Nell'ottobre 1994, in seguito ad un articolo pubblicato da La Stampa che metteva in discussione la validità della pranoterapia, il sedicente sensitivo Luciano Muti, pranoterapeuta in Bergamo (soprannominato "la Wanna Marchi" per le sue colorite trasmissioni promozionali in Tv), minacciava di querelare il quotidiano e l'autore. Marco Cagnotti, se non avessero rettificato quanto scritto. Cagnotti accettò di rettificare l'articolo a condizione che il signor Muti si sottoponesse ad una serie di sperimentazioni, da condursi a cura del Cicap presso l'Università di Pavia, volte a determinare la realtà o meno delle sue affermazioni. Dopo un animato incontro tra le parti, Muti si dichiarava disponibile a partecipare agli esperimenti e il 4.11.94, il Cicap gli sottoponeva una bozza di protocollo sperimentale. Le prove avrebbero dovuto riguardare inizialmente un test di "mummificazione" di reperti organici animali che, se riuscito, avrebbe permesso di continuare con prove su altre presunte capacità del pranoterapeuta, quali la possibilità di influire sulla crescita di colture battertene in vitro o di comandare a distanza delle automobiline elettriche.
La proposta iniziale del Cicap era che il signor Muti muovesse un tavolino, come aveva fatto numerose volte in trasmissioni televisive; una prova di questo tipo sarebbe stata immediatamente risolutiva ed avrebbe richiesto un protocollo molto semplice, inoltre, a detta dello stesso Muti, avrebbe richiesto un dispendio di "energia psichica" dieci volte minore di quello necessario per "mummificare" un pezzo di carne.
Ma il sensitivo rifiutava sostenendo che il movimento di un tavolo non avrebbe potuto dimostrare le sue doti terapeutiche. Per circa quattro mesi, il Cicap non ebbe più notizia del Muti, solamente il 18.2.95, in seguito ad un incontro casuale nel corso di una manifestazione, egli muoveva qualche commento al protocollo, promettendo allo stesso tempo di far pervenire nei giorni seguenti una risposta ufficiale sulla base della quale stabilire un nuovo incontro per discutere i termini del test in modo definitivo. Tuttavia, il 23.4.95. Muti non si era ancora fatto vivo e il Cicap provvedeva nuovamente a sollecitare una risposta, informando il pranoterapeuta che se questa non fosse arrivata entro il 7 maggio 1995 (ovvero a oltre cinque mesi dal momento in cui si era deciso lo svolgimento del test) il Comitato avrebbe riconosciuto la non volontà da parte di Muti e dell'Anpsi, l'Associazione nazionale pranoterapeuti e sensitivi italiani fondata dallo stesso Muti, di eseguire detta sperimentazione, e si sarebbe ritenuta libera da ogni impegno. Qualche tempo dopo. Muti informava il Cicap di non ritenere adeguato il protocollo proposto dal Comitato in quanto:
a) i primi esperimenti avrebbero dovuto riguardare la "mummificazione"; prova questa che egli dichiarava presentare "marginale interesse" (nonostante fosse stato lui a proporla in sostituzione del ben più semplice movimento di un tavolino);
b) la sede dell'esperimento avrebbe dovuto essere l'Università di Pavia, luogo in cui Muti non avrebbe potuto disporre alcun controllo sui controllori (!);
e) nel caso di un primo successo, il Cicap pretendeva che la prova fosse ripetuta per poter escludere ogni possibilità di risultato casuale; proposta che, secondo il Muti, dimostrerebbe un "evidente pregiudizio, preconcetto e incertezza" da parte del Cicap. Nella sua lettera, poi. Muti prosegue accusando il Comitato di aver operato, in combutta con la redazione della trasmissione La cronaca in diretta ' (Raidue), "tagli e manipolazioni" di immagini relative a sue dimostrazioni da lui definite "significative e convincenti". Con la lettera il signor Muti inviava ciò che lui riteneva prove più che soddisfacenti della realtà della pranoterapia: articoli pubblicali su serie riviste scientifiche? No, un attestato di una non meglio definita "Society Intemational Institute of Biophysics di Kaisersiautern" ed una videocassetta "comprovante l'effettiva azione dei biofotoni emessi dai pranoterapeuti", della Editrice Mediterranee. Infine, Muti suggeriva di condurre eventuali esperimenti in "luoghi neutrali" come la succitata Society... di Kaisersiautern in Germania "e non presso la vostra Università di Pavia".
Considerato che, già dal primo incontro e nelle occasioni successive, il signor Muti dimostrava di considerare pratica normale l'insulto, la minaccia e la diffamazione dei suoi interlocutori, al punto da essere passibile di querela (in più di un occasione, e anche di fronte a testimoni, ha definito il Cicap "prezzolato dalle industrie farmaceutiche", le quali sarebbero evidentemente
terrorizzate dalla concorrenza di Muti e colleghi), e ribadita l'impossibilità di dialogare in termini obiettivi e cooperativi con Muti, il Comitato non può che rilevare l'assoluta mancanza di volontà da parte di Luciano Muti di sottoporre le sue pretese doti paranormali ad un serio controllo scientifico e pertanto considera impossibile la continuazione di qualsivoglia tipo di rapporto con il suddetto.
Massimo Polidoro,
responsabile indagini del Cicap