Sergio Della Sala è nato a Milano nel 1955. È laureato in Medicina, specializzato in Neurologia e dottore di ricerca in Psicobiologia. Ha inoltre studiato all'Università di Berkeley, California, e all'Unità di Psicologia Applicata di Cambridge, Inghiliterra. Dal 1994 è Full Professor in Neuropsicologia e Honorary Consultant in Neurologia all'Università di Aberdeen in Gran Bretagna. Il suo ambito di ricerca sono le neuroscienzecognitive, in particolare la neuropsicologia della malattia di Alzheimer. Ha pubblicato oltre 200 articoli scientifici su riviste internazionali. Il suo ultimo libro Mind Myths, che tratta delle false credenze popolari circa il funzionamento del cervello e della mente, è edito da Wiley ed è disponibile presso il CICAP.
Sino a che punto possiamo fidarci della nostra memoria?
La nostra memoria non funziona come un registratore o come una videocamera. Ogni ricordo è elaborato, ricostruito, manipolato, rappresentato. I ricordi non sono immagini dormienti nel nostro cervello che possiamo a nostro piacimento rievocare. Sono invece elementi labili e passibili di continue modificazioni, dovute al passare del tempo, al nostro stato emotivo, al contesto, alla nostra conoscenza generale del mondo e specifica di quel particolare evento e di altri simili. Non esiste "La Memoria", esistono molti sistemi diversi, molte memorie fra loro distinte e dissociabili. Non usiamo lo stesso sistema per ricordare i dettagli del nostro passato compleanno, per ricordare che dobbiamo comperare il latte prima di andare a casa, per studiare per un esame, per imparare a sciare, per ricordare un numero telefonico il tempo necessario per fare la telefonata.
Quali sono i limiti di una testimonianza oculare?
Una domanda pertinente nel giorno della morte di Pietro Valpreda (l'intervista è stata registrata il 7 luglio 2002, Ndr)! Come ricorderete, Valpreda era stato condannato in base a una prova testimoniale per l'orrendo eccidio di Piazza Fontana a Milano. La testimonianza oculare del tassista Rolandi fu il punto cardine dell'accusa. Interessante però è andare a riguardare gli atti di Guido Calvi, per esempio nell'introduzione al libro Poesie dal Carcere, avvocato difensore di Valpreda, cui Rolandi confessò che la polizia gli mostrò la foto segnaletica di Valpreda prima del riconoscimento. La testimonianza oculare è passibile di errori procedurali molto grossolani, o meno evidenti. Ma dal momento che come abbiamo detto prima, la nostra memoria non è un registratore, è molto ingenuo basarsi sulla sola testimonianza oculare per giudicare della colpevolezza o dell'innocenza di un imputato. La testimonianza oculare è estremamente inaffidabile. Ciononostante le informazioni che può fornire sono molto spesso sovrastimate. Una commissione giudiziaria Britannica, nota come Devlin Committee, dal nome del presidente, constatò che circa la metà di oltre duemila processi si concludevano con una condanna, la grande maggioranza di questi si basavano su una testimonianza oculare, che quindi svolge un ingiustificato ruolo privilegiato nella formazione della convinzione di colpevolezza del collegio giudicante.
Come si dovrebbe raccogliere una testimonianza?
Un gruppo di ricerca del mio dipartimento si occupa proprio di questo problema. Dapprima bisognerebbe evitare di considerare testimonianze occorse dopo che i volti degli imputati sono apparsi sulla stampa. Ricordate la triste vicenda di Sacco e Vanzetti condannati alla sedia elettrica per duplice omicidio sulla base della testimonianza oculare della signora Nichols che, sette anni dopo aver assistito alla scena dalla finestra di casa sua, avrebbe riconosciuto i due anarchici Italiani, il cui volto nel frattempo aveva riempito le pagine di tutti i quotidiani americani. La seconda ovvia precauzione è che il "riconoscimento" avvenga accertandosi che nulla di cospicuo identifichi l'imputato. Un imputato nordafricano sarebbe spesso riconosciuto come colpevole se mescolato tra bianchi.
Emiliano Farinella
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