La massoneria italiana. Dalle origini al nuovo millennio
di Luca G. Manenti
Carocci Editore, Roma, 2024
pp. 220, euro 19,00
O ingigantita o negletta. Questo, di norma, è il destino di uno dei movimenti culturali di minoranza più caratteristici dell’Occidente moderno e contemporaneo, la massoneria. La cosa è ancor più vera per un paese come l’Italia, in cui, a parte alcuni periodi specifici, il numero, lo spessore intellettuale dei massoni e il rilievo pubblico della massoneria sono stati modesti se paragonati a Stati Uniti, Gran Bretagna o Francia. Manenti, storico contemporaneista presso l’Università di Trieste, ha dunque il grande merito di aver spiegato in termini piani e accessibili la parabola italiana di un movimento i cui contorni, al di là del linguaggio simbolico utilizzato dai massoni, sono del tutto decifrabili e soprattutto fanno parte della storia nazionale, e non sono una mera curiosità. Si tratta di un lavoro importante anche per rendere chiaro che le idee su una storia “antica” della massoneria, a volte ancora narrata dagli stessi massoni, sono un mito di fondazione e non realtà storica.
La massoneria è figlia della modernità: nasce in Scozia fra Cinquecento e Seicento, si diffonde in Inghilterra, e da lì sbarca nel continente europeo negli anni '20 del XVIII secolo. Pochi anni dopo se ne troveranno le prime tracce anche da noi.
Il movimento massonico in Italia è stato oggetto di ostracismi, violenze e divieti. Questo però non ne esclude le responsabilità culturali. La riflessione sul senso della propria azione, una coscienza storiografica moderna, le incertezze sui rapporti da tenere con la società e la politica hanno pesato a lungo. Anche per questo la produzione scientifica sui massoni in Italia è decollata solo in tempi recenti. Il punto di svolta è stato il XXI volume della serie Annali della Einaudi, parte della lunga collana editoriale sulla storia d’Italia. Uscito nel 2006, coordinato dallo storico Gian Mario Cazzaniga, ha tolto ogni scusa a chi pensava che occuparsi delle vicende e del pensiero massonico fosse tempo perso. Da allora, molto altro è venuto, e dunque il lavoro di Manenti ha la strada spianata fra il pubblico generale, e si muove a perfetto agio fra dimensioni diverse e spesso contraddittorie della galassia massonica italiana.
Nel libro, gli assi intorno ai quali corrono le ricostruzioni sono descritti con chiarezza: servono a illuminare vicende spesso oscure per il lettore medio, poco abituato alla complessità — e ai bizantinismi — della massoneria.
Sono almeno due le grandi aree intorno alle quali si affanna questo movimento: la prima è quella sociale e politica. Che cos’è il progresso, che cos’è l’umanità, che cosa sono la libertà e l’autonomia dell’individuo, che cosa vuol dire occuparsi in modo adeguato della cosa pubblica, e se la loggia massonica debba essere un luogo aperto e in dialogo con la società oppure un luogo “altro”, di discussione riservata. La seconda area è quella che potremmo definire esoterica e psicologica, nel senso più ampio del termine. In questo caso è il linguaggio dei simboli, quello che di solito stupisce e a volte preoccupa chi è al di fuori della massoneria, a essere al centro di un vero e proprio metodo di dibattito e di crescita personale. Il tutto, agito nello spazio peculiare del tempio massonico, un luogo spesso temuto, fantasizzato e comunque insolito, ma in sostanza nient’altro che una sorta di teatro in cui vengono messe in scena delle azioni curiose e tenuti dei discorsi per certi versi assimilabili a degli psicodrammi.
Forse nel libro è un po’ trascurato (ma per scelta) il significato della presenza nel nostro paese, per quanto caotica e frammentata, di obbedienze diverse dal Grande Oriente d’Italia, il GOI, che pure è la massoneria italiana per eccellenza. La prospettiva di Manenti è storica, non antropologica ma, anche così, va detto che è stato in altre obbedienze, come la Gran Loggia d’Italia, e non nel GOI, che a partire dagli anni '50 è avvenuto un fatto rivoluzionario: l’ingresso a pieno titolo delle donne in un ambito in cui la prevalenza maschile è tuttora nettissima. Allo stesso modo, anche se Manenti mette in adeguato risalto il trauma ancora non risolto della vicenda Gelli, che fu gestita in maniera catastrofica da gran parte dei dirigenti massonici del tempo, sarebbe stato utile accennare ai problemi ricorrenti al sud, dove anche negli ultimi anni sono state avviate indagini giudiziarie su presunte penetrazioni malavitose in alcune logge.
La massoneria italiana, Manenti lo documenta bene, è morta e rinata più volte, soprattutto dopo i divieti della Restaurazione post napoleonica e del fascismo. Il suo lavoro mira a far capire che questo movimento è storia italiana, non altro. Spetta ai massoni, tuttavia, dimostrare che la loro non è soltanto storia ed elenco di bei nomi, ma una realtà vivente e leggibile a tutti.