Aldo Visalberghi era nato a Trieste nel 1919. Laureatosi in filosofia e diplomatosi alla Scuola Normale di Pisa, partecipò alla guerra, unendosi nel 1943 alla Resistenza. Insieme a Duccio Galimberti e Livio Bianco, fu tra i fondatori del movimento Giustizia e Libertà. Aderì poi al Partito d'Azione e al Movimento Federalista Europeo.
Visalberghi ha svolto un ruolo di rilievo nella riforma della scuola italiana, come ha ricordato il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni in occasione della sua scomparsa: «Con Aldo Visalberghi scompare uno dei più grandi rappresentanti della pedagogia italiana» ha detto Fioroni.
«Insigne studioso, saggista e ricercatore ha contribuito attivamente con l'elaborazione teorica, con le ricerche sperimentali e il dialogo continuo con gli insegnanti alla riforma e al cambiamento del nostro sistema educativo. La scuola italiana gli è profondamente grata».
La ricerca empirica e la sperimentazione hanno sempre rappresentato la strada maestra degli studi di Visalberghi. Come ricorda lo studioso, questa passione e il desiderio di «combattere la irrazionale credulità e il suo sfruttamento delittuoso legati alla diffusione delle credenze nel paranormale, che ancora persistono in molti milioni di italiani», lo spinsero nel 1989 a partecipare con Piero Angela ed Edoardo Amaldi alla fondazione del CICAP, di cui divenne uno dei Garanti scientifici.
«È una battaglia difficile perché la tentazione di evadere verso il magico e il miracoloso è antica quanto l'uomo e crescente ne è lo sfruttamento speculativo» scrive Visalberghi nel riepilogo della propria vita scritto per gli studenti del Corso di Laurea di Scienza dell'Educazione e della Formazione, che contribuì a far nascere nel 2001. «Ritengo che sia un dovere pedagogico primario l'impegno a liberare per quanto possibile l'umanità da queste forme di irrazionalità e dalla sua commercializzazione».
Partito dalla filosofia idealistica, Visalberghi è stato uno dei più convinti divulgatori del pensiero dell'americano John Dewey e della psicologia transazionale in Italia. «Ma la mia pur rapida frequentazione del mondo della pedagogia "progressiva" americana mi aperse anche una prospettiva inaspettata, quella del "testing" oggettivo, che poteva essere intelligentemente costruito e utilizzato per rapide verifiche, intermedie e conclusive, dei risultati di un'attività didattica che aveva così maggiore spazio di estendersi operativamente» ricorda ancora Visalberghi. Il nucleo centrale della teoria pedagogica di Visalberghi fu infatti l'attenzione alla pratica della valutazione. Fu tra i primi in Italia, nel 1955, a parlare di misurazione e valutazione dei processi educativi attraverso tecniche di accertamento oggettive, che consentissero di compiere ricerche a larghissimo raggio e comparazioni attendibili.
L'interesse per la ricerca e la sperimentazione era nato presto, sui banchi di scuola, quando frequentava il liceo Dante Alighieri di Trieste.
«Al "Dante" il clima culturale e didattico era ricco e stimolante» ricorda Visalberghi. «Gli insegnamenti scientifici si svolgevano in attrezzati laboratori e i docenti ci motivavano a integrarli con lavori sperimentali domestici che molti di noi organizzavamo in piccoli gruppi, ingegnandoci a procurarci le indispensabili attrezzature; insomma un'autoeducazione scientifica "ludiforme", che poi ho visto essere quasi assente nei licei classici delle altre regioni».
Impegnato in attività di ricerca presso varie istituzioni internazionali nelle quali occupò posti di rilievo, quali l'OCSE, l'UNESCO, il Consiglio d'Europa, Visalberghi ha insegnato presso le Università di Torino, di Milano e di Roma Tre. La sua attività di studio e ricerca è stata scandita da diverse opere: tra le più significative, Logica, teoria dell'indagine (1955), Misurazione e valutazione nel processo educativo (1955), Esperienza e valutazione (1958), La scuola in Italia ed Europa (1958), Scuola aperta (1960), Pedagogia e scienza dell'educazione (in collaborazione con Benedetto Vertecchi e Roberto Maragliano) (1978), Scuola e cultura della pace (1985), Insegnare ad apprendere, Un approccio educativo (1988). n
Visalberghi ha svolto un ruolo di rilievo nella riforma della scuola italiana, come ha ricordato il ministro della Pubblica Istruzione Giuseppe Fioroni in occasione della sua scomparsa: «Con Aldo Visalberghi scompare uno dei più grandi rappresentanti della pedagogia italiana» ha detto Fioroni.
«Insigne studioso, saggista e ricercatore ha contribuito attivamente con l'elaborazione teorica, con le ricerche sperimentali e il dialogo continuo con gli insegnanti alla riforma e al cambiamento del nostro sistema educativo. La scuola italiana gli è profondamente grata».
La ricerca empirica e la sperimentazione hanno sempre rappresentato la strada maestra degli studi di Visalberghi. Come ricorda lo studioso, questa passione e il desiderio di «combattere la irrazionale credulità e il suo sfruttamento delittuoso legati alla diffusione delle credenze nel paranormale, che ancora persistono in molti milioni di italiani», lo spinsero nel 1989 a partecipare con Piero Angela ed Edoardo Amaldi alla fondazione del CICAP, di cui divenne uno dei Garanti scientifici.
«È una battaglia difficile perché la tentazione di evadere verso il magico e il miracoloso è antica quanto l'uomo e crescente ne è lo sfruttamento speculativo» scrive Visalberghi nel riepilogo della propria vita scritto per gli studenti del Corso di Laurea di Scienza dell'Educazione e della Formazione, che contribuì a far nascere nel 2001. «Ritengo che sia un dovere pedagogico primario l'impegno a liberare per quanto possibile l'umanità da queste forme di irrazionalità e dalla sua commercializzazione».
Partito dalla filosofia idealistica, Visalberghi è stato uno dei più convinti divulgatori del pensiero dell'americano John Dewey e della psicologia transazionale in Italia. «Ma la mia pur rapida frequentazione del mondo della pedagogia "progressiva" americana mi aperse anche una prospettiva inaspettata, quella del "testing" oggettivo, che poteva essere intelligentemente costruito e utilizzato per rapide verifiche, intermedie e conclusive, dei risultati di un'attività didattica che aveva così maggiore spazio di estendersi operativamente» ricorda ancora Visalberghi. Il nucleo centrale della teoria pedagogica di Visalberghi fu infatti l'attenzione alla pratica della valutazione. Fu tra i primi in Italia, nel 1955, a parlare di misurazione e valutazione dei processi educativi attraverso tecniche di accertamento oggettive, che consentissero di compiere ricerche a larghissimo raggio e comparazioni attendibili.
L'interesse per la ricerca e la sperimentazione era nato presto, sui banchi di scuola, quando frequentava il liceo Dante Alighieri di Trieste.
«Al "Dante" il clima culturale e didattico era ricco e stimolante» ricorda Visalberghi. «Gli insegnamenti scientifici si svolgevano in attrezzati laboratori e i docenti ci motivavano a integrarli con lavori sperimentali domestici che molti di noi organizzavamo in piccoli gruppi, ingegnandoci a procurarci le indispensabili attrezzature; insomma un'autoeducazione scientifica "ludiforme", che poi ho visto essere quasi assente nei licei classici delle altre regioni».
Impegnato in attività di ricerca presso varie istituzioni internazionali nelle quali occupò posti di rilievo, quali l'OCSE, l'UNESCO, il Consiglio d'Europa, Visalberghi ha insegnato presso le Università di Torino, di Milano e di Roma Tre. La sua attività di studio e ricerca è stata scandita da diverse opere: tra le più significative, Logica, teoria dell'indagine (1955), Misurazione e valutazione nel processo educativo (1955), Esperienza e valutazione (1958), La scuola in Italia ed Europa (1958), Scuola aperta (1960), Pedagogia e scienza dell'educazione (in collaborazione con Benedetto Vertecchi e Roberto Maragliano) (1978), Scuola e cultura della pace (1985), Insegnare ad apprendere, Un approccio educativo (1988). n