Le vie dell'imbroglio sono infinite. Una delle più recenti è stata messa a punto da alcune ditte venditrici di filtri per la purificazione dell'acqua.
Per dimostrare che l'acqua del futuro cliente ha bisogno di essere purificata e che quindi è assolutamente necessario l'acquisto del loro dispositivo, queste ditte suggeriscono una semplice prova. Si tratta in sostanza di introdurre nell'acqua due elettrodi collegati ad un generatore di corrente continua sottoponendo l'acqua a quel processo chimico-fisico chiamato elettrolisi (si utilizza in genere un raddrizzatore da 220V da collegare direttamente alla rete elettrica: in tal modo i tempi di esecuzione sono ridotti a circa 1 minuto).
Secondo quanto affermato dalle ditte, se si osserva la formazione di depositi colorati l'acqua è "cattiva" e ha quindi bisogno di essere depurata. In genere i venditori ripetono poi l'esperimento su un campione di acqua che è stato depurato con i loro dispositivi: in tal caso non si osserva alcun deposito colorato. L'esperienza viene talvolta supportata da altre "evidenze" come la patina di calcare lasciata nel pentolino dalla bollitura di normale acqua di rubinetto, oppure la differente colorazione del tè fatto con acqua di rete o con acqua demineralizzata (si veda ad esempio il sito: www.sognidicasa.it/sdc/schede prodotti/depuratore_perchè.html ).
La validità della metodica elettrochimica viene anche sostenuta in un libro (Quale acqua per la nostra salute di Andreas Fellin, edizioni Tecniche Nuove). Con non poche inesattezze chimico-fisiche nel libro si legge: "In caso di un'acqua con residuo fisso alto, cioè con una conducibilità elettrica alta e una resistività bassa, si ottiene attraverso l'ossigeno atomico libero un processo di ossidazione e attraverso l'idrogeno libero un processo di riduzione. Contemporaneamente il materiale degli elettrodi (alluminio e ferro) ha una reazione legante rispetto all'idrossido. Si osserva così il costituirsi di materiale solido galleggiante, un riscaldamento dell'acqua e una successiva sedimentazione delle sostanze solide. Queste possono avere diversi colori (verde, nero, marrone, rossastro, ecc.) a seconda del tipo di minerali e di altre sostanze nocive contenute nell'acqua. In caso di acque con residuo fisso bassissimo e quindi con una conducibilità bassa e resistività alta, esse non si riscaldano e non si ha alcuna reazione solidificante; le acque restano trasparenti o hanno un leggero riflesso giallo".
In realtà la formazione di depositi in corrispondenza dell'anodo non dipende dalla qualità dell'acqua, ma dal materiale di cui è costituito l'anodo stesso. Nelle prove effettuate dalle ditte, l'anodo è costituito da ferro. Questo elemento, durante l'elettrolisi, reagisce con gli ioni OH- attirati dall'anodo per originare idrossidi insolubili, responsabili della colorazione osservata. Se si usa un anodo di materiale diverso (acciaio inossidabile, grafite, ecc.) non si osserva alcuna formazione di depositi colorati in nessun tipo di acqua. Quindi è assolutamente falso sostenere, come fanno i venditori dei filtri depuratori, che i depositi colorati rappresentano le sostanze nocive presenti nell'acqua. Gli stessi depositi, infatti, possono essere ottenuti anche con acqua distillata (e quindi priva di qualsiasi sostanza disciolta), avendo l'accortezza di renderla conduttrice solubilizzando in essa una piccola quantità di un qualsiasi elettrolita (è sufficiente ad esempio del comune sale da cucina).
Il metodo proposto tutt'al più fornisce solo una grossolana indicazione della conducibilità elettrica dell'acqua e quindi della quantità di sali in essa disciolti. Non è però assolutamente dimostrato che un'acqua con minore contenuto di sali sia necessariamente più salubre di una che ne contiene una quantità maggiore. Anzi, la presenza di certi sali può essere talvolta benefica. Ricordiamo a tal proposito che il D. M. 443/90 (regolamento recante disposizioni tecniche concernenti apparecchiature per il trattamento domestico delle acque potabili) specifica chiaramente che l'installazione di un dispositivo non deve peggiorare in nessun modo la qualità originaria dell'acqua; fatto che può avere luogo se l'impianto ad osmosi inversa viene proposto per il trattamento di un'acqua di acquedotto, generalmente poco salina.
Per essere corretti i venditori di depuratori dovrebbero semplicemente limitarsi ad affermare che i loro filtri riducono la quantità di sali (non necessariamente nocivi) disciolti in un'acqua con conseguente diminuzione della sua conducibilità elettrica e che la spesa di circa 1500 euro per l'acquisto di tali dispositivi è spesso ingiustificata, avendo a disposizione dal rubinetto acqua già potabile. Ma tali affermazioni avrebbero sicuramente un minor impatto emotivo sugli ignari clienti che rimangono tanto impressionati dai poco attraenti depositi che si formano all'interno della loro acqua.
Silvano Fuso e Giorgio Temporelli