«Semplice! Mangio spinaci». È in un episodio del 1931 che Braccio di Ferro rivela per la prima volta la fonte fin troppo umana della sua straordinaria prestanza. Ma la sua affermazione suona tanto schietta quanto spropositata per almeno due ragioni. Intanto non è semplice mangiare spinaci. Basta chiedere ai bambini invogliati per anni ad inghiottire bocconi di quella verdura triste e melensa nella disattesa speranza di emularlo. E poi non è semplice capire come mai Elzie Crisler Segar abbia scelto di dare in pasto al protagonista dei suoi fumetti, che a quanto pare necessitava di un ragguardevole apporto di ferro, proprio gli spinaci e non piuttosto tutta la lattina.
Secondo una tabella del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (consultabile sul sito www.usda.gov ), infatti, cento grammi di spinaci crudi contengono 2.7 mg di ferro. La stessa quantità di fegato di pollo ne contiene 11.63 mg. Per di più, già nel 1935 era noto che il nostro organismo è in grado di assorbire solo un quarto del quantitativo di ferro presente nei vegetali a fronte del 50-60% di quello presente nella carne (“Science News Letter”, 1935).
Ciò nonostante, grazie a Segar, la produzione di spinaci a Crystal City, in Texas, aumentò a tal punto che gli abitanti eressero una statua a Braccio di Ferro, proclamando la loro città “capitale mondiale degli spinaci” (Figura 1).
Messo a nudo il falso mito degli spinaci ricchi di ferro, gli scienziati di tutto il modo si sono sentiti in dovere di dare man forte ai ragazzini che rifiutano di trangugiare queste robacce verdastre, accusando Braccio di Ferro di essere «un impostore, uno spudorato millantatore, ciarlatano da bancarella» (Bouvet, 1999, p.157).
Hamblin pubblica nel 1981 un articolo dal titolo “Falso!”, in cui denuncia che la scoperta spuria degli spinaci come preziosa fonte di ferro (preziosa almeno quanto la carne rossa), che risale alla fine dell’‘800, fu strumentalizzata per alimentare una fraudolenta propaganda nel periodo della seconda guerra mondiale, quando la carne scarseggiava.
«Gli spinaci non sono meglio dei cavoli, dei cavoletti di Bruxelles o dei broccoli», smitizza Hamblin dalle colonne del “British Medical Journal”. Bouvet, qualche anno dopo, scomoda La Fontaine per aggiungere che «a paragone delle carni, in cui questo oligoelemento associato all’emoglobina (i.e., il ferro) ha il duplice vantaggio di essere presente in grande quantità o di essere più facilmente assorbito dal corpo umano, lo spinacio ricorda la rana che si voleva grande come il bue». Ed è sufficiente navigare sul web per appurare che ormai è noto che gli spinaci «sono famosi per il loro elevato contenuto di ferro, che in realtà è scarsamente assimilabile dal nostro organismo» (www.giallozafferano.it ); che «è diffusa l'errata convinzione che contengano un quantitativo elevato di ferro tanto che a volte si mangiano spinaci in alcuni casi di anemia» (www.wikipedia.it ); e che «per molti decenni è circolata la leggenda che gli spinaci facessero bene perché “contenevano ferro”; quando sono state fatte analisi accurate si è visto che contengono sì ferro, ma circa 3 mg per 100 g di foglie fresche, molto meno di quanto ritenuto precedentemente» (http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=537 ).
Ma come mai si è pensato per tanti anni che gli spinaci contenessero più ferro degli altri vegetali?
È molto semplice, avremmo risposto noi stessi fino a qualche tempo fa (infatti uno degli autori di questo articolo, Della Sala, l’ha perfino affermato dal pulpito di un congresso del CICAP!): questa credenza infondata è dovuta ad un banale errore di stampa. Quando hanno compilato le tabelle, hanno sbagliato a scrivere. Hanno, poi, subito corretto l’errore ma ormai era troppo tardi. Era già nato Braccio di Ferro. E quindi noi abbiamo creduto a Braccio di Ferro e non alle evidenze scientifiche che hanno smascherato repentinamente il refuso.
Questa storia, nota con l’acronimo di SPIDES (Spinach Popeye Iron Decimal Error Story, ovvero, Storia dell’Errore Decimale nel Ferro degli Spinaci di Braccio di Ferro), è stata citata, in effetti, da molte fonti sia in ambito prettamente scientifico che in quello divulgativo. Hamblin nel suo articolo del 1981 parla di analisi del contenuto di ferro presente negli spinaci, effettuate da alcuni chimici tedeschi, che avevano palesato il grossolano errore tipografico presente in precedenti lavori. Una virgola messa nel punto sbagliato ed ecco che, come preciserà poi Bouvet, tre milligrammi di ferro diventarono trenta e gli spinaci vennero incredibilmente sopravvalutati.
In un programma dal titolo “Spinaci - la verità” prodotto dalla BBC nel 2006, si spiega che nel 1870 il dottor von Wolff pubblicò le fatidiche tabelle in cui il punto decimale compariva nel posto sbagliato e che queste tabelle furono accettate fino al 1930, quando vennero ricontrollate e modificate in seguito all’individuazione dell’errore. Il refuso viene annoverato anche tra «i sette errori tipografici più disastrosi di tutti i tempi» sul sito www.cracked.com , dove si cita ancora lo studio del 1870 responsabile di aver involontariamente indotto generazioni di genitori, bambini e scienziati a sovrastimare di 10 volte il reale contenuto di ferro degli spinaci.
Nel 2009, in occasione di quello che sarebbe stato il 115esimo compleanno dell’ideatore di Braccio di Ferro, il prestigioso quotidiano inglese, “The Guardian”, dedica un articolo a Segar. Il servizio ripercorre le tappe della realizzazione del fumetto, svelando che Segar scelse gli spinaci basandosi sulle affermazioni di uno studio tedesco del 1870, che equiparava la carne rossa agli spinaci per contributo di ferro. E di nuovo si accenna all’errore di posizionamento del punto decimale e alla sua successione revisione.
In un libro del 2009, Coultate asserisce che non ci sono basi scientifiche che sostengano l’entusiasmo di Braccio di Ferro per gli spinaci e chiarisce che ci sono due versioni che spiegherebbero quest’errore. Una suggerisce che nel 1890 uno scienziato tedesco, Gustav von Bunge, osservò che 100 g di spinaci contenevano 35 mg di ferro, ma non si considerò che lui aveva analizzato spinaci secchi (dove il ferro è più concentrato) e si associò invece il valore agli spinaci freschi. Una possibilità alternativa è che circa 20 anni prima un altro scienziato, von Wolff, aveva riportato la virgola decimale nel punto sbagliato, commettendo così l’errore costato caro a molti bambini.
La storia è molto efficace e permette a chi legge di acclarare quanto sia facile trovarsi irretiti in una menzogna priva di ogni fondamento quando non se ne controllano le fonti. L’impatto della valenza archetipica di questa storia è amplificato dall’imbarazzante constatazione che il Mackie Messer da cui ci siamo lasciati circuire, il macchinoso lestofante da tre soldi che ci ha raggirato è un personaggio dei fumetti, per colpa del quale abbiamo messo a dura prova le relazioni con i nostri bambini. Un fumetto può divulgare un’inesattezza solo apparentemente innocua e ci induce a credere per anni a una cosa non vera. Tutti noi possiamo credere a cose bislacche e prive di fondamento.
Come dice la Regina di Cuori, per restare in tema, tutti noi crediamo a non meno di sei cose impossibili prima di colazione. Libri, siti web, blog, articoli, convegni condividono con il loro pubblico questa storia per incoraggiare spirito critico, sano scetticismo e per rinnovare l’invito a verificare sempre anche e soprattutto le credenze sedimentate, perché possono camuffare insidie. Le università prestigiose educano giustamente gli studenti ad includere nei loro manufatti le adeguate voci bibliografiche a supporto delle loro affermazioni, a leggere sempre il materiale originale che citano, senza fidarsi di descrizioni di seconda mano e ad accertare perentoriamente i dati prima di pubblicarli. L’imperativo è quello di controllare sempre le fonti.
«Frodi, truffe, falsi ed errori resi largamente popolari si annidano nella fitta trama della storia della scienza e della medicina», conclude Hamblin dopo aver fieramente smascherato Braccio di Ferro. Ed è proprio vero. Le insidie attanagliano tutti, anche gli scienziati più meticolosi.
E certamente anche noi. Durante una conferenza però, un ragazzo arguto ci fa notare che probabilmente l’aneddoto è spurio. Decidiamo di vederci più chiaro, ma la ricerca delle fonti si dimostra impervia. Lo stesso accadde due anni fa, all’università di Manchester, a Mike Sutton, un criminologo, che racconta la storia del refuso degli spinaci per introdurre un suo lavoro sull’effetto potenzialmente dannoso di dati discutibili e non verificati sulle strategie politiche e sul comportamento pubblico. La storia degli spinaci senza ferro è efficace ed umoristica, fa presa sull’audience e Sutton decide di riportarla anche nel suo articolo accademico. Ne ricerca, dunque, le fonti originali, per poterle inserire in bibliografia.
A questo punto, sorprendentemente realizza che rintracciare le origini di questa storia è più difficile del previsto. Gli esperti che la citano e i siti che la riportano difficilmente ne indicano la fonte e, quando lo fanno, richiamano l’articolo di Hamblin, che presumibilmente per primo ha divulgato la SPIDES. Tuttavia, lo stesso Hamblin non parla mai di von Wolff e non accenna nel suo pezzo alle fonti da cui ha tratto la notizia. Sutton allora contatta direttamente Hamblin, chiedendogli lumi. Ma Hamblin risponde onestamente di non ricordare dove abbia letto originariamente la storia, ma che sicuramente la storia non è una sua invenzione.
In un articolo dal titolo “Spinaci, ferro e Braccio di Ferro: lezioni ironiche dalla biochimica e dalla storia sull’importanza di una sana alimentazione, di un sano scetticismo e di adeguate citazioni” (2010), pubblicato su un giornale di criminologia, Sutton ripercorre le tappe della sua personale inchiesta. Il criminologo (ironia della sorte) prosegue determinato nella sua ricerca e non trova traccia alcuna del fatidico errore decimale. Riesce a trovare in un libro del 1916 di McKillop una lista compilata da von Bunge (che riportiamo in Figura 2), in cui gli spinaci sono al primo posto per contenuto di ferro, precedendo persino la carne di manzo. L’errore di von Bunge si giustifica se si pensa che all’epoca gli scienziati non conoscevano ancora gli effetti dell’acido ossalico, che abbonda negli spinaci ed è invece assente nella carne, e inibisce l’assorbimento del ferro. Tuttavia, quest’elenco non può essere verosimilmente considerato fonte attendibile della SPIDES per diversi motivi. Innanzitutto, manca il corpo del delitto, l’errore decimale. Inoltre, a ben guardare, contiene anche altri errori che non hanno avuto alcuna ripercussione sulle nostre credenze. Nessuno di noi crede che le mele (0.12 mg di ferro in 100 g di mela non sbucciata) contengano più ferro dei fagioli (1.18 mg di ferro in 100 g di fagioli cotti). L’errore decimale non è presente neppure nelle tabelle riportate da von Wolff (Figura 3).
La ricerca di Sutton approda in una tabella pubblicata da Sherman e dai suoi colleghi dell’Università del Wisconsin nel 1934, in cui si dichiara erroneamente che 100 g di spinaci freschi contengono 53 mg di ferro. Nell’articolo non si fa riferimento a von Bunge né a von Wolff. Per di più, l’anno dopo (1935), la rivista “The Science News-Letter” promulga uno studio degli scienziati dell’Università del Wisconsin che spiega il problema dell’assorbimento del ferro presente negli spinaci, facendo riferimento a Braccio di Ferro e al suo mal posto entusiasmo. Dunque, l’errore di Sherman ragionevolmente non sembra poter sostenere la leggenda così diffusa dell’errore decimale che ha portato a ritenere che ci fosse ferro negli spinaci. È più plausibile ritenere, a questo punto, che la storia abbia avuto origine nell’articolo di Hamblin e sia stata divulgata dalle continue citazioni. In alcuni casi, dunque, repetita non iuvant, anzi, come sosteneva l'infame ministro della propaganda del Terzo Reich, Joseph Goebbels, una bugia ripetuta dieci volte diventa verità.
Ma c’è un aspetto ancora più ironico dell’intera vicenda. Ed è racchiuso in nuce nella vignetta mostrata in Figura 4.
Sutton ha analizzato centinaia di strisce di Braccio di Ferro e in nessuna di queste ha trovato la benché minima associazione tra spinaci e ferro. Quando, per la prima volta, Braccio di Ferro deve spiegare perché mangia gli spinaci, chiarisce che è per il loro contenuto di vitamina A. Braccio di Ferro dice di essere un uomo di ferro, dice che la sua forza è legata al consumo di spinaci, ma, almeno nei fumetti analizzati, non dice che gli spinaci contengono ferro (saremo grati, però, a chiunque ci manderà prove che Braccio di Ferro associa ferro a spinaci - grazie).
La SPIDES si è rivelata, dunque, una diceria para-scientifica a cui hanno creduto per anni anche gli scienziati più scettici, contribuendo a divulgarla, incluso uno degli autori di questo articolo. Nessuno è immune dalle insidie di fandonie che si accettano acriticamente senza dimostrazioni scientifiche o senza accertarsi che esistano fonti attendibili. E il povero, diffamato Braccio di Ferro alla fine (probabilmente) aveva ragione. Gli spinaci fanno diventare davvero più forti. Una ricerca pubblicata lo scorso Febbraio sulla rivista “Cell Metabolism”, pur non facendo riferimento diretto agli spinaci, conclude che i nitrati inorganici, presenti in grande quantità nei vegetali a foglia verde, aumentano l’efficienza mitocondriale negli uomini e contribuiscono alla riduzione del consumo di ossigeno durante l’attività fisica, migliorando le prestazioni.
Quindi ragazzi, spiacenti, dovete trangugiare lo scivoloso, stomachevole, miasmatico fogliame, non per il ferro (di cui non è particolarmente dotato), bensì per i nitrati inorganici. Naturalmente finchè non si scoprirà che nella tabella dell’articolo pubblicata da “Cell Metabolism” c’era un errore di stampa, e la quantità dei nitrati inorganici veniva riportata con un decimale sbagliato...
Secondo una tabella del Dipartimento dell’Agricoltura degli Stati Uniti (consultabile sul sito www.usda.gov ), infatti, cento grammi di spinaci crudi contengono 2.7 mg di ferro. La stessa quantità di fegato di pollo ne contiene 11.63 mg. Per di più, già nel 1935 era noto che il nostro organismo è in grado di assorbire solo un quarto del quantitativo di ferro presente nei vegetali a fronte del 50-60% di quello presente nella carne (“Science News Letter”, 1935).
Ciò nonostante, grazie a Segar, la produzione di spinaci a Crystal City, in Texas, aumentò a tal punto che gli abitanti eressero una statua a Braccio di Ferro, proclamando la loro città “capitale mondiale degli spinaci” (Figura 1).
Messo a nudo il falso mito degli spinaci ricchi di ferro, gli scienziati di tutto il modo si sono sentiti in dovere di dare man forte ai ragazzini che rifiutano di trangugiare queste robacce verdastre, accusando Braccio di Ferro di essere «un impostore, uno spudorato millantatore, ciarlatano da bancarella» (Bouvet, 1999, p.157).
Hamblin pubblica nel 1981 un articolo dal titolo “Falso!”, in cui denuncia che la scoperta spuria degli spinaci come preziosa fonte di ferro (preziosa almeno quanto la carne rossa), che risale alla fine dell’‘800, fu strumentalizzata per alimentare una fraudolenta propaganda nel periodo della seconda guerra mondiale, quando la carne scarseggiava.
«Gli spinaci non sono meglio dei cavoli, dei cavoletti di Bruxelles o dei broccoli», smitizza Hamblin dalle colonne del “British Medical Journal”. Bouvet, qualche anno dopo, scomoda La Fontaine per aggiungere che «a paragone delle carni, in cui questo oligoelemento associato all’emoglobina (i.e., il ferro) ha il duplice vantaggio di essere presente in grande quantità o di essere più facilmente assorbito dal corpo umano, lo spinacio ricorda la rana che si voleva grande come il bue». Ed è sufficiente navigare sul web per appurare che ormai è noto che gli spinaci «sono famosi per il loro elevato contenuto di ferro, che in realtà è scarsamente assimilabile dal nostro organismo» (www.giallozafferano.it ); che «è diffusa l'errata convinzione che contengano un quantitativo elevato di ferro tanto che a volte si mangiano spinaci in alcuni casi di anemia» (www.wikipedia.it ); e che «per molti decenni è circolata la leggenda che gli spinaci facessero bene perché “contenevano ferro”; quando sono state fatte analisi accurate si è visto che contengono sì ferro, ma circa 3 mg per 100 g di foglie fresche, molto meno di quanto ritenuto precedentemente» (http://www.georgofili.info/detail.aspx?id=537 ).
Ma come mai si è pensato per tanti anni che gli spinaci contenessero più ferro degli altri vegetali?
È molto semplice, avremmo risposto noi stessi fino a qualche tempo fa (infatti uno degli autori di questo articolo, Della Sala, l’ha perfino affermato dal pulpito di un congresso del CICAP!): questa credenza infondata è dovuta ad un banale errore di stampa. Quando hanno compilato le tabelle, hanno sbagliato a scrivere. Hanno, poi, subito corretto l’errore ma ormai era troppo tardi. Era già nato Braccio di Ferro. E quindi noi abbiamo creduto a Braccio di Ferro e non alle evidenze scientifiche che hanno smascherato repentinamente il refuso.
Questa storia, nota con l’acronimo di SPIDES (Spinach Popeye Iron Decimal Error Story, ovvero, Storia dell’Errore Decimale nel Ferro degli Spinaci di Braccio di Ferro), è stata citata, in effetti, da molte fonti sia in ambito prettamente scientifico che in quello divulgativo. Hamblin nel suo articolo del 1981 parla di analisi del contenuto di ferro presente negli spinaci, effettuate da alcuni chimici tedeschi, che avevano palesato il grossolano errore tipografico presente in precedenti lavori. Una virgola messa nel punto sbagliato ed ecco che, come preciserà poi Bouvet, tre milligrammi di ferro diventarono trenta e gli spinaci vennero incredibilmente sopravvalutati.
In un programma dal titolo “Spinaci - la verità” prodotto dalla BBC nel 2006, si spiega che nel 1870 il dottor von Wolff pubblicò le fatidiche tabelle in cui il punto decimale compariva nel posto sbagliato e che queste tabelle furono accettate fino al 1930, quando vennero ricontrollate e modificate in seguito all’individuazione dell’errore. Il refuso viene annoverato anche tra «i sette errori tipografici più disastrosi di tutti i tempi» sul sito www.cracked.com , dove si cita ancora lo studio del 1870 responsabile di aver involontariamente indotto generazioni di genitori, bambini e scienziati a sovrastimare di 10 volte il reale contenuto di ferro degli spinaci.
Nel 2009, in occasione di quello che sarebbe stato il 115esimo compleanno dell’ideatore di Braccio di Ferro, il prestigioso quotidiano inglese, “The Guardian”, dedica un articolo a Segar. Il servizio ripercorre le tappe della realizzazione del fumetto, svelando che Segar scelse gli spinaci basandosi sulle affermazioni di uno studio tedesco del 1870, che equiparava la carne rossa agli spinaci per contributo di ferro. E di nuovo si accenna all’errore di posizionamento del punto decimale e alla sua successione revisione.
In un libro del 2009, Coultate asserisce che non ci sono basi scientifiche che sostengano l’entusiasmo di Braccio di Ferro per gli spinaci e chiarisce che ci sono due versioni che spiegherebbero quest’errore. Una suggerisce che nel 1890 uno scienziato tedesco, Gustav von Bunge, osservò che 100 g di spinaci contenevano 35 mg di ferro, ma non si considerò che lui aveva analizzato spinaci secchi (dove il ferro è più concentrato) e si associò invece il valore agli spinaci freschi. Una possibilità alternativa è che circa 20 anni prima un altro scienziato, von Wolff, aveva riportato la virgola decimale nel punto sbagliato, commettendo così l’errore costato caro a molti bambini.
La storia è molto efficace e permette a chi legge di acclarare quanto sia facile trovarsi irretiti in una menzogna priva di ogni fondamento quando non se ne controllano le fonti. L’impatto della valenza archetipica di questa storia è amplificato dall’imbarazzante constatazione che il Mackie Messer da cui ci siamo lasciati circuire, il macchinoso lestofante da tre soldi che ci ha raggirato è un personaggio dei fumetti, per colpa del quale abbiamo messo a dura prova le relazioni con i nostri bambini. Un fumetto può divulgare un’inesattezza solo apparentemente innocua e ci induce a credere per anni a una cosa non vera. Tutti noi possiamo credere a cose bislacche e prive di fondamento.
Come dice la Regina di Cuori, per restare in tema, tutti noi crediamo a non meno di sei cose impossibili prima di colazione. Libri, siti web, blog, articoli, convegni condividono con il loro pubblico questa storia per incoraggiare spirito critico, sano scetticismo e per rinnovare l’invito a verificare sempre anche e soprattutto le credenze sedimentate, perché possono camuffare insidie. Le università prestigiose educano giustamente gli studenti ad includere nei loro manufatti le adeguate voci bibliografiche a supporto delle loro affermazioni, a leggere sempre il materiale originale che citano, senza fidarsi di descrizioni di seconda mano e ad accertare perentoriamente i dati prima di pubblicarli. L’imperativo è quello di controllare sempre le fonti.
«Frodi, truffe, falsi ed errori resi largamente popolari si annidano nella fitta trama della storia della scienza e della medicina», conclude Hamblin dopo aver fieramente smascherato Braccio di Ferro. Ed è proprio vero. Le insidie attanagliano tutti, anche gli scienziati più meticolosi.
E certamente anche noi. Durante una conferenza però, un ragazzo arguto ci fa notare che probabilmente l’aneddoto è spurio. Decidiamo di vederci più chiaro, ma la ricerca delle fonti si dimostra impervia. Lo stesso accadde due anni fa, all’università di Manchester, a Mike Sutton, un criminologo, che racconta la storia del refuso degli spinaci per introdurre un suo lavoro sull’effetto potenzialmente dannoso di dati discutibili e non verificati sulle strategie politiche e sul comportamento pubblico. La storia degli spinaci senza ferro è efficace ed umoristica, fa presa sull’audience e Sutton decide di riportarla anche nel suo articolo accademico. Ne ricerca, dunque, le fonti originali, per poterle inserire in bibliografia.
Fig. 3 B: ...e la tabella relativa al contenuto di ferro presente negli spinaci (i valori sono cerchiati in rosso)
In un articolo dal titolo “Spinaci, ferro e Braccio di Ferro: lezioni ironiche dalla biochimica e dalla storia sull’importanza di una sana alimentazione, di un sano scetticismo e di adeguate citazioni” (2010), pubblicato su un giornale di criminologia, Sutton ripercorre le tappe della sua personale inchiesta. Il criminologo (ironia della sorte) prosegue determinato nella sua ricerca e non trova traccia alcuna del fatidico errore decimale. Riesce a trovare in un libro del 1916 di McKillop una lista compilata da von Bunge (che riportiamo in Figura 2), in cui gli spinaci sono al primo posto per contenuto di ferro, precedendo persino la carne di manzo. L’errore di von Bunge si giustifica se si pensa che all’epoca gli scienziati non conoscevano ancora gli effetti dell’acido ossalico, che abbonda negli spinaci ed è invece assente nella carne, e inibisce l’assorbimento del ferro. Tuttavia, quest’elenco non può essere verosimilmente considerato fonte attendibile della SPIDES per diversi motivi. Innanzitutto, manca il corpo del delitto, l’errore decimale. Inoltre, a ben guardare, contiene anche altri errori che non hanno avuto alcuna ripercussione sulle nostre credenze. Nessuno di noi crede che le mele (0.12 mg di ferro in 100 g di mela non sbucciata) contengano più ferro dei fagioli (1.18 mg di ferro in 100 g di fagioli cotti). L’errore decimale non è presente neppure nelle tabelle riportate da von Wolff (Figura 3).
La ricerca di Sutton approda in una tabella pubblicata da Sherman e dai suoi colleghi dell’Università del Wisconsin nel 1934, in cui si dichiara erroneamente che 100 g di spinaci freschi contengono 53 mg di ferro. Nell’articolo non si fa riferimento a von Bunge né a von Wolff. Per di più, l’anno dopo (1935), la rivista “The Science News-Letter” promulga uno studio degli scienziati dell’Università del Wisconsin che spiega il problema dell’assorbimento del ferro presente negli spinaci, facendo riferimento a Braccio di Ferro e al suo mal posto entusiasmo. Dunque, l’errore di Sherman ragionevolmente non sembra poter sostenere la leggenda così diffusa dell’errore decimale che ha portato a ritenere che ci fosse ferro negli spinaci. È più plausibile ritenere, a questo punto, che la storia abbia avuto origine nell’articolo di Hamblin e sia stata divulgata dalle continue citazioni. In alcuni casi, dunque, repetita non iuvant, anzi, come sosteneva l'infame ministro della propaganda del Terzo Reich, Joseph Goebbels, una bugia ripetuta dieci volte diventa verità.
Ma c’è un aspetto ancora più ironico dell’intera vicenda. Ed è racchiuso in nuce nella vignetta mostrata in Figura 4.
Sutton ha analizzato centinaia di strisce di Braccio di Ferro e in nessuna di queste ha trovato la benché minima associazione tra spinaci e ferro. Quando, per la prima volta, Braccio di Ferro deve spiegare perché mangia gli spinaci, chiarisce che è per il loro contenuto di vitamina A. Braccio di Ferro dice di essere un uomo di ferro, dice che la sua forza è legata al consumo di spinaci, ma, almeno nei fumetti analizzati, non dice che gli spinaci contengono ferro (saremo grati, però, a chiunque ci manderà prove che Braccio di Ferro associa ferro a spinaci - grazie).
Fig. 4 - Vignetta di Braccio di Ferro realizzata il 3 Luglio del 1932 da Segar. Olivia dice “Per l’amor del cielo! Ma sei un cavallo?”, e Braccio di Ferro risponde “Gli spinaci sono pieni di Vitamina A, e questo rende gli uomini forti e sani”
Quindi ragazzi, spiacenti, dovete trangugiare lo scivoloso, stomachevole, miasmatico fogliame, non per il ferro (di cui non è particolarmente dotato), bensì per i nitrati inorganici. Naturalmente finchè non si scoprirà che nella tabella dell’articolo pubblicata da “Cell Metabolism” c’era un errore di stampa, e la quantità dei nitrati inorganici veniva riportata con un decimale sbagliato...
Riferimenti bibliografici
- Bouvet, J-F (1999). Gli spinaci sono ricchi di ferro. I luoghi comuni della scienza. Milano, Raffaello Cortina Editore.
- Coultate, T (2009). Food the Chemistry of its components. 5th Edition. Cambridge. Royal Society of Chemistry Publishing.
- Hamblin TJ (1981). Fake! British Medical Journal, 283, 1671-1674.
- Larsen FJ, Schiffer TA, Borniquel S, Sahlin K, Ekblom B, Lundberg JO, and Weitzberg E (2011). Dietary inorganic nitrate improves mitochondrial efficiency in humans. Cell Metabolism, 13, 149-159.
- McKillop M (1916). Food values: what they are, and how to calculate them. London: Routledge.
- Sherman WC, Elvehjem CA, and Hart EB (1934). Further studies on the availability of iron in biological materials. The Journal of Biological Chemistry, 107, 3, 383-394.
- Sutton M (2010). Spinach, iron and Popeye: ironic lessons from biochemistry and history on the importance of healthy eating, healthy scepticism and adequate citation. Internet Journal of Criminology, 1-34.