C'è un popolo nascosto, un movimento che serpeggia, una quasi religione che guadagna adepti: sono i "terzanisti", i seguaci, i cultori, i fan di Tiziano Terzani. Cioè i nuovi lettori che si sono aggiunti ai vecchi ammiratori del "cronista di un continente", e che si sono fatti affascinare dagli ultimi libri del giornalista morto due anni fa (come scrisse in una dichiarazione la moglie, Angela Terzani Staude, «il 28 luglio, nella valle di Orsigna, è serenamente scomparso o, come preferiva dire lui, ha lasciato il suo corpo, Tiziano Terzani»). Sono i libri con cui è diventata pubblica la sua svolta filosofica ed esistenziale, la trasformazione in "Anam il senza nome", con un'immersione totale nella natura, nel destino, nel ciclo della vita; e quindi l'accettazione della malattia e della morte come espressioni integrali di umanità. Premiati da un vasto successo di pubblico, i libri canonici del terzanismo sono Un altro giro di giostra e La fine è il mio inizio, pubblicati da Longanesi: più di un milione di lettori hanno trovato un riferimento assai più che culturale nella figura sapienziale dell'ultimo Terzani, l'uomo con la barba e la tunica bianca, ritiratosi a studiare il sanscrito; un'immagine a metà fra il profeta e il testimone. Hanno visto in lui una guida, un maestro. Quasi il promotore istrionico di una religione. Una fede "light", che può mescolare dosi di buddismo e di new age, la ricerca fai-da-te del senso del mondo, e i cui testi fondamentali vengono scambiati attraverso il passaparola nel web. Ha un bel da dire Giuliano Amato, che Terzani non deve essere trasformato in un "santone", del pacifismo o di altro. Il ministro degli Interni lo ha scritto nel numero 24 di Sant'Anna News, la rivista degli ex allievi della Scuola superiore Sant'Anna di Pisa, in cui ha ricordato il loro incontro all'università e la lunga avventura di Terzani, la «stupenda stagione che ha vissuto prima di "abbandonare il proprio corpo"» (testo poi ripreso dal Corriere della Sera). Santone o no, il popolo dei terzanisti accorre in ogni occasione, meeting, anniversario in cui Terzani viene ricordato. E affolla il sito internet che gli è stato dedicato nel 1999 da Massimo De Martino, www.tizianoterzani.com (che pubblica una newsletter diretta a più di 16 mila iscritti nel mondo), partecipando con passione al forum di discussione animato da Antonio Bortolotti. Ne è venuto fuori di recente un libro, curato da Bortolotti e De Martino, Dentro di noi. Parlano i lettori di Tiziano Terzani (Tea, pp. 208, euro 7,60), che raccoglie e seleziona gli interventi dei lettori nel forum, e fa capire qualcosa in più dell'informale movimento terzanista. Come tutte le religioni, il terzanismo è fatto di realtà immateriali e di "cose" concrete. Immateriale è la ricostruzione della personalità di Terzani come maestro, portatore di saggezza, compagno di vita, esempio di chi è riuscito a trovare la strada della conoscenza. Nella premessa del volume, De Martino minimizza: «Vogliamo evitare di fare di Tiziano un guru, un santone, un Sai Baba toscano. Lui non avrebbe mai gradito né accettato». Ma quasi tutto il libro, per la verità, è dedicato alla dimensione esoterico-sapienziale, non al Terzani giornalista, saggista, scrittore, come vorrebbe ragionevolmente il curatore. Infatti l'antologia sembra lo specchio di una setta che indistintamente, a tentoni, cerca una verità: i terzanisti secondo il quotidiano cattolico Avvenire sono «possibilisti in materia di reincarnazione e scettici in tema di rivelazione»; in ogni caso immettono nel forum apologhi zen, favole orientali, storie esoteriche degli indiani d'America; discutono sulla vita e la morte, cercano illuminazioni, si interrogano sul karma, disquisiscono sulla figura del guru, «colui che scaccia la tenebra». La morte, «è un dettaglio»; la reincarnazione, «un'opportunità». Di materiale invece ci sono le iniziative pubbliche, gli incontri promossi dal «fun club», definizione volutamente autoironica, taluni in collaborazione con la famiglia di Terzani, la moglie Angela e il figlio Folco. Il primo meeting si svolse nel 2004 a Certaldo, e vide l'accorrere inatteso di centinaia di persone. Fra gli eventi più memorabili figura la serata veneziana a Palazzo Ducale dell'8 giugno 2006, intitolata "Quel che non è dato è perso", a cui hanno partecipato Amos Luzzatto e il sindaco filosofo Massimo Cacciari. Ma tra i paraphernalia ci sono anche le magliette di "Lupo Tiziano", tiratura limitata di 1000 esemplari, con il disegno di Silver, il creatore di Lupo Alberto (15 euro di cui tre devoluti a Emergency e gli altri a sostegno del sito, che non ha scopo di lucro). A cui si aggiungono gli annunci sui record di vendite, «Un altro giro di giostra. 440 mila copie»: ma nelle librerie la pubblicità di Longanesi è già a diecimila copie oltre, e nessun traguardo sembra precluso. Fenomeno di clamoroso quanto inafferrabile successo, il terzanismo è una sintesi fra il blog e la spiritualità, fra la ricerca interiore e il cazzeggio internettiano sull'essere se stessi. Nasce probabilmente dalla forte impressione suscitata da Terzani dopo l'11 settembre 2001 con la sua risposta, Lettere contro la guerra, al pamphlet di Oriana Fallaci La rabbia e l'orgoglio. Conserva in sé l'ammirazione laica per i reportage di Terzani dall'Asia, cioè per il giornalista più che per il sapiente o il maestro. E si alimenta anche di quel sentimento svagato rispetto all'attualità che connota chi è disinteressato alla politica e interessatissimo al mistero: «La morte di Tiziano l'ho appresa su un quotidiano gratuito», scrive nel forum "bi1973", ossia "Barbara": «Io non sempre seguo la televisione, anzi, seguo pochissimi programmi (molto stupidi) e non seguo gli avvenimenti, i telegiornali». Mentre "Kirmet" apre il dibattito sui temi trascendentali in questo modo: «La reincarnazione. Voi cosa ne pensate? E soprattutto cosa conoscete della reincarnazione?». È questo sincretismo distratto che non va giù a chi depreca la «trasformazione di Terzani nella guida spirituale per le giovani generazioni», come ha scritto Antonio Socci su Libero, deprecando quegli ambienti futili in cui «non si crede a Gesù Cristo, ma al ciarlatano indiano o all'indovino che legge i fondi di bicchiere sì». Conclusione: «Il "caso Terzani" è un fenomeno mediatico, costruito col meccanismo industriale delle mode, proprio da tv, case editrici, internet e giornali, ovvero dal circo dei media consumisti in cui peraltro il guru ha lavorato molto stimato per decenni». Può sorprendere forse che una "dottrina" che mescola filosofie orientali, fiabe himalayane, echi di Siddharta, spruzzate di marxismo spiritualizzato, possa diventare una specie di testo sacro; ma può risultare sorprendente anche la violenza degli attacchi. I giudizi antipatizzanti, come quelli di Socci, non si limitano a deplorare il panteismo vitalistico dello scrittore: segnalano con una certa animosità la portata economica dell'"affare Terzani", un prodotto editoriale, e una sigla, di efficacia inesorabile (un sintomo laterale del fenomeno terzanista è che l'editore Longanesi ha ripubblicato in questi giorni i due vecchi, ottimi libri di Angela Terzani Staude, Giorni cinesi e Giorni giapponesi). A loro volta, i sostenitori di Oriana Fallaci e i neoconservatori più convinti possono deprecare, oltre al pacifismo finale di Terzani, «kamikaze della pace», anche la rete di amicizie dei terzanisti, che comprende personalità fastidiose a destra come Furio Colombo, Gino Strada e Lorenzo "Jovanotti" Cherubini. Ma c'è un altro aspetto, anch'esso rivelatore dell'esperienza e del fascino di Terzani: consiste nel protratto esercizio di sincerità dello scrittore, in un esporsi in pubblico, nel rivelare nei colloqui con il figlio la propria intimità di uomo e di marito: cioè un'adesione ai sentimenti, alle confessioni, ai moti dell'animo che non ha niente di religioso ma appare piuttosto come una concessione voluta e razionale al proprio io profondo, alle suggestioni della confidenza ricercata e condivisa, a un desiderio di trovare sintonia con gli altri. Lo stesso Amato, simpateticamente, confessa: «Quando seppi della sua morte, venni preso da un pianto irrefrenabile e mentre parlavo per telefono con Angela sentivo che la mia voce era rotta dai singhiozzi». Forse il terzanismo, la "moda" Terzani, il "movimento" terzanista, non sono altro che il riconoscimento di una polarità che trasmette impulsi, affetti, curiosità. È l'opera di uno scrittore che diventa catalizzatrice di confessioni, l'occasione per ridurre la soglia delle inibizioni personali ed esprimere un'autenticità. E per Terzani il saggio, che aveva rinunciato al giornalismo, cioè «la ricerca della verità nei fatti», per cercare «un altro livello di verità, al di là dei fatti», la fede ingenua del suo "fun club", il diffondersi di quella piccola religione dell'autentico, sarebbe la conferma che la sua idea, il suo cammino, la sua "semina", avevano trovato il terreno giusto.
Edmondo Berselli
Direttore della rivista
Il Mulino, editorialista
del gruppo "L'Espresso"
Articolo pubblicato su La Repubblica del 1 agosto 2006. Riprodotto per gentile concessione dell'autore.
Edmondo Berselli
Direttore della rivista
Il Mulino, editorialista
del gruppo "L'Espresso"
Articolo pubblicato su La Repubblica del 1 agosto 2006. Riprodotto per gentile concessione dell'autore.