La nostra percezione, lo sappiamo, è molto limitata. Ci muoviamo nel mondo dei sensi come dei mutilati. Non vediamo gli infrarossi, gli ultravioletti, e neppure l'aria (per non parlare degli atomi). La nostra vista ci dà quindi solo una visione parziale della realtà. Per l'udito le cose non vanno meglio: non riusciamo, normalmente, a percepire suoni al di sopra dei 15.000 periodi e al di sotto dei 30. Molti animali, come i cani, riescono a far meglio di noi, ad arrivare un po' più in su. Ed è proprio in quella fascia di frequenze, per noi non udibili, che funziona il famoso fischietto a ultrasuoni. Questa nostra mutilazione uditiva, per lungo tempo, ci ha impedito di capire il volo del pipistrello, allora attribuito a proprietà soprannaturali. Oggi invece sappiamo che anche il pipistrello vola senza bisogno di ricorrere a una percezione extra sensoriale, ma riesce a dirigersi alla cieca grazie all'eco dei suoi squittii ultrasonici. Tale limitatezza della nostra percezione deve farci naturalmente riflettere. Se siamo così ciechi e sordi, quante altre cose esistono che sono al di là della nostra portata, dei nostri sensi? Quante altre cose ci avviluppano e ci influenzano senza che ce ne rendiamo conto?
Un'indicazione nuova proviene, per esempio, dallo studio del volo dei piccioni. I piccioni riescono a orientarsi anche grazie al campo magnetico terrestre. Ma allora: noi pure possiamo essere sensibili al campo magnetico terrestre? E quali conseguenze può avere ciò? In vari paesi sono state condotte ricerche dalle quali risulterebbe che anche gli esseri umani tendono a percepire leggermente il campo magnetico, o le fluttuazioni di campi elettromagnetici, e pare che ciò possa influenzare il ritmo del sonno e della veglia. Naturalmente il campo magnetico terrestre è solo una delle tante cose che ci circondano. Viviamo immersi in un bagno di onde, radiazioni, particelle, raggi, energie. Ogni essere, ogni materia e ogni sasso in natura emette microonde; siamo quindi sensibili, inconsciamente, a tutte queste cose? E non è possibile che attraverso questi canali invisibili si stabiliscano delle comunicazioni?
In fondo già tra gli stessi animali, assistiamo a cose sorprendenti. Le formiche, per esempio, comunicano tra loro a distanze grandissime, tenuto conto delle loro piccole dimensioni. In proporzione, è come se noi ci scambiassimo messaggi vocali tra Roma e Firenze. Non c'è qualcosa di strano in tutto questo, qualcosa che ricorda un po' la telepatia? Il professor Bert Holdobler, studioso del linguaggio delle formiche all'Università di Harvard, spiega che non c'è niente di particolarmente misterioso nella comunicazione a distanza delle formiche, anche se si tratta di un meccanismo molto interessante. "Le formiche scaricano nell'aria delle sostanze chimiche chiamate feromoni, prodotte da speciali ghiandole. Queste sostanze vengono portate dal vento a notevole distanza, centinaia di metri, forse anche più. Bastano poche molecole, per esempio, a segnalare al maschio la presenza della femmina: il maschio allora si dirige controvento, cercando altre molecole. Se non ne trova, comincia a girare in circolo fino a quando rintraccia nuovamente questi segnali chimici. E così si avvicina a mano a mano alla femmina. Si tratta in sostanza di un meccanismo simile a quello di certi mammiferi in calore: i gatti o i cani maschi, per esempio, giungono da notevoli distanze quando sentono nell'aria le molecole liberate dalle femmine. La differenza è che nelle formiche i segnali possono essere di diverso tipo: non solo segnali sessuali ma anche di pericolo o relativi al cibo, o altro. È un piccolo alfabeto chimico. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la telepatia. Le formiche e gli altri insetti, per quanto ne so, non comunicano certo per via telepatica".
Ma è possibile, possiamo chiederci, che il nostro cervello, così raffinato e straordinario, non abbia energia capace di trasmettere dei segnali? Sappiamo per esempio che il cervello umano, come quello degli animali, sviluppa al suo interno un'intensa attività elettrica. Le onde cerebrali vengono persino registrate dall'elettroencefalogramma. Non è possibile, allora, che queste onde cerebrali possano essere captate a distanza da un altro cervello, così come avviene per i feromoni? In fondo, solo da qualche decennio abbiamo scoperto l'esistenza della trasmissione radio, cioè di un tipo di trasmissione di cui un tempo nessuno sospettava l'esistenza. Perché il nostro cervello non potrebbe trasmettere a distanza questa attività elettrica, che in pratica riflette proprio le emozioni individuali e il pensiero?
Ecco cosa mi diceva in proposito il professor Antonio Borsellino, già direttore dell'Istituto di biofisica e cibernetica del CNR, a Camogli: "Sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, la risposta è no. La cellula nervosa, infatti, ha una potenza elettrica disponibile di un miliardesimo di watt. E non si va lontano con questa potenza (anzi con questa debolezza)". Ma non potrebbero esservi altre onde cerebrali che ancora non conosciamo, di altro tipo, o di altra natura? "Be', è come se lei mi chiedesse se gli anelli del pianeta Saturno, che contengono cristalli di ghiaccio, possono avere il gusto della granita all'amarena. Certo, è una possibilità!". Si dice spesso che il cervello rimanga un mistero… "Ci sono ancora molte cose da studiare, come in tutti i campi della scienza: ma non mi sentirei di avvalorare tale ipotesi. I principi di base sono abbastanza chiari e abbiamo sufficienti elementi per inquadrare l'attività cerebrale nei suoi aspetti più importanti come la percezione, il comportamento, le emozioni, l'attività mentale in generale. La metodologia è ben tracciata e sta avendo continui successi. Uscire da questa strada maestra, che è quella che ci ha permesso di scoprire tutto ciò che conosciamo, e supporre che esistano stranezze incontrollabili, al di fuori e in contrasto con le nostre conoscenze attuali e con principi scientifici ormai saldi, può essere un piacevole gioco di fantasia, che però non va oltre il divertissement per passare mezz'ora al caffè…"
All'Università di New York sono stati fatti esperimenti di notevole interesse per cercare di rilevare a distanza l'attività elettrica del cervello. Un volontario veniva collocato in una macchina leonardesca, in modo che rimanesse assolutamente immobile. Si trattava di una specie di grande sandwich di legno dove l'individuo veniva bloccato in modo che la sua testa rimanesse ben ferma. Sopra di essa si trovava una specie di thermos contenente elio liquido a temperatura bassissima, vicina allo zero assoluto. All'interno di questo thermos vi erano delle parti elettroniche che, a quella temperatura, non presentavano praticamente resistenza al flusso di corrente elettrica. In questo modo, con dei sensori, era possibile rilevare in prossimità della testa (a circa 1 cm di distanza) l'attività elettrica del cervello, trasformandola in voltaggio in uscita e osservando così le variazioni che si producevano, per esempio, se il soggetto guardava forme luminose su un piccolo schermo.
Che tipo di indicazione può fornire un apparecchio del genere circa la possibilità di trasmettere a distanza delle onde cerebrali? "In realtà" dice il professor Kaufman, dell'Università di New York "si tratta di campi magnetici estremamente deboli, che si possono captare solo quando sono molto vicini alla testa, a circa 1 cm, utilizzando dei rilevatori sensibilissimi. Allontanandosi dalla testa non si riceve quasi più il segnale. Infatti, siccome l'intensità del segnale diminuisce col quadrato della distanza, se ci si mette a 3 cm il segnale diminuisce già di nove volte. È quindi praticamente impossibile con qualsiasi mezzo rilevare il segnale a una distanza apprezzabile, anche perché esistono moltissime altre interferenze, di vario tipo: per esempio la metropolitana, gli ascensori, le torsioni delle strutture metalliche, eccetera. I nostri stessi campi magnetici - quelli che generiamo lei e io - sono tutti "rumori di fondo" che in pratica cancellano un segnale così debole. E non è possibile rilevarlo neanche a breve raggio. Quanto poi alla possibilità che si propaghino a distanza, anche se fossero usati per generare onde elettriche, non si potrebbero mandare nell'etere, perché le frequenze sarebbero troppo basse. Il cervello infatti genera frequenze di pochi hertz: per essere captate, bisognerebbe che gli uomini avessero sulla testa un'antenna alta 5 chilometri… Sarebbe forse un po' scomodo. Oppure bisognerebbe renderli superconduttori; per esempio, mettendoli tutti a bagno nell'elio liquido a -260° C. Ma molto rapidamente la gente si cristallizzerebbe, e non avrebbe più niente da trasmettere".
Piero Angela
Giornalista e scrittore
Un'indicazione nuova proviene, per esempio, dallo studio del volo dei piccioni. I piccioni riescono a orientarsi anche grazie al campo magnetico terrestre. Ma allora: noi pure possiamo essere sensibili al campo magnetico terrestre? E quali conseguenze può avere ciò? In vari paesi sono state condotte ricerche dalle quali risulterebbe che anche gli esseri umani tendono a percepire leggermente il campo magnetico, o le fluttuazioni di campi elettromagnetici, e pare che ciò possa influenzare il ritmo del sonno e della veglia. Naturalmente il campo magnetico terrestre è solo una delle tante cose che ci circondano. Viviamo immersi in un bagno di onde, radiazioni, particelle, raggi, energie. Ogni essere, ogni materia e ogni sasso in natura emette microonde; siamo quindi sensibili, inconsciamente, a tutte queste cose? E non è possibile che attraverso questi canali invisibili si stabiliscano delle comunicazioni?
In fondo già tra gli stessi animali, assistiamo a cose sorprendenti. Le formiche, per esempio, comunicano tra loro a distanze grandissime, tenuto conto delle loro piccole dimensioni. In proporzione, è come se noi ci scambiassimo messaggi vocali tra Roma e Firenze. Non c'è qualcosa di strano in tutto questo, qualcosa che ricorda un po' la telepatia? Il professor Bert Holdobler, studioso del linguaggio delle formiche all'Università di Harvard, spiega che non c'è niente di particolarmente misterioso nella comunicazione a distanza delle formiche, anche se si tratta di un meccanismo molto interessante. "Le formiche scaricano nell'aria delle sostanze chimiche chiamate feromoni, prodotte da speciali ghiandole. Queste sostanze vengono portate dal vento a notevole distanza, centinaia di metri, forse anche più. Bastano poche molecole, per esempio, a segnalare al maschio la presenza della femmina: il maschio allora si dirige controvento, cercando altre molecole. Se non ne trova, comincia a girare in circolo fino a quando rintraccia nuovamente questi segnali chimici. E così si avvicina a mano a mano alla femmina. Si tratta in sostanza di un meccanismo simile a quello di certi mammiferi in calore: i gatti o i cani maschi, per esempio, giungono da notevoli distanze quando sentono nell'aria le molecole liberate dalle femmine. La differenza è che nelle formiche i segnali possono essere di diverso tipo: non solo segnali sessuali ma anche di pericolo o relativi al cibo, o altro. È un piccolo alfabeto chimico. Tutto ciò non ha nulla a che fare con la telepatia. Le formiche e gli altri insetti, per quanto ne so, non comunicano certo per via telepatica".
Ma è possibile, possiamo chiederci, che il nostro cervello, così raffinato e straordinario, non abbia energia capace di trasmettere dei segnali? Sappiamo per esempio che il cervello umano, come quello degli animali, sviluppa al suo interno un'intensa attività elettrica. Le onde cerebrali vengono persino registrate dall'elettroencefalogramma. Non è possibile, allora, che queste onde cerebrali possano essere captate a distanza da un altro cervello, così come avviene per i feromoni? In fondo, solo da qualche decennio abbiamo scoperto l'esistenza della trasmissione radio, cioè di un tipo di trasmissione di cui un tempo nessuno sospettava l'esistenza. Perché il nostro cervello non potrebbe trasmettere a distanza questa attività elettrica, che in pratica riflette proprio le emozioni individuali e il pensiero?
Ecco cosa mi diceva in proposito il professor Antonio Borsellino, già direttore dell'Istituto di biofisica e cibernetica del CNR, a Camogli: "Sulla base delle attuali conoscenze scientifiche, la risposta è no. La cellula nervosa, infatti, ha una potenza elettrica disponibile di un miliardesimo di watt. E non si va lontano con questa potenza (anzi con questa debolezza)". Ma non potrebbero esservi altre onde cerebrali che ancora non conosciamo, di altro tipo, o di altra natura? "Be', è come se lei mi chiedesse se gli anelli del pianeta Saturno, che contengono cristalli di ghiaccio, possono avere il gusto della granita all'amarena. Certo, è una possibilità!". Si dice spesso che il cervello rimanga un mistero… "Ci sono ancora molte cose da studiare, come in tutti i campi della scienza: ma non mi sentirei di avvalorare tale ipotesi. I principi di base sono abbastanza chiari e abbiamo sufficienti elementi per inquadrare l'attività cerebrale nei suoi aspetti più importanti come la percezione, il comportamento, le emozioni, l'attività mentale in generale. La metodologia è ben tracciata e sta avendo continui successi. Uscire da questa strada maestra, che è quella che ci ha permesso di scoprire tutto ciò che conosciamo, e supporre che esistano stranezze incontrollabili, al di fuori e in contrasto con le nostre conoscenze attuali e con principi scientifici ormai saldi, può essere un piacevole gioco di fantasia, che però non va oltre il divertissement per passare mezz'ora al caffè…"
All'Università di New York sono stati fatti esperimenti di notevole interesse per cercare di rilevare a distanza l'attività elettrica del cervello. Un volontario veniva collocato in una macchina leonardesca, in modo che rimanesse assolutamente immobile. Si trattava di una specie di grande sandwich di legno dove l'individuo veniva bloccato in modo che la sua testa rimanesse ben ferma. Sopra di essa si trovava una specie di thermos contenente elio liquido a temperatura bassissima, vicina allo zero assoluto. All'interno di questo thermos vi erano delle parti elettroniche che, a quella temperatura, non presentavano praticamente resistenza al flusso di corrente elettrica. In questo modo, con dei sensori, era possibile rilevare in prossimità della testa (a circa 1 cm di distanza) l'attività elettrica del cervello, trasformandola in voltaggio in uscita e osservando così le variazioni che si producevano, per esempio, se il soggetto guardava forme luminose su un piccolo schermo.
Che tipo di indicazione può fornire un apparecchio del genere circa la possibilità di trasmettere a distanza delle onde cerebrali? "In realtà" dice il professor Kaufman, dell'Università di New York "si tratta di campi magnetici estremamente deboli, che si possono captare solo quando sono molto vicini alla testa, a circa 1 cm, utilizzando dei rilevatori sensibilissimi. Allontanandosi dalla testa non si riceve quasi più il segnale. Infatti, siccome l'intensità del segnale diminuisce col quadrato della distanza, se ci si mette a 3 cm il segnale diminuisce già di nove volte. È quindi praticamente impossibile con qualsiasi mezzo rilevare il segnale a una distanza apprezzabile, anche perché esistono moltissime altre interferenze, di vario tipo: per esempio la metropolitana, gli ascensori, le torsioni delle strutture metalliche, eccetera. I nostri stessi campi magnetici - quelli che generiamo lei e io - sono tutti "rumori di fondo" che in pratica cancellano un segnale così debole. E non è possibile rilevarlo neanche a breve raggio. Quanto poi alla possibilità che si propaghino a distanza, anche se fossero usati per generare onde elettriche, non si potrebbero mandare nell'etere, perché le frequenze sarebbero troppo basse. Il cervello infatti genera frequenze di pochi hertz: per essere captate, bisognerebbe che gli uomini avessero sulla testa un'antenna alta 5 chilometri… Sarebbe forse un po' scomodo. Oppure bisognerebbe renderli superconduttori; per esempio, mettendoli tutti a bagno nell'elio liquido a -260° C. Ma molto rapidamente la gente si cristallizzerebbe, e non avrebbe più niente da trasmettere".
Piero Angela
Giornalista e scrittore