Questo articolo di Michael Shermer, presidente della Skeptical Society, può essere a buon ragione considerato il MANIFESTO dello scetticismo e come tale non necessita di ulteriori commenti. Ogni domanda e ogni dubbio riguardo lo scetticismo trovano qui la loro giusta risposta e collocazione. Si tratta senza dubbio di un articolo base per iniziare ad approcciare il mondo con mentalità scettica, e per la prima volta il CICAPLombardia lo presenta nella traduzione italiana di Clelia Maria Canna.
Nella pagina iniziale dello splendido libretto "Conoscere una Mosca", Vincent Dethier fa un’osservazione umoristica su come i bambini crescono per diventare scienziati: "Sebbene i bambini piccoli abbiano tabù relativi al fatto di camminare sopra le formiche, poiché si dice che tale azione porti la pioggia, non è mai parso un tabù lo strappare le zampe o le ali delle mosche. Molti bambini addirittura esagerano in questo comportamento. Quelli che non vanno a finire male diventano biologi". (1962 p.2). Lo stesso può essere detto sullo scetticismo. Negli anni della prima infanzia i bambini sono allievi della conoscenza, ponendo domande su qualsiasi cosa vedano, mostrando tuttavia un certo scetticismo. Molti non imparano mai a distinguere tra l’essere curiosi e la credulità. Quelli che lo imparano o vanno a finire male o diventano scettici professionisti.
James Randi è uno di questi. Così come lo sono i fondatori e compagni del Comitato per l’Investigazione Scientifica delle Affermazioni sul Paranormale (CSICOP), il predecessore della Skeptic Society, il cui giornale - lo Skeptical Enquirer - ha stabilito lo standard contro cui questa e altre pubblicazioni del genere devono confrontarsi nel perseguimento dello scetticismo. Ma cosa significa essere scettici? Questa parola è carica di inquietudini a causa del pesante bagaglio che essa si porta appresso. Questa parola ha differenti significati per differenti persone. (Noi avevamo considerato molte denominazioni, ma decidemmo che, purché sia ben definito, il termine è utile. Nella scelta del nome, abbiamo anche considerato Institute for Rational Skepticism, ma lo abbiamo rifiutato per paura che potessimo essere conosciuti come IRS, un’organizzazione della quale molte persone sono già scettiche!)
Lo scetticismo ha una lunga tradizione storica, risalente al pensiero dell’antica Grecia. Il primo storico dello scetticismo Richard Popkin ci dice: " Lo scetticismo accademico, così chiamato perché fu formulato nell’Accademia Platonica nel terzo secolo a.C. si sviluppò dall’osservazione socratica "Tutto ciò che so è di non sapere nulla" (1979, p. xiii). Due dei significati comunemente attribuiti da molte persone a questo termine oggi sono che uno scettico non crede in niente o che abbia la mente completamente chiusa di fronte a certe credenze. Una buona ragione motiva la percezione del primo significato. L’Oxford English Dictionary (OED) dà quest’uso comune alla parola scettico: "Chi, come Pirrone e i suoi seguaci nella Grecia antica dubita circa la possibilità di una reale conoscenza di qualsiasi tipo; chi sostiene che non esistono terreni adeguati alle certezze così come alla verità di qualsiasi proposizione" (1971, Vol. 2 p. 2663).
Poiché la posizione è sterile e improduttiva e sostenuta virtualmente da nessuno (eccetto pochi confusi solitari che dubitano circa la loro stessa esistenza), non c’è da meravigliarsi se così tanti trovano lo scetticismo disturbante. Un significato più produttivo della parola scettico è il secondo uso dato dall’OED: "Uno che dubita circa la validità di ciò che si afferma essere conoscenza in qualche sezione particolare della ricerca. Chi mantiene un’attitudine dubbiosa riferita a qualche particolare domanda o affermazione."
La storia della parola scettico e scetticismo è interessante e spesso divertente. Nel 1672, per esempio, le Philosophical Transactions VII registrano questo passaggio: "Qui egli colse l’occasione di esaminare il Pirronismo o Scetticismo, professato da una setta di uomini che si esprimono diversamente da quello che pensano.". L’accusa è giustificata. I più ardenti scettici si gustano il loro scetticismo fintanto che esso non viola le loro più care credenze. L’incredulità vola fuori dalla finestra. Recentemente ricevetti una chiamata da un gentiluomo che si professava scettico, voleva supportare l’organizzazione ed era d’accordo col nostro scetticismo riguardo a tutto, eccetto che sul potere delle vitamine nel restaurare la salute e nell’attenuare le malattie. Egli sperava che io non stessi organizzando nessuna conferenza o articoli scettici su questa materia, che, spiegò, non è mai stato provato scientificamente che sia effettiva. "Il suo settore non sarebbe quello della terapia con vitamine, vero?" Mi informai. "Lei scommetta che lo sia!" Mi rispose.
E’ facile, persino divertente sfidare le credenze altrui quando siamo compiaciuti nelle nostre proprie certezze. Ma quando queste ultime sono sfidate ci vuole molta pazienza e forza di volontà per ascoltare con orecchio non geloso. Ma c’è un più profondo difetto nel puro scetticismo. Presa all’estremo, la posizione di per se stessa non regge. L’OED ci dà questo esempio letterario del 1674 (Tucker Lt. Nat. II): "C’è un’aria di positività in tutto lo scetticismo, una non riservata fiducia nella forza di quegli argomenti sostenuti per rovesciare tutta la conoscenza del genere umano." Lo scetticismo è di per se stesso un’asserzione positiva sulla conoscenza e così, rigirato su se stesso non può essere sostenuto. Se voi siete scettici di qualsiasi cosa, dovreste essere scettici del vostre stesso scetticismo. Come il decadimento delle particelle subatomiche, il puro scetticismo si svolge e si rigira sullo schermo visivo della nostra nebulosa camera intellettuale.
Lo scetticismo da solo non produce progresso. Non è così semplice rifiutare l’irrazionale. Lo scetticismo deve essere seguito unitamente a qualcosa di razionale, o qualcosa che effettivamente produca progresso. Come l’economista austriaco Ludwig von Mises metteva in guardia contro quegli anticomunisti che non presentavano alcuna alternativa razionale al sistema del quale essi erano così scettici (1956 p. 112):
Un movimento anti-qualcosa mostra un’attitudine puramente negativa. Non c’è alcuna opportunità di avere successo. Le sue diatribe appassionate pubblicizzano virtualmente il programma che attaccano. I popoli devono combattere per qualcosa che vogliono raggiungere, non semplicemente rifiutare un male, per quanto cattivo possa essere.
Carl Sagan fece risuonare un simile avvertimento sugli scettici professionisti all’incontro annuale dello CSICOP del 1987: " Potete entrare in un’abitudine di pensiero nella quale voi vi divertite a prendere in giro tutte le persone che non vedono le cose così chiaramente come voi. Noi dobbiamo guardarci attentamente da questo" (in Basil, 1988 p. 366).
La seconda nozione popolare che gli scettici abbiano la mente chiusa a certe credenze viene da un’incomprensione dello scetticismo e della scienza. Gli scettici e gli scienziati non sono necessariamente "chiusi di mente" (sebbene essi lo possono essere poiché sono umani). Essi hanno avuto la mente aperta a un credo, ma quando l’evidenza manca di supportare il credo, essi lo rifiutano. Ci sono già abbastanza misteri legittimi nell’universo, le cui evidenze procurano agli scienziati elementi per le loro ricerche, al punto che utilizzare del tempo per considerare misteri "invisibili" o "sconosciuti" non è sempre produttivo. Quando i non scettici dicono "Voi siete proprio chiusi di mente sulle forze sconosciute dell’universo," lo scettico risponde: "Stiamo ancora cercando di capire le forze conosciute dell’universo".
E’ per queste ragioni che potrebbe essere utile modificare la parola scettico con "razionale". Inoltre, è costruttivo esaminare l’uso e la storia di questa parola così comunemente usata. Razionale è dato come "Avente la facoltà di ragionare; dotato di ragione" (OED, p. 2420). E ragione come "L’esposizione di qualche fatto, impiegata come argomento per giustificare o condannare un’azione, provare o contro-provare un’asserzione, un’idea o un credo" (p. 2431). Può sembrare piuttosto pedante scavare nel dizionario ed estrarne la storia e gli arcani usi di una parola. Ma è costruttivo conoscere come una parola veniva interpretata e che cosa è giunta a significare. Il significato spesso non è lo stesso e più frequentemente le parole hanno usi multipli, così che quando due persone comunicano, esse stanno spesso conversando con intenti incrociati. Lo scetticismo di una persona può essere la credulità di un altro. E chi non ritiene di essere razionale quando perviene al proprio credo o ideologia?
E’ anche importante ricordare che i dizionari non danno definizioni, danno gli usi. Perché un ascoltatore comprenda colui che parla e perché un lettore comprenda colui che scrive, le parole importanti devono essere definite con precisione semantica, per fare in modo che la comunicazione avvenga effettivamente. Quello che intendo io per scettico è il secondo significato detto sopra: "Chi dubita della validità di qualsiasi affermazione che pretenda di definirsi conoscenza in qualche particolare branca del sapere." E per razionale: "L’esposizione di qualche fatto, impiegata come argomento per giustificare o condannare un’azione, provare o contro-provare un’asserzione, un’idea o un credo." Ma questi usi lasciano fuori una componente importante: lo scopo della ragione e della razionalità. Il fine ultimo del pensiero è quello di capire le relazioni di causa ed effetto nel mondo intorno a noi, e di conoscere l’universo, il mondo e noi stessi. Poiché la razionalità è il metodo di pensiero più affidabile, uno scettico razionale può essere definito come:
Chi pone domande circa la validità di particolari affermazioni relative alla "conoscenza", impiegando o richiamando l’esposizione di fatti per provare o contro-provare le affermazioni, come uno strumento per la comprensione della causalità.
Ma quale metodo dovremo impiegare? Essere soltanto scettici non ci porterà a nessuna conclusione diversa dalla conclusione socratica che noi non conosciamo. La risposta, in una parola, è la "scienza" (cioè il suo metodo), e quindi in due parole, è il "metodo scientifico".
Inutile dirlo, rivisitare l’uso e la storia della parola scienza sarebbe inappropriatamente lungo qui e io l’ho già fatto fino ad un certo punto nel saggio alla fine di questo articolo. A scopo di chiarezza, la scienza verrà considerata nel significato di: un insieme di metodi cognitivi e comportamentali per descrivere e interpretare fenomeni osservati o dedotti, passati o presenti, con lo scopo di costruire un verificabile corpus di conoscenza passibile di essere scartato o confermato.
La scienza è un modo specifico di pensare e di agire – uno strumento per la comprensione delle informazioni percepite direttamente o indirettamente ("osservate o dedotte"). "Passate o presenti" si riferisce ad entrambe le scienze storiche o sperimentali. I metodi cognitivi includono intuizioni, congetture, idee, ipotesi, teorie, paradigmi, etc; i metodi comportamentali includono ricerche sul background, raccolta di dati, organizzazione di dati, comunicazione e collaborazione con colleghi, esperimenti, correlazione dei ritrovati, analisi statistica, preparazione dei manoscritti, presentazione di conferenze, pubblicazioni, etc. Questa definizione viene discussa in maggiori dettagli nel prossimo saggio. Più controversa a meno incline e trovare accordo tra i professionisti è una definizione del metodo scientifico. In fatti, uno delle più intuitive e divertenti osservazioni su questo problema fu fatta dal filosofo della scienza, premio Nobel Sir Peter Medawar (1969, p. 11):
Chiedete a uno scienziato cosa ritiene che dovrebbe essere il metodo scientifico, ed egli adotterà un’espressione ad un tempo solenne e malfida: solenne perché egli si sente in dovere di dichiarare un’opinione, malfida perché si sta chiedendo come nascondere il fatto che non ha opinioni da dichiarare.
Esiste una considerevole mole di letteratura sul metodo scientifico e c’è scarso consenso tra gli autori. Questo non significa che gli scienziati non sappiano cosa stanno facendo. Fare e spiegare possono essere due cose diverse. Allo scopo di delineare una metodologia che possa essere applicata dallo scettico razionale alle dubbie affermazioni, le quattro fasi seguenti possono rappresentare, al livello più semplice, qualcosa che può essere chiamato "metodo scientifico":
Le osservazioni sono ciò che emerge dal processo ipotetico-deduttivo e servono da arbitro finale per la convalida delle previsioni. Come notò Sir Arthur Stanley Eddington: "Per la validità delle conclusioni della scienza, l’osservazione è la suprema corte d’appello" (1958 p. 9).
Attraverso il metodo scientifico, formuliamo le seguenti generalizzazioni:
Attraverso il metodo scientifico ci proponiamo la
Le "verità" mistiche, per loro natura, possono essere solamente personali e non possono avere alcuna validazione esterna. Ognuna di esse ha uguale pretesa di verità. La lettura delle foglie di tè o l’astrologia o il Buddismo; ognuno è ugualmente solido o insolido a causa dell’assenza di evidenze correlate. Così, non si intende denigrare tutte le fedi, ma solamente notare l’impossibilità di verificare la loro correttezza. Il mistico si trova in una situazione paradossale. Quando ricerca un supporto esterno per le sue visioni, deve ricorrere ad argomenti esteriori e nega il misticismo nel suo processo. La validazione esterna è, per definizione, impossibile per il mistico.
La scienza ci conduce verso il:
Razionalismo: Il basare le conclusioni sul metodo scientifico. Per esempio, come sappiamo che la Terra è rotonda?
Dogmatismo: Il basare le conclusioni su un’autorità piuttosto che sulla scienza. Per esempio, come sappiamo che la Terra è rotonda?
E’ anche importante che noi riconosciamo la fallibilità della scienza e del metodo scientifico. Ma dentro questa fallibilità sta la sua maggiore forza: l’auto-correzione. Se vengono commessi errori, onestamente o disonestamente, se una frode viene perpetrata non risaputamente o risaputamente, in un arco di tempo sarà estromessa dal sistema, a causa della mancanza di verifica esterna. Il fallimento della fusione fredda è un classico esempio delle rapide conseguenze nel sistema di errori e frettolose pubblicazioni.
A causa dell’importanza di questa caratteristica di auto-correzione, c’è nella professione quello che Richard Feynman chiama "un principio del pensiero scientifico che corrisponde a una sorta di assoluta onestà – una sorta di inclinazione all’indietro". Feynman dice: "Se state conducendo un esperimento, dovreste riportare tutto ciò che pensate potrebbe invalidarlo – non solo ciò che pensate che funzioni: altre cause che potrebbero spiegare i vostri risultati" (1988, p.247).
Malgrado questo meccanismo, la scienza è ancora soggetta ad un certo numero di problemi e di errori che persino il più preciso scienziato e lo scettico razionale riconoscono come preoccupanti. Possiamo tuttavia trovare ispirazione in coloro che li hanno superati per dare monumentali contributi alla nostra conoscenza del mondo e di noi stessi. Charles Darwin è un valido esempio che individuò il corretto equilibrio tra ciò che Thomas Kuhn chiama la "tensione essenziale" nella scienza tra la totale accettazione e devozione allo status quo e un’aperta volontà di esplorare e accettare nuove idee (1962, 1977). Questa delicata bilancia costituisce la base dell’intero concetto di spostamento di paradigma nella storia o nella scienza. Quando una parte sufficiente della comunità scientifica (particolarmente coloro che ricoprono posizioni di potere) vuole abbandonare la vecchia ortodossia in favore della (precedentemente) nuova teoria radicale, allora e solo allora il paradigma può scorrere avanti.
La generalizzazione sui cambiamenti nella scienza è usualmente creata attorno al paradigma come sistema, ma dobbiamo riconoscere che il paradigma è una struttura cognitiva nella mente degli individui. Lo studioso darwiniano Frank Sulloway individua tre caratteristiche dell’intelletto e della personalità di Darwin che lo individuano come facente parte di quei pochi giganti nella storia della scienza che trovarono il giusto equilibrio (1991, p. 28). "Primo, sebbene Darwin avesse veramente un’insolita riverenza per le opinioni degli altri, egli era, ovviamente, del tutto capace di sfidare l’autorità e di pensare per se stesso." Secondo, "Darwin era anche insolito come scienziato nel suo estremo rispetto e nella sua attenzione verso l’evidenza negativa." Darwin incluse, per esempio, un capitolo sulle "Difficoltà della teoria" nelle Origini delle Specie; come risultato i suoi obiettori furono raramente capaci di presentargli una sfida con la quale egli non si era già confrontato o alla quale non si era rivolto. E, terzo, era la sua "abilità di spillare le risorse collettive della comunità scientifica e di arruolare altri scienziati come compagni collaboratori nei suoi propri progetti di ricerca." La raccolta della corrispondenza di Darwin ancora esistente enumera più di 16.000 lettere, molte delle quali contengono lunghe discussioni e sequenze di domande e risposte riguardanti problemi scientifici. Egli stava sempre chiedendo, sempre imparando, fiducioso abbastanza da formulare idee originali e pure modesto abbastanza da riconoscere la sua propria fallibilità.
Un quarto punto che potrebbe essere menzionato è che Darwin mantenne un buon grado di modestia e di cautela che Sulloway vede come un "prezioso attributo" che aiuta a "evitare la sovrastima delle proprie teorie". C’è molto da imparare a questo proposito dall’Autobiografia di Darwin. Darwin confessa di non avere "una grande immediatezza di apprendimento o arguzia, che è così notevole in alcuni uomini intelligenti" una mancanza che fa di lui " un critico non brillante: una carta o un libro, quando letti per la prima volta, generalmente accendono la mia ammirazione, ed è solo dopo una considerevole riflessione che io ne percepisco i punti deboli".
Sfortunatamente, molti dei critici di Darwin hanno selettivamente citato proprio i passaggi contro di lui, non vedendo il vantaggio che Darwin riscontrava nell’evitare spiacevoli errori causati dalla fretta (1892, p.55):
Penso di essere diventato un po’ più abile nell’indovinare spiegazioni giuste e nell’escogitare test sperimentali; ma questo può essere, probabilmente il risultato della sola pratica e di un più grande bagaglio di conoscenza. Io ho molta difficoltà, come sempre, nell’esprimermi chiaramente e concisamente: e questa difficoltà mi ha causato una grande perdita di tempo; ma in compenso ha avuto il vantaggio di forzarmi a pensare a lungo e con attenzione ad ogni frase, e così sono stato spesso portato a vedere gli errori di ragionamento, nella mia propria osservazione o in quella degli altri.
La sua è una lezione di scienza e di vita, ben meritevole di essere imparata. Ciò che Sulloway vede come particolarmente speciale in Darwin era la sua abilità di risolvere la tensione essenziale dentro se stesso. "Normalmente, è la comunità scientifica nel complesso che manifesta la tensione essenziale tra tradizione e cambiamento," osserva Sulloway, "poiché molte persone hanno una preferenza per l’uno o l’altro modo di pensare. Ciò che è veramente raro nella storia della scienza è trovare queste qualità contraddittorie combinate in un modo così funzionale in un solo individuo" (p. 32 )
Carl Sagan riassumeva la tensione essenziale tra scetticismo e credulità nella sua conferenza CSICOP su "L’onere dello Scetticismo":
Mi sembra che sia auspicabile un raffinato equilibrio tra due necessità contrastanti: l’esame più scettico di tutte le ipotesi che ci vengono offerte e allo stesso tempo una grande apertura alle idee nuove. Se siete soltanto scettici, nessuna idea nuova può fare breccia dentro di voi. Non imparerete mai niente di nuovo. Diventerete vecchi e rassegnati, convinti che il nonsenso regola il mondo. (Ci sono, ovviamente, molti dati che vi supportano)
D’altra parte, se siete aperti sino al punto della credulità e non avete un’oncia di senso scettico in voi, allora, non potete distinguere le idee utili da quelle che non meritano attenzione. Se tutte le idee hanno la stessa validità allora siete perduti, perché, a questo punto, mi sembra che nessuna idea abbia più una validità in assoluto. (in Basil, 1988, p. 366).
C’è qualche speranza che lo scetticismo razionale e la vigorosa applicazione del metodo scientifico possano aiutarci ad attraversare gli insidiosi percorsi tra il puro scetticismo e l’assoluta credulità.
La scienza è il miglior metodo che il genere umano abbia concepito per comprendere la causalità. Perciò, il metodo scientifico è il nostro più efficace strumento per capire le cause degli effetti con i quali siamo confrontati nelle nostre vite personali così come nella natura. Ci sono pochi tratti umani che molti osservatori chiamerebbero veramente universali. Però molti consentirebbero, tuttavia, che la sopravvivenza della specie in generale e il raggiungimento di un maggiore grado di felicità degli individui in particolare, sono princìpi universali che, virtualmente, ogni essere umano ricerca. Abbiamo visto l’interrelazione tra scienza, razionalità e scetticismo razionale. Così, possiamo arrivare a sostenere che la sopravvivenza della specie umana e il raggiungimento di una maggiore felicità per gli individui dipende dall’abilità di pensare scientificamente, razionalmente e scetticamente.
E’ assodato che gli esseri umani sono nati con la capacità di percepire le relazioni di causa ed effetto. Quando nasciamo, non abbiamo esperienza culturale di alcun genere. Ma non veniamo al mondo completamente ignoranti. Sappiamo molte cose – come vedere, udire, digerire il cibo, inseguire un oggetto mobile nel campo visivo, battere le palpebre all’avvicinarsi di oggetti, diventare ansiosi quando posti sopra una sporgenza, sviluppare un gusto avverso ai cibi nocivi e così via. Noi ereditiamo anche i tratti che i nostri antenati hanno sviluppato in un mondo pieno di predatori e di disastri naturali, veleni, pericoli e rischi da tutte le parti. Noi siamo discesi dagli antenati più bravi nel comprendere la causalità.
I nostri cervelli sono macchine naturali per correlare eventi che possono essere relazionati e per la soluzione di problemi che richiedono la nostra attenzione. Si può immaginare un antico ominide dell’Africa scalpellare, affilare e modellare una roccia in un appuntito utensile allo scopo di ripulire una grande carcassa di mammifero. O forse possiamo immaginare il primo individuo che scoprì che colpendo la silice si crea una scintilla con la quale è possibile accendere il fuoco. La ruota, la leva, l’arco, la freccia, l’aratro – invenzioni intese a permetterci di modellare l’ambiente circostante piuttosto che ad essere modellati da esso – inviarono la civiltà su un percorso che condusse al nostro mondo moderno, scientifico e tecnologico.
Nella sua discussione sui meriti della scienza, Vincent Dethier, le cui parole hanno aperto questo manifesto, corre attraverso il pantheon delle cose ovvie – la moneta, la sicurezza, l’onore – così come il trascendente: "un passaporto per il mondo, un sentimento di appartenere a una razza, un sentimento che trascende i legami politici e ideologici, le religioni e le lingue". Ma egli lascia tutte queste cose da parte per una capacità "più sottile e più alta." Si tratta della naturale curiosità degli esseri umani, che li guida verso la comprensione del mondo:
Una caratteristica che distingue l’uomo da tutti gli altri animali (e animale egli indubbiamente è) è il bisogno di conoscenza per il proprio interesse. Molti animali sono curiosi, ma in loro la curiosità è un aspetto dell’adattamento. L’uomo è affamato di sapere. E, in quanto uomo, essendo dotato della capacità di conoscere, ha il dovere di conoscere. Tutta la conoscenza, benché piccola, quantunque irrilevante al progresso e al benessere, è la parte di un tutto. E’ a questo che lo scienziato partecipa. Conoscere la mosca è partecipare a un pezzettino della sublimità della Conoscenza. Si tratta della sfida e della gioia della scienza (pp. 118-119).
I bambini sono naturalmente curiosi, bramosi di capire e esploratori del loro circondario. E’ normale voler sapere come le cose funzionano e perché il mondo è come è. Al livello più basilare, questo è tutto ciò che riguarda la scienza. Come Richard Feynman osservò: " Sono stato indotto a parlare così – come qualcuno a cui è stato dato qualcosa di meraviglioso quando era un bambino e che lo sta continuamente osservando ancora. Io sto sempre cercando, come un bambino, le meraviglie che so di stare per trovare – forse non continuamente, ma ogni unicità in un istante" (1988, p. 16). La domanda più importante riferita all’istruzione è la seguente: quali strumenti sono dati ai bambini per capire il mondo?
Al più basilare dei livelli, siamo costretti a pensare o morire. Coloro che sono vivi stanno pensando e usando la ragione in maggiore o minore grado. Quelli che usano molta ragione, quelli che impiegano lo scetticismo razionale raggiungeranno una maggiore soddisfazione poiché essi capiscono la causa della loro soddisfazione. Non può essere altrimenti. Come Ayn Rand concluse nel suo capolavoro Atlas Shrugged (1957, p. 1012):
L’uomo non può sopravvivere, se non progredendo nella conoscenza e la ragione è il suo solo mezzo per ottenerla... La mente dell'uomo è il suo basilare strumento di sopravvivenza. La vita gli è data, la sopravvivenza no. Il corpo gli è dato, il sostentamento no. La mente gli è data, il suo contenuto no. Per rimanere in vita egli deve agire, e prima che possa agire deve conoscere la natura e lo scopo della sua azione. Non può ottenere il cibo senza la conoscenza del cibo e del modo per ottenerlo. Non può scavare un fosso - o costruire un ciclotrone – senza la conoscenza dello scopo e dei mezzi per riuscirci. Per restare in vita, egli deve pensare.
Più di tre secoli fa, il filosofo scettico francese René Descartes, dopo una delle più assolutamente scettiche epurazioni nella storia intellettuale, concluse che sapeva una cosa per certo: "Cogito ergo sum." "Penso, perciò esisto."
Da una simile analisi emerge che essere umani è pensare. Perciò, per parafrasare Descartes:
"Sum Ergo Cogito." " Esisto perciò penso."
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Introduzione
Nella pagina iniziale dello splendido libretto "Conoscere una Mosca", Vincent Dethier fa un’osservazione umoristica su come i bambini crescono per diventare scienziati: "Sebbene i bambini piccoli abbiano tabù relativi al fatto di camminare sopra le formiche, poiché si dice che tale azione porti la pioggia, non è mai parso un tabù lo strappare le zampe o le ali delle mosche. Molti bambini addirittura esagerano in questo comportamento. Quelli che non vanno a finire male diventano biologi". (1962 p.2). Lo stesso può essere detto sullo scetticismo. Negli anni della prima infanzia i bambini sono allievi della conoscenza, ponendo domande su qualsiasi cosa vedano, mostrando tuttavia un certo scetticismo. Molti non imparano mai a distinguere tra l’essere curiosi e la credulità. Quelli che lo imparano o vanno a finire male o diventano scettici professionisti.
James Randi è uno di questi. Così come lo sono i fondatori e compagni del Comitato per l’Investigazione Scientifica delle Affermazioni sul Paranormale (CSICOP), il predecessore della Skeptic Society, il cui giornale - lo Skeptical Enquirer - ha stabilito lo standard contro cui questa e altre pubblicazioni del genere devono confrontarsi nel perseguimento dello scetticismo. Ma cosa significa essere scettici? Questa parola è carica di inquietudini a causa del pesante bagaglio che essa si porta appresso. Questa parola ha differenti significati per differenti persone. (Noi avevamo considerato molte denominazioni, ma decidemmo che, purché sia ben definito, il termine è utile. Nella scelta del nome, abbiamo anche considerato Institute for Rational Skepticism, ma lo abbiamo rifiutato per paura che potessimo essere conosciuti come IRS, un’organizzazione della quale molte persone sono già scettiche!)
Il Significato e i Limiti dello Scetticismo
Lo scetticismo ha una lunga tradizione storica, risalente al pensiero dell’antica Grecia. Il primo storico dello scetticismo Richard Popkin ci dice: " Lo scetticismo accademico, così chiamato perché fu formulato nell’Accademia Platonica nel terzo secolo a.C. si sviluppò dall’osservazione socratica "Tutto ciò che so è di non sapere nulla" (1979, p. xiii). Due dei significati comunemente attribuiti da molte persone a questo termine oggi sono che uno scettico non crede in niente o che abbia la mente completamente chiusa di fronte a certe credenze. Una buona ragione motiva la percezione del primo significato. L’Oxford English Dictionary (OED) dà quest’uso comune alla parola scettico: "Chi, come Pirrone e i suoi seguaci nella Grecia antica dubita circa la possibilità di una reale conoscenza di qualsiasi tipo; chi sostiene che non esistono terreni adeguati alle certezze così come alla verità di qualsiasi proposizione" (1971, Vol. 2 p. 2663).
Poiché la posizione è sterile e improduttiva e sostenuta virtualmente da nessuno (eccetto pochi confusi solitari che dubitano circa la loro stessa esistenza), non c’è da meravigliarsi se così tanti trovano lo scetticismo disturbante. Un significato più produttivo della parola scettico è il secondo uso dato dall’OED: "Uno che dubita circa la validità di ciò che si afferma essere conoscenza in qualche sezione particolare della ricerca. Chi mantiene un’attitudine dubbiosa riferita a qualche particolare domanda o affermazione."
La storia della parola scettico e scetticismo è interessante e spesso divertente. Nel 1672, per esempio, le Philosophical Transactions VII registrano questo passaggio: "Qui egli colse l’occasione di esaminare il Pirronismo o Scetticismo, professato da una setta di uomini che si esprimono diversamente da quello che pensano.". L’accusa è giustificata. I più ardenti scettici si gustano il loro scetticismo fintanto che esso non viola le loro più care credenze. L’incredulità vola fuori dalla finestra. Recentemente ricevetti una chiamata da un gentiluomo che si professava scettico, voleva supportare l’organizzazione ed era d’accordo col nostro scetticismo riguardo a tutto, eccetto che sul potere delle vitamine nel restaurare la salute e nell’attenuare le malattie. Egli sperava che io non stessi organizzando nessuna conferenza o articoli scettici su questa materia, che, spiegò, non è mai stato provato scientificamente che sia effettiva. "Il suo settore non sarebbe quello della terapia con vitamine, vero?" Mi informai. "Lei scommetta che lo sia!" Mi rispose.
E’ facile, persino divertente sfidare le credenze altrui quando siamo compiaciuti nelle nostre proprie certezze. Ma quando queste ultime sono sfidate ci vuole molta pazienza e forza di volontà per ascoltare con orecchio non geloso. Ma c’è un più profondo difetto nel puro scetticismo. Presa all’estremo, la posizione di per se stessa non regge. L’OED ci dà questo esempio letterario del 1674 (Tucker Lt. Nat. II): "C’è un’aria di positività in tutto lo scetticismo, una non riservata fiducia nella forza di quegli argomenti sostenuti per rovesciare tutta la conoscenza del genere umano." Lo scetticismo è di per se stesso un’asserzione positiva sulla conoscenza e così, rigirato su se stesso non può essere sostenuto. Se voi siete scettici di qualsiasi cosa, dovreste essere scettici del vostre stesso scetticismo. Come il decadimento delle particelle subatomiche, il puro scetticismo si svolge e si rigira sullo schermo visivo della nostra nebulosa camera intellettuale.
Lo scetticismo da solo non produce progresso. Non è così semplice rifiutare l’irrazionale. Lo scetticismo deve essere seguito unitamente a qualcosa di razionale, o qualcosa che effettivamente produca progresso. Come l’economista austriaco Ludwig von Mises metteva in guardia contro quegli anticomunisti che non presentavano alcuna alternativa razionale al sistema del quale essi erano così scettici (1956 p. 112):
Un movimento anti-qualcosa mostra un’attitudine puramente negativa. Non c’è alcuna opportunità di avere successo. Le sue diatribe appassionate pubblicizzano virtualmente il programma che attaccano. I popoli devono combattere per qualcosa che vogliono raggiungere, non semplicemente rifiutare un male, per quanto cattivo possa essere.
Carl Sagan fece risuonare un simile avvertimento sugli scettici professionisti all’incontro annuale dello CSICOP del 1987: " Potete entrare in un’abitudine di pensiero nella quale voi vi divertite a prendere in giro tutte le persone che non vedono le cose così chiaramente come voi. Noi dobbiamo guardarci attentamente da questo" (in Basil, 1988 p. 366).
Lo Scettico Razionale
La seconda nozione popolare che gli scettici abbiano la mente chiusa a certe credenze viene da un’incomprensione dello scetticismo e della scienza. Gli scettici e gli scienziati non sono necessariamente "chiusi di mente" (sebbene essi lo possono essere poiché sono umani). Essi hanno avuto la mente aperta a un credo, ma quando l’evidenza manca di supportare il credo, essi lo rifiutano. Ci sono già abbastanza misteri legittimi nell’universo, le cui evidenze procurano agli scienziati elementi per le loro ricerche, al punto che utilizzare del tempo per considerare misteri "invisibili" o "sconosciuti" non è sempre produttivo. Quando i non scettici dicono "Voi siete proprio chiusi di mente sulle forze sconosciute dell’universo," lo scettico risponde: "Stiamo ancora cercando di capire le forze conosciute dell’universo".
E’ per queste ragioni che potrebbe essere utile modificare la parola scettico con "razionale". Inoltre, è costruttivo esaminare l’uso e la storia di questa parola così comunemente usata. Razionale è dato come "Avente la facoltà di ragionare; dotato di ragione" (OED, p. 2420). E ragione come "L’esposizione di qualche fatto, impiegata come argomento per giustificare o condannare un’azione, provare o contro-provare un’asserzione, un’idea o un credo" (p. 2431). Può sembrare piuttosto pedante scavare nel dizionario ed estrarne la storia e gli arcani usi di una parola. Ma è costruttivo conoscere come una parola veniva interpretata e che cosa è giunta a significare. Il significato spesso non è lo stesso e più frequentemente le parole hanno usi multipli, così che quando due persone comunicano, esse stanno spesso conversando con intenti incrociati. Lo scetticismo di una persona può essere la credulità di un altro. E chi non ritiene di essere razionale quando perviene al proprio credo o ideologia?
E’ anche importante ricordare che i dizionari non danno definizioni, danno gli usi. Perché un ascoltatore comprenda colui che parla e perché un lettore comprenda colui che scrive, le parole importanti devono essere definite con precisione semantica, per fare in modo che la comunicazione avvenga effettivamente. Quello che intendo io per scettico è il secondo significato detto sopra: "Chi dubita della validità di qualsiasi affermazione che pretenda di definirsi conoscenza in qualche particolare branca del sapere." E per razionale: "L’esposizione di qualche fatto, impiegata come argomento per giustificare o condannare un’azione, provare o contro-provare un’asserzione, un’idea o un credo." Ma questi usi lasciano fuori una componente importante: lo scopo della ragione e della razionalità. Il fine ultimo del pensiero è quello di capire le relazioni di causa ed effetto nel mondo intorno a noi, e di conoscere l’universo, il mondo e noi stessi. Poiché la razionalità è il metodo di pensiero più affidabile, uno scettico razionale può essere definito come:
Chi pone domande circa la validità di particolari affermazioni relative alla "conoscenza", impiegando o richiamando l’esposizione di fatti per provare o contro-provare le affermazioni, come uno strumento per la comprensione della causalità.
Ma quale metodo dovremo impiegare? Essere soltanto scettici non ci porterà a nessuna conclusione diversa dalla conclusione socratica che noi non conosciamo. La risposta, in una parola, è la "scienza" (cioè il suo metodo), e quindi in due parole, è il "metodo scientifico".
La Scienza e lo Scettico Razionale
Inutile dirlo, rivisitare l’uso e la storia della parola scienza sarebbe inappropriatamente lungo qui e io l’ho già fatto fino ad un certo punto nel saggio alla fine di questo articolo. A scopo di chiarezza, la scienza verrà considerata nel significato di: un insieme di metodi cognitivi e comportamentali per descrivere e interpretare fenomeni osservati o dedotti, passati o presenti, con lo scopo di costruire un verificabile corpus di conoscenza passibile di essere scartato o confermato.
La scienza è un modo specifico di pensare e di agire – uno strumento per la comprensione delle informazioni percepite direttamente o indirettamente ("osservate o dedotte"). "Passate o presenti" si riferisce ad entrambe le scienze storiche o sperimentali. I metodi cognitivi includono intuizioni, congetture, idee, ipotesi, teorie, paradigmi, etc; i metodi comportamentali includono ricerche sul background, raccolta di dati, organizzazione di dati, comunicazione e collaborazione con colleghi, esperimenti, correlazione dei ritrovati, analisi statistica, preparazione dei manoscritti, presentazione di conferenze, pubblicazioni, etc. Questa definizione viene discussa in maggiori dettagli nel prossimo saggio. Più controversa a meno incline e trovare accordo tra i professionisti è una definizione del metodo scientifico. In fatti, uno delle più intuitive e divertenti osservazioni su questo problema fu fatta dal filosofo della scienza, premio Nobel Sir Peter Medawar (1969, p. 11):
Chiedete a uno scienziato cosa ritiene che dovrebbe essere il metodo scientifico, ed egli adotterà un’espressione ad un tempo solenne e malfida: solenne perché egli si sente in dovere di dichiarare un’opinione, malfida perché si sta chiedendo come nascondere il fatto che non ha opinioni da dichiarare.
Esiste una considerevole mole di letteratura sul metodo scientifico e c’è scarso consenso tra gli autori. Questo non significa che gli scienziati non sappiano cosa stanno facendo. Fare e spiegare possono essere due cose diverse. Allo scopo di delineare una metodologia che possa essere applicata dallo scettico razionale alle dubbie affermazioni, le quattro fasi seguenti possono rappresentare, al livello più semplice, qualcosa che può essere chiamato "metodo scientifico":
- Osservazione: Raccolta di dati attraverso i sensi o le tecnologie che aumentano le capacità sensoriali.
- Induzione: Trarre conclusioni generali a partire dai dati. Formazione di ipotesi.
- Deduzione: Fare specifiche previsioni a partire dalle conclusioni generali.
- Verifica: Controllare le previsioni a confronto con le osservazioni ulteriori.
Le osservazioni sono ciò che emerge dal processo ipotetico-deduttivo e servono da arbitro finale per la convalida delle previsioni. Come notò Sir Arthur Stanley Eddington: "Per la validità delle conclusioni della scienza, l’osservazione è la suprema corte d’appello" (1958 p. 9).
Attraverso il metodo scientifico, formuliamo le seguenti generalizzazioni:
- Ipotesi: Un’affermazione verificabile che renda conto di un insieme di osservazioni.
- Teoria: Un’esposizione ben supportata che giustifichi un insieme di osservazioni.
- Fatto: Dati o conclusioni confermate a tal punto da rendere ragionevole l’offerta di temporaneo consenso.
Attraverso il metodo scientifico ci proponiamo la
- Oggettività: Il basare le conclusioni sulla validazione esterna.
- Misticismo: Il basare le conclusioni sulla personale percezione interna, esente da validazione esterna.
Le "verità" mistiche, per loro natura, possono essere solamente personali e non possono avere alcuna validazione esterna. Ognuna di esse ha uguale pretesa di verità. La lettura delle foglie di tè o l’astrologia o il Buddismo; ognuno è ugualmente solido o insolido a causa dell’assenza di evidenze correlate. Così, non si intende denigrare tutte le fedi, ma solamente notare l’impossibilità di verificare la loro correttezza. Il mistico si trova in una situazione paradossale. Quando ricerca un supporto esterno per le sue visioni, deve ricorrere ad argomenti esteriori e nega il misticismo nel suo processo. La validazione esterna è, per definizione, impossibile per il mistico.
La scienza ci conduce verso il:
Razionalismo: Il basare le conclusioni sul metodo scientifico. Per esempio, come sappiamo che la Terra è rotonda?
- L’ombra sulla Luna è rotonda.
- L’albero di una nave è l’ultima cosa visibile.
- L’orizzonte è curvo.
- Fotografie dallo spazio.
Dogmatismo: Il basare le conclusioni su un’autorità piuttosto che sulla scienza. Per esempio, come sappiamo che la Terra è rotonda?
- Me l’hanno detto i miei genitori.
- Me l’ha detto il mio insegnante.
- Me l’ha detto il sacerdote.
- Era scritto sul libro.
La Tensione Essenziale tra Scetticismo e Credulità
E’ anche importante che noi riconosciamo la fallibilità della scienza e del metodo scientifico. Ma dentro questa fallibilità sta la sua maggiore forza: l’auto-correzione. Se vengono commessi errori, onestamente o disonestamente, se una frode viene perpetrata non risaputamente o risaputamente, in un arco di tempo sarà estromessa dal sistema, a causa della mancanza di verifica esterna. Il fallimento della fusione fredda è un classico esempio delle rapide conseguenze nel sistema di errori e frettolose pubblicazioni.
A causa dell’importanza di questa caratteristica di auto-correzione, c’è nella professione quello che Richard Feynman chiama "un principio del pensiero scientifico che corrisponde a una sorta di assoluta onestà – una sorta di inclinazione all’indietro". Feynman dice: "Se state conducendo un esperimento, dovreste riportare tutto ciò che pensate potrebbe invalidarlo – non solo ciò che pensate che funzioni: altre cause che potrebbero spiegare i vostri risultati" (1988, p.247).
Malgrado questo meccanismo, la scienza è ancora soggetta ad un certo numero di problemi e di errori che persino il più preciso scienziato e lo scettico razionale riconoscono come preoccupanti. Possiamo tuttavia trovare ispirazione in coloro che li hanno superati per dare monumentali contributi alla nostra conoscenza del mondo e di noi stessi. Charles Darwin è un valido esempio che individuò il corretto equilibrio tra ciò che Thomas Kuhn chiama la "tensione essenziale" nella scienza tra la totale accettazione e devozione allo status quo e un’aperta volontà di esplorare e accettare nuove idee (1962, 1977). Questa delicata bilancia costituisce la base dell’intero concetto di spostamento di paradigma nella storia o nella scienza. Quando una parte sufficiente della comunità scientifica (particolarmente coloro che ricoprono posizioni di potere) vuole abbandonare la vecchia ortodossia in favore della (precedentemente) nuova teoria radicale, allora e solo allora il paradigma può scorrere avanti.
La generalizzazione sui cambiamenti nella scienza è usualmente creata attorno al paradigma come sistema, ma dobbiamo riconoscere che il paradigma è una struttura cognitiva nella mente degli individui. Lo studioso darwiniano Frank Sulloway individua tre caratteristiche dell’intelletto e della personalità di Darwin che lo individuano come facente parte di quei pochi giganti nella storia della scienza che trovarono il giusto equilibrio (1991, p. 28). "Primo, sebbene Darwin avesse veramente un’insolita riverenza per le opinioni degli altri, egli era, ovviamente, del tutto capace di sfidare l’autorità e di pensare per se stesso." Secondo, "Darwin era anche insolito come scienziato nel suo estremo rispetto e nella sua attenzione verso l’evidenza negativa." Darwin incluse, per esempio, un capitolo sulle "Difficoltà della teoria" nelle Origini delle Specie; come risultato i suoi obiettori furono raramente capaci di presentargli una sfida con la quale egli non si era già confrontato o alla quale non si era rivolto. E, terzo, era la sua "abilità di spillare le risorse collettive della comunità scientifica e di arruolare altri scienziati come compagni collaboratori nei suoi propri progetti di ricerca." La raccolta della corrispondenza di Darwin ancora esistente enumera più di 16.000 lettere, molte delle quali contengono lunghe discussioni e sequenze di domande e risposte riguardanti problemi scientifici. Egli stava sempre chiedendo, sempre imparando, fiducioso abbastanza da formulare idee originali e pure modesto abbastanza da riconoscere la sua propria fallibilità.
Un quarto punto che potrebbe essere menzionato è che Darwin mantenne un buon grado di modestia e di cautela che Sulloway vede come un "prezioso attributo" che aiuta a "evitare la sovrastima delle proprie teorie". C’è molto da imparare a questo proposito dall’Autobiografia di Darwin. Darwin confessa di non avere "una grande immediatezza di apprendimento o arguzia, che è così notevole in alcuni uomini intelligenti" una mancanza che fa di lui " un critico non brillante: una carta o un libro, quando letti per la prima volta, generalmente accendono la mia ammirazione, ed è solo dopo una considerevole riflessione che io ne percepisco i punti deboli".
Sfortunatamente, molti dei critici di Darwin hanno selettivamente citato proprio i passaggi contro di lui, non vedendo il vantaggio che Darwin riscontrava nell’evitare spiacevoli errori causati dalla fretta (1892, p.55):
Penso di essere diventato un po’ più abile nell’indovinare spiegazioni giuste e nell’escogitare test sperimentali; ma questo può essere, probabilmente il risultato della sola pratica e di un più grande bagaglio di conoscenza. Io ho molta difficoltà, come sempre, nell’esprimermi chiaramente e concisamente: e questa difficoltà mi ha causato una grande perdita di tempo; ma in compenso ha avuto il vantaggio di forzarmi a pensare a lungo e con attenzione ad ogni frase, e così sono stato spesso portato a vedere gli errori di ragionamento, nella mia propria osservazione o in quella degli altri.
La sua è una lezione di scienza e di vita, ben meritevole di essere imparata. Ciò che Sulloway vede come particolarmente speciale in Darwin era la sua abilità di risolvere la tensione essenziale dentro se stesso. "Normalmente, è la comunità scientifica nel complesso che manifesta la tensione essenziale tra tradizione e cambiamento," osserva Sulloway, "poiché molte persone hanno una preferenza per l’uno o l’altro modo di pensare. Ciò che è veramente raro nella storia della scienza è trovare queste qualità contraddittorie combinate in un modo così funzionale in un solo individuo" (p. 32 )
Carl Sagan riassumeva la tensione essenziale tra scetticismo e credulità nella sua conferenza CSICOP su "L’onere dello Scetticismo":
Mi sembra che sia auspicabile un raffinato equilibrio tra due necessità contrastanti: l’esame più scettico di tutte le ipotesi che ci vengono offerte e allo stesso tempo una grande apertura alle idee nuove. Se siete soltanto scettici, nessuna idea nuova può fare breccia dentro di voi. Non imparerete mai niente di nuovo. Diventerete vecchi e rassegnati, convinti che il nonsenso regola il mondo. (Ci sono, ovviamente, molti dati che vi supportano)
D’altra parte, se siete aperti sino al punto della credulità e non avete un’oncia di senso scettico in voi, allora, non potete distinguere le idee utili da quelle che non meritano attenzione. Se tutte le idee hanno la stessa validità allora siete perduti, perché, a questo punto, mi sembra che nessuna idea abbia più una validità in assoluto. (in Basil, 1988, p. 366).
C’è qualche speranza che lo scetticismo razionale e la vigorosa applicazione del metodo scientifico possano aiutarci ad attraversare gli insidiosi percorsi tra il puro scetticismo e l’assoluta credulità.
Lo Strumento della Mente
La scienza è il miglior metodo che il genere umano abbia concepito per comprendere la causalità. Perciò, il metodo scientifico è il nostro più efficace strumento per capire le cause degli effetti con i quali siamo confrontati nelle nostre vite personali così come nella natura. Ci sono pochi tratti umani che molti osservatori chiamerebbero veramente universali. Però molti consentirebbero, tuttavia, che la sopravvivenza della specie in generale e il raggiungimento di un maggiore grado di felicità degli individui in particolare, sono princìpi universali che, virtualmente, ogni essere umano ricerca. Abbiamo visto l’interrelazione tra scienza, razionalità e scetticismo razionale. Così, possiamo arrivare a sostenere che la sopravvivenza della specie umana e il raggiungimento di una maggiore felicità per gli individui dipende dall’abilità di pensare scientificamente, razionalmente e scetticamente.
E’ assodato che gli esseri umani sono nati con la capacità di percepire le relazioni di causa ed effetto. Quando nasciamo, non abbiamo esperienza culturale di alcun genere. Ma non veniamo al mondo completamente ignoranti. Sappiamo molte cose – come vedere, udire, digerire il cibo, inseguire un oggetto mobile nel campo visivo, battere le palpebre all’avvicinarsi di oggetti, diventare ansiosi quando posti sopra una sporgenza, sviluppare un gusto avverso ai cibi nocivi e così via. Noi ereditiamo anche i tratti che i nostri antenati hanno sviluppato in un mondo pieno di predatori e di disastri naturali, veleni, pericoli e rischi da tutte le parti. Noi siamo discesi dagli antenati più bravi nel comprendere la causalità.
I nostri cervelli sono macchine naturali per correlare eventi che possono essere relazionati e per la soluzione di problemi che richiedono la nostra attenzione. Si può immaginare un antico ominide dell’Africa scalpellare, affilare e modellare una roccia in un appuntito utensile allo scopo di ripulire una grande carcassa di mammifero. O forse possiamo immaginare il primo individuo che scoprì che colpendo la silice si crea una scintilla con la quale è possibile accendere il fuoco. La ruota, la leva, l’arco, la freccia, l’aratro – invenzioni intese a permetterci di modellare l’ambiente circostante piuttosto che ad essere modellati da esso – inviarono la civiltà su un percorso che condusse al nostro mondo moderno, scientifico e tecnologico.
Nella sua discussione sui meriti della scienza, Vincent Dethier, le cui parole hanno aperto questo manifesto, corre attraverso il pantheon delle cose ovvie – la moneta, la sicurezza, l’onore – così come il trascendente: "un passaporto per il mondo, un sentimento di appartenere a una razza, un sentimento che trascende i legami politici e ideologici, le religioni e le lingue". Ma egli lascia tutte queste cose da parte per una capacità "più sottile e più alta." Si tratta della naturale curiosità degli esseri umani, che li guida verso la comprensione del mondo:
Una caratteristica che distingue l’uomo da tutti gli altri animali (e animale egli indubbiamente è) è il bisogno di conoscenza per il proprio interesse. Molti animali sono curiosi, ma in loro la curiosità è un aspetto dell’adattamento. L’uomo è affamato di sapere. E, in quanto uomo, essendo dotato della capacità di conoscere, ha il dovere di conoscere. Tutta la conoscenza, benché piccola, quantunque irrilevante al progresso e al benessere, è la parte di un tutto. E’ a questo che lo scienziato partecipa. Conoscere la mosca è partecipare a un pezzettino della sublimità della Conoscenza. Si tratta della sfida e della gioia della scienza (pp. 118-119).
I bambini sono naturalmente curiosi, bramosi di capire e esploratori del loro circondario. E’ normale voler sapere come le cose funzionano e perché il mondo è come è. Al livello più basilare, questo è tutto ciò che riguarda la scienza. Come Richard Feynman osservò: " Sono stato indotto a parlare così – come qualcuno a cui è stato dato qualcosa di meraviglioso quando era un bambino e che lo sta continuamente osservando ancora. Io sto sempre cercando, come un bambino, le meraviglie che so di stare per trovare – forse non continuamente, ma ogni unicità in un istante" (1988, p. 16). La domanda più importante riferita all’istruzione è la seguente: quali strumenti sono dati ai bambini per capire il mondo?
Al più basilare dei livelli, siamo costretti a pensare o morire. Coloro che sono vivi stanno pensando e usando la ragione in maggiore o minore grado. Quelli che usano molta ragione, quelli che impiegano lo scetticismo razionale raggiungeranno una maggiore soddisfazione poiché essi capiscono la causa della loro soddisfazione. Non può essere altrimenti. Come Ayn Rand concluse nel suo capolavoro Atlas Shrugged (1957, p. 1012):
L’uomo non può sopravvivere, se non progredendo nella conoscenza e la ragione è il suo solo mezzo per ottenerla... La mente dell'uomo è il suo basilare strumento di sopravvivenza. La vita gli è data, la sopravvivenza no. Il corpo gli è dato, il sostentamento no. La mente gli è data, il suo contenuto no. Per rimanere in vita egli deve agire, e prima che possa agire deve conoscere la natura e lo scopo della sua azione. Non può ottenere il cibo senza la conoscenza del cibo e del modo per ottenerlo. Non può scavare un fosso - o costruire un ciclotrone – senza la conoscenza dello scopo e dei mezzi per riuscirci. Per restare in vita, egli deve pensare.
Più di tre secoli fa, il filosofo scettico francese René Descartes, dopo una delle più assolutamente scettiche epurazioni nella storia intellettuale, concluse che sapeva una cosa per certo: "Cogito ergo sum." "Penso, perciò esisto."
Da una simile analisi emerge che essere umani è pensare. Perciò, per parafrasare Descartes:
"Sum Ergo Cogito." " Esisto perciò penso."
Bibliografia
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