Rischi legati ai telefoni cellulari
Vorrei sottoporvi un caso che mi piacerebbe venisse approfondito. Nel dicembre 2008 ho seguito un corso per la sicurezza sul lavoro. Durante una pausa, il docente (un ingegnere che tiene corsi anche all'estero) ha risposto ad alcune domande concernenti i possibili danni che potrebbero derivare dall'uso prolungato del cellulare e dalla presenza delle antenne di telefonia mobile vicino a centri abitati. Questi ha giustamente sottolineato che non esistono dati sufficienti per dimostrare la pericolosità di apparecchi e impianti, in quanto i cellulari – e le antenne che li fanno funzionare – esistono solo da 15 anni. Per trarre conclusioni serie servirebbero almeno 30 anni di dati raccolti. Poi, però, l'ingegnere si è lanciato in una considerazione personale che – secondo me – ha fondamenti almeno di buon senso. Ha detto, infatti, che anche l'amianto non è stato ritenuto pericoloso per molti anni; ma poi si è scoperto che si tratta di un materiale altamente cancerogeno. Il docente ha proseguito, affermando che – in base agli studi che sono attualmente disponibili – è abbastanza probabile che l'abuso del cellulare (senza auricolare a fili) possa portare allo sviluppo di malattie gravi.È poi passato a considerare gli effetti delle antenne di telefonia mobile, raccontando un fatto che – personalmente - non ho mai visto riferito da nessun media. Parlo della misteriosa morte per cancro di alcuni soldati italiani che hanno fatto la guerra del Kosovo. A suo tempo si disse che quei ragazzi avevano sviluppato tumori a causa del contatto con l'uranio impoverito delle bombe, mentre l'ingegnere ci ha riferito che una commissione ufficiale italiana ha recentemente stabilito come probabile causa (o concausa) delle neoplasie il fatto che i soldati hanno dormito per diversi mesi praticamente sotto le antenne della NATO per le comunicazione criptate. Queste trasmissioni avvenivano su frequenze non usate per la telefonia civile, ma il brutto è che adesso queste frequenze dovrebbero essere liberalizzate. Io ho cercato notizie qui e là su internet, ma ho solo trovato documenti sulla commissione italiana che, tra l'altro, non ha individuato nell'uranio impoverito la causa scientificamente accertata dei tumori dei soldati. Naturalmente io non voglio fare del terrorismo, né pretendo che le parole di quell'ingegnere vengano prese per oro colato. Comunque, mi piacerebbe saperne di più. L'ingegnere mi è parso una persona equilibrata e poco incline a sparare bufale. Il fatto mi sembra un ottimo spunto d'analisi per il CICAP. Kociss Leardini
Risponde Gianni Comoretto:
La considerazione del suo docente è vera riguardo l'utilizzo di cellulari, in quanto effettivamente questi sono diffusi tra la popolazione da circa 15 anni e rappresentano una modalità di esposizione diversa da quanto avveniva in passato. Non è tuttavia altrettanto vera per i ripetitori per telefonia, in quanto questi espongono a campi che non sono molto diversi da quelli utilizzati per le trasmissioni radio e televisive, molto diffusi da ben oltre trent'anni. Inoltre, se è vero che gli studi epidemiologici sono importantissimi per stabilire la pericolosità o meno di un agente, possiamo avere indicazioni sulla plausibilità di un'ipotesi di pericolosità usando studi su animali (che sviluppano malattie, soprattutto tumori, molto più velocemente di noi), su tessuti, e con considerazioni di tipo teorico. Questi studi sono stati fatti relativamente ai campi a radiofrequenza, senza che si siano visti effetti di qualsiasi tipo, fino ad esposizioni migliaia di volte sopra i limiti di legge per i ripetitori. Pertanto gli studi attuali si concentrano sui rischi connessi con l'uso dei cellulari, che espongono una piccolissima zona della testa a campi sempre meno intensi di quelli "sospetti", ma comunque molto più forti, per cui l'ipotesi di possibili danni non è altrettanto facile da escludere. A oggi esiste un modesto sospetto di aumento di alcuni tumori rari. In ogni caso gli studi proseguono. Sull'utilizzo di frequenze o sistemi di codifica particolari, non avendo evidenze di un danno dovuto ad onde radio risulta impossibile stabilire se un particolare tipo di onde sia più o meno pericoloso di un altro. Infine lo stesso tipo di ragionamento può essere fatto praticamente per tutto, chi ci garantisce che qualsiasi cosa utilizziamo da meno di 30 anni, o che non sia oggetto di studi accurati, non sia pericolosa? È bene che venga studiato un po' tutto, ma non possiamo considerare qualcosa pericoloso a priori se non ci sono indicazioni a riguardo. Ad esempio, esistono modestissimi sospetti di cancerogenicità, confrontabili con quelli che si hanno per i cellulari, su prodotti come i cetrioli sottaceto o il caffè. La storia dell'amianto fornisce un utile termine di paragone. I primi sospetti di danni da asbesto sorsero all'inizio del 1900. La prima morte documentata per asbestosi è del 1906. Nel 1931 erano obbligatorie, in Inghilterra, misure di ventilazione forzata nei luoghi in cui questo materiale veniva lavorato. La correlazione tra asbesto e cancro è stata ipotizzata intorno al 1935. Nel 1948 vengono pubblicati studi che mostrano una ragionevole correlazione e nel 1955 il legame tra asbesto e cancro al polmone è ormai assodato. Il legame tra asbesto e mesotelioma segue una storia simile, i primi dubbi compaiono a cavallo del 1950 e nel 1960 l'ipotesi è dimostrata, nonostante la fortissima omertà delle industrie del settore che, pur ostacolando e rallentando in ogni modo gli studi, non hanno potuto impedirli. Quindi in 20-30 anni di studi scientifici è stato possibile stabilire la dannosità acuta e cronica dell'asbesto con ragionevole certezza, mentre la pericolosità dei campi a radiofrequenza è studiata da decenni senza evidenziare nulla di significativo. E non è per mancanza di informazione scientifica che l'asbesto è stato usato fino agli anni Settanta. Sulla morte dei militari italiani in Kosovo, la questione è controversa. Quelle persone sono state esposte a diversi agenti cancerogeni, come benzene, residui dei bombardamenti incluso l'uranio, nanoparticolati, il tutto in una situazione di stress. Il numero di casi di morte è inoltre basso, vicino a quanto ci si aspetterebbe per cause "naturali". Senza entrare nel dibattito (non ne ho la competenza), ritengo ragionevole cercare di capire se queste morti siano dovute ad agenti cancerogeni noti. È molto meno ragionevole pensare che siano dovute a cose la cui cancerogenicità è solo ipotetica, ed è del tutto insensato usarle come "prova" della pericolosità di qualcosa.
Sogni e statistica
Spinto dalla curiosità, dal momento che mi capitano con una certa frequenza i così detti "sogni premonitori" che non finiscono mai di stupirmi, ho cercato di vedere cosa ne pensa la scienza, non essendo interessato nel modo più assoluto a spiegazioni che esulano da questo campo. Mi sono così imbattuto nella risposta di Silvano Fuso alla lettera del 28 marzo 2001 inviata da Paola e Sergio Federico, che si trova nel sito del CICAP. In tale risposta si dice tra l'altro "Ogni notte sei miliardi persone… sognano per più di un'ora… appare quindi piuttosto probabile che in questo numero enorme di sogni prima o poi compaia qualche episodio che si verifica realmente" e ancora "Se si facesse un'analisi statistica tra le previsioni avveratesi e quelle non avveratesi, si scoprirebbe di essere perfettamente all'interno delle leggi probabilistiche".Questa parte della risposta mi sembra completamente priva di qualsiasi fondamento scientifico. Vengono chiamate in causa le "leggi probabilistiche" che in questo caso sono completamente inapplicabili. Per determinare la probabilità del verificarsi di un evento bisogna conoscere senza alcuna ambiguità il numero dei casi possibili e il numero dei casi favorevoli al verificarsi dell'evento. Così sappiamo, per esempio, che nel lancio di un dado ci sono sei casi possibili, perché sei sono le facce, e un solo caso favorevole all'uscita del numero 2. Si può determinare con precisione la probabilità matematica e poi facendo un numero grandissimo di lanci scoprire che l'uscita del 2 rientra all'interno delle leggi probabilistiche. Nel caso dei sogni quant'è il numero dei casi possibili e quello dei casi favorevoli? Non mi sembra che sia possibile dare una risposta. Ragionando in termini matematici non c'e nessun motivo che giustifichi il fatto che all'interno dei sogni ci debbano essere episodi che si verifichino realmente in seguito. Se lancio un dado tante volte, ogni tanto uscirà il 2 perché c'è una faccia con il 2, ma come giustifico che nei sogni ogni tanto ce ne sarà qualcuno con episodi del futuro? Lo posso solo giustificare con l'esperienza, ma non con la matematica. Domenico Modica
Risponde Silvano Fuso:
Rispondo volentieri all'obiezione del lettore. Innanzi tutto vorrei specificare che la mia risposta sui sogni premonitori (www.cicap.org/new/articolo.php?id=200079) cui il lettore fa riferimento era di carattere divulgativo. Nelle trattazioni divulgative spesso si sacrifica un po' di rigore per evitare di appesantire troppo il discorso. Il lettore definisce correttamente la probabilità di un evento come rapporto tra il numero dei casi favorevoli e quello dei casi possibili. Quantitativamente non saprei proprio stimare quale possa essere la probabilità che un sogno corrisponda poi a un successivo avvenimento reale. Però, a detta di molti testimoni, questa eventualità esiste. Quindi esistono i "casi favorevoli". Di conseguenza, in linea di principio ha senso parlare di probabilità (a posteriori), anche se in pratica è piuttosto difficile stimarla. È intuitivo pensare che tale probabilità sia piuttosto bassa. Nella vita di un singolo soggetto quindi capiterà molto raramente di vivere una simile esperienza. Come affermavo nella mia risposta, tuttavia, il numero totale dei sogni fatti nel mondo è molto elevato. Quindi, per bassa che sia la probabilità, il numero totale dei casi favorevoli che si realizzano può essere apprezzabile. Non c'è quindi da stupirsi se diverse persone sostengono di aver vissuto questa esperienza. Vorrei infine notare che quella di tipo statistico è solo una delle argomentazioni da me sostenute nella risposta. Come affermavo infatti, «va fatta un'ulteriore considerazione. Di solito i sogni si ricordano con difficoltà. Di conseguenza capita spesso che ognuno di noi, in perfetta buona fede e del tutto inconsapevolmente, aggiusti a posteriori il ricordo del sogno per farlo combaciare con qualche episodio realmente accadutoci». Quindi quelli che dal punto di vista statistico possono essere considerati "casi favorevoli" non è detto che lo siano realmente.
Vorrei più CICAP in tv
Sono abbonato alla vostra rivista da molti anni e sono entusiasta dei vostri articoli interessanti, coraggiosi ma sempre equilibrati. Bellissima la vostra vignetta sul Voyager televisivo, trasmissione per sognatori fanatici desiderosi di misteri già digeriti. Sul Corriere della Sera dello scorso primo aprile è apparso un articolo sull'omeopatia. Dovrebbero partire delle indagini da parte dell'AIFA, l'agenzia italiana del farmaco per verificare l'attendibilità dei prodotti omeopatici. Sarò scettico, ma la cosa mi puzza un po' e, come disse un famoso politico, a pensar male qualche volta ci si azzecca. E se questa indagine fosse stata in qualche modo richiesta dai potenti produttori di prodotti omeopatici per ottenere qualche riconoscimento ufficiale? Dato il grande interesse degli argomenti da voi trattati non è possibile ottenere più spazio in tv? Viste le stupidaggini di Voyager ci sarebbe sicuramente da guadagnarci. Federico Foglio (86 anni!)Risponde Lorenzo Montali:
Innanzitutto grazie per i complimenti, che fanno sempre piacere. Anche noi vorremmo avere più spazio in televisione perché sappiamo bene che il potenziale informativo e educativo del mezzo è straordinariamente più alto di quello che ci possono offrire questa rivista, il nostro sito o le interviste e gli articoli targati CICAP che pure compaiono con una certa frequenza su giornali e settimanali. Il punto è che la logica che porta alla messa in onda di trasmissioni come Voyager su Rai 2 o come Mistero su Italia1, è la stessa che esclude, o relega in un luogo molto marginale, l'approccio che il Cicap ha allo studio della pseudoscienza e dei fenomeni paranormali o misteriosi. Quella che sembra essere venuta meno è l'idea che al giornalista spetti un lavoro di verifica delle notizie, di studio e di approfondimento di ciò che gli viene raccontato. Invece, ci viene proposta la figura del cosiddetto giornalista-curioso, che si limita a registrare i racconti più incredibili e le ipotesi più strampalate e a mandare il tutto in onda senza alcuna mediazione. In questo modo si cancella ogni distinzione tra realtà e fiction, non sai mai se stai guardando un programma che ha una qualche pretesa di scientificità o invece una trasmissione che ha come unico scopo quello di far divertire l'ascoltatore sollecitandone la fantasia e la fascinazione per il mistero. Così facendo si realizza però di fatto un imbroglio poiché si mescolano generi completamente diversi e che devono mantenere una loro specificità: il telefilm Supernatural e il telegiornale possono convivere benissimo in televisione, ma deve essere chiaro che si tratta di due cose diverse. Invece l'attuale confusione fa sì che lo spettatore non sappia più su quali parametri deve valutare un programma e le affermazioni che vi vengono fatte: in qualche modo lo si invita a rinunciare al suo spirito critico, l'importante è che si diverta per un'ora.