Nanoparticelle di metalli nei vaccini. Come stanno veramente le cose?

  • In Articoli
  • 20-01-2018
  • di Graziella Morace
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Uno degli spauracchi agitati negli ultimi anni dai no-vax per convincere i genitori della pericolosità delle vaccinazioni è che i vaccini contengano metalli, in forma macro- e nano- particellare. La loro presenza sarebbe naturalmente correlata con una serie di differenti patologie, sia di natura neurologica che immunologica.

Ma cos’è una nanoparticella? Con questo termine si indica qualsiasi particella di dimensioni inferiori a 100 nanometri (1 nm = un milionesimo di millimetro). Il termine è utilizzato correntemente per indicare nanoaggregati, cioè aggregati molecolari o atomici, con particolari proprietà chimico-fisiche, che possono essere prodotti e utilizzati nelle nanotecnologie. In campo farmaceutico, per esempio, nanosfere o nanocapsule sono impiegate per veicolare principi attivi particolarmente citotossici o con rilevanti problemi farmacocinetici. Nanoparticelle sono anche componenti del particolato atmosferico, l’inquinante che oggi è considerato di maggiore impatto nelle aree urbane, e sono presenti perciò anche nell’acqua e nei cibi.

L’allarme sulla presenza di particelle metalliche nei vaccini è stato diffuso attraverso la pubblicazione di studi condotti dalla dottoressa Gatti e dal dottor Montanari, studi che però non sono mai stati assoggettati a revisione critica da parte di esperti indipendenti (la cosiddetta peer-review). Infatti i loro risultati sono stati pubblicati dapprima in un libro[1] e, più recentemente, in una rivista non indicizzata che ospita pubblicazioni a pagamento[2]. Quest’ultimo articolo, così come le altre pubblicazioni degli stessi autori sul medesimo argomento, è assolutamente carente sul piano dell’attendibilità scientifica. Oltre a numerosi errori, sviste e gravi carenze sperimentali ed interpretative dei risultati[3], e all’assenza di informazioni dettagliate sui metodi di analisi utilizzati per verificare la presenza di metalli pesanti e nanoparticelle, fondamentali per permettere ad altri ricercatori di controllare l’esperimento ed eventualmente riprodurlo, la pecca principale è la mancanza di una preparazione di controllo, sia essa una semplice soluzione fisiologica o un campione di un altro farmaco, il che inficia completamente le conclusioni dello studio.

Inoltre, su un sito che diffonde tesi anti-vacciniste sono riportati i risultati di un’analisi condotta presso un laboratorio tedesco[4] che, a dire degli autori, confermerebbero quelli ottenuti da Gatti e Montanari. Tuttavia anche in questo caso i dati presentati non hanno alcun valore: di nuovo non è stata usata una preparazione di controllo, non c’è alcun riferimento al metodo utilizzato, né ai suoi limiti di sensibilità ed affidabilità.

Purtroppo, mentre i ricercatori esperti del settore si rendono conto delle limitazioni di tali lavori, nel web l’allarme sui “vaccini inquinati” ha trovato una grande eco.

Spinta dalla risonanza della problematica, l’Agenzia nazionale francese per la sicurezza sui farmaci (ANSM) ha effettuato una valutazione delle conclusioni dello studio Gatti/Montanari, analizzando campioni di diversi vaccini in maniera accurata e con metodiche avanzate ed utilizzando, come controlli negativi, un farmaco iniettabile contro l’ipertensione (Tenormin) e della soluzione fisiologica iniettabile[5]. Gli elementi inorganici evidenziati sono risultati al di sotto dei livelli di quantificazione delle metodiche o presenti nell’ordine di tracce (parti per milione per millilitro-ppm/ml) e comunque inferiori ai valori standard, estremamente bassi, applicabili ai farmaci[6],[7], sia nei vaccini che nei controlli5. Ovviamente nei vaccini contenenti alluminio come adiuvante questo elemento è stato dosato in quantità elevata, ma entro i limiti ammessi dalla Farmacopea Europea (massimo 1,25 mg per dose). Nell’insieme, i risultati delle analisi hanno confermato sia l’elevata purezza di tali farmaci sia la diffusione capillare di contaminanti metallici nell’ambiente.

Relativamente alla pericolosità delle particelle dei metalli presenti nei vaccini esaminati, è necessario ricordare che, a fronte delle quantità infinitesimali ivi rilevate, micro e nanoparticelle metalliche sono presenti ovunque nell’aria, nell’acqua, nei cibi e nei cosmetici come inquinanti, o aggiunti in maniera deliberata, in quantità spesso elevate, tanto che l’esposizione che ne risulta è continua[8],[9].

Al contrario, poiché il volume di vaccino somministrato per dose è molto piccolo (tra 0,5 e 0,25 ml), la quantità di nanoparticelle eventualmente inoculate per tale via risulta ragionevolmente trascurabile al confronto con le altre vie di esposizione e tale da non comportare alcun rischio per la salute.

Note

1) Gatti AM, Montanari S. “Case Studies in Nanotoxicology and Particle Toxicology”. Acad. Press, 2015
2) Gatti AM, Montanari S. New Quality-Control Investigations on Vaccines: Micro- and Nanocontamination. Int J Vaccines Vaccin 2016; 4: 00072. Gatti AM, Montanari S. (2017). http://bit.ly/2wL5VAX
5) Etude comparative de recherche de particules et éléments dans des vaccins et autres produits de santé injectable, Note de Synthèse 16-A-0238, reperibile al link: http://bit.ly/2kEKVEx
6) Guideline for the specification limits for residues of metal catalyst or metal reagents. EMA/CHMP/SWP/4446/2000
7) Vaccines for human use. Monografia n. 0153, Farmacopea Europea, ed. 8.
8) Calzolai L, Gilliland D, Rossi F. Measuring nanoparticles size distribution in food and consumer products: a review. Food Additives & Contaminants: Part A, 2012; 29: 1183-1193.
9) Pedata P, Petrarca C, Garzillo EM, Di Gioacchino M. Immunotoxicological impact of occupational and environmental nanoparticles exposure: The influence of physical, chemical, and combined characteristics of the particles. Int J Immunopathol Pharmacol. 2016; 29: 343-353.
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