Quando le truppe liberatrici entrarono nel campo di Auschwitz-Birkenau, scoprirono e svelarono al mondo intero il più atroce orrore della storia dell’umanità: la Shoah. Dalla fine degli anni ’30 al 1945 in Europa furono deportati e uccisi circa sei milioni di ebrei.
Uno dei pochissimi che da quei campi riuscì a uscire vivo si chiamava Herbert Levin. Era nato a Berlino il 9 settembre 1906 e sin da bambino aveva una vera passione per i giochi di prestigio. Crescendo aprì un negozio di giochi magici e poi decise di diventare lui stesso un prestigiatore, scegliendo come nome d’arte il suo stesso nome, Levin, capovolto: Nivelli. La “i” finale che dava un sapore italiano, e quindi esotico, al nome era un’aggiunta molto comune tra i prestigiatori dell’epoca: Cardini, Houdini, Malini, Rosini...
Nel 1933, con l’avvento di Hitler al potere, Levin lasciò la Germania nazista e cercò rifugio in Cecoslovacchia. Ma quando, cinque anni dopo, le truppe del Reich entrarono anche in quello Stato il destino di Nivelli era ormai segnato. In quanto ebreo, fu strappato dalla sua vita, deportato in un campo di concentramento e marchiato con il numero #A1676.
«Quando le SS scoprirono che ero “Nivelli, il Mago”, lo stesso che molti di loro avevano visto nei principali teatri tedeschi, mi mandarono a chiamare e mi ordinarono di intrattenerli» raccontò anni dopo Levin in una rivista per prestigiatori.
«Con praticamente nulla a disposizione, ma solo un mazzo sporco di carte da gioco, una cordicella e delle monete, che mi diedero loro, misi insieme un numero che riuscì a divertirli a sufficienza. Ma ovviamente dovevo essere sempre a disposizione. Questa gente arrivava su quella panca di legno dove dormivamo, a ogni ora del giorno e della notte, mi colpivano nelle costole e mi ordinavano di “fare trucchi”. Va bene. Obbedivo sempre. E questo aiutava a rendermi un pochino più facile la vita nel campo di concentramento. Magari il giorno dopo mi lasciavano dormire un poco di più oppure mi davano qualcosa da mangiare in più».
«Aggiunsi al mio repertorio dei giochi coi ditali e con qualche pezzo di spugna feci delle palline che usavo per il gioco del Cups and balls. A quel punto hanno iniziato a insistere che dovevo insegnare loro i miei trucchi. Così, quando non mi esibivo insegnavo i giochi ai nazisti».
Poi venne il giorno in cui Reinhard Heydrich, uno dei gerarchi nazisti responsabili della “soluzione finale” e governatore del Protettorato di Boemia-Moravia morì in seguito a un attentato dei partigiani cecoslovacchi. «Fu terribile» continua Levin nel suo racconto. «Tutti gli ebrei ancora in circolazione furono arrestati. Molti uccisi. Altri già imprigionati spediti fuori dal paese in un campo di concentramento più terribile. Io fui tra quelli. Per quattro giorni e quattro notti fui rinchiuso in un carro bestiame con decine di altre persone, tutti stipati come sardine, senza cibo e senza acqua. Mi ritrovai nel terribile campo di Auschwitz, destinato a morire nelle camere a gas insieme a mia moglie, a mio figlio e a tutti coloro che finivano in quel luogo infernale».
«Ancora una volta, la magia mi salvò la vita. Iniziò a girare la voce che ero Nivelli, il Mago e ricominciai a esibirmi».
Poco tempo dopo finiva la guerra e, con l’arrivo dell’Armata Rossa, Levin fu tra i primi a uscire dal campo di concentramento.
«Ma a quel punto, per mancanza di cibo e vitamine, ero così debole che potevo camminare solo reggendomi a due stampelle improvvisate. Fui il primo uomo sopravvissuto ad Auschwitz a tornare a Berlino. Mi furono dati cibo e vestiti e alcuni amici della magia mi regalarono dei trucchi in legno, fatti con le loro mani. Ricominciai tutto da capo e, nel giro di sei mesi, mi esibivo di nuovo sui palcoscenici di Berlino, dove recuperai la fama che avevo prima della guerra».
Levin decise poi di lasciare la Germania e trasferirsi in America, dove si sposò con Lottie, che divenne anche partner in scena, e visse della sua arte magica, senza mai propagandare la sua incredibile storia.
«Questo meraviglioso paese mi ha accolto» concludeva il suo racconto Levin. «Questa gente meravigliosa. Sono così felice e ho così tanto lavoro nei teatri. Sono appena tornato da Atlantic City dove mi è stato fatto l’onore di mettermi in cartellone alla prestigiosa convention della Society of American Magicians. Non potrei chiedere di più».
Nonostante gli orrori che aveva osservato e attraversato, Nivelli riuscì a conservare la sua personalità gioiosa e a non regalare ai suoi carnefici l’odio e il risentimento che meritavano.
«Nivelli trovò alla fine la libertà» disse William V. Rauscher, un prete e prestigiatore che lo conobbe. «Non solo la magia gli salvò la vita, ma gli aprì nuove porte, gli regalò nuovi amici e, ancora una volta, dimostrò le sue eterne qualità. Perché fu grazie alla magia che Nivelli riuscì a sopravvivere all’Olocausto».
Esistono almeno due libri che raccontano la storia di Nivelli, The Magician of Auschwitz, di Kathy Kacer, con le illustrazioni di Gillian Newland (che trovate anche in queste pagine), e il più raro The Death Camp Magicians, di William V. Rauscher e Werner Reich. Esiste anche un filmato in cui Werner Reich, che fu a sua volta deportato ad Auschwitz, ricorda come scoprì per caso che il suo compagno di prigionia era stato proprio Nivelli.
Lo trovate sul mio sito: www.massimopolidoro.com .
Uno dei pochissimi che da quei campi riuscì a uscire vivo si chiamava Herbert Levin. Era nato a Berlino il 9 settembre 1906 e sin da bambino aveva una vera passione per i giochi di prestigio. Crescendo aprì un negozio di giochi magici e poi decise di diventare lui stesso un prestigiatore, scegliendo come nome d’arte il suo stesso nome, Levin, capovolto: Nivelli. La “i” finale che dava un sapore italiano, e quindi esotico, al nome era un’aggiunta molto comune tra i prestigiatori dell’epoca: Cardini, Houdini, Malini, Rosini...
Nel 1933, con l’avvento di Hitler al potere, Levin lasciò la Germania nazista e cercò rifugio in Cecoslovacchia. Ma quando, cinque anni dopo, le truppe del Reich entrarono anche in quello Stato il destino di Nivelli era ormai segnato. In quanto ebreo, fu strappato dalla sua vita, deportato in un campo di concentramento e marchiato con il numero #A1676.
Nivelli costretto a esibirsi per i nazisti in campo di concentramento in un’illustrazione di Gillian Newland.
«Con praticamente nulla a disposizione, ma solo un mazzo sporco di carte da gioco, una cordicella e delle monete, che mi diedero loro, misi insieme un numero che riuscì a divertirli a sufficienza. Ma ovviamente dovevo essere sempre a disposizione. Questa gente arrivava su quella panca di legno dove dormivamo, a ogni ora del giorno e della notte, mi colpivano nelle costole e mi ordinavano di “fare trucchi”. Va bene. Obbedivo sempre. E questo aiutava a rendermi un pochino più facile la vita nel campo di concentramento. Magari il giorno dopo mi lasciavano dormire un poco di più oppure mi davano qualcosa da mangiare in più».
«Aggiunsi al mio repertorio dei giochi coi ditali e con qualche pezzo di spugna feci delle palline che usavo per il gioco del Cups and balls. A quel punto hanno iniziato a insistere che dovevo insegnare loro i miei trucchi. Così, quando non mi esibivo insegnavo i giochi ai nazisti».
Poi venne il giorno in cui Reinhard Heydrich, uno dei gerarchi nazisti responsabili della “soluzione finale” e governatore del Protettorato di Boemia-Moravia morì in seguito a un attentato dei partigiani cecoslovacchi. «Fu terribile» continua Levin nel suo racconto. «Tutti gli ebrei ancora in circolazione furono arrestati. Molti uccisi. Altri già imprigionati spediti fuori dal paese in un campo di concentramento più terribile. Io fui tra quelli. Per quattro giorni e quattro notti fui rinchiuso in un carro bestiame con decine di altre persone, tutti stipati come sardine, senza cibo e senza acqua. Mi ritrovai nel terribile campo di Auschwitz, destinato a morire nelle camere a gas insieme a mia moglie, a mio figlio e a tutti coloro che finivano in quel luogo infernale».
«Ancora una volta, la magia mi salvò la vita. Iniziò a girare la voce che ero Nivelli, il Mago e ricominciai a esibirmi».
Poco tempo dopo finiva la guerra e, con l’arrivo dell’Armata Rossa, Levin fu tra i primi a uscire dal campo di concentramento.
«Ma a quel punto, per mancanza di cibo e vitamine, ero così debole che potevo camminare solo reggendomi a due stampelle improvvisate. Fui il primo uomo sopravvissuto ad Auschwitz a tornare a Berlino. Mi furono dati cibo e vestiti e alcuni amici della magia mi regalarono dei trucchi in legno, fatti con le loro mani. Ricominciai tutto da capo e, nel giro di sei mesi, mi esibivo di nuovo sui palcoscenici di Berlino, dove recuperai la fama che avevo prima della guerra».
Levin decise poi di lasciare la Germania e trasferirsi in America, dove si sposò con Lottie, che divenne anche partner in scena, e visse della sua arte magica, senza mai propagandare la sua incredibile storia.
«Questo meraviglioso paese mi ha accolto» concludeva il suo racconto Levin. «Questa gente meravigliosa. Sono così felice e ho così tanto lavoro nei teatri. Sono appena tornato da Atlantic City dove mi è stato fatto l’onore di mettermi in cartellone alla prestigiosa convention della Society of American Magicians. Non potrei chiedere di più».
Nonostante gli orrori che aveva osservato e attraversato, Nivelli riuscì a conservare la sua personalità gioiosa e a non regalare ai suoi carnefici l’odio e il risentimento che meritavano.
«Nivelli trovò alla fine la libertà» disse William V. Rauscher, un prete e prestigiatore che lo conobbe. «Non solo la magia gli salvò la vita, ma gli aprì nuove porte, gli regalò nuovi amici e, ancora una volta, dimostrò le sue eterne qualità. Perché fu grazie alla magia che Nivelli riuscì a sopravvivere all’Olocausto».
Per saperne di più
Esistono almeno due libri che raccontano la storia di Nivelli, The Magician of Auschwitz, di Kathy Kacer, con le illustrazioni di Gillian Newland (che trovate anche in queste pagine), e il più raro The Death Camp Magicians, di William V. Rauscher e Werner Reich. Esiste anche un filmato in cui Werner Reich, che fu a sua volta deportato ad Auschwitz, ricorda come scoprì per caso che il suo compagno di prigionia era stato proprio Nivelli.
Lo trovate sul mio sito: www.massimopolidoro.com .