Un’antica leggenda maya dalle origini assai oscure narra dell’esistenza di 13 teschi di cristallo a grandezza naturale, sparsi per il mondo, i quali custodirebbero informazioni sull’origine, lo scopo e il destino dell’umanità. Quando arriverà la fine del mondo e l’esistenza dell’umanità sarà in pericolo, solo riunendo insieme i teschi si potrà accedere a un messaggio in grado di salvare il nostro pianeta.
Sembra la trama di un film o di un videogioco − e in effetti ce ne sono diversi basati su questa storia −, invece misteriosi teschi di cristallo esistono davvero e questa è solo una delle leggende che aleggiano intorno a essi.
Tre teschi sono custoditi in altrettanti musei a Londra, Parigi e Washington, mentre gli altri appartengono a collezioni private.
Il teschio che per primo ha attirato l’attenzione dei media è chiamato “Teschio del Destino” (“Skull of Doom”) e appartiene ad Anna Mitchell-Hedges, che sostiene di averlo scoperto lei stessa nel 1927, proprio il giorno del suo diciassettesimo compleanno, durante gli scavi archeologici organizzati dal padre Frederick fra le rovine della città maya di Lubaantun (oggi Belize).
Il Teschio del Destino è fatto di puro cristallo di quarzo trasparente e pesa oltre 5 kg. È l’unico che, oltre a mostrare grande precisione anatomica, abbia anche una mandibola mobile. Frederick Mitchell-Hedges, nel suo libro di viaggi Danger My Ally (Londra, 1954), dove cita per la prima volta il reperto a quasi 30 anni di distanza dalla scoperta, scrive che «secondo gli scienziati ha richiesto centocinquanta anni di lavoro per essere ultimato. Generazioni dopo generazioni hanno dedicato tutti i giorni della loro vita per strofinare pazientemente con la sabbia l’enorme blocco di cristallo da cui è stato ricavato un cranio perfetto. Il pezzo risale almeno a tremilaseicento anni fa. Secondo la leggenda veniva usato dal grande sacerdote maya per compiere riti esoterici. Pare che, quando il sacerdote invocava la morte per mezzo del teschio, infallibilmente la morte sopravveniva».
Nel 1970, il laboratorio Hewlett-Packard di Santa Clara (California, USA), specializzato nell’analisi di quarzi e cristalli, decise di sottoporre il teschio a una serie di esami, arrivando alla sconcertante conclusione che quell’oggetto «non dovrebbe esistere».[1] A causa della durezza del quarzo, infatti, è estremamente difficile scolpire una forma del genere senza strumenti moderni, di cui non si trovava traccia.
In molti sono stati testimoni degli effetti paranormali del teschio: «Frank Dorland, un restauratore d’arte che fece vari esperimenti con il cranio per sei anni, affermò che una volta un alone lo circondò per parecchi minuti; a volte dei suoni acuti, simili a scampanellii, riempivano la casa, altre volte all’interno del cranio comparivano veli, luci e immagini di crani, volti, montagne e altri oggetti, mentre in altre occasioni esso diventava completamente trasparente e talora ne usciva un odore caratteristico. Dorland e la Mitchell-Hedges, ma anche altri osservatori, attribuirono al cranio il potere di influire sui pensieri e sull’umore delle persone».[2]
Charles Berlitz, già citato in altri articoli di questa rubrica [3], noto per i suoi libri sulla fantarcheologia, scrisse: «Pare che il lobo frontale, per esempio, a volte si appanni, acquistando una tinta lattiginosa. Altre volte emette un’aura quasi spettrale forte e con un lieve tono paglierino, simile all’alone della Luna. Potrebbe trattarsi del frutto di una fantasia sovreccitata, oppure stimolata da un potere intrinseco del cranio stesso; di fatto coloro che ne rimangono in contatto per lunghi periodi di tempo riferiscono esperienze sensoriali inquietanti che comprendono suoni e odori eterei, e perfino apparizioni di spettri. L’impatto visivo del teschio è ipnotico, anche per uno scettico».[4]
Anche sugli altri teschi non mancano racconti inquietanti. Il teschio del British Museum londinese, per esempio, è stato visto muoversi all’interno della teca.
A Huston (Texas), invece, la signora Parks sostiene di essere riuscita a entrare in comunicazione telepatica con il teschio in suo possesso, il quale le avrebbe comunicato di chiamarsi Max. Il teschio Max fa la sua prima apparizione a inizio ’900, in Guatemala, e da lì giunge prima nelle mani di uno sciamano maya, poi in quelle di un guaritore tibetano e infine in quelle dei coniugi Parks, i quali, però, non apprezzano il regalo e lo chiudono in una scatola, fino a quando non vedono in TV il teschio di Mitchell-Hedges. Da allora lo espongono fieramente e lo portano in giro per talk show e vere e proprie tournée[5]: se volete potete seguirlo sulla sua pagina Facebook!
Alcuni sensitivi dicono che guardando uno dei teschi negli occhi hanno avuto visioni olografiche del futuro e affermano che ridergli in faccia porti a morte certa. Tuttavia, non risultano omicidi imputati a nessuno dei teschi: evidentemente né i teschi né coloro che li hanno guardati spiccano per senso dell’umorismo.
Nel 2008, dopo la morte di Anna, l’antropologa statunitense Jane MacLaren Walsh è riuscita a compiere nuove analisi sul Teschio del Destino. Un teschio levigato a mano, infatti, deve mostrare tracce irregolari e ondulate, come quelle presenti sulle statue precolombiane. I moderni strumenti, come la mola rotativa diamantata, lasciano invece segni ordinati e paralleli. Questi, però, possono essere cancellati da una successiva lucidatura. L’antropologa ha perciò cercato questi segni nelle zone meno accessibili del teschio, facendone dei calchi in silicone. Le fotografie al microscopio dei calchi mostrano tracce parallele e regolari, chiaro segno di interventi meccanici, sia sui denti della mascella sia sui due fori inferiori destinati a pioli di supporto. A questo si aggiunge che nella cultura maya, attualmente ben documentata, non c’è alcun riferimento a oggetti di questo genere. Inoltre, le rappresentazioni di teschi precolombiane sono diversissime dalle nostre e da quelle dei teschi di cristallo, che invece ricalcano le convenzioni iconografiche occidentali contemporanee. A un’attenta analisi, dunque, il Teschio del Destino si rivela un oggetto moderno, molto probabilmente di origine europea. Anche il suo casuale ritrovamento da parte di Anna durante gli scavi fra le rovine della città maya di Lubaantun sembra essere inventato. Non ci sono, infatti, foto che attestino la presenza della ragazza durante quegli scavi. Sembra invece che il teschio sia stato acquistato dal padre nel 1944 da un antiquario londinese.
I teschi conservati al British Museum, al Musée du quai Branly a Parigi e al museo Smithsonian di Washington sono esposti come manufatti moderni. La descrizione del teschio del British Museum, per esempio, dice: «Probabilmente europeo, 19° secolo d.C. Sono state riscontrate tracce di una ruota da gioielliere».
Per dimostrare, senza ombra di dubbio, che nonostante la difficoltà dovuta al materiale estremamente duro e fragile è possibile realizzare un teschio di cristallo, nel 2011 il National Geographic ha mostrato, in un documentario intitolato The Truth Behind the Crystal Skulls,[6] che un artigiano cinese è in grado di produrne uno in appena undici giorni.
Ad ogni modo, non stupisce che questi teschi esercitino un estremo fascino e siano fonte di miti e leggende: il cristallo è una struttura dotata di una intrinseca bellezza, grazie alla precisa disposizione geometrica dei suoi atomi. Da sempre gli oggetti di cristallo sono considerati rari e fuori dal comune: le antiche civiltà attribuivano loro poteri spirituali e taumaturgici, ed è proprio la sfera di cristallo (tradizionalmente realizzata proprio in quarzo ialino, il materiale di cui sono costituiti i teschi) lo strumento preferito dai veggenti per prevedere il futuro.
Se però preferite credere alla leggenda maya non contateci troppo in caso di imminente fine del mondo: pare che la formula per salvarsi apparirà soltanto se gli uomini saranno sufficientemente evoluti e integri moralmente.
Sembra la trama di un film o di un videogioco − e in effetti ce ne sono diversi basati su questa storia −, invece misteriosi teschi di cristallo esistono davvero e questa è solo una delle leggende che aleggiano intorno a essi.
Tre teschi sono custoditi in altrettanti musei a Londra, Parigi e Washington, mentre gli altri appartengono a collezioni private.
Il teschio che per primo ha attirato l’attenzione dei media è chiamato “Teschio del Destino” (“Skull of Doom”) e appartiene ad Anna Mitchell-Hedges, che sostiene di averlo scoperto lei stessa nel 1927, proprio il giorno del suo diciassettesimo compleanno, durante gli scavi archeologici organizzati dal padre Frederick fra le rovine della città maya di Lubaantun (oggi Belize).
Il Teschio del Destino è fatto di puro cristallo di quarzo trasparente e pesa oltre 5 kg. È l’unico che, oltre a mostrare grande precisione anatomica, abbia anche una mandibola mobile. Frederick Mitchell-Hedges, nel suo libro di viaggi Danger My Ally (Londra, 1954), dove cita per la prima volta il reperto a quasi 30 anni di distanza dalla scoperta, scrive che «secondo gli scienziati ha richiesto centocinquanta anni di lavoro per essere ultimato. Generazioni dopo generazioni hanno dedicato tutti i giorni della loro vita per strofinare pazientemente con la sabbia l’enorme blocco di cristallo da cui è stato ricavato un cranio perfetto. Il pezzo risale almeno a tremilaseicento anni fa. Secondo la leggenda veniva usato dal grande sacerdote maya per compiere riti esoterici. Pare che, quando il sacerdote invocava la morte per mezzo del teschio, infallibilmente la morte sopravveniva».
Nel 1970, il laboratorio Hewlett-Packard di Santa Clara (California, USA), specializzato nell’analisi di quarzi e cristalli, decise di sottoporre il teschio a una serie di esami, arrivando alla sconcertante conclusione che quell’oggetto «non dovrebbe esistere».[1] A causa della durezza del quarzo, infatti, è estremamente difficile scolpire una forma del genere senza strumenti moderni, di cui non si trovava traccia.
In molti sono stati testimoni degli effetti paranormali del teschio: «Frank Dorland, un restauratore d’arte che fece vari esperimenti con il cranio per sei anni, affermò che una volta un alone lo circondò per parecchi minuti; a volte dei suoni acuti, simili a scampanellii, riempivano la casa, altre volte all’interno del cranio comparivano veli, luci e immagini di crani, volti, montagne e altri oggetti, mentre in altre occasioni esso diventava completamente trasparente e talora ne usciva un odore caratteristico. Dorland e la Mitchell-Hedges, ma anche altri osservatori, attribuirono al cranio il potere di influire sui pensieri e sull’umore delle persone».[2]
Charles Berlitz, già citato in altri articoli di questa rubrica [3], noto per i suoi libri sulla fantarcheologia, scrisse: «Pare che il lobo frontale, per esempio, a volte si appanni, acquistando una tinta lattiginosa. Altre volte emette un’aura quasi spettrale forte e con un lieve tono paglierino, simile all’alone della Luna. Potrebbe trattarsi del frutto di una fantasia sovreccitata, oppure stimolata da un potere intrinseco del cranio stesso; di fatto coloro che ne rimangono in contatto per lunghi periodi di tempo riferiscono esperienze sensoriali inquietanti che comprendono suoni e odori eterei, e perfino apparizioni di spettri. L’impatto visivo del teschio è ipnotico, anche per uno scettico».[4]
Anche sugli altri teschi non mancano racconti inquietanti. Il teschio del British Museum londinese, per esempio, è stato visto muoversi all’interno della teca.
A Huston (Texas), invece, la signora Parks sostiene di essere riuscita a entrare in comunicazione telepatica con il teschio in suo possesso, il quale le avrebbe comunicato di chiamarsi Max. Il teschio Max fa la sua prima apparizione a inizio ’900, in Guatemala, e da lì giunge prima nelle mani di uno sciamano maya, poi in quelle di un guaritore tibetano e infine in quelle dei coniugi Parks, i quali, però, non apprezzano il regalo e lo chiudono in una scatola, fino a quando non vedono in TV il teschio di Mitchell-Hedges. Da allora lo espongono fieramente e lo portano in giro per talk show e vere e proprie tournée[5]: se volete potete seguirlo sulla sua pagina Facebook!
Alcuni sensitivi dicono che guardando uno dei teschi negli occhi hanno avuto visioni olografiche del futuro e affermano che ridergli in faccia porti a morte certa. Tuttavia, non risultano omicidi imputati a nessuno dei teschi: evidentemente né i teschi né coloro che li hanno guardati spiccano per senso dell’umorismo.
Nel 2008, dopo la morte di Anna, l’antropologa statunitense Jane MacLaren Walsh è riuscita a compiere nuove analisi sul Teschio del Destino. Un teschio levigato a mano, infatti, deve mostrare tracce irregolari e ondulate, come quelle presenti sulle statue precolombiane. I moderni strumenti, come la mola rotativa diamantata, lasciano invece segni ordinati e paralleli. Questi, però, possono essere cancellati da una successiva lucidatura. L’antropologa ha perciò cercato questi segni nelle zone meno accessibili del teschio, facendone dei calchi in silicone. Le fotografie al microscopio dei calchi mostrano tracce parallele e regolari, chiaro segno di interventi meccanici, sia sui denti della mascella sia sui due fori inferiori destinati a pioli di supporto. A questo si aggiunge che nella cultura maya, attualmente ben documentata, non c’è alcun riferimento a oggetti di questo genere. Inoltre, le rappresentazioni di teschi precolombiane sono diversissime dalle nostre e da quelle dei teschi di cristallo, che invece ricalcano le convenzioni iconografiche occidentali contemporanee. A un’attenta analisi, dunque, il Teschio del Destino si rivela un oggetto moderno, molto probabilmente di origine europea. Anche il suo casuale ritrovamento da parte di Anna durante gli scavi fra le rovine della città maya di Lubaantun sembra essere inventato. Non ci sono, infatti, foto che attestino la presenza della ragazza durante quegli scavi. Sembra invece che il teschio sia stato acquistato dal padre nel 1944 da un antiquario londinese.
I teschi conservati al British Museum, al Musée du quai Branly a Parigi e al museo Smithsonian di Washington sono esposti come manufatti moderni. La descrizione del teschio del British Museum, per esempio, dice: «Probabilmente europeo, 19° secolo d.C. Sono state riscontrate tracce di una ruota da gioielliere».
Per dimostrare, senza ombra di dubbio, che nonostante la difficoltà dovuta al materiale estremamente duro e fragile è possibile realizzare un teschio di cristallo, nel 2011 il National Geographic ha mostrato, in un documentario intitolato The Truth Behind the Crystal Skulls,[6] che un artigiano cinese è in grado di produrne uno in appena undici giorni.
Ad ogni modo, non stupisce che questi teschi esercitino un estremo fascino e siano fonte di miti e leggende: il cristallo è una struttura dotata di una intrinseca bellezza, grazie alla precisa disposizione geometrica dei suoi atomi. Da sempre gli oggetti di cristallo sono considerati rari e fuori dal comune: le antiche civiltà attribuivano loro poteri spirituali e taumaturgici, ed è proprio la sfera di cristallo (tradizionalmente realizzata proprio in quarzo ialino, il materiale di cui sono costituiti i teschi) lo strumento preferito dai veggenti per prevedere il futuro.
Se però preferite credere alla leggenda maya non contateci troppo in caso di imminente fine del mondo: pare che la formula per salvarsi apparirà soltanto se gli uomini saranno sufficientemente evoluti e integri moralmente.
Note
1) History or hokum? Santa Clara's crystals lab helps tackle the case of the hard-headed Honduran. Measure (staff magazine). Palo Alto, CA: Hewlett-Packard, 8–10.
2) George E. Delury, Almanacco universale delle cose più strane e misteriose, Milano: Oscar Mondadori, 1979
4) Charles Berlitz, Il libro dei fatti incredibili ma veri, Milano: Rizzoli, 1989