Ho 57 anni e recentemente, parlando con alcuni amici di gioventù con i quali ci si rivede ormai raramente, si è finiti a parlare di quando si avevano 16-18 anni e alla sera ci si ritrovava nella piola del paese dove tra i semplici e pochi svaghi si faceva il gioco seguente, che allora facevano tutti, senza che nessuno si ponesse domande in proposito. Chi avesse portato là quel gioco nessuno lo sapeva, forse lo facevano già i vecchi: era così normale farlo che nessuno ci trovava niente di strano. Solo in anni recenti, ritrovandomi talvolta con gli amici di allora, ci siamo sorpresi di un qualcosa che, almeno in apparenza, non sembra razionalmente spiegabile. Quello che da ragazzi si era sempre dato per normale perché tutti lo facevano, riconsiderato anni dopo assume un aspetto un po' strano.
Il gioco era questo. Una persona sta seduta su una sedia (in genere la si sceglieva di una certa stazza, spesso era l'oste che era oltre il quintale) e altre quattro intorno, in piedi, rivolte verso di lui, due all'altezza delle spalle e due all'altezza delle ginocchia. Si faceva silenzio e si pensava che la persona seduta era leggera, quindi i quattro in piedi, in sequenza e in senso orario, stendevano il braccio portando la mano destra sopra la testa del seduto senza contatto tra la prima mano e la testa e senza contatto tra le mani che formavano una pila sopra la testa e poi ancora in sequenza si portavano le mani sinistre fino a ottenere una pila di otto mani. Fermi così per qualche istante, poi con sequenza inversa si ritraevano ad una ad una le mani. A questo punto ognuno dei quattro in piedi intrecciava le dita delle proprie mani tenendo però distesi e uniti i due indici. Quindi i due all'altezza delle spalle infilavano gli indici così distesi sotto le ascelle del seduto, da dietro, gli altri due in piedi infilavano gli indici sotto la piega delle ginocchia e, con uno sforzo che a me (ma non solo a me) pareva insignificante sollevavamo il seduto oltre l'altezza delle nostre spalle. Se durante il gioco capitava di ridere o di non stare bene in silenzio non si riusciva a sollevare la persona seduta o la si sentiva notevolmente pesante. In ogni caso, seppure raramente, pur osservando le modalità dovute, il gioco non riusciva.
Non sono una persona che crede alle cose "strane", sono critico verso il paranormale e credo nell'intelligenza e nella razionalità. Questo gioco di una volta però mi lascia degli interrogativi. Forse già lo conoscevate. Avete delle spiegazioni?
Claudio Frola
Risponde il gruppo CICAP-Piemonte:
La sua esposizione è stata estremamente chiara; il fatto che ha riportato è uno degli esempi più adatti per mostrare come alcuni fenomeni assolutamente normali siano controintuitivi al punto da apparire straordinari. A prima vista sembrerebbe infatti impossibile che il peso di una persona possa essere sollevato con tanta facilità.
In realtà, in quella posizione il peso della quinta persona è distribuito in modo approssimativamente uniforme tra i quattro che lo sostengono (lo si può verificare utilizzando quattro bilance su cui si posizioneranno i quattro che sosterranno la persona da sollevare). Se le quattro persone sono ben sincronizzate, la quinta viene sollevata con facilità; viceversa, se manca un coordinamento, sollevare la quinta persona risulta molto difficile. Spesso, durante le conferenze, i nostri relatori mostrano questo fatto facendo sollevare a quattro persone del pubblico un quinto spettatore: se il relatore dà un preavviso e poi il comando di alzare (del tipo "un, due, tre, VIA") l'esperimento riesce, con grande stupore del pubblico. Se il relatore si limita a dire "provate ad alzarlo" senza dare un comando preciso, i quattro non riusciranno nell'intento.
Il fine di queste dimostrazioni nelle nostre conferenze è mostrare al pubblico come un fenomeno che a prima vista appare straordinario sia in realtà normalissimo, per quanto controintuitivo. Talora questo esperimento è presentato da alcuni personaggi come prova delle loro presunte facoltà paranormali, che renderebbero possibile la levitazione: dopo che quattro persone del pubblico, prive di coordinamento, hanno tentato invano di sollevare un quinto, il "santone" fa un rito preparatorio al termine del quale avverte i quattro di stare pronti. Al suo ordine, la quinta persona si alza. Come scritto prima, però, la questione è spiegabile con la distribuzione del peso, senza necessità di ricorrere ad ipotesi paranormali.
Può essere curioso effettuare in casa l'esperimento, e la invitiamo a tentarlo al prossimo incontro con i suoi amici. Consigliamo di leggere il volume Investigatori dell'occulto di Massimo Polidoro e Luigi Garlaschelli (Avverbi Edizioni), dove si trova la spiegazione di questo e di altri fenomeni curiosi. o
La scrittura automatica
Mi rivolgo a voi con una domanda che forse potrà sembrarvi ridicola o addirittura stramba: volevo sapere che cosa ne pensate della scrittura automatica. E se eventualmente sapete a chi potrei rivolgermi per avere informazioni su questo argomento. Grazie.
Amedeo Rolla
Risponde Silvano Fuso:
La scrittura automatica o psicografia consiste nel mettersi davanti a un foglio di carta con una matita e aspettare che la mano, autonomamente, scriva parole e frasi di senso compiuto. Vi sono medium che praticano fraudolentemente questa tecnica scrivendo semplicemente quello che vogliono per impressionare gli astanti. In altri casi invece il soggetto è in perfetta buona fede, nel senso che non compie azioni volontarie, ed è il primo a rimanere sorpreso di quello che appare sul foglio di carta. Molti pensano che a guidare la mano siano gli spiriti o altre entità che vogliano in tal modo trasmetterci i loro messaggi. In realtà la spiegazione del fenomeno è possibile senza bisogno di tirare in ballo entità ultraterrene. Gli psicologi interpretano la scrittura automatica nell'ambito dei cosiddetti automatismi. Gli automatismi sono particolari comportamenti guidati da associazioni inconsce. Essi si manifestano tutte le volte che compiamo determinate azioni senza esserne coscienti. Ad esempio, un guidatore esperto (a differenza di un principiante) compie tutti i gesti necessari alla guida in modo automatico e senza "doverci pensare". In molte circostanze questi automatismi consentono di ottenere addirittura risultati migliori rispetto a quelli che otterremmo essendo consapevoli di ciò che facciamo (ad esempio, nello sport, nel ballo, eccetera). La scrittura automatica può essere considerata un automatismo in cui il soggetto scrive ciò che il suo inconscio gli suggerisce, senza esserne consapevole. Mettendosi davanti a un foglio di carta ci si aspetta di scrivere qualcosa: questa aspettativa produce una lieve autosuggestione che produrrà alla fine il movimento automatico della mano con conseguente produzione di lettere, parole, frasi e in certi casi figure. Vi sono addirittura correnti artistiche, di stampo surrealista, che usano questa tecnica per produrre dipinti o opere letterarie. Il poeta e critico francese André Breton, nel suo Manifesto del surrealismo, così definisce lo stesso termine "surrealismo": "Automatismo psichico puro col quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in qualsiasi altro modo, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di qualsiasi controllo esercitato dalla ragione, al di fuori di ogni preoccupazione estetica o morale". Questa definizione potrebbe adattarsi quasi perfettamente alla stessa scrittura automatica. Ciò che viene prodotto durante la scrittura automatica, quindi, non ci fornisce informazioni provenienti dall'aldilà, ma semplicemente messaggi del nostro inconscio. Diversi psicoterapeuti utilizzano infatti questa tecnica per scoprire aspetti nascosti della personalità dei pazienti.
Ancora su CICAP e Voyager
Francamente non capisco l'ostinazione del CICAP nella collaborazione con Voyager, una trasmissione medioevale, oscurantista, paleoculturale, invertitrice dell'onere della prova. Impresso nella mia memoria, in una delle ultime puntate, il conduttore dall'elicottero della MM equipaggiato con visori notturni per riprendere i cerchi nel grano, che non esistono, e che manda l'immagine di un crop circle qualsiasi, truccata e virata in verde, come se l'avesse ripresa lui; il servizio si concludeva con le parole "il mistero continua". Il CICAP è di fatto l'alibi di una trasmissione che non ha nulla da invidiare a "cronaca vera".
Luca d'Ottavi
Risponde Marco Morocutti:
Capisco la sua critica ai contenuti di Voyager, che peraltro - almeno riguardo all'episodio dei crop circles - ritengo fondata. L'opportunità di partecipare o meno a trasmissioni televisive, quindi non solo a Voyager, è stata più volte oggetto di discussioni nel nostro gruppo. Ad esempio, in passato si era posto il problema se rispondere agli inviti del Maurizio Costanzo Show, dove al CICAP erano stati concessi spazi ridottissimi, senza poter concordare adeguatamente l'intervento con gli autori e senza la concreta possibilità di replicare alle affermazioni che venivano avanzate a proposito dei nostri argomenti. Di fronte a tale situazione, molti di noi hanno ritenuto preferibile lasciar perdere; al di là delle diverse scelte, di fatto questo è stato ciò che poi è avvenuto, anche a causa dello scarsissimo interesse della trasmissione nei nostri confronti.
In altre occasioni ci è accaduto di essere invitati a trasmissioni, diciamo così, "minori", e la questione è sempre la stessa: vale la pena partecipare? Il mio giudizio, condiviso in genere anche dagli altri membri del CICAP, è che, al di là delle oggettive difficoltà, vale quasi sempre la pena di essere presenti con le nostre opinioni. Le confesserò che dopo diverse esperienze si sviluppa una sorta di resistenza alle avversità: ci si arrabbia sempre meno se si è di fronte ad un conduttore o ad un ospite ostile, e si cerca piuttosto di fare il possibile per far passare il nostro messaggio. Perchè questa è l'unica cosa che possiamo fare: approfittare delle occasioni che i mezzi di informazione ci offrono, e cercare di dare il massimo risalto al pensiero critico.
Riguardo a Voyager, la situazione è ulteriormente diversa. Sappiamo benissimo quale estrazione abbia il conduttore, e conosciamo perfettamente il taglio che solitamente viene adottato per i servizi. Su questo, mi creda, non possiamo fare nulla - o quasi. Se anche non fossimo presenti la trasmissione non ne risentirebbe più di tanto, esattamente come esistono altre trasmissioni che si occupano di misteri senza coinvolgerci: le cito ad esempio Top Secret, condotta da Claudio Brachino, sulla quale evito per decenza di esprimere giudizi. E in passato ne abbiamo viste diverse altre. Con Voyager abbiamo avviato una collaborazione che prevede una certa presenza da parte nostra, in cambio della "consulenza" nella realizzazione di alcuni esperimenti di controllo. Questo è esattamente ciò che accade: la trasmissione mantiene il taglio che le è solito, ma questa volta esiste anche uno spazio per il CICAP. Noi abbiamo riscontrato un interesse da parte del pubblico, e questo significa che il messaggio è giunto ad un buon numero di persone. Oltretutto, come spettatori di Voyager, si tratta proprio di persone che hanno interesse nei misteri, le quali senza il nostro intervento avrebbero ricevuto dalla trasmissione solo contenuti assai poco critici.
Insomma: forse non possiamo fare molto, ma è anche grazie ad iniziative come queste che riusciamo a far conoscere il nostro pensiero.
Libri sulla caccia alle streghe
Sapreste indicarmi qualche buon libro sui secoli bui della caccia alle streghe?
Grazie.
Fabrizio Bonetto
Coordinamento CICAP Cuneo
Risponde Andrea Ferrero:
L'argomento è sconfinato, comunque se cerchi un saggio storico sulla caccia alle streghe in Europa, il testo migliore e più aggiornato disponibile in italiano è quasi sicuramente quello di Brian P. Levack: La caccia alle streghe in Europa (Laterza 2004, II ed., euro 9,50). Nota che le conoscenze storiche sulla caccia alle streghe sono state rivoluzionate dal riesame dei documenti all'inizio degli anni Settanta, perciò sono sconsigliabili sia i testi precedenti a quel periodo sia quelli che, pur successivi, mantengono la vecchia impostazione. Scarterei quindi i testi, pur famosissimi, di Jules Michelet, Anne Llewellyn Barstow e Hugh Trevor-Roper. Se invece vuoi conoscere meglio il clima di isteria collettiva che attraversò il periodo della caccia alle streghe, non c'è niente di meglio del saggio-romanzo di Aldous Huxley I diavoli di Loudun (dal quale è stata tratta anche un'opera lirica in cui ha cantato, tra l'altro, la nostra Ilaria Zanetti): edito da Mondadori nel 1998, euro 6,80, un po' difficile da trovare. Tuttavia l'episodio narrato è un po' anomalo e la sua lettura andrebbe integrata con qualcuno degli altri testi.
Per quanto riguarda la caccia alle streghe in Italia, due degli episodi più famosi sono le streghe di Triora, in Liguria, e i benandanti del Friuli (sebbene anche il Piemonte non si sia certo tirato indietro nel bruciare le streghe): i saggi migliori in proposito sono rispettivamente Le tre bocche di Cerbero di Stefano Moriggi (Bompiani 2004, euro 7,50) e le opere di Carlo Ginzburg (I benandanti, Einaudi 2002, euro 17, è un po' più accessibile; Storia notturna, Einaudi 1995, euro 22, è bellissimo, ma molto dotto e abbastanza ostico). Una cosa che scoprirai documentandoti è che non è esistita "una" caccia alle streghe, ma un'infinità di episodi di persecuzione diversissimi per entità e per tipologia: perciò è impossibile racchiuderli tutti in una sola trattazione, a meno di semplificare moltissimo, e conviene decidere quali aspetti approfondire.
La scienza e gli ufo
Non comprendendo come il CICAP applichi il concetto di "scienza" al fenomeno UFO, vorrei sottoporre i seguenti punti:
- i crop-circles, Santinelli e il cospirazionismo anti-governo USA sono fra gli elementi meno solidi del panorama ufologico. Per asserire che gli UFO non esistono, non sarebbe opportuno concentrarsi a confutare gli episodi ritenuti più credibili dagli ufologi stessi (es. gli UFO visti dagli astronauti, Linda Cortile fra le abduction, eccetera)?
- la non comprensione del comportamento dei presunti alieni (es. venire e ripartire subito) è talvolta usata come discriminante per l'attendibilità dell'episodio stesso. Non sarebbe meglio considerare l'esistenza del fenomeno un problema indipendente dal "perché"?
- la teoria della sindrome psichiatrica per le abduction ricorda quella dell'etere in fisica, ovvero per ammetterne l'esistenza bisogna accettare che abbia proprietà sempre più strane e singolari. Questa patologia indurrebbe crisi con allucinazioni audio-visive, talvolta paralisi, sonnambulismo (o in ogni caso spostamenti non consapevoli del soggetto) e autolesionismo durante la crisi stessa; questa complessa e astrusa sintomatologia potrebbe manifestarsi una sola volta nella vita del soggetto. Non si è perso di vista il principio della spiegazione più semplice?
- ogni fenomeno andrebbe classificato come: possibile perché dimostrato, impossibile perché dimostrato, non dimostrato. La terza categoria viene spesso inglobata e confusa con la seconda (ovvero si ritiene il viaggio interstellare poco probabile - al limite dell'impossibile - senza adeguati elementi a supporto di tale teoria).
Fabrizio
Risponde Stefano Bagnasco:
Rispondo volentieri alle sue osservazioni, perché permettono di chiarire alcuni aspetti che spesso causano perplessità nei confronti di come il CICAP procede.
- Il CICAP ha, per statuto, una duplice finalità scientifica ed educativa. Per questo, mentre il lavoro di studio e sperimentazione a volte avviene su aspetti noti più agli esperti che al grande pubblico (veda ad esempio l' accurato lavoro svolto da Cocheo, Grassi e Russo su un aspetto molto specifico della fenomenologia dei crop circles), quando scriviamo o parliamo per un pubblico più generale è spesso più interessante concentrarsi su "fatti" e concetti magari già in parte screditati presso gli esperti, ma ancora molto diffusi. In più, è spesso utile parlare di fenomeni già da tempo noti perché proprio il fatto che conosciamo molto bene tutti gli aspetti del problema, compresa la storia degli studi e delle indagini che permette di spiegare accuratamente come si sia arrivati alla sua soluzione. Il nostro scopo non è infatti "asserire che gli UFO non esistono," ma mostrare come si possa, con razionalità e metodo scientifico, affrontare anche argomenti anche all'apparenza molto misteriosi. A questo aggiungerei come spesso l'indagine su casi potenzialmente più interessanti (e che suscitano la nostra curiosità ben più di quelli banali) richiederebbe tempo, mezzi e risorse che sono al di là delle esigue possibilità del CICAP...
- Certamente. Spesso diciamo nelle nostre conferenze che, prima di spendere tempo e fatica a capire il "come" (o il "perchè") di qualcosa, bisogna verificare che il fenomeno esista effettivamente. È inutile cercare di immaginare quale fantascientifica propulsione usino le astronavi aliene per arrivare sulla terra se (a quanto pare dai dati a disposizione) non ci sono mai arrivate.
- Non sono uno psichiatra e non entrerò nel merito (se le interessa, possiamo approfondire), ma in generale va osservato che il principio della spiegazione più semplice si applica non al fatto isolato, ma preso nel contesto delle conoscenze scientifiche a nostra disposizione. La spiegazione "rapimento alieno" è solo apparentemente più semplice di una spiegazione psicologica (magari non unica in tutti i casi), in quanto contraddice talmente tanti aspetti di quello che sappiamo dell'universo da richiedere prove ben più consistenti per essere presa seriamente in considerazione. Questo non vuol dire, ovviamente, che la scienza non è disposta a cambiare radicalmente i suoi paradigmi; questo principio di economia permette però di evitare uno spreco di risorse, anche se magari a scapito della velocità nell'accettare qualche nuova buona idea.
- Concordo con lei che saltare dall'affermare che un fenomeno non è mai stato osservato ed è poco probabile all'affermarne l'impossibilità è un errore logico molto comune. L'errore è ancora più grave per il fatto che la categoria "impossibile perché dimostrato tale" è fallace: non è logicamente possibile dimostrare l'impossibilità di un fenomeno naturale. Tutto quello che possiamo fare è assegnare un grado più o meno elevato (ma finito) di fiducia all'affermazione "il dato fenomeno non esiste". In questo senso,per tornare al suo esempio, l'affermazione "il volo interstellare non esiste" può essere visto semplicemente come un'abbreviazione della più lunga ma più corretta "alla luce di quello che sappiamo della fisica, non esiste un meccanismo credibile per il volo interstellare" (per lo meno per esseri non troppo diversi da noi).
Trucchi non svelati
Voi sostenete che Uri Geller usava dei trucchi per piegare i metalli, ma perché non li svelate? È facile dire che tutti i fenomeni sono trucchi se poi non si rende pubblico il modo per ripeterli. Ho visto molta gente che piegava chiavi e cucchiai non solo tenendoli in mano, ma addirittura dentro le tasche di altre persone.
Aldo Bacci
Risponde Silvano Fuso:
È capitato più volte di sentirci porre questa domanda. Innanzi tutto occorre dire che alcuni trucchi li abbiamo spiegati. Purtroppo però non possiamo spiegarli tutti essenzialmente per due motivi. Prima di tutto, molti trucchi fanno ancora parte del repertorio degli illusionisti. L'invenzione di un trucco richiede fatica e ingegno e, al pari di qualsiasi altra opera intellettuale, è giusto che venga tutelata da una sorta di copyright. Gli illusionisti sono seri professionisti che vivono grazie ai loro trucchi. Se si svelassero tutti i loro segreti, il pubblico non andrebbe più a vedere i loro spettacoli o comunque il fascino della loro arte verrebbe sminuito. In secondo luogo, è necessario sottolineare che per realizzare un certo numero non esiste mai un unico trucco. Di conseguenza non è che conoscendo un trucco si possa essere sicuri di non essere messi nel sacco o di smascherare chi si esibisce in una certa performance. L'illusionismo è una nobile arte che si apprende con anni di studio e con fatica. Svelare un trucco semplicemente per soddisfare una curiosità danneggia quest'arte. Osserviamo però che chiunque può avvicinarsi all'illusionismo che non è affatto riservato a pochi eletti. Vi sono molti modi per farlo. Ad esempio cominciando a leggere i numerosi libri che si trovano sull'argomento o iscrivendosi a qualche club magico. In tal modo si possono cominciare ad apprendere i principi base di tale arte e via via specializzarsi in qualche sua branca. Il CICAP è amico degli illusionisti, riconosce il fascino di tale arte e, anche per questo motivo, pubblica da qualche tempo una rivista specialistica, Magia, dove si possono trovare tutte le informazioni su di essa.