La casa editrice è prestigiosa. Il primo autore è un noto parapsicologo, uno dei pochi italiani membri della Parapsychological Association, medico e giornalista. Il secondo autore è ricercatore presso il Dipartimento di Psicologia Generale dell’Università di Padova e insegna Metodologia della ricerca clinica nello stesso Ateneo.
Prima di leggere Parapsicologia. Storia, ricerca, evidenze le aspettative sono quindi molte. Soprattutto per chi appartiene al CICAP, il quale ha sempre visto di buon occhio la collaborazione e il confronto con i parapsicologi seri e preparati. Fin dall’introduzione si apprende che il libro si propone tre principali obiettivi. Il primo consiste nell’informare i lettori sul fatto che alcuni fenomeni apparentemente strani possano essere studiati utilizzando i criteri della ricerca scientifica attuale. Il secondo obiettivo è fornire lo "stato dell’arte" di quanto finora evidenziato dalla ricerca sperimentale nel campo della parapsicologia. Il terzo obiettivo, infine, consiste nella volontà di fornire dati concreti a chiunque voglia discutere di parapsicologia con cognizione di causa. Obiettivi condivisibili che lo stesso CICAP cerca di perseguire da quando è nato.
Sorprende invece un po’ (e dispiace) apprendere che, sin dall’introduzione, i "critici" (come vengono chiamati gli esponenti delle associazione scettiche comprese l’americano CSI - ex CSICOP - e il CICAP) vengano accusati di aver contribuito a creare confusione sull’immagine della parapsicologia, che verrebbe troppo spesso accomunata ad altre pseudoscienze, false credenze e superstizioni varie. Un’accusa che francamente non ci sembra affatto motivata.
Il libro si sviluppa attraverso nove capitoli. Nel primo vengono analizzati diversi test e studi diretti a mettere in evidenza le eventuali differenze di caratteristiche psicologiche e cognitive tra credenti e scettici, ovvero tra pecore e capre, secondo la curiosa terminologia introdotta nel 1958 dalla psicologa Gertrude Shmeidler. Nel secondo e terzo capitolo vengono invece ripercorse le principali tappe della ricerca nel campo della parapsicologia. Sono capitoli ben scritti e, nonostante siano necessariamente sintetici, forniscono un quadro storico molto efficace e ben documentato. Sorprende però nuovamente una cosa. Si minimizzano completamente i grandi contributi che i "critici" (o gli scettici se si preferisce) hanno fornito allo smascheramento di fenomeni fasulli. Smascheramento che dovrebbe essere apprezzato in egual misura dalle capre e dalle pecore. Al contrario, nelle poche occasioni in cui si fa riferimento al lavoro degli scettici, questi ultimi vengono accusati di aver assunto atteggiamenti pregiudiziali e ideologici. A cominciare dallo stesso Dmitrij Mendeleev, illustre chimico russo e precursore di studi scientifici sullo spiritismo che smascherarono impietosamente trucchi e imbrogli da parte dei medium. Biondi e Tressoldi infatti scrivono di Mendeleev:
Al contrario, il grande chimico russo si avvicinò allo spiritismo senza preconcetti e con totale apertura mentale. Lo testimoniano chiaramente alcuni suoi scritti e viene ben chiarito anche nell’introduzione che l’epistemologo Silvano Tagliagambe ha scritto per l’edizione italiana dei testi delle conferenze che Mendeleev tenne in seguito ai suoi studi sui fenomeni spiritici (D. Mendeleev, Sullo spiritismo, Boringhieri, Torino 1992).
Anche i capitoli dedicati alla metodologia e allo stato della ricerca parapsicologica non soddisfano pienamente le aspettative. Nonostante la dovizia di citazioni dei numerosi studi e delle metodologie adottate, manca anche in questa sede un adeguato riconoscimento al ruolo avuto dagli scettici. In particolare poi manca totalmente il riferimento a una figura che la storia della parapsicologia dimostra essere fondamentale in qualsiasi indagine seria e rigorosa: quella dell’illusionista esperto nello smascheramento di trucchi e imbrogli.
Vi sono poi frasi un po’ ambigue. A pag. 81 (capitolo IV) gli autori scrivono, ad esempio: «Diciamo subito che, a nostra conoscenza, non sono finora mai stati documentati casi di individui particolarmente dotati, capaci magari di "vedere a distanza" senza mai sbagliare (o quasi), di prevedere avvenimenti futuri con un grado di accuratezza vicino al 100 per cento, di modificare con atti del pensiero lo stato di salute altrui o la condizione fisica di oggetti inanimati, ad esempio piegando cucchiai o fermando orologi». Quella che può sembrare una umile dichiarazione di insuccesso della parapsicologia in realtà può creare falsi convincimenti nel lettore non esperto. Per dimostrare l’esistenza dei loro presunti poteri, infatti, ai sensitivi non è affatto richiesto di non sbagliare mai e nemmeno un’accuratezza del 100 per cento. Sarebbe sufficiente molto meno. Ma anche questo "molto meno" nessun parapsicologo è mai riuscito purtroppo a dimostrarlo.
Molte perplessità nascono poi dalla lettura dell’ottavo capitolo intitolato "Interpretazioni e spiegazioni". Innanzitutto vale una considerazione generale: ha senso cercare di fornire una interpretazione teorica a fenomeni la cui esistenza non è mai stata dimostrata? Sinceramente riteniamo di no. Al di là di questo, tuttavia, sorprende che ancora una volta si tiri in ballo la meccanica quantistica per cercare di interpretare i fenomeni paranormali. È una vecchia storia e in diverse occasioni è stato da più parti sottolineato come sia del tutto improprio applicare teorie e modelli, validi in certi ambiti fenomenici, ad ambiti del tutto estranei. Senza contare alcune frasi, che fanno letteralmente rizzare i capelli a chi conosce un po’ la meccanica quantistica, come ad esempio questa: «Con ogni probabilità, un simile indirizzo ha avuto origine con la pubblicazione di un volume, nel 1975, dedicato a Quantum physics and parapsychology [Oteri 1975], sebbene a quell’epoca non fossero ancora apparse evidenze sperimentali a sostegno dei fenomeni quantistici».
Ora, affermare che nel 1975 "non fossero ancora apparse evidenze sperimentali a sostegno dei fenomeni quantistici" è (Biondi e Tressoldi mi perdonino) una vera corbelleria. La meccanica quantistica nacque e si sviluppò infatti nei primi tre decenni del Novecento proprio per la necessità di interpretare dati sperimentali che erano noti fin dall’Ottocento: spettro del corpo nero, spettri di emissione e di assorbimento atomici, effetto fotoelettrico, andamento dei calori specifici dei solidi in funzione della temperatura, eccetera. Negli anni Venti del Novecento emersero poi ulteriori evidenze che confermarono la validità dei concetti quantistici da poco introdotti: effetto Compton (1923), esperimenti di C.J. Davisson, L.H. Germer, G.P. Thomson e A. Reid sulla diffrazione degli elettroni (1927), eccetera. Naturalmente questo non significa che ulteriori evidenze non siano state ottenute dal 1975 a oggi.
Nelle conclusioni i nostri autori analizzano le obiettive difficoltà che caratterizzano la parapsicologia e ammettono con onestà che non esiste ancora una dimostrazione certa dei fenomeni di cui si occupa. Le differenze di opinione al riguardo sono profonde. Tuttavia per giustificarle, Biondi e Tressoldi cercano di convincere il lettore che tali profonde differenze di opinione caratterizzino anche altre discipline scientifiche e che siano parte integrante dell’impresa scientifica. Tesi non del tutto convincente. Se è vero che il confronto dialettico è alla base di ogni ricerca, è pur vero che in ambito scientifico sopravvivono e si sviluppano solamente quelle idee suffragate da evidenze sperimentali concrete e sulle quali è possibile raggiungere un accordo intersoggettivo tra i vari ricercatori. Cosa che purtroppo non è mai accaduta alla parapsicologia, nonostante la sua ormai antica tradizione.
Gli autori sostengono infine che un rinnovato interesse per la parapsicologia e un suo riconoscimento, al di là delle opinioni contrastanti, potrà giungere solamente dalla constatazione dell’utilità pratica della parapsicologia. Delineano quindi quali potrebbero essere le possibili applicazioni future della loro disciplina, che vanno dall’impiego della visione a distanza nelle indagini investigative e archeologiche, al controllo mentale di apparecchiature elettroniche; dalla comunicazione di informazioni a distanza, alla previsione di eventi futuri; dall’acquisizione di dati relativi al passato, alla modificazione di proprietà fisiche e biologiche di materiali e organismi. Un panorama fantascientifico che francamente ci appare però molto improbabile.
Da parte nostra, che non abbiamo alcun pregiudizio nei confronti dei parapsicologi e con i quali volentieri siamo disposti a collaborare, non resta che rivolgere loro i migliori auguri.
Prima di leggere Parapsicologia. Storia, ricerca, evidenze le aspettative sono quindi molte. Soprattutto per chi appartiene al CICAP, il quale ha sempre visto di buon occhio la collaborazione e il confronto con i parapsicologi seri e preparati. Fin dall’introduzione si apprende che il libro si propone tre principali obiettivi. Il primo consiste nell’informare i lettori sul fatto che alcuni fenomeni apparentemente strani possano essere studiati utilizzando i criteri della ricerca scientifica attuale. Il secondo obiettivo è fornire lo "stato dell’arte" di quanto finora evidenziato dalla ricerca sperimentale nel campo della parapsicologia. Il terzo obiettivo, infine, consiste nella volontà di fornire dati concreti a chiunque voglia discutere di parapsicologia con cognizione di causa. Obiettivi condivisibili che lo stesso CICAP cerca di perseguire da quando è nato.
Sorprende invece un po’ (e dispiace) apprendere che, sin dall’introduzione, i "critici" (come vengono chiamati gli esponenti delle associazione scettiche comprese l’americano CSI - ex CSICOP - e il CICAP) vengano accusati di aver contribuito a creare confusione sull’immagine della parapsicologia, che verrebbe troppo spesso accomunata ad altre pseudoscienze, false credenze e superstizioni varie. Un’accusa che francamente non ci sembra affatto motivata.
Il libro si sviluppa attraverso nove capitoli. Nel primo vengono analizzati diversi test e studi diretti a mettere in evidenza le eventuali differenze di caratteristiche psicologiche e cognitive tra credenti e scettici, ovvero tra pecore e capre, secondo la curiosa terminologia introdotta nel 1958 dalla psicologa Gertrude Shmeidler. Nel secondo e terzo capitolo vengono invece ripercorse le principali tappe della ricerca nel campo della parapsicologia. Sono capitoli ben scritti e, nonostante siano necessariamente sintetici, forniscono un quadro storico molto efficace e ben documentato. Sorprende però nuovamente una cosa. Si minimizzano completamente i grandi contributi che i "critici" (o gli scettici se si preferisce) hanno fornito allo smascheramento di fenomeni fasulli. Smascheramento che dovrebbe essere apprezzato in egual misura dalle capre e dalle pecore. Al contrario, nelle poche occasioni in cui si fa riferimento al lavoro degli scettici, questi ultimi vengono accusati di aver assunto atteggiamenti pregiudiziali e ideologici. A cominciare dallo stesso Dmitrij Mendeleev, illustre chimico russo e precursore di studi scientifici sullo spiritismo che smascherarono impietosamente trucchi e imbrogli da parte dei medium. Biondi e Tressoldi infatti scrivono di Mendeleev:
«Le motivazioni dello scienziato erano state fin dall’inizio dichiaratamente ideologiche, in quanto Mendeleev giudicava ogni forma di occulto fonte di superstizione e arretratezza sociale.»
Al contrario, il grande chimico russo si avvicinò allo spiritismo senza preconcetti e con totale apertura mentale. Lo testimoniano chiaramente alcuni suoi scritti e viene ben chiarito anche nell’introduzione che l’epistemologo Silvano Tagliagambe ha scritto per l’edizione italiana dei testi delle conferenze che Mendeleev tenne in seguito ai suoi studi sui fenomeni spiritici (D. Mendeleev, Sullo spiritismo, Boringhieri, Torino 1992).
Anche i capitoli dedicati alla metodologia e allo stato della ricerca parapsicologica non soddisfano pienamente le aspettative. Nonostante la dovizia di citazioni dei numerosi studi e delle metodologie adottate, manca anche in questa sede un adeguato riconoscimento al ruolo avuto dagli scettici. In particolare poi manca totalmente il riferimento a una figura che la storia della parapsicologia dimostra essere fondamentale in qualsiasi indagine seria e rigorosa: quella dell’illusionista esperto nello smascheramento di trucchi e imbrogli.
Vi sono poi frasi un po’ ambigue. A pag. 81 (capitolo IV) gli autori scrivono, ad esempio: «Diciamo subito che, a nostra conoscenza, non sono finora mai stati documentati casi di individui particolarmente dotati, capaci magari di "vedere a distanza" senza mai sbagliare (o quasi), di prevedere avvenimenti futuri con un grado di accuratezza vicino al 100 per cento, di modificare con atti del pensiero lo stato di salute altrui o la condizione fisica di oggetti inanimati, ad esempio piegando cucchiai o fermando orologi». Quella che può sembrare una umile dichiarazione di insuccesso della parapsicologia in realtà può creare falsi convincimenti nel lettore non esperto. Per dimostrare l’esistenza dei loro presunti poteri, infatti, ai sensitivi non è affatto richiesto di non sbagliare mai e nemmeno un’accuratezza del 100 per cento. Sarebbe sufficiente molto meno. Ma anche questo "molto meno" nessun parapsicologo è mai riuscito purtroppo a dimostrarlo.
Molte perplessità nascono poi dalla lettura dell’ottavo capitolo intitolato "Interpretazioni e spiegazioni". Innanzitutto vale una considerazione generale: ha senso cercare di fornire una interpretazione teorica a fenomeni la cui esistenza non è mai stata dimostrata? Sinceramente riteniamo di no. Al di là di questo, tuttavia, sorprende che ancora una volta si tiri in ballo la meccanica quantistica per cercare di interpretare i fenomeni paranormali. È una vecchia storia e in diverse occasioni è stato da più parti sottolineato come sia del tutto improprio applicare teorie e modelli, validi in certi ambiti fenomenici, ad ambiti del tutto estranei. Senza contare alcune frasi, che fanno letteralmente rizzare i capelli a chi conosce un po’ la meccanica quantistica, come ad esempio questa: «Con ogni probabilità, un simile indirizzo ha avuto origine con la pubblicazione di un volume, nel 1975, dedicato a Quantum physics and parapsychology [Oteri 1975], sebbene a quell’epoca non fossero ancora apparse evidenze sperimentali a sostegno dei fenomeni quantistici».
Ora, affermare che nel 1975 "non fossero ancora apparse evidenze sperimentali a sostegno dei fenomeni quantistici" è (Biondi e Tressoldi mi perdonino) una vera corbelleria. La meccanica quantistica nacque e si sviluppò infatti nei primi tre decenni del Novecento proprio per la necessità di interpretare dati sperimentali che erano noti fin dall’Ottocento: spettro del corpo nero, spettri di emissione e di assorbimento atomici, effetto fotoelettrico, andamento dei calori specifici dei solidi in funzione della temperatura, eccetera. Negli anni Venti del Novecento emersero poi ulteriori evidenze che confermarono la validità dei concetti quantistici da poco introdotti: effetto Compton (1923), esperimenti di C.J. Davisson, L.H. Germer, G.P. Thomson e A. Reid sulla diffrazione degli elettroni (1927), eccetera. Naturalmente questo non significa che ulteriori evidenze non siano state ottenute dal 1975 a oggi.
Nelle conclusioni i nostri autori analizzano le obiettive difficoltà che caratterizzano la parapsicologia e ammettono con onestà che non esiste ancora una dimostrazione certa dei fenomeni di cui si occupa. Le differenze di opinione al riguardo sono profonde. Tuttavia per giustificarle, Biondi e Tressoldi cercano di convincere il lettore che tali profonde differenze di opinione caratterizzino anche altre discipline scientifiche e che siano parte integrante dell’impresa scientifica. Tesi non del tutto convincente. Se è vero che il confronto dialettico è alla base di ogni ricerca, è pur vero che in ambito scientifico sopravvivono e si sviluppano solamente quelle idee suffragate da evidenze sperimentali concrete e sulle quali è possibile raggiungere un accordo intersoggettivo tra i vari ricercatori. Cosa che purtroppo non è mai accaduta alla parapsicologia, nonostante la sua ormai antica tradizione.
Gli autori sostengono infine che un rinnovato interesse per la parapsicologia e un suo riconoscimento, al di là delle opinioni contrastanti, potrà giungere solamente dalla constatazione dell’utilità pratica della parapsicologia. Delineano quindi quali potrebbero essere le possibili applicazioni future della loro disciplina, che vanno dall’impiego della visione a distanza nelle indagini investigative e archeologiche, al controllo mentale di apparecchiature elettroniche; dalla comunicazione di informazioni a distanza, alla previsione di eventi futuri; dall’acquisizione di dati relativi al passato, alla modificazione di proprietà fisiche e biologiche di materiali e organismi. Un panorama fantascientifico che francamente ci appare però molto improbabile.
Da parte nostra, che non abbiamo alcun pregiudizio nei confronti dei parapsicologi e con i quali volentieri siamo disposti a collaborare, non resta che rivolgere loro i migliori auguri.