La logica, molto spesso, rappresenta i propri enunciati e ragionamenti attraverso simboli e variabili. Ad esempio, in logica proposizionale la congiunzione di due enunciati si rappresenta con «P Ʌ Q», mentre la negazione di uno specifico enunciato con «¬P». La notazione simbolica è meno soggetta ad ambiguità del linguaggio naturale e ha due funzioni. In primo luogo è descrittiva perché, appunto, permette di chiarire concetti o espressioni del linguaggio ordinario mettendone in luce la struttura profonda. In secondo luogo è normativa perché potrebbe mettere in evidenza come alcune sequenze del linguaggio ordinario ritenute intuitivamente vere non soddisfino le regole logiche e sarebbero, quindi, da scoraggiare.
Un tipo di enunciato, trattato dalla logica proposizionale, molto importante nei ragionamenti, è il condizionale, ossia quello che assume la forma «Se...allora...». Sono enunciati di questo tipo «Se piove allora la strada è bagnata»; ma anche leggi scientifiche o definizioni possono essere rese in forma condizionale come il qui esemplificato principio d’inerzia «Se su un corpo non agiscono forze o agisce un sistema di forze in equilibrio, allora il corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme». Un altro esempio lo fornisce la definizione di triangolo «Se è un triangolo allora ha tre lati e tre vertici». In linguaggio simbolico questi enunciati possono essere riportati tutti alla forma «P ➞ Q», dove P è denominato antecedente e Q conseguente.
Nel linguaggio ordinario gli enunciati condizionali sono impiegati per esprimere diversi tipi di relazione tra l’antecedente e il conseguente. Ad esempio l’enunciato «Se studi con metodo allora passerai l’esame» rimanda ad una connessione causale tra lo studiare con metodo e il superamento dell’esame, oppure, come è stato detto con altri termini in precedenza, tali enunciati possono esprimere una connessione definitoria per cui «Se è acqua allora è una sostanza composta da un atomo di idrogeno e due di ossigeno». Vi sono inoltre espressioni condizionali che non comunicano alcuna di queste connessioni ed il seguente esempio rappresenta egregiamente questa casistica: «Se Napoleone è francese allora Garibaldi è italiano».
Ma se i condizionali non sono inferenze deduttive, e se ci possiamo trovare di fronte anche ad enunciati balordi come quello dell’ultimo esempio, come possiamo valutare il loro valore di verità? Iniziamo con una distinzione che permetterà anche di approfondire alcuni concetti già introdotti nei precedenti articoli, ossia quella tra enunciato semplice ed enunciato composto. Un enunciato semplice non contiene altri enunciati come parte di se stesso. «Osservo i fenomeni» o «Ragiono attentamente» sono esempi di enunciati semplici. Diversamente, un enunciato composto è costituito da più enunciati, come nel caso di «Antonio misura e Alberto prende nota», «Sono in piedi o sono seduto» oppure «Se racconto il falso, allora sono bugiardo».
Gli enunciati composti qui esemplificati sono considerati anche vero-funzionali, ossia il loro valore di verità sarebbe determinato dal valore di verità degli enunciati che li compongono[1]. Inoltre, ciascun enunciato composto vero-funzionale include degli operatori logici, ossia dei connettivi, che permettono di formare enunciati composti a partire da enunciati semplici, quali, ad esempio, le congiunzioni e ed o, oppure se... allora. La presenza di questi operatori è fondamentale poiché è l’operatore logico a dirci come il valore di verità dei singoli enunciati determina la verità dell’enunciato composto.
Nel caso degli enunciati condizionali come «Se studio sodo, allora passo l’esame» se l’antecedente e il conseguente sono veri, ossia se sono veri entrambi gli enunciati «Studio sodo» e «Passo l’esame», anche il condizionale sarà vero. Invece, se l’antecedente è vero e il conseguente falso, il condizionale sarà falso. Ne segue infatti il principio che è non possibile che un condizionale vero abbia l’antecedente vero e il conseguente falso.
Al fine di valutare gli enunciati condizionali senza entrare ulteriormente nei grovigli dei valori di verità, prendiamo spunto da questo esempio per comprendere la regola appena introdotta e per delineare due nuovi concetti: «Se è una chitarra allora ha sei corde» che reso in linguaggio simbolico è «P ➞ Q». In un condizionale che esprime una connessione causale o definitoria P può essere una condizione sufficiente per Q quando dalla verità di P consegue la verità di Q. In altre parole quando, ogni volta in cui P è vera, è vera anche Q. Seguendo l’esempio precedente P è una condizione sufficiente per Q se tutte le volte in cui uno strumento «è una chitarra» esso «abbia sei corde». Purtroppo, esistendo chitarre a sette o a dodici corde, non è sufficiente «essere una chitarra» per «avere sei corde».
Una condizione necessaria Q, invece, è tale per P ogni qualvolta dalla falsità di Q consegue la falsità di P. Ossia anche in questo caso vale la regola principale per cui se P è vera e Q è falsa, Q non è una condizione necessaria per P. Anche nell’esempio elaborato, non è necessario «avere sei corde» per «essere una chitarra».
L’esempio utilizzato è costruito appositamente per semplificare l’esposizione dei concetti trattati. Nel linguaggio ordinario però non sempre la condizione sufficiente ricopre il posto dell’antecedente e quella necessaria il posto del conseguente. Inoltre, a volte, uno stesso enunciato è considerato sia condizione sufficiente sia condizione necessaria di un altro enunciato e molto spesso gli stessi condizionali sono presentati in forme linguistiche differenti da quella canonica trattata in questo articolo, come quella dichiarativa. Ad esempio, l’enunciato secondo cui «L’assunzione del bicarbonato cura il cancro» può essere valutato riformulandolo come un condizionale. E qui sorge il problema: «L’assunzione del bicarbonato» è inteso come una condizione sufficiente per la cura del cancro, oppure come sua condizione necessaria? Nel caso della strampalata e perniciosa teoria secondo cui il cancro sarebbe un fungo «L’assunzione del bicarbonato» è ritenuta una condizione sufficiente alla guarigione dal cancro[2].
Il condizionale a questo punto è formulabile così «Se si assume il bicarbonato allora si guarisce dal cancro». A questo punto è possibile rifarsi alla regola secondo cui un condizionale vero non può avere l’antecedente vero e il conseguente falso e verificare se vi siano casi in cui «Si è assunto il bicarbonato» senza «Essere guariti dal cancro». Purtroppo sappiamo benissimo dalla pratica medica che l’assunzione del bicarbonato non è affatto una condizione sufficiente alla cura del cancro, e dispiace per chi ha malauguratamente seguito tali indicazioni.
La procedura qui presentata è riassumibile nei seguenti passi: 1) identificare l’affermazione che si vuole valutare; 2) determinare da quali enunciati semplici è composta; 3) individuare, facendo riferimento al testo o al discorso in cui tali enunciati sono inseriti, il tipo di condizione, sufficiente o necessaria, ricoperta da ciascuno di essi; 4) formulare l’affermazione in forma condizionale e 5) verificare se vi sono casi in cui l’antecedente può essere vero e il conseguente falso.
A questo punto, se il condizionale analizzato supera la prova allora ha delle probabilità d’essere vero anche ad esami più scrupolosi, attenti e approfonditi; se invece non supera il test, con buona approssimazione allora sarà falso.
Un tipo di enunciato, trattato dalla logica proposizionale, molto importante nei ragionamenti, è il condizionale, ossia quello che assume la forma «Se...allora...». Sono enunciati di questo tipo «Se piove allora la strada è bagnata»; ma anche leggi scientifiche o definizioni possono essere rese in forma condizionale come il qui esemplificato principio d’inerzia «Se su un corpo non agiscono forze o agisce un sistema di forze in equilibrio, allora il corpo persevera nel suo stato di quiete o di moto rettilineo uniforme». Un altro esempio lo fornisce la definizione di triangolo «Se è un triangolo allora ha tre lati e tre vertici». In linguaggio simbolico questi enunciati possono essere riportati tutti alla forma «P ➞ Q», dove P è denominato antecedente e Q conseguente.
Nel linguaggio ordinario gli enunciati condizionali sono impiegati per esprimere diversi tipi di relazione tra l’antecedente e il conseguente. Ad esempio l’enunciato «Se studi con metodo allora passerai l’esame» rimanda ad una connessione causale tra lo studiare con metodo e il superamento dell’esame, oppure, come è stato detto con altri termini in precedenza, tali enunciati possono esprimere una connessione definitoria per cui «Se è acqua allora è una sostanza composta da un atomo di idrogeno e due di ossigeno». Vi sono inoltre espressioni condizionali che non comunicano alcuna di queste connessioni ed il seguente esempio rappresenta egregiamente questa casistica: «Se Napoleone è francese allora Garibaldi è italiano».
Ma se i condizionali non sono inferenze deduttive, e se ci possiamo trovare di fronte anche ad enunciati balordi come quello dell’ultimo esempio, come possiamo valutare il loro valore di verità? Iniziamo con una distinzione che permetterà anche di approfondire alcuni concetti già introdotti nei precedenti articoli, ossia quella tra enunciato semplice ed enunciato composto. Un enunciato semplice non contiene altri enunciati come parte di se stesso. «Osservo i fenomeni» o «Ragiono attentamente» sono esempi di enunciati semplici. Diversamente, un enunciato composto è costituito da più enunciati, come nel caso di «Antonio misura e Alberto prende nota», «Sono in piedi o sono seduto» oppure «Se racconto il falso, allora sono bugiardo».
Gli enunciati composti qui esemplificati sono considerati anche vero-funzionali, ossia il loro valore di verità sarebbe determinato dal valore di verità degli enunciati che li compongono[1]. Inoltre, ciascun enunciato composto vero-funzionale include degli operatori logici, ossia dei connettivi, che permettono di formare enunciati composti a partire da enunciati semplici, quali, ad esempio, le congiunzioni e ed o, oppure se... allora. La presenza di questi operatori è fondamentale poiché è l’operatore logico a dirci come il valore di verità dei singoli enunciati determina la verità dell’enunciato composto.
Nel caso degli enunciati condizionali come «Se studio sodo, allora passo l’esame» se l’antecedente e il conseguente sono veri, ossia se sono veri entrambi gli enunciati «Studio sodo» e «Passo l’esame», anche il condizionale sarà vero. Invece, se l’antecedente è vero e il conseguente falso, il condizionale sarà falso. Ne segue infatti il principio che è non possibile che un condizionale vero abbia l’antecedente vero e il conseguente falso.
Al fine di valutare gli enunciati condizionali senza entrare ulteriormente nei grovigli dei valori di verità, prendiamo spunto da questo esempio per comprendere la regola appena introdotta e per delineare due nuovi concetti: «Se è una chitarra allora ha sei corde» che reso in linguaggio simbolico è «P ➞ Q». In un condizionale che esprime una connessione causale o definitoria P può essere una condizione sufficiente per Q quando dalla verità di P consegue la verità di Q. In altre parole quando, ogni volta in cui P è vera, è vera anche Q. Seguendo l’esempio precedente P è una condizione sufficiente per Q se tutte le volte in cui uno strumento «è una chitarra» esso «abbia sei corde». Purtroppo, esistendo chitarre a sette o a dodici corde, non è sufficiente «essere una chitarra» per «avere sei corde».
Una condizione necessaria Q, invece, è tale per P ogni qualvolta dalla falsità di Q consegue la falsità di P. Ossia anche in questo caso vale la regola principale per cui se P è vera e Q è falsa, Q non è una condizione necessaria per P. Anche nell’esempio elaborato, non è necessario «avere sei corde» per «essere una chitarra».
L’esempio utilizzato è costruito appositamente per semplificare l’esposizione dei concetti trattati. Nel linguaggio ordinario però non sempre la condizione sufficiente ricopre il posto dell’antecedente e quella necessaria il posto del conseguente. Inoltre, a volte, uno stesso enunciato è considerato sia condizione sufficiente sia condizione necessaria di un altro enunciato e molto spesso gli stessi condizionali sono presentati in forme linguistiche differenti da quella canonica trattata in questo articolo, come quella dichiarativa. Ad esempio, l’enunciato secondo cui «L’assunzione del bicarbonato cura il cancro» può essere valutato riformulandolo come un condizionale. E qui sorge il problema: «L’assunzione del bicarbonato» è inteso come una condizione sufficiente per la cura del cancro, oppure come sua condizione necessaria? Nel caso della strampalata e perniciosa teoria secondo cui il cancro sarebbe un fungo «L’assunzione del bicarbonato» è ritenuta una condizione sufficiente alla guarigione dal cancro[2].
Il condizionale a questo punto è formulabile così «Se si assume il bicarbonato allora si guarisce dal cancro». A questo punto è possibile rifarsi alla regola secondo cui un condizionale vero non può avere l’antecedente vero e il conseguente falso e verificare se vi siano casi in cui «Si è assunto il bicarbonato» senza «Essere guariti dal cancro». Purtroppo sappiamo benissimo dalla pratica medica che l’assunzione del bicarbonato non è affatto una condizione sufficiente alla cura del cancro, e dispiace per chi ha malauguratamente seguito tali indicazioni.
La procedura qui presentata è riassumibile nei seguenti passi: 1) identificare l’affermazione che si vuole valutare; 2) determinare da quali enunciati semplici è composta; 3) individuare, facendo riferimento al testo o al discorso in cui tali enunciati sono inseriti, il tipo di condizione, sufficiente o necessaria, ricoperta da ciascuno di essi; 4) formulare l’affermazione in forma condizionale e 5) verificare se vi sono casi in cui l’antecedente può essere vero e il conseguente falso.
A questo punto, se il condizionale analizzato supera la prova allora ha delle probabilità d’essere vero anche ad esami più scrupolosi, attenti e approfonditi; se invece non supera il test, con buona approssimazione allora sarà falso.
Note
1) Nonostante l’ampio accordo sulla qualificazione degli enunciati condizionali come vero-funzionali, vi sono validi argomenti, e celebri paradossi, che suggeriscono una revisione di questo assunto.
2) Simoncini, T. (2005). Il cancro è un fungo. Lampis Ed.
Riferimenti bibliografici
- Salmon, H. M. (1995). Introduction to Logic and Critical Thinking. Harcourt Brace Publisher.
- Hughes, W., Lavery, J., e Doran, K. (2010). Critical thinking: an introduction