Gli antichi egizi credevano nella vita eterna. Per raggiungere l'aldilà, però, ritenevano necessario che una parte dello spirito, il ka, dovesse ricongiungersi con il corpo, che doveva essere perciò preservato dalla decomposizione. Dei processi di imbalsamazione, però, non rimane alcuna documentazione scritta e, per scoprire le tecniche praticate dagli egiziani, gli archeologi hanno finora effettuato molte analisi, che tuttavia hanno avuto anche l'effetto di rovinare irrimediabilmente i campioni esaminati. Recentemente, però, Stephen A. Buckley e Richard P. Evershed, chimici dell'Università di Bristol, hanno realizzato importanti scoperte per mezzo di tecniche di analisi chimica (gascromatografia e spettrometria di massa) che consentono di determinare le sostanze presenti nelle mummie senza provocare alcun danno.
Esaminando 13 mummie appartenenti a un periodo storico di oltre 2 mila anni, Buckley e Evershed hanno scoperto che la varietà di sostanze usate dagli egiziani era molto più ampia di quanto finora ritenuto. I principali ingredienti erano resine, efficaci nel rallentare la decomposizione a opera di microbi, e cera d'api, che serviva contro i batteri e come sigillo. Le ricerche mostrano, tra l'altro, che il processo di imbalsamazione si è evoluto nel corso della storia, anche in relazione alla situazione economica e al gusto del tempo.
Andrea Parlangeli