Ho un quesito sulla logica a cui mi piacerebbe se possibile, ricevere una vostra autorevole risposta.
Il matematico Godel è passato alla storia perché ha dimostrato con un teorema che un sistema assiomatico può essere coerente solo se è incompleto e completo solo se è incoerente e quindi contraddittorio. Alcuni scienziati fisici "panteisti" adottano questo teorema per affermare che non solo la logica matematica ma anche la ragione umana ha in questo modo dei limiti e non può per esempio, secondo loro, spiegare i paradossi della fisica moderna.
Qual è secondo voi il giusto atteggiamento che un razionalista e simpatizzante del CICAP può mantenere al riguardo?
Luca Muggeo
Leinì (TO)
Risponde Piergiorgio Odifreddi:
Le conseguenze del teorema di Godel per l'epistemologia della matematica ci sono, ma sono limitate e meno estese di quanto si suole in genere affermare, soprattutto negli scritti divulgativi. Il teorema dice che gli usuali sistemi formali della matematica che contengano una minima parte dell'aritmetica sono incompleti, nel senso che non possono dimostrare tutte le verità esprimibili nel linguaggio della teoria.
È dunque in gioco l'incompletezza, che riguarda l'insieme di tutte le possibili verità, da quelle più stupide e superficiali a quelle più profonde. I matematici non sono MAI stati interessati a TUTTE le (infinite) verità, ma solo ad un piccolo numero (finito) di esse, significative da qualche punto di vista particolare.
Il teorema di Godel non dice nulla sulla indimostrabilità o indecidibilità di queste singole affermazioni, in particolare sui principali problemi aperti della matematica, e parla solo dell'indecidibilità della MAGGIOR PARTE delle affermazioni. Il che non significa affatto che quelle interessanti in teoria o in pratica non possano poi risultare decidibili in un senso o nell'altro: ad esempio, per qualche tempo si è pensato che il cosiddetto teorema di Fermat potesse essere vero ma indimostrabile, e poi lo si è invece dimostrato.
In sintesi, il teorema di Godel riguarda QUANTO si possa sapere della verità matematica (e la risposta è POCO), ma non dice COSA (non) si possa sapere.
Le limitazioni del teorema di Godel non sono comunque più devastanti di quelle di Cantor o di Turing, che hanno rispettivamente dimostrato che quasi tutti i numeri reali non si possono definire, e quasi tutte le funzioni di numeri interi non si possono calcolare. Il che non impedisce che noi continuiamo ad interessarci ai pochi numeri reali definibili (fra i quali ci sono, per forza di cose, tutti quelli noti, dai razionali a pi greco), o delle poche funzioni calcolabili (fra le quali ci sono tutte quelle che possono calcolare i computer, e dunque tutte quelle di interesse per l'informatica teorica o pratica).
In ogni caso, voler estendere il teorema di Godel ad altri ambiti che non sono i suoi propri è pericoloso, e può generare fraintendimenti. Tanto per cominciare, non lo si può neppure estendere a tutti i sistemi matematici: ad esempio, la teoria elementare della geometria è completa, come ha dimostrato Tarski, e dunque le limitazioni di Godel richiedono in modo essenziale l'aritmetica. Non parliamo poi delle estensioni ad ambiti che non sono neppure strettamente matematici, dalla fisica alla politica. La mia opinione è che in questi campi sia meglio lasciar perdere i teoremi di Godel, e considerare limitazioni intrinseche, dal principio di indeterminazione di Heisenberg e il teorema di Bell nel primo caso, ai teoremi di Arrow e Sen nel secondo (sui quali credo ci siano dei miei saggi nella pagina web curata da Sirtoli e Scarpel www.vialattea.net/odifreddi/index.html ).
Ciò detto, è innegabile che tutti questi risultati dimostrino che ci sono limiti alla conoscenza, e che la "verità" si possa soltanto approssimare in maniera estremamente ristretta. Ma questo può turbare soltanto coloro che credevano che si potesse sapere tutto. Per me l'interesse dei teoremi limitativi non sta nel fatto che essi mostrino limiti alla conoscenza matematica dell'universo, ma che lo dimostrino in maniera matematica! In altre parole, il pensiero formale sarà pure limitato, ma fra le sue limitazioni non c'è quella di non sapere di essere limitato! Conoscere i propri limiti, non è forse l'espressione più alta della consapevolezza?
Piergiorgio Odifreddi, Dipartimento di Matematica, Torino
[email protected]
Refusi diabolici
In riferimento alla lettera di Ennio Peres, apparsa a pag. 77 del n. 56 di Scienza & Paranormale, intitolata "Errori diabolici", per un amore della precisione che condivido, Peres faceva notare come "in realtà il numero 999 in base 10, convertito in base 7, non diventa 666, ma: 2625 (infatti: 5x1 + 2x7 + 6x49 + 2x343 = 6 + 14 + 294 + 686 = 999) ". E concludeva "certo che, quando la Bestia ci mette la coda...".
Io non sono un matematico, ma so che 6 + 14 + 294 + 686 = 1000. Infatti, so anche che 5x1 = 5, non 6.
Certo che, quando la Bestia ci mette la coda... a volte ce la rimette... o
Lucio Braglia
Reggio Emilia
Risponde Ennio Peres:
A parte un "bestiale" errore di battitura, la sostanza non cambia, infatti: 5x1 + 2x7 + 6x49 + 2x343 = 5 + 14 + 294 + 686 = 999.
Principio di precauzione
Prendendo spunto dalla conferenza "Campi elettromagnetici: sono realmente pericolosi?", vorrei esprimere a Gianni Comoretto (o a chiunque voglia dialogare con me) la seguente perplessità: in generale, il fatto che nessuno abbia ancora dimostrato la pericolosità di qualcosa implica ipso facto che non c'è bisogno di preoccuparsi?
Secondo me tutto dipende da quanto tempo quel qualcosa è conosciuto dalla comunità scientifica e da quanto tempo passa prima che esso possa causare danni. È ovvio che se oggi qualcuno sostenesse, senza fornire delle prove, che l'acqua fa male, dopo millenni di storia in cui l'acqua è stata bevuta tranquillamente, allora quel qualcuno si farebbe soltanto ridere dietro. Ma non dimentichiamo che quando l'attore John Wayne, a cavallo e vestito da cowboy, faceva pubblicità alle sigarette Marlboro, c'era perfino qualcuno che pensava che qualche sigaretta al giorno potesse addirittura fare bene, perché non esisteva ancora la schiacciante mole di dati scientifici che dimostra invece il contrario. Se prima non ci si era accorti di niente era probabilmente dovuto al fatto che in generale ci sono tempi lunghissimi tra l'inizio del consumo di sigarette e l'insorgere di malattie gravi. Similmente potrebbe capitare che i danni da telefono cellulare sul cervello insorgano dopo 40 anni e quindi nessuno ha ancora potuto dimostrare alcuna pericolosità.
Un altro esempio: a differenza che per le sigarette, non è ancora stata trovata una correlazione certa tra i gas di scarico delle automobili e l'insorgenza di tumori in persone che vivono nelle grandi città, ma, non per questo, qualcuno potrebbe sentirsi di affermare che i gas di scarico non fanno male alla salute.
Ognuno di noi usa l'automobile o prende l'aereo conscio dei rischi ad essi connessi e operando una libera scelta che si basa sul principio del male minore: "preferisco usare l'automobile correndo dei rischi piuttosto che non correre rischi e andare sempre a piedi". Similmente, secondo me sarebbe onesto dire ai consumatori "a tutt'oggi non si sa se i telefoni cellulari producano, ed eventualmente in che tempi, danni al cervello. Nel frattempo ognuno decida per sè se i vantaggi dell'utilizzo del telefono cellulare sono superiori agli eventuali rischi", piuttosto che parlare di credenze pseudoscientifiche nei confronti di coloro che si mostrano cauti. Io ad esempio il telefono cellulare lo uso, pur essendo conscio di non potere escludere che tra 30 anni si comincino a stabilire delle correlazioni tra cellulare e malattie del cervello. Uso il telefono per una libera scelta basata su un'analisi benefici/rischi, non perché pensi che sia pseudoscientifico pormi il problema dei rischi.
Negli Stati Uniti prima che un farmaco possa essere messo in commercio occorrono un paio di anni di sperimentazione (ad esempio con cavie animali) per escludere possibili danni sull'uomo. Se invece valesse il principio "nessuno ha ancora dimostrato la pericolosità", allora ogni farmaco potrebbe essere messo subito in commercio. Nessuno viene tacciato di pseudoscientificità se si mostra cauto nei confronti dell'utilizzo troppo precoce di un farmaco.
Alla fine, per concludere, valgono soltanto il calcolo delle probabilità (più o meno soggettivo) e la libera scelta di ognuno. Io ad esempio, per quanto riguarda le cellule staminali, penso che i vantaggi del loro uso nella lotta contro i tumori e le malattie genetiche siano superiori agli eventuali rischi di manipolazione del patrimonio genetico.
Spero di non avere annoiato nessuno e di avere stimolato riflessioni serene e costruttive.
Marco Pavone
Palermo
Risponde Gianni Comoretto
Le obiezioni di Marco Pavone toccano un problema di fondo, che riguarda, in generale, la gestione dei rischi.
In linea di massima, se qualcosa è innocuo, non è assolutamente possibile provarne l'innocuità. Per quanti studi e ricerche vengano fatti, ci saranno sempre ipotesi non controllate, possibilità di rischi troppo rari per venir evidenziati da studi con il numero di soggetti utillizato, fenomeni poco conosciuti per cui non si sospetta neppure il rischio, eccetera.
Per rifarmi all'esempio del farmaco, ogni tanto, nonostante la sperimentazione farmacologica necessaria prima di immettere in commercio un nuovo farmaco (per semplicità trascuro la possibilità di sperimentazioni affrettate o fraudolente), si trovano effetti collaterali che compaiono in qualche caso su milione. Nessuna sperimentazione prima dell'immissione in commercio può metterci al riparo da tali eventi.
Non sono, inoltre, assolutamente convinto che se qualcosa è usata da anni allora è sicura. Per trovare effetti dell'ordine di qualche caso per milione servono dati epidemiologici rigorosi. Ad es. è possibilissimo che il basilico produca qualche morto l'anno in Italia, e che semplicemente nessuno si sia preso la briga di studiarlo (non so se questi studi siano stati fatti, ma dubito).
A complicare le cose c'è anche il fatto che ogni studio epidemiologico, quando si lavora con numeri molto alti, può dare risultati "falsi positivi". Ad esempio, se vado a cercare una correlazione tra bere il caffè e cancro al polmone, la trovo sicuramente, ma (è un esempio oramai noto tra gli epidemiologi) è dovuta al fatto che i fumatori, in media, bevono più caffè.
Naturalmente non sostengo che per questo non bisogna preoccuparsi. Il fatto è che il massimo che possiamo pretendere da uno studio scientifico, per smettere di preoccuparci "troppo", è che non dimostri la pericolosità di un agente. Occorre stabilire delle graduatorie, delle priorità, riguardo cosa preoccuparsi.
Ad esempio, quando leggo che il 20% dei fondi per la tutela dell'ambiente vengono dedicati all'elettrosmog, francamente inorridisco.
Per i campi elettromagnetici gli studi proseguono da 30 anni (per i campi a bassa frequenza) e oltre 40 (per quelli a radiofrequenza). Citando le sigarette di Gary Coper, ci sono voluti meno di 5 anni di studi per sospettare fortemente la correlazione tra fumo e cancro, e circa 10 per convincere più o meno tutti . Per l'amianto i tempi sono stati analoghi, anche se poi ci sono voluti 30 anni per metterlo fuori legge.
Per i campi a bassa frequenza abbiamo una mole di dati epidemiologici che esistono forse solo per alcuni farmaci, molte decine di milioni di anno-uomo di esposizione, per tempi di 20-30 anni. Il massimo che abbiamo trovato è stata la possibilità (che nessuno ritiene probabile) di un caso l'anno aggiuntivo di leucemia infantile in Italia, e un numero inferiore di casi di tumore nell'adulto. Per quante cose abbiamo livelli di confidenza così alti? Per il basilico credo proprio di no.
L'uso di cellulari è l'unica situazione che richiede attenzione, da parte di chi fa ricerca. Gli studi fatti non trovano nulla, ma tutti sostengono che vadano continuati.
Per decidere quanto preoccuparci poi bisognerebbe aggiungere valutazioni riguardo le motivazioni per cui si ritiene un qualcosa potenzialmente pericoloso: un farmaco agisce pesantemente sul nostro organismo, e quindi è probabile che la sua azione possa portare effetti negativi che vanno studiati.
Altre valutazioni possono riguardare il fatto che 40 anni per sviluppare un tumore sono davvero tanti, e i modelli di promozione tumorale sui topi funzionano sul fatto che questi sviluppano i tumori 20 volte più velocemente di noi.
È chiaro quindi che non si può dire semplicemente che "nessuno ha ancora dimostrato la pericolosità", senza ulteriori specificazioni. Detta così, sembra che nessuno abbia mai cercato la pericolosità, o abbia mai fatto studi a riguardo. Non che si tratti di un argomento studiato da 40 anni.
Il punto è che i dati per dare delle risposte, parziali e soggette a verifiche ma non così tanto come di solito si ritiene, esistono, ma sono conosciute solo dagli "addetti ai lavori". La maggior parte delle persone decide in base a cosiderazioni di tipo emotivo (l'antenna vicino a casa è minacciosa e irradia qualcosa di invisibile, quindi è pericolosa), o riceve informazioni filtrate da persone che hanno utilizzato queste considerazioni per decidere a priori cosa era giusto e cosa no.
A questo punto il problema diventa politico. I rischi in questione sono legati all'immagine che ciascuno ha della responsabilità umana, del controllo sulla ricerca, eccetera, e mi sembra corretto che le valutazioni siano soggettive.