Dalle aule universitarie al grande pubblico

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Le copertine dei titoli della collana già pubblicati. Tutti i volumi sono in vendita a euro 11,00 ciascuno.
"Prolusioni" è una collana pubblicata dalle Edizioni Università di Macerata/EUM che si prefigge di far arrivare a un pubblico più vasto «un tesoro finora nascosto negli archivi delle università italiane e straniere» , vale a dire i discorsi, talvolta dimenticati o mai proposti prima alla lettura, tenuti da importanti personalità della scienza, della politica e della cultura di tutto il mondo nel corso di cerimonie solenni come le inaugurazioni degli anni accademici o il conferimento di titoli ad honorem. Ne abbiamo parlato con Benedetta Barbisan, che dirige la collana insieme a Raffaella Merlini

Da dove nasce l’idea di una collana così insolita, specialmente per una casa editrice universitaria che, in particolare in Italia, in genere produce materiali didattici o a uso accademico?

Nasce in modo molto informale: a cena, con una tovaglietta di carta sotto il piatto e una penna, insieme all’allora presidente delle Edizioni Università di Macerata, Luca De Benedictis. Nasce perché volevamo qualcosa che legasse ciò che accade nella turris eburnea degli ambienti accademici a un pubblico più largo. Questa esigenza ha molto a che vedere con una caratteristica specifica del nostro ateneo, che ha una dimensione e una piega culturale quasi laboratoriale: intendendo con questo la vocazione a pensarsi come incubatore di idee e di percorsi auspicabilmente eccentrici, nel senso positivo del termine. Non è un caso, forse, che l’università di Macerata dallo scorso anno sia guidata dal primo rettore non italiano di una università italiana (John McCourt, professore di letteratura inglese e noto esperto di letteratura irlandese, NdR).

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Le prolusioni però sono un genere poco familiare al grande pubblico: persino il vocabolo può suonare un po’ ostico

Ci siamo resi conto subito che intitolare la collana “Prolusioni” sarebbe risultato un po’ oscuro a una parte del pubblico estraneo alle dinamiche accademiche. Ma abbiamo voluto mantenere quel titolo perché l’idea della collana non nasce dall’esigenza di tradurre in termini più digeribili qualcosa di ieratico, accademico. Al contrario, volevamo che ciò che è avvenuto dentro le aule universitarie venisse riproposto integralmente a un pubblico generalista, nella convinzione che in occasione delle prolusioni, nel corso della storia, siano state comunicate delle idee e dei progetti che poi hanno avuto impatto sulla vita delle persone e sulla società in generale. Come si vede da quello che stiamo pubblicando, gli esempi sono moltissimi, ma per farne solo uno non molto conosciuto, il generale George Marshall, a cui è dedicato uno dei volumi in uscita tra poco, annunciò il piano di aiuti all’Europa che porta il suo nome durante un discorso all’università di Harvard.

Come si è sviluppata operativamente la collana e a quali fonti vi siete rivolti per recuperare i testi?

Rispondere a questa domanda fa capire il metodo piuttosto empirico che abbiamo dovuto utilizzare, almeno all’inizio. Questo è un lavoro che ho fatto io personalmente, vale a dire che ho immaginato un certo numero di personaggi importanti del mondo della cultura di ieri e di oggi, in senso molto trasversale, e poi sono andata a verificare concretamente se e come fossero state conservate le loro prolusioni. Non è un caso quindi che Winston Churchill sia il primo della serie, per alcuni motivi. Anzitutto, la sua produzione scritta e parlata è sovrabbondante, e poi i suoi materiali sono molto ben organizzati dalla Fondazione che se ne occupa, per cui il grosso del lavoro è stato selezionare. Ho quindi scelto i discorsi dal 1941 al 1949 perché sono quelli a cavallo del suo arrivo alla guida del governo e poi all’uscita dal governo, guerra e dopoguerra. Sono le prolusioni in cui Churchill pronuncia per la prima volta la locuzione “cortina di ferro”, in cui parla per la prima volta di Stati Uniti d’Europa. E a Harvard fa un uso della lingua che viene riconosciuto come uno degli strumenti con cui il Regno Unito ha vinto la guerra: l’uso della sua lingua, soprattutto nella dialettica con l’alleato nordamericano.

In altri casi, invece, il lavoro è stato di vero e proprio scavo. Mi riferisco nello specifico ai volumi dedicati a Fleming e a Curie, perché in quei casi mi sono imbattuta nei bollettini del tempo, rispettivamente di Harvard e di Vassar, in cui si dava notizia di queste prolusioni ma non c’erano i testi, per cui ci siamo dovuti rivolgere direttamente agli archivi, che per fortuna avevano copie originali dei discorsi, che ci hanno trasmesso. Questo ci dice qualcosa anche su quanto il genere delle prolusioni sia stato sottostimato. Per esempio, negli stessi mesi del 1945 in cui Fleming tiene il discorso a Harvard che pubblichiamo e poi, a fine anno, parla a Stoccolma alla cerimonia per il conferimento del Nobel, lo scopritore della penicillina viene invitato alla Sapienza di Roma, dove tiene una prolusione. Tuttavia, malgrado i nostri ripetuti tentativi, di quell’evento alla Sapienza a quanto pare non esiste traccia.

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Al di là delle questioni di reperibilità dei discorsi, qual è - se c’è - il filo rosso che lega i vari protagonisti della collana? In realtà appaiono piuttosto diversi e distanti tra loro

E sono effettivamente distanti: dopo Winston Churchill, Alexander Fleming, Marie Curie ed Eleanor Roosevelt, stiamo infatti per pubblicare i volumi con le prolusioni di Piero Calamandrei, Vaclav Havel, il già citato George Marshall e poi John Stuart Mill, con cui si cambia addirittura secolo. In realtà, all’inizio del lavoro, quando stavamo verificando se era concretamente possibile realizzare la collana, siamo andati volutamente in cerca di personaggi molto diversi tra loro, e abbiamo subito fatto nostra l’idea di mettere insieme voci molto lontane, molto complementari. Per chiarire fino a che punto le vogliamo diverse e complementari, basti dire che stiamo cercando, per ora senza successo, di comprare i diritti di una bellissima prolusione tenuta al Kenyon College da Bill Watterson, l’autore del fumetto Calvin & Hobbes. O, ancora: Meryl Streep ha tenuto delle prolusioni bellissime che ci piacerebbe pubblicare, benché temo che sarà difficile averle.

Un elemento che emerge dalle prolusioni sono le differenze tra il mondo accademico europeo e quello statunitense

Ci sono senz’altro differenze evidenti da un punto di vista formale e di rapporto tra oratore e pubblico. Non c’è dubbio che parlare di prolusioni come genere è certamente più facile se si guarda agli Stati Uniti. E non solo perché c’è molto più materiale disponibile, il che è comunque rivelatore, ma dice molto anche sulle differenze nel rapporto tra università e società. Marie Curie, per esempio, tiene la sua prolusione all’università di Vassar, non in un ateneo francese.

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Insieme ai discorsi, ogni volume è completato da una sezione che avete intitolato “Echi”: di cosa si tratta?

In effetti, in questa collana compiamo un’operazione che traghetta i contenuti a più livelli: dall’ambito accademico a quello generalista, ma anche dal parlato allo scritto. E, quasi sempre, da una lingua a un’altra: non è un caso che sulle copertine il titolo della collana sia graficamente riportato attraverso i fonemi. Abbiamo quindi pensato che fosse necessario offrire al lettore, negli “Echi contestuali”, un approfondimento accademico ma scritto in un linguaggio accessibile ai non iniziati, direi narrativo, e negli “Echi traduttivi”, curati da Raffaella Merlini, le osservazioni interpretative e linguistiche che sono emerse durante i passaggi tra le lingue e tra scritto e parlato.

Cosa c'è in programma per il prossimo futuro?

Un desiderio che vorremmo realizzare è far conoscere la collana come un insieme anziché come una serie di titoli isolati, esposti in scaffali diversi a seconda del personaggio, con i discorsi di Churchill nella sezione di storia e quelli di Marie Curie tra i libri di scienza. Per il prossimo Natale, quindi, i quattro titoli già esistenti, e gli altri quattro che a quel punto saranno stati pubblicati, saranno proposti nelle librerie tutti insieme in un unico espositore, che avrà la stessa grafica delle copertine. Quanto ai titoli successivi, abbiamo trovato le prolusioni di Simone Weil e di Aleksandr Solzenicyn, stiamo cercando Joseph Brodsky e vorremmo provare con Renzo Piano: sempre quindi seguendo una logica di complementarietà e trasversalità.

BENEDETTA BARBISAN è professore associato di diritto pubblico comparato presso il Dipartimento di scienze politiche, della comunicazione e delle relazioni internazionali dell’Università di Macerata. Formatasi tra l’Italia e gli Stati Uniti, è autrice di numerose pubblicazioni scientifiche; tra i suoi libri, ricordiamo Corte costituzionale e Corti europee, con Giuliano Amato (Il Mulino, 2016) e Nascita di un mito (Il Mulino, 2008).


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