "l'Italia in quella stessa posizione in cui si trovava prima del 1859, quando era governata dall'imperatore d'Austria, dai suoi satelliti e dal papa".
La reazione fascista fu, come abbiamo visto, durissima: la massoneria e le diverse associazioni iniziatiche furono proibite e i loro componenti furono perseguitati.
Il veneziano Marco Egidio Allegri, nominato nel 1923 Grande Conservatore ad vitam del Santuario Italiano del Rito di Memphis, subì il carcere e il confino (1928-1929); di Torrigiani e Capello abbiamo già parlato.
Nel 1946, Reghini scrisse: "Era riserbata alla teppa fascista la selvaggia furia di devastazione dei nostri templi, delle nostre biblioteche e il vandalismo che fece a pezzi i ritratti e i busti dei grandi spiritualisti come Mazzini e Garibaldi che decoravano le nostre sedi". E ancora: "In Italia la persecuzione contro la Massoneria in questo ultimo ventennio è stata iniziata e sostenuta dai gesuiti e dai nazionalisti; e i fascisti per ingraziarsi questi messeri non esitarono a provocare l'avversione del mondo civile contro l'Italia con le loro gesta vandaliche contro la massoneria" [4].
Evola:"Il fascismo? Poco fascista!"
Se Reghini condannava il fascismo "perché troppo fascista", Julius Evola lo biasimava "per non esserlo abbastanza"...
Il romano Julius Evola (1898-1974) ha suscitato nell'ultimo decennio un rinnovato interesse degli intellettuali sulla sua complessa, talvolta francamente inquietante, esperienza culturale [5].
Qui basterà rilevare la sua critica al regime fascista fondata soprattutto sul fatto che esso non realizzava una nuova società autenticamente tradizionalista e pagana, fondata sulle caste, sull'autorità, sul rito, sull'iniziazione, aristocratica, radicalmente antidemocratica e anticristiana.
Nell'editoriale del primo numero della rivista La Torre, fondata da Evola nel 1930, così scriveva l'esoterista romano: "La nostra parola d'ordine, su tutti i piani, è il diritto supremo di ciò che fu privilegio ascetico, eroico e aristocratico su tutto ciò che è pratico, condizionato, temporale, e che in qualsiasi modo si lasci misurare dalla passione e dall'utilità, sia essa individuale, sia essa collettiva".[6]
In dimensione politica, Evola sosteneva "un ordine di differenziazioni qualitative, quindi di gerarchia, quindi anche di autorità e di imperium nel senso più ampio".
Tali enunciazioni nella realizzazione pratica sono le premesse di ogni dittatura, con conseguenze tristemente note a tutti.
Evola visse un continuo rapporto di amore-odio nei confronti del fascismo; maggiore consenso sembra abbia trovato presso certi nazisti, tanto che pare abbia tenuto corsi di cultura negli Ordensburgen, antichi castelli dei Cavalieri Teutonici in cui si insegnava l'esoterismo nazista al fine della creazione della Razza Eletta.
Evola non negò le sue critiche al regime fascista, colpevole - a suo dire - di non condurre fino in fondo la sua opera di restaurazione tradizionalista; tuttavia poté sempre pubblicare i suoi libri durante il ventennio di dittatura.
L'immaginaria "congiura" ebraica
Anche il fascismo, seppure in misura e toni minori rispetto al nazismo, denunciava una "congiura ordita dagli ebrei, con la complicità della massoneria, ai danni dei popoli liberi" (sic!).
Tale congiura avrebbe preso non solo le forme della lotta politica ed economica, ma avrebbe anche utilizzato la subdola arma dell'esoterismo per danneggiare i suoi nemici. Questo delirio non ha nulla di verosimile e non è che l'ennesima prova di quanto a ogni dittatura serva un nemico contro cui catalizzare l'odio del popolo sottomesso, come ha ben compreso Orwell nel suo romanzo 1984.
Un tal Mario de' Bagni scriveva nel 1939: "La propaganda ebraica è ricorsa in tutti i tempi al trucco delle false profezie per seminare la confusione delle idee fra gli ariani. E non è difficile constatare che tali profezie tendono invariabilmente a far supporre l'esistenza di un misterioso e ineluttabile destino per il quale gli stati ariani dovrebbero andar tutti in isfacelo e su di loro dovrebbe trionfare il popolo eletto" [7].
E seguendo questa folle chiave di lettura, l'articolo esamina le celebri Centurie di Nostradamus considerandole grimaldelli ebraici per seminare zizzania, sconforto e disfattismo tra le genti cosiddette ariane: "Il Nostradamus obbedisce fedelmente all'imperativo giudaico di predire disgrazie e di far supporre la loro fatale ineluttabilità, con lo scopo di stordire i cervelli meno resistenti e diffondere comunque quello stato di ansietà che tanto giova al regolare svolgimento degli intrighi ebraici".
Val la pena di notare che Nostradamus proveniva sì da una famiglia ebraica, che però si era convertita al cattolicesimo almeno mezzo secolo prima che venisse al mondo l'astrologo il quale, del resto, fece riferimento alla cultura ebraica solo citando la Bibbia, come facevano migliaia di suoi contemporanei, in ogni paese europeo.
Una sola "fede"
Per concludere, è abbastanza evidente che l'esoterismo italiano venne schiacciato dal regime fascista che non tollerava alcuna alternativa alla propria concezione dell'uomo, del mondo e della storia.
La massoneria concepita come religione laica sarebbe stata una temibile concorrente del fascismo che intendeva assorbire la totalità delle espressioni individuali e collettive; la dittatura non tollera varchi o spazi liberi in nessun campo.
Dal canto loro, gli esoteristi non trovarono nel regime mussoliniano un interlocutore disponibile a causa della fondamentale irreligiosità o anticristianesimo da loro professato.
Si può dire, in sintesi, che per il raggiungimento e il mantenimento del potere e del consenso a Mussolini non servivano quelle poche migliaia di iniziati, massoni, occultisti e pitagorici, ma i milioni di cattolici che vedevano nel papa la suprema autorità morale.
A quali orrori possa condurre la complicità tra potere statale e fanatismo mistico-esoterico lo dimostra la tremenda storia della Germania di Hitler.
Paolo Cortesi
Saggista
Note
1) Tradizionale, in questo contesto, significa portatore di valori ritenuti antichissimi quali la rigida costituzione in caste della società, aristocratismo, antidemocrazia, culto della guerra come realtà simbolica. Si tratta, come è chiaro, di concetti che, se nella pura sfera ideale-estetica, possono avere un loro inquietante fascino, nell'applicazione pratica conducono agli orrori di ogni dittatura.
2) La massoneria italiana si scisse, nel 1908, in due "obbedienze", cioè due organizzazioni ben distinte: il Grande Oriente d'Italia, con sede a Palazzo Giustiniani, e un Supremo Consiglio, con sede a piazza del Gesù, che nel 1912 venne accolto a Washington nel consesso mondiale dei Supremi Consigli scozzesisti (R.S.A.A.: Rito Scozzese Antico e Accettato).
3) Citato in G. De Turris, Il gruppo di Ur, tra magia e super fascismo, in Abstracta, anno II, giugno 1987, p. 13.
4) Reghini, A. 1988. Numeri sacri e geometria pitagorica, Genova : I Dioscuri, pp. 19/20.
5) Su Evola come punto di riferimento ideologico dei gruppuscoli di neonazisti e neofascisti italiani, vedi: Tassinari, U.M. 2001. Fascisteria. I protagonisti, i movimenti e i misteri dell'eversione nera in Italia (1945-2000), Roma: Castelvecchi, pp. 285/297.
6) Evola, J. 1977. La Torre, Milano: Società editrice Il Falco, p. 21.
7) M. de' Bagni, Le profezie di M. Nostradamus, in La difesa della razza, anno II n.8 20.2.1939, p. 37.