Sto leggendo Grandi misteri della storia di Massimo Polidoro e Investigatori dell'occulto di Polidoro e Garlaschelli. Mi ha incuriosito, nel primo libro, il capitolo dedicato alla Sacra Sindone, in particolar modo quando si parla della bolla in cui Clemente VII, in data 6 gennaio 1390, permise sì l'ostensione della Sindone, purché si precisasse ad alta voce che si trattava esclusivamente di una pittura o tavola fatta a raffigurazione o imitazione del sudario. Di questa "clausola" io non riesco a trovare purtroppo notizie in altri testi e alcuni sacerdoti, amici, da me interpellati, dicono di non saperne nulla (o di non volerne sapere nulla).
Antonello Adorante
Risponde Gian Marco Rinaldi:
Riporto il passo in questione. È preso dalla Bolla di Clemente VII (papa avignonese che aveva giurisdizione in Francia, poi classificato come antipapa) del 6 gennaio 1390, indirizzata al capitolo di Lirey, cioè al decano e ai canonici della chiesetta di Lirey dove la Sindone veniva esposta. Il papa istruiva i canonici su come e a quali condizioni potevano esporre la Sindone. Contemporaneamente, il papa scriveva anche al vescovo di Troyes e agli ufficiali della zona che dovevano sorvegliare l'applicazione delle norme emanate. Il documento fu pubblicato dal canonico Ulysse Chevalier in appendice a suoi studi storici apparsi nel 1900 e nel 1903. Io ho ricopiato il passaggio da un articolo di qualche anno fa di monsignor Victor Saxer, rettore dell'Istituto pontificio d'archeologia cristiana (Victor Saxer: La Sindone di Torino e la storia, Rivista di Storia della Chiesa in Italia, Anno XLIII, I, 1989, p. 51-79; in bibliografia sono citati i lavori originali di Chevalier):
"Nos igitur circa modum ostensionis huiusmodi, ad omnem erroris et ydolatrie materiam submovendam, de oportuno remedio providere curantes, volumus et tenore presencium auctoritate apostolica statuimus et ordinamus quod, quotienscumque contigerit, decanus et capitulum predicti et alie persone ecclesiastice huiusmodi figuram seu representacionem ostendentes et in huiusmodi ostensione presentes, quandiu ostensio ipsa durabit, capis, superpelliciis, albis, pluvailibus vel aliis quibuslibet indumentis seu paramentis nullatenus propterea induantur, nec alias solemnitates faciant, que fieri solent in reliquiis ostendendis; quodque preterea torticia, facule seu candele minime accendantur, nec luminaria quecumque ibidem adhibeantur; quodque ostendens dictam figuram, dum maior ibidem convenerit populi multitudo, publice populo predicet et dicat alta et intelligibili voce, omni fraude cessante, quod figura seu representacio predicta non est verum sudarium Domini nostri Jhesu Christi, sed quedam pictura seu tabula facta in figuram seu representacionem sudarii quod fore dicitur eiusdem Domini nostri Jhesu Christi".
Non dispongo al momento di una traduzione, ma il senso appare chiaro. Noi, cioè il papa, stabiliamo e ordiniamo che il decano e il capitolo (cioè il clero della chiesa) e altre persone ecclesiastiche che ostendono (mettono in mostra) la "figuram seu representacionem", figura o rappresentazione, non devono indossare, per la durata dell'ostensione, "capis, superpelliciis, albis, pluvailibus vel aliis quibuslibet indumentis seu paramentis", cioè un elenco di paramenti da cerimonia, né fare altre solennità, di quelle che si è soliti fare nelle ostensioni delle reliquie. Viene anche specificato che non si accendano torce, fiaccole o candele né altri lumi. Poi dice che quando il popolo si raduna, si deve proclamare e dire al popolo "con voce alta e intelligibile, per far cessare ogni frode, che la suddetta figura o rappresentazione non è il vero sudario di Nostro Signore Gesù Cristo, ma una "pictura seu tabula", pittura o quadro, fatta come figura o "rappresentazione del sudario" che fu di Gesù Cristo.
I sindonologi cavillano sui termini usati e dicono che "figura seu representacio" non implicherebbe che si tratti di una immagine artificiale, mentre non possono negare che "pictura seu tabula" richiama per forza un'opera pittorica. Danno peso al fatto che in una copia messa in archivio presso l'archivio papale mesi più tardi, un funzionario o addetto cancellò le parole "pictura seu tabula". Ma il testo diffuso in gennaio e pervenuto ai destinatari non aveva la cancellazione. Inoltre la parte più significativa del contenuto della bolla non è tanto nelle particolari parole usate per designare la Sindone, ma nel fatto che si proibiscono cerimonie solenni, tanto da impedire che i preti si vestano da cerimonia e accendano lumi, e nel fatto che viene ordinato di dire ad alta voce al popolo, per far cessare ogni frode, che quello non è il vero sudario del Signore. I sindonologi non dicono che nella copia per l'archivio sia stato cancellato tutto questo.
Comunque qualsiasi correzione tardivamente apportata sulla copia d'archivio era ininfluente perché la copia restava in archivio ad Avignone e non sarebbe mai stata vista dai destinatari a Lirey o a Troyes. Aggiungerei una precisazione. Il fatto che un papa, o antipapa, abbia detto che la Sindone non è quella vera, non ha alcun peso nel dibattito sull'autenticità. Cioè non è da prendere come elemento di evidenza contro l'autenticità. A quell'epoca, le chiese erano piene di reliquie e ce n'erano in giro innumerevoli, comprese le più assurde. I papi approvavano tutte quelle reliquie senza discriminare le vere (posto che ce ne fossero) dalle false e senza alcuna verifica. Quindi non era nelle premure di un papa l'esame o l'indagine su una qualsiasi reliquia per verificarne l'autenticità. Clemente VII (o il suo funzionario avignonese che redasse il testo della bolla) non aveva mai visto la Sindone, non era mai stato a Lirey, né vi aveva inviato un suo emissario, e non aveva condotto alcuna indagine. In quella occasione, il problema per il papa era che a Lirey e a Troyes (Lirey era nella diocesi di Troyes) era in corso una disputa. Il vescovo di Troyes voleva impedire le ostensioni. I canonici della chiesa di Lirey e il signorotto locale (che era un parente alla lontana dello stesso papa) volevano tenere le ostensioni (che portavano denaro con l'afflusso dei fedeli). Il papa risolse la disputa con un compromesso. Permise le ostensioni, accontentando così i canonici e il signorotto di Lirey, e in seguito approvò anche che venissero concesse indulgenze (che erano quelle che fruttavano più denaro) a chi visitava la chiesa.
Contemporanemente, per dare un contentino al vescovo e per salvare in qualche modo la faccia, diede ordine che si tenessero le luci basse e non ci si vestisse in pompa magna e si dicesse al popolo che quella era una "pictura seu tabula". Insomma diede ai canonici la sostanza, cioè il permesso di tenere le ostensioni con conseguente afflusso di fedeli e di offerte, e al vescovo lasciò soltanto la forma. Piuttosto ci si può chiedere come mai il vescovo di Troyes si opponesse alle ostensioni. Lo stesso vescovo, che si sappia, non si opponeva alle altre reliquie che dovevano esserci numerose nelle varie chiese della sua diocesi o nella stessa sua cattedrale. Se per quella volta si oppose, dovevano esserci motivi particolari. Un motivo potrebbe essere che c'erano rivalità o diatribe a livello personale fra lui e quelli di Lirey, ma non ne sappiamo niente. Un altro possibile motivo, che mi sembra verosimile, è che il vescovo di regola non si preoccupava delle tante reliquie false, ma in questo caso aveva di che preoccuparsi perché la Sindone non era conforme ai Vangeli e poteva suscitare perplessità fra i fedeli che sapessero leggere i testi sacri. I Vangeli nominano bende o sudario sepolcrali ritrovati nel sepolcro vuoto, ma non dicono che ci fosse sopra un'immagine, ciò che, si supponeva, difficilmente avrebbero taciuto se un'immagine c'era.
Se poi è vero, come lo stesso vescovo scrisse in un memoriale per il papa, che un vescovo suo predecessore aveva scoperto la frode (oltre trent'anni prima) e aveva addirittura individuato l'artista, reo confesso, che aveva eseguito l'immagine, allora la cosa poteva essere risaputa nella diocesi e sarebbe stato imbarazzante non tenerne conto (senza contare che il vescovo poteva pure sentirsi in dovere di intevenire semplicemente per sua onestà).
L'epistemologia del CICAP
Spesso il CICAP viene accusato di avere una posizione "scientista", chiusa, "neopositivista", eccetera. Tuttavia, a me sembra che il CICAP sia più vicino alle posizioni epistemologiche di Karl Popper, al suo scetticismo dinamico contrapposto allo scetticismo "nichilista" che nega ogni possibilità di conoscenza (vedi per es. Popper, La scienza, la filosofia e il senso comune, Armando Editore). È vero o mi sbaglio? Intendo dire: il CICAP, più o meno direttamente, più o meno criticamente, si rifà a queste posizioni, più o meno rielaborate, circa la teoria della conoscenza?
Giacomo Dorigo
Risponde Silvano Fuso:
Quello che lei sostiene ci trova sostanzialmente d'accordo. Molti avversari del CICAP ci accusano (e insieme a noi accusano la comunità scientifica) di avere una visione positivista e scientista. In realtà penso che nessuno scienziato oramai si rifaccia a queste concezioni ottocentesche assolutamente obsolete e superate che volevano assolutizzare la scienza (da osservare che anche nell'Ottocento i positivisti erano soprattutto filosofi e non scienziati). Una concezione moderna della scienza riconosce inevitabilmente tutti i suoi limiti e soprattutto l'inevitabile provvisorietà delle sue affermazioni. In questo senso indubbiamente Popper ha fornito importanti contributi chiarificatori.
Superando essenzialmente il concetto di verificazionismo tipico del neopositivismo (un'affermazione è scientifica se è verificabile), come è noto Popper ha introdotto il falsificazionismo come criterio di demarcazione tra scienza e non scienza (un'affermazione è scientifica se è falsificabile).
Nel libro cui lei fa riferimento, inoltre, Popper rivaluta, sia pure con le dovute cautele, il senso comune. "Il senso comune - egli scrive - è in tutte le situazioni problematiche il consigliere più valido e più affidabile. Esso però non è sempre affidabile; e qualora si affrontino problemi di teoria della conoscenza è allora della massima importanza fronteggiarlo in modo seriamente critico." Il pensiero scientifico ha inevitabili debiti verso il pensiero scettico. Ricordiamo per inciso che scetticismo deriva da "sképsis" che in greco significa sia ricerca che dubbio.
Lo scetticismo si manifesta, anche storicamente, in diverse correnti. In Pirrone (365-275 a.C.), ad esempio, esso giunge alle sue conseguenze più radicali di negare l'esistenza di un significato assoluto della realtà. Le cose per Pirrone sono tutte egualmente incerte e indiscernibili. Di fronte a tale constatazione, secondo Pirrone, il saggio deve raggiungere sul piano teorico l'"aphasia", cioè la sospensione di ogni discorso positivo (e sul piano pratico l'"ataraxia", ovvero l'imperturbabilità).
Lo scetticismo estremo può anche condurre al solipsismo, concezione secondo la quale si può negare l'esistenza della realtà esterna al soggetto pensante. Posizione legittima dal punto di vista puramente logico, ma piuttosto sterile dal punto di vista epistemologico. Il pensiero scientifico, pur avendo molti debiti nei confronti dello scetticismo, rifiuta le sue conclusioni più estreme e accoglie invece quello che in esso vi è di più produttivo sul piano metodologico.
Coerentemente con il significato etimologico della parola "sképsis", la scienza rifiuta infatti ogni concetto assoluto di verità proponendosi sostanzialmente come un metodo di approccio alla realtà in cui ricerca e dubbio sono costantemente adottati. Lo scetticismo si manifesta nel pensiero scientifico soprattutto in questa sua caratteristica: ogni affermazione per avere diritto di cittadinanza in campo scientifico deve essere adeguatamente supportata o da evidenze di tipo sperimentale o di carattere logico-matematico. A sua volta tale necessità deriva dal fatto che in campo scientifico è necessario raggiungere l'accordo intersoggettivo.
Le uniche due strade che l'umanità ha saputo individuare per raggiungere l'intersoggettività sono appunto l'osservazione sperimentale dei fenomeni e il ragionamento logico-matematico. Senza un accordo intersoggettivo si rimane inevitabilmente nel campo dell'opinione individuale.
Relativamente al paranormale, il CICAP adotta proprio questa posizione: non si accontenta delle opinioni individuali ma, prima di accettare qualsiasi affermazione, pretende prove che chiunque possa condividere.
Una nuova terapia?
Gradirei avere qualche informazione (eventualmente con l'ausilio di qualcuno dei vostri autorevoli esperti) su una pratica molto diffusa tra i sostenitori della cosiddetta "medicina alternativa": la pulizia intestinale denominata idrocolonterapia.
Guardando in rete (e non solo) vedo che la "terapia", pur non essendo riconosciuta ufficialmente, viene praticata con le più svariate indicazioni da diversi medici regolarmente iscritti all'ordine (o almeno così pare).
Non so se questo argomento sia di vostra pertinenza (a tal proposito ho letto solo un accenno senza approfondimento in una recente risposta sulla interessante rubrica del vostro sito), ma gradirei comunque avere qualche delucidazione. In particolare avrei la curiosità di sapere se la pratica suddetta potrebbe risultare non solo inefficace, ma addirittura dannosa.
Se così non fosse (almeno non dannosa) potrebbe valere il "concetto" del tentar non nuoce... cosa ne pensate?
Ferdinando
Risponde Massimo Albertin, medico chirurgo:
Lo scopo principale dell'idroterapia del colon è di pulire la mucosa intestinale in profondità. Ma essa è anche considerata, e forse in primo luogo, un metodo diagnostico che consente di fare il punto sullo stato funzionale dell'intestino crasso e di collegare i sintomi del paziente ai disturbi del suo funzionamento. Si tratterebbe dunque di un processo di pulizia dell'intestino crasso che consiste nel bagnarlo con un'acqua dolce, tiepida e purificata, senza aggiunta di prodotti chimici né di farmaci. I bagni successivi sono effettuati con acqua immessa ed eliminata grazie ad una cannula doppia introdotta nel retto.
L'idrocolonterapia rivendica effetti benefici molteplici e vari: dimagrimento, prevenzione del tumore del colon, cura delle cistiti, ovariti e dismenorree, miglioramento della funzione renale, recupero dopo anestesia generale, ringiovanimento, trattamento delle paraplegie e tetraplegie, trattamento della riduzione di fecondità, cura delle affezioni cutanee, polmonari, ginecologiche, vascolari, neurologiche, psichiatriche.
Insomma l'idrocolonterapia dovrebbe essere una pratica universale e benefica, ma in Francia un'ordinanza del 5 febbraio 1993 proibisce la commercializzazione delle apparecchiature di idroterapia del colon. Negli Stati Uniti il Journal of American Medical Association ha riportato la notizia della morte di due donne come risultato di un clistere di caffé in una clinica alternativa e nel 1981 in Colorado dieci persone (di cui sette sono poi decedute) hanno contratto dissenteria america in conseguenza di questa pratica.
I pericoli principali dell'idrocolonterapia consistono in disordini da squilibrio enzimatico, perforazione del colon, indebolimento dell'organismo, specialmente in pazienti portatori di patologie serie come quelle neoplastiche.
L'ideologia su cui si basa questa terapia non ha fondamenti nella fisiologia, in quanto non risulta che residuino nell'intestino sostanze tossiche da eliminare. Un report del 1987 dell'American Medical Association Council smentisce la nozione di autointossicazione su cui questa pratica si basa.
Si può concludere definendo l'idrocolonterapia una pratica pericolosa e priva di fondamento scientifico.
Ancora su medici e omeopatia
Io personalmente condivido appieno la lotta che il CICAP sta portando avanti contro il business dei farmaci omeopatici... un tubetto con cento palline di acqua e zucchero è sinceramente un bell'affare solo per chi lo vende. Queste porcherie assolute non solo trovano spazio all'interno di farmacie, ma vi sono in giro anche sedicenti medici omeopati, che a mio parere andrebbero considerati alla stregua dei maghi cartomanti e come minimo radiati dall'ordine con disonore (ed io aggiungerei anche un paio di calci nel sedere ben assestati). Parlo anche da vittima dell'omeopatia, in quanto d'ufficio mi fu assegnata una dottoressa come medico di famiglia che oltre a schifare i malati anziani (che rifiutava sistematicamente di visitare) e a fumarti in faccia nel suo studio, propinava l'omeopatia anche per un banale raffreddore (una sorta di Maga Magò, anche se vedo più credibile il personaggio disneyano)...
Stefano Vinto
Risponde Silvano Fuso:
Capisco la sua irritazione. Tuttavia non rientra nel compito del CICAP intraprendere azioni contro i medici che non rispettano il proprio codice deontologico. Per quanto ci compete cerchiamo di fare informazione in modo che i pazienti si rendano conto del fatto che l'efficacia dell'omeopatia non è mai stata dimostrata. Se tutti i pazienti fossero consapevoli di questo fatto i medici che la praticano si ritroverebbero presto senza clienti. Sul nostro sito, ad esempio, si può trovare un'intera sezione dedicata all'omeopatia. All'interno di essa chiunque può trovare numerosissime informazioni.
Circa il Lama Khambo
Vi ringrazio innanzitutto per l'ottimo lavoro che state facendo, particolarmente utile in una società come la nostra nella quale la "noiosa" razionalità deve lasciare il passo alla ben più "telegenica" chiacchiera esoterica, New Age, paranormale e così via. Volevo integrare con alcune considerazioni la risposta che avete dato lo scorso 10 aprile riguardo alla presunta reincarnazione del lama Khambo Itighelov.
Basta fare una ricerca con Google su questo nome per scoprire che: 1) esistono in rete molte pagine sull'argomento; 2) ma, caso strano, sono tutte in italiano, lingua non certo tra le più diffuse in rete, senza considerare che il fatto di cui si parla non è accaduto in Italia; 3) caso ancor più strano, tutte le pagine (molte delle quali sono in realtà dei blog), derivano da una articolo di Giampaolo Visetti su "La domenica di Repubblica", articolo che viene più o meno fedelmente scopiazzato (e non sempre citato!); 4) la notizia non è stata ripresa da nessun altro mezzo d'informazione e dire che, se fosse vera, si meriterebbe quanto meno un'edizione straordinaria del Tg!
Riporto questi fatti senza commentarli (credo si commentino da soli) ma solo per osservare come nel mondo di Internet qualsiasi notizia, a prescindere dalla sua verità, possa essere facilmente diffusa al punto da finire per assumere una veste di veridicità. Questo dovrebbe fare riflettere tutti gli operatori delle comunicazioni e indurli ad una maggiore responsabilità riguardo a quel che pubblicano.
Marco Piletta
Esiste la psicocinesi?
Vi scrivo per avere risposte circa il fenomeno della telecinesi. Ho letto di recente una documentazione - usata da Stephen King in un suo romanzo - dove si parla della telecinesi in quanto fenomeno possibile in determinate condizioni. Io non ci credo tanto, però vorrei ugualmente sapere il vostro parere. È un fenomeno possibile? Nella documentazione che ho letto c'è scritto che in particolari condizioni di rabbia il fenomeno può avvenire. È vero?
Chiara
Risponde Silvano Fuso:
la telecinesi (o, più correttamente, psicocinesi) consisterebbe nella presunta capacità di agire sulla materia con la sola forza del pensiero e consentirebbe quindi di far muovere o piegare oggetti direttamente con la mente. Purtroppo fino a oggi nessuno ha mai presentato prove convincenti che dimostrino l'esistenza di questo potere.
Anche quegli studi che in un primo momento sembravano dimostrarla (almeno su basi statistiche, ad esempio in esperimenti sui lanci dei dadi) sono stati successivamente smentiti. L'unica possibilità di simulare un fenomeno di psicocinesi si ha utilizzando trucchi. Per ulteriori approfondimenti sulla psicocinesi, può leggere sul nostro sito gli articoli "Psicocinesi: potere della mente o parto della fantasia?" di James E. Alcock e, in generale sulla parapsicologia, "Parapsicologia: una valutazione critica" di Massimo Polidoro.