Nell’estate del 2016, sull’ormai lontano numero 26 di Query, parlavamo dell’anatomia di un articolo scientifico, di quali parti lo compongono e quali funzioni ha ognuna di esse. Come esempio avevamo scelto un curioso articolo di ambito biomedico[1], ripromettendoci però di parlarne ancora dato che la storia era interessante: è venuto il momento di farlo.
Abbiamo avuto più volte modo di osservare come nella letteratura medica esistano numerosissimi lavori che cercano correlazioni tra la fase della Luna e l’incidenza di qualche malanno o evento medico. La correlazione (che non c’è) più famosa è quella con il parto spontaneo, che costringerebbe le ostetriche a fare doppi turni con la Luna piena, ma ce n’è per tutti, dall’infarto alle emergenze maxillofacciali. La tentazione di prendere un set di dati qualunque, fare un po’ di analisi statistica e avere con poco sforzo un articolo in più da mettere nel curriculum deve essere davvero grande. Attenzione: studi di questo tipo, magari con correlazioni stagionali o circadiane più plausibili di quelle con la fase lunare, sono in realtà più che legittimi. Gli effetti che ogni tanto si trovano, se confermati, potrebbero fornire informazioni utili per capire meglio la nostra salute, anche se generalmente sono troppo piccoli per essere direttamente utili per la prevenzione o la pratica clinica.
L’articolo in questione si occupava della possibile correlazione tra la fase della Luna e l’emorragia cerebrale da rottura di aneurisma subaracnoideo, una grave patologia in cui un aneurisma (un difetto della parete di un’arteria) si rompe all’improvviso provocando uno sversamento di sangue nel cervello, all’interno della membrana aracnoide, con conseguenze potenzialmente fatali. Questo primo studio ha lanciato un vero piccolo filone di indagine che è una rappresentazione in miniatura di come funziona la ricerca scientifica.
Tutto comincia nel 2008, quando un gruppo di medici del Dipartimento di Neurochirurgia dell’Université Saint-Joseph di Beirut, in Libano, esaminando le date dei 111 ricoveri per emorragia cerebrale nel loro reparto negli ultimi cinque anni, ha trovato un picco nell’incidenza delle emorragie in corrispondenza della Luna nuova. Il picco è limitato ma statisticamente significativo (p < 0.001) e il risultato è sorprendente: come può la Luna influenzare la circolazione del sangue nel cervello umano? Data la stranezza del risultato, correttamente, gli autori concludono suggerendo ulteriori studi. Che non si fanno aspettare: già nel numero successivo della stessa rivista, Clinical Neurology and Neurosurgery, un gruppo di ricercatori della Medizinische Universität di Vienna, in Austria, pubblica un ulteriore lavoro[2] che arriva alla conclusione opposta: «We did not observe any significant impact of the lunar cycle on the incidence of aneurysmal subarachnoid haemorrhage in 717 consecutive patients (p = 0.84)».
Che cosa è successo?
Per cominciare, cosa si intende con p < 0.001? Ne abbiamo parlato molte volte: significa che, se non c’è nessuna correlazione, la probabilità di avere per caso un risultato come quello trovato è minore di una su mille. Ora, uno su mille è poco, ma non pochissimo, tant’è che in altre discipline si usano soglie più alte prima di annunciare una scoperta. È possibile che i ricercatori libanesi, che avevano un campione numericamente piuttosto piccolo, siano stati sfortunati e siano incappati in una fluttuazione casuale, mentre gli austriaci avevano un campione più numeroso e la fluttuazione è sparita. Un primo messaggio che possiamo ricavare da questa faccenda è che il criterio p < 0.001, quando vengono pubblicati migliaia di lavori ogni anno, porterà ad avere un numero cospicuo di falsi positivi, e questo sottolinea ancora una volta l’importante ruolo della replicazione nella costruzione della conoscenza scientifica.
Ma la ricerca continua, e un nuovo contributo arriva nel 2013 da un gruppo del dipartimento di Neurochirurgia della Heinrich Heine Universität di Düsseldorf[3], in Germania. Usando strumenti statistici un po’ più sofisticati e un campione di 655 pazienti ricoverati nell’arco di sette anni, i ricercatori tedeschi non trovano alcuna correlazione tra la fase lunare e l’incidenza dell’emorragia. Cercano anche correlazioni con altre caratteristiche dell’evento (quantità di sangue, posizione dell’aneurisma, e altro), sempre senza trovare nulla.
Ci troviamo a questo punto in una situazione abbastanza comune: diversi studi su un determinato argomento hanno dato risultati contrastanti; qualcuno è più robusto degli altri a causa del campione più numeroso, qualcuno è un po’ più traballante, ma bisogna provare a trarre una conclusione argomentata. Per raggiungere un consenso la comunità scientifica in questi casi ricorre a meta-analisi o a studi di rassegna. In uno studio di rassegna si confrontano e discutono in modo qualitativo i lavori pubblicati su un argomento, ma senza arrivare a una vera analisi quantitativa dei dati. In una meta-analisi, invece, si raccolgono tutti i risultati pubblicati su un determinato argomento e li si tratta con metodi statistici per arrivare a una conclusione che includa tutti i dati, opportunamente pesati con parametri che misurino la qualità degli studi (come appunto la numerosità del campione).
È proprio quello che fa nel 2016 un gruppo di ricercatori della Lietuvos Sveikatos Moksl? Universitetas di Kaunas, in Lituania[4]. I lituani cominciano con l’esaminare un campione di 186 pazienti ricoverati all’ospedale della loro università tra il 2011 e il 2014. Come a questo punto ci si poteva aspettare, dato che qualitativamente si vede che il grosso dei dati punta verso “nessuna correlazione”, trovano che i casi sono uniformemente distribuiti su tutte le fasi lunari. Mettono poi i loro dati insieme a quelli dei tre studi descritti sopra, ottenendo un campione aggregato di 1668 pazienti e, di nuovo, nessuna correlazione.
Questo risultato rappresenta per così dire il “consenso dei dati”, che è quello che determina poi il consenso della comunità scientifica: per quello che ne sappiamo oggi, non ci sono correlazioni tra la fase della Luna e l’incidenza dell’emorragia cerebrale dovuta alla rottura di un aneurisma.
Storia conclusa? Macché: la ricerca, anche in queste nicchie davvero marginali, è sempre in cammino. Gli autori dello studio lituano, nelle loro conclusioni, osservano da un lato che non esistono modelli teorici robusti che possano spiegare un’eventuale influenza della Luna sul sistema cardiovascolare e sulla salute in generale, e dall’altro che gli studi fino a ora usavano la convenzionale divisione del mese lunare in otto fasi, mentre sarebbe più interessante provare a usare una suddivisione che rispecchi meglio la variazione dell’illuminazione lunare nei diversi periodi, che potrebbe davvero avere qualche (piccola) influenza.
E quindi ecco il colpo di scena finale: quasi contemporaneamente al lavoro dei lituani, è uscito uno studio di tre ricercatori del dipartimento di imaging diagnostico del QEII Health Sciences Centre di Halifax, in Canada[5]. Esaminando un campione di 212 pazienti, e usando proprio l’illuminazione lunare come suggerito dai lituani, trovano che la rottura di un aneurisma è più probabile quando l’illuminazione è massima o minima rispetto al periodo intermedio del ciclo lunare, in modo statisticamente significativo (p < 0.001).
Staremo a vedere: anche con questi argomenti un po’ bislacchi, con la scienza non ci si annoia mai.
Abbiamo avuto più volte modo di osservare come nella letteratura medica esistano numerosissimi lavori che cercano correlazioni tra la fase della Luna e l’incidenza di qualche malanno o evento medico. La correlazione (che non c’è) più famosa è quella con il parto spontaneo, che costringerebbe le ostetriche a fare doppi turni con la Luna piena, ma ce n’è per tutti, dall’infarto alle emergenze maxillofacciali. La tentazione di prendere un set di dati qualunque, fare un po’ di analisi statistica e avere con poco sforzo un articolo in più da mettere nel curriculum deve essere davvero grande. Attenzione: studi di questo tipo, magari con correlazioni stagionali o circadiane più plausibili di quelle con la fase lunare, sono in realtà più che legittimi. Gli effetti che ogni tanto si trovano, se confermati, potrebbero fornire informazioni utili per capire meglio la nostra salute, anche se generalmente sono troppo piccoli per essere direttamente utili per la prevenzione o la pratica clinica.
L’articolo in questione si occupava della possibile correlazione tra la fase della Luna e l’emorragia cerebrale da rottura di aneurisma subaracnoideo, una grave patologia in cui un aneurisma (un difetto della parete di un’arteria) si rompe all’improvviso provocando uno sversamento di sangue nel cervello, all’interno della membrana aracnoide, con conseguenze potenzialmente fatali. Questo primo studio ha lanciato un vero piccolo filone di indagine che è una rappresentazione in miniatura di come funziona la ricerca scientifica.
Tutto comincia nel 2008, quando un gruppo di medici del Dipartimento di Neurochirurgia dell’Université Saint-Joseph di Beirut, in Libano, esaminando le date dei 111 ricoveri per emorragia cerebrale nel loro reparto negli ultimi cinque anni, ha trovato un picco nell’incidenza delle emorragie in corrispondenza della Luna nuova. Il picco è limitato ma statisticamente significativo (p < 0.001) e il risultato è sorprendente: come può la Luna influenzare la circolazione del sangue nel cervello umano? Data la stranezza del risultato, correttamente, gli autori concludono suggerendo ulteriori studi. Che non si fanno aspettare: già nel numero successivo della stessa rivista, Clinical Neurology and Neurosurgery, un gruppo di ricercatori della Medizinische Universität di Vienna, in Austria, pubblica un ulteriore lavoro[2] che arriva alla conclusione opposta: «We did not observe any significant impact of the lunar cycle on the incidence of aneurysmal subarachnoid haemorrhage in 717 consecutive patients (p = 0.84)».
Che cosa è successo?
Per cominciare, cosa si intende con p < 0.001? Ne abbiamo parlato molte volte: significa che, se non c’è nessuna correlazione, la probabilità di avere per caso un risultato come quello trovato è minore di una su mille. Ora, uno su mille è poco, ma non pochissimo, tant’è che in altre discipline si usano soglie più alte prima di annunciare una scoperta. È possibile che i ricercatori libanesi, che avevano un campione numericamente piuttosto piccolo, siano stati sfortunati e siano incappati in una fluttuazione casuale, mentre gli austriaci avevano un campione più numeroso e la fluttuazione è sparita. Un primo messaggio che possiamo ricavare da questa faccenda è che il criterio p < 0.001, quando vengono pubblicati migliaia di lavori ogni anno, porterà ad avere un numero cospicuo di falsi positivi, e questo sottolinea ancora una volta l’importante ruolo della replicazione nella costruzione della conoscenza scientifica.
Ma la ricerca continua, e un nuovo contributo arriva nel 2013 da un gruppo del dipartimento di Neurochirurgia della Heinrich Heine Universität di Düsseldorf[3], in Germania. Usando strumenti statistici un po’ più sofisticati e un campione di 655 pazienti ricoverati nell’arco di sette anni, i ricercatori tedeschi non trovano alcuna correlazione tra la fase lunare e l’incidenza dell’emorragia. Cercano anche correlazioni con altre caratteristiche dell’evento (quantità di sangue, posizione dell’aneurisma, e altro), sempre senza trovare nulla.
Ci troviamo a questo punto in una situazione abbastanza comune: diversi studi su un determinato argomento hanno dato risultati contrastanti; qualcuno è più robusto degli altri a causa del campione più numeroso, qualcuno è un po’ più traballante, ma bisogna provare a trarre una conclusione argomentata. Per raggiungere un consenso la comunità scientifica in questi casi ricorre a meta-analisi o a studi di rassegna. In uno studio di rassegna si confrontano e discutono in modo qualitativo i lavori pubblicati su un argomento, ma senza arrivare a una vera analisi quantitativa dei dati. In una meta-analisi, invece, si raccolgono tutti i risultati pubblicati su un determinato argomento e li si tratta con metodi statistici per arrivare a una conclusione che includa tutti i dati, opportunamente pesati con parametri che misurino la qualità degli studi (come appunto la numerosità del campione).
È proprio quello che fa nel 2016 un gruppo di ricercatori della Lietuvos Sveikatos Moksl? Universitetas di Kaunas, in Lituania[4]. I lituani cominciano con l’esaminare un campione di 186 pazienti ricoverati all’ospedale della loro università tra il 2011 e il 2014. Come a questo punto ci si poteva aspettare, dato che qualitativamente si vede che il grosso dei dati punta verso “nessuna correlazione”, trovano che i casi sono uniformemente distribuiti su tutte le fasi lunari. Mettono poi i loro dati insieme a quelli dei tre studi descritti sopra, ottenendo un campione aggregato di 1668 pazienti e, di nuovo, nessuna correlazione.
Questo risultato rappresenta per così dire il “consenso dei dati”, che è quello che determina poi il consenso della comunità scientifica: per quello che ne sappiamo oggi, non ci sono correlazioni tra la fase della Luna e l’incidenza dell’emorragia cerebrale dovuta alla rottura di un aneurisma.
Storia conclusa? Macché: la ricerca, anche in queste nicchie davvero marginali, è sempre in cammino. Gli autori dello studio lituano, nelle loro conclusioni, osservano da un lato che non esistono modelli teorici robusti che possano spiegare un’eventuale influenza della Luna sul sistema cardiovascolare e sulla salute in generale, e dall’altro che gli studi fino a ora usavano la convenzionale divisione del mese lunare in otto fasi, mentre sarebbe più interessante provare a usare una suddivisione che rispecchi meglio la variazione dell’illuminazione lunare nei diversi periodi, che potrebbe davvero avere qualche (piccola) influenza.
E quindi ecco il colpo di scena finale: quasi contemporaneamente al lavoro dei lituani, è uscito uno studio di tre ricercatori del dipartimento di imaging diagnostico del QEII Health Sciences Centre di Halifax, in Canada[5]. Esaminando un campione di 212 pazienti, e usando proprio l’illuminazione lunare come suggerito dai lituani, trovano che la rottura di un aneurisma è più probabile quando l’illuminazione è massima o minima rispetto al periodo intermedio del ciclo lunare, in modo statisticamente significativo (p < 0.001).
Staremo a vedere: anche con questi argomenti un po’ bislacchi, con la scienza non ci si annoia mai.
Note
1) Ali Y. et al., 2008 “Impact of the lunar cycle on the incidence of intracranial aneurysm rupture: Myth or reality?”, in Clinical Neurology and Neurosurgery n. 110.
2) Mahner D. et al., 2009, “Impact of the Lunar Cycle on the Incidence of Aneurysmal Subarachnoid Haemorrhage: Myth or Reality?”, in Clinical Neurology and Neurosurgery n. 111.
3) Kamp M.A. et al., 2013, “Impact of the moon on cerebral aneurysm rupture”, in Acta Neurochirurgia (Wien) n. 155
4) Bunevicius A. et al., 2017, “The association between lunar phase and intracranial aneurysm rupture: Myth or reality? Own data and systematic review”, in BMC Neurology n. 17
5) Banfield J. C. , Abdolell M. , Shankar J. S. , 2017, “Secular pattern of aneurismal rupture with the lunar cycle and season”, in Interventional Neuroradiology n. 23.