James Randi è scomparso lo scorso 20 ottobre a 92 anni. Forse la persona che, fra tutti, nel CICAP gli è stata più vicina, ha lavorato con lui e ha stretto un legame che andava oltre i comuni interessi sei stato tu. Da quanto tempo conoscevi James Randi?
L’ho conosciuto nel 1988. Gli avevo scritto una lettera dopo aver letto Viaggio nel mondo del paranormale di Piero Angela e lui mi aveva risposto, quindi nel 1987 avevamo cominciato a scriverci. Finché, l’anno dopo, Piero lo aveva invitato in Italia e ci eravamo incontrati. Quasi subito, pochi giorni dopo, Piero mi aveva chiamato a Roma per poter stare qualche giorno con a loro, e lì mi avevano proposto di andare negli Stati Uniti a studiare insieme a Randi. Sono passati 32 anni...
Parliamo ora di Randi: quando ha iniziato a interessarsi allo scetticismo e come?
Lui raccontava sempre questa storia: da bambino, Randi era molto appassionato di giochi di prestigio e aveva un quoziente intellettivo altissimo. Aveva ottenuto una sorta di permesso che gli permetteva di non frequentare le lezioni a scuola, e ci andava solo per fare gli esami, le verifiche e le interrogazioni. Per il resto poteva “educarsi da solo”, come si diceva all’epoca: passava il tempo in biblioteca, andava nei musei, si interessava di tutto. E nel suo interessarsi di tutto un giorno era finito in una sorta di congrega spiritista dove c’era questo pseudo-sacerdote che raccontava ai suoi fedeli di poter leggere i messaggi rivolti agli spiriti. I messaggi erano tutti scritti in bigliettini che lui non apriva, ma di cui magicamente conosceva il contenuto. Solo che Randi, che all’epoca avrà avuto 12-13 anni, aveva subito riconosciuto un classico trucco dei mentalisti. Quindi si era alzato, aveva cominciato a fare baccano, e a dire: «No! No! È un trucco! Non sta leggendo con i suoi poteri quello che c’è scritto nei biglietti, vi sta prendendo in giro!». Insomma, il risultato fu che chiamarono la polizia e lo fecero portare via. Lui all’epoca abitava a Toronto, in Canada, e passò un pomeriggio alla centrale di polizia. Suo padre dovette andarlo a prendere e fargli la ramanzina: «Non si disturba!» Lui se l’è segnata, si può dire... Nel senso che raccontava che da quel momento cominciò a guardare con grande sospetto le manifestazioni che venivano spacciate per paranormali, ma in cui lui riusciva a riconoscere i trucchi dei prestigiatori.
Questa battaglia ha cominciato ad assorbirlo di più a partire dagli anni ’60: all’epoca conduceva un programma radiofonico notturno a New York, in cui spesso parlava del paranormale. Lui stesso partecipava, quando gli capitava, a sperimentazioni su soggetti che dicevano di avere poteri sovrannaturali, e ci sono ancora i suoi resoconti di quel decennio. Aveva partecipato, ad esempio, a una verifica su una bambina che diceva di poter vedere attraverso una benda, e aveva contribuito a bendarla in un modo che il trucco che stava usando non fosse più possibile: le aveva fatto togliere la benda e le aveva fatto mettere due piccoli cerottini sulle palpebre. Con la benda, la bambina riusciva a sbirciare di sotto, mentre in questo modo non poteva più vedere niente.
Poi, sempre negli anni '60, Randi andava spesso in televisione e rifaceva i trucchi dei medium, spiegando come funzionavano questi inganni. Lui stesso organizzava sedute spiritiche in cui poi succedeva di tutto – ma dopo ne svelava i trucchi. Nel 1967 ha avuto la possibilità di vedere da vicino Ted Serios, che raccontava di poter fotografare il pensiero, e ha spiegato in televisione come ci riusciva grazie a un piccolo visore nascosto nella mano...
Insomma, direi che negli anni '60 lui era già ben avviato su quella strada. La nascita del suo “premio” risale proprio all’esperienza con Ted Serios: diecimila dollari a chiunque fosse riuscito a dimostrare una facoltà paranormale in condizioni controllate! E poi, da lì, fu un crescendo. Quando è arrivato Uri Geller, Randi ha messo in secondo piano la sua carriera di illusionista e ha iniziato a dedicarsi in maniera intensa all’indagine del paranormale. Pochi anni dopo, insieme a Ray Hyman e a Martin Gardner, fondò lo CSICOP. Siamo nel 1973-’74, e lo CSICOP nacque ufficialmente nel 1975.
Quale era la molla che spingeva Randi nella sua instancabile attività?
Lui non sopportava le ingiustizie, non sopportava i prepotenti e chi si approfittava dei più deboli. Aveva una grande compassione per chi credeva, a causa della disperazione, nelle affermazioni dei ciarlatani, come chi si convinceva che i guaritori filippini o quelli carismatici potessero davvero curare le malattie... Perché si rendeva conto che si trattava di persone disperate, che erano state illuse. Dunque, era furibondo nei confronti dei personaggi che alimentavano false credenze. Ed era questo un po’ il motore che lo faceva insistere, andare avanti e impegnarsi tantissimo per ridurre – se non togliere di mezzo – le attività di questi ciarlatani. Uno dei suoi casi più famosi fu quello di Peter Popoff, un guaritore carismatico che diceva di poter parlare con Dio: in realtà aveva una radiolina nascosta nell’orecchio attraverso la quale comunicava con sua moglie. In effetti, quando Randi svelò il suo trucco in televisione, da Johnny Carson al True Night Show, Popoff finì in bancarotta. Ma pochi anni dopo tornò a fare i suoi giri e le sue rappresentazioni pseudoreligiose, e riprese a far soldi come prima. Quindi, sì, può essere frustrante: purtroppo, come ben sappiamo, le persone vogliono credere all’incredibile anche quando non c’è nessuna prova.
Il nome di Randi è legato alla sua celebre sfida da un milione di dollari. Ce ne vuoi parlare? Avrebbe ancora senso oggi? E pensi che ci sarà qualcosa di simile in futuro?
La sfida nasce, come dicevo, da quella contesa con Ted Serios nel 1967, come premio da 10.000 dollari. Poi è stata portata nel 1989 a 100.000 dollari. Io ero con lui, a quel tempo, per un programma televisivo. Quando nel 1996 è nata la sua fondazione, la James Randi Educational Foundation, la posta è stata alzata a un milione di dollari, grazie al contributo di un finanziatore molto facoltoso. Dopo tutto, un milione di dollari fa molta più scena che non 10.000 o anche 100.000 dollari. Però i soldi c’erano davvero, erano depositati in banca e aspettavano di essere vinti. Ovviamente, le centinaia di casi di persone che hanno partecipato non hanno mai nemmeno passato i test preliminari.
Avrebbe ancora senso oggi? Oggi forse non sarebbe lo strumento giusto, perché non ci sono più quei personaggi che affermano di avere facoltà straordinarie. O meglio, ci sono ancora, ma non hanno più quella visibilità e quel credito che potevano avere fino a qualche tempo fa. E questo grazie a Randi in primo luogo, e poi a tutte le associazioni internazionali come il CICAP che hanno contribuito a smascherarli – ma grazie anche al web, credo, perché non appena uno di questi individui salta fuori con qualche affermazione straordinaria, quasi subito c’è chi spiega esattamente come fa: oggi è molto più difficile per persone del genere farsi strada.
Invece, al giorno d’oggi sono molto più pervasive le teorie del complotto, e con queste forse avrebbe senso mettere un premio da un milione di dollari, per chi fosse in grado di dimostrare che la teoria è vera. Però temo che non avrebbe la stessa presa, perché con il complottismo non è in gioco qualcuno che dice di avere delle facoltà paranormali; ci si trova davanti a persone che dicono: «le cose stanno così, le prove ci sono, ma non sono facili da trovare»... È sufficiente quello, a volte, a convincere il pubblico, no?
Qual è stato il rapporto di Randi col CICAP?
Beh, quando Piero pensava di far partire il suo Comitato – idea che gli era venuta frequentando negli Stati Uniti lo CSICOP – ha scelto di coinvolgere fin da subito Randi. Era previsto che partecipasse al primo pranzo sociale, quello di Torino, nel 1988, in cui lui era indicato come l’ospite speciale; però aveva dovuto fare un intervento chirurgico e quindi aveva mancato l’occasione. Credo si fosse in ottobre, Randi riuscì a raggiungerci poi a novembre o giù di lì. Ed era venuto proprio per dare una mano a Piero per il lancio del CICAP.
In seguito io l’ho sempre tenuto aggiornato, e quando sono tornato in Italia l’ho coinvolto tante tante volte. L’ho invitato ogni volta che c’era la possibilità di organizzare qualcosa. È venuto nel 1991, quando ha fatto un giro di conferenze a Pavia, a Trieste e in altre città. È tornato nel 1992, quando abbiamo fatto il convegno internazionale degli scettici a Saint Vincent, e poi in seguito in altre occasioni. Con il CICAP ha sempre mantenuto un rapporto affettuoso, e tante volte ha anche fornito consulenze su possibili trucchi e sperimentazioni – mi ricordo, ad esempio, a Gigi Garlaschelli, ma anche ad altre persone. E tutte le volte che ha avuto la possibilità di viaggiare è venuto a trovarci. L’ultimissimo appuntamento pubblico che ha presenziato fuori dagli Stati Uniti è stato proprio il CICAP Fest numero zero, quello del 2017.
Quell’anno è stato con noi tutto il tempo, ma quando è rientrato ha avuto problemi di salute. Da quel momento gli hanno sconsigliato di fare altri viaggi intercontinentali. Tra l’altro, viaggiava quasi sempre solo, con tutte le valigie! Ha ancora fatto qualcosa nel 2018, quando l’ho accompagnato al Convegno degli scettici americani a Las Vegas. Nel 2019 io non sono potuto andare, lui invece ha partecipato, però non ha parlato... Penso proprio che sia stata l’ultima sua apparizione in pubblico.
All’attività di lotta ai ciarlatani Randi ha affiancato sempre la divulgazione. Hai un libro da consigliarci?
Il suo libro di riferimento è Fandonie, in italiano, tradotto e ristampato dalle edizioni Avverbi (Flim-Flam, se vogliamo leggerlo in originale). Poi lui era orgoglioso del suo libro su Nostradamus, anche quello tradotto in italiano: in quell’occasione, ho avuto la possibilità di aiutarlo facendo qualche ricerca in biblioteca. Un altro libro che amava molto era quello sull’illusionismo, Conjuring. Di libri ne ha scritti tanti, ma non tantissimi. Purtroppo ce n’è uno che è rimasto nel cassetto, e che ho letto. Si sarebbe dovuto chiamare The magician in the laboratory (in italiano, Il mago in laboratorio), e raccontava un po’ tutta la sua carriera, le indagini... È un librone, in realtà, e temo anche per questo non sia riuscito a trovare un editore adatto. In più, Randi non voleva limitarsi alla “stampa per scettici”, voleva un editore grande come quelli che avevano pubblicato gli altri suoi libri. Penso che le dimensioni del volume abbiano contribuito a scoraggiare un po’ la pubblicazione. Speriamo che un giorno possa vedere la luce in qualche forma.
Randi è stato spesso in Italia. Quali pensi siano stati i suoi interventi più significativi nel nostro Paese?
Forse la prima volta “memorabile” in cui è intervenuto da noi è stato per i test che ha condotto insieme a Piero sui rabdomanti, sui veggenti e su quelli che dicevano di mummificare la carne, per l’inchiesta sulla parapsicologia... Parliamo del 1978, perché è stato dopo la messa in onda del programma TV di Angela. Significativa è stata anche la volta in cui è venuto per la nascita del CICAP, per darci una mano a promuoverlo. Un altro evento importante è stato quando ero coinvolto in un programma televisivo e la società di produzione aveva ricevuto l’incarico dal circuito degli Space Cinema (una catena di sale cinematografiche), di fare degli eventi di persona che potessero essere trasmessi via satellite in tutte le sale. E quindi, in un posto c’era la persona che teneva l’evento, che veniva ripresa dalle telecamere e mostrata in tutti i cinema del circuito. Siccome ero coinvolto in quel programma, mi hanno chiesto qualche suggerimento, e io ho risposto: «Beh, se facessimo venire Randi sarebbe una cosa straordinaria». E siamo riusciti a portarlo in Italia. Effettivamente è stata una bellissima esperienza, e molti degli Space Cinema italiani, non solo quello di Milano in cui si teneva l’evento, erano andati tutti esauriti... Ovunque era pieno di gente che voleva seguirlo.
Ma in realtà, ogni volta che è venuto è stata per me significativa. Sono state tante volte... Non mi viene in mente un’occasione che abbia spiccato su tutte, ad esempio, per un’indagine particolare; anche perché, a dirla tutta, facevamo noi le selezioni per la partecipazione al premio Randi, e non è mai successo che qualcuno superasse il test preliminare e che fosse il caso di coinvolgere Randi per fargli fare l’esperimento...
Ci racconti qualcosa sul Randi mago? Quanto è importante la competenza nell’illusionismo per fronteggiare le truffe del paranormale?
Come sappiamo, è fondamentale per quel tipo di affermazioni – sensitivi, medium eccetera. Se si ha una competenza sulle tecniche dell’inganno (e dell’autoinganno!) è molto meglio… Ma Randi non aveva solo questo, disponeva di una competenza molto ampia che comprendeva anche la metodologia scientifica, la psicologia... Ha studiato tantissimo, ed era ben consapevole dei trabocchetti in cui si può cadere. Magari il prestigiatore “normale” esegue i suoi giochi di prestigio, sa come deve fare, capisce che deve svolgerli in un certo modo, e in maniera intuitiva utilizza tecniche psicologiche che magari non saprebbe definire o riconoscere. Randi, invece, le conosceva, le studiava, le utilizzava e gli servivano anche per capire che cosa accadeva.
Ci sarebbero tantissimi aneddoti che lo riguardano, ed è difficile individuarne uno solo. Randi si era ispirato a Houdini (che aveva in qualche modo anticipato la carriera di Randi, nel senso che prima era stato un grande illusionista e poi si era dedicato a smascherare i ciarlatani dello spiritismo): anche lui sfidava i ciarlatani e aveva messo un suo premio in palio. Houdini, però, diceva: «darò cinquemila dollari se non riesco a ripetere un trucco», e così si assumeva un grosso rischio, perché poteva trovare qualcuno più furbo di lui che faceva un trucco che non riusciva a capire. E quindi poteva esser costretto a consegnare il premio a chi, semplicemente, era più bravo di lui.
Randi, giustamente, diceva invece: «Noi il premio lo daremo a chi, in condizioni di controllo, sarà in grado di dimostrare le sue facoltà paranormali». Occorre quindi applicare non solo dei controlli che tengano conto dei possibili inganni, ma anche una metodologia sperimentale rigorosa.
Uno degli episodi che mi hanno sempre colpito molto è quello concernente James Hydrick, un ragazzo che affermava di essere di origine cinese e di aver sviluppato le arti marziali in maniera talmente speciale da sconfinare nel paranormale. Sosteneva che, concentrandosi, poteva far girare le pagine di un libro, far muovere oggetti posti sotto una campana di vetro, farne ondeggiare altri appesi al soffitto, e addirittura di poter colpire le persone con una forza inaudita e di essere al contempo immune a qualsiasi colpo ricevuto. Quando Randi si è occupato di Hydrick per una trasmissione televisiva, ha subito capito come il ragazzo riusciva a girare le pagine di un grosso elenco telefonico. La tecnica utilizzata era banale: Hydrick riusciva a emettere aria dal naso in maniera assolutamente invisibile. Allo stesso tempo, i colpi di fiato erano così forti da girare le pagine del librone. Per esaminarlo, Randi non disse cose del tipo: «Mettetegli una benda, chiudiamogli la bocca»... Perché naturalmente non sarebbe successo nulla, e Hydrick avrebbe potuto dire: «Beh, mi avete messo in una condizione insostenibile: non posso fare le cose così». E avrebbe avuto ragione. Dunque, Randi dispose delle particelle di polistirolo intorno al librone, dicendo: ecco, vediamo che cosa succederà. Se avesse soffiato, si sarebbe visto lo spostamento del polistirolo... Inutile dire che Hydrick non ce la fece. Come prevedibile, da allora la sua carriera andò calando sempre di più. Finì in carcere. Quando Randi venne a saperlo, s’informò su di lui, apprendendo che Hydrick aveva avuto un’infanzia difficile, comprensiva di abusi in famiglia. Cercò di aiutarlo, scrivendogli, mandandogli dei libri e cercando di convincerlo a sviluppare il suo talento. Si offrì di aiutarlo a fare il prestigiatore e ad intraprendere una carriera.
Questo a riprova del fatto che Randi non era un cinico che voleva distruggere i ciarlatani in quanto persone. Si rendeva conto che molti di loro avevano problemi di vario genere. Non pubblicizzava la cosa, ma anche altre volte cercò di aiutarli. Io stesso ho copia di una lettera che scrisse a Uri Geller in una prima fase dell’attività del sensitivo, in cui riconosceva il suo talento, e gli spiegava il suo dispiacere perché cercava di spacciare dei trucchi per facoltà paranormali: in questo modo, metteva a repentaglio la carriera di scienziati e ricercatori che inseguivano in lui una chimera. Gli chiese di rivelare a tutti che era un prestigiatore, promettendogli di aiutarlo nella sua carriera di illusionista, lui che conosceva tutti, in quell’ambiente. Inutile dire che Geller preferì andare in tutt’altra direzione. A quel punto, per Randi smontare le sue bufale non era più nemmeno un problema morale.
Con la morte di Randi il mondo scettico si sente un po’ orfano. Cosa pensi abbia lasciato al movimento scettico e alla società? Qual è la sfida più importante da portare avanti?
Randi è stato l’iniziatore di questo movimento di cui il CICAP fa parte. È da lui che partì l’idea del Comitato americano. Ne parlò per primo a Martin Gardner e a Ray Hyman, che convenirono sull’importanza dell’iniziativa. Più tardi coinvolsero Paul Kurtz ed altri, ma i primi furono loro tre, e il primissimo fu lui. Randi aveva un vantaggio: riusciva a rendere divertenti e spettacolari questioni di metodo e di filosofia della scienza, che per molti potevano essere noiose. Trasformandole in uno spettacolo, Randi rendeva evidente che certi personaggi erano dei ciarlatani e che facevano affermazioni assurde. E queste sembravano vere solo perché la gente non conosceva i trucchi: ma quando si trovavano davanti degli esperti, finivano smentiti.
Di certo ha lasciato un grande entusiasmo e tantissime lezioni, perché i casi di cui si è occupato riguardano sempre episodi esemplari. Tutta la sua vita è stata un manuale d’indagine dello straordinario. Un progetto al quale stavamo lavorando da anni è la sua biografia. Una storia non solo di avventura, ma anche colma di eventi che meritano di essere conosciuti. Per una serie di motivi (di cui magari un giorno vi racconterò) non siamo riusciti a realizzare questo libro mentre era in vita. Speriamo di riuscirci in futuro: ho tutto quello che serve per realizzarlo. Ho migliaia di ore di interviste a coloro che l’hanno conosciuto, migliaia di documenti, fotografie, registrazioni... Ed è davvero incredibile quante cose abbia lasciato a tante persone, quante ne abbia aiutate. È davvero un’eredità gigantesca!
Hai un ricordo o un aneddoto particolare che vorresti condividere?
La cosa bella di Randi è che aveva un aneddoto, una storia, un racconto per qualunque cosa. Potevi camminare con lui, andare al ristorante, salire in ascensore, ed era in grado di raccontarti qualcosa su qualsiasi questione. Poteva trattarsi, che so io, del quadrante dell’orologio di una chiesa – e lui poteva spiegarti perché i numeri erano scritti in quel modo, magari perché il quattro in numeri romani era scritto con quattro stanghette e non con una “I” e una “V”. Oppure vedeva un font particolare nell’insegna di un ristorante e ti spiegava perché era fatto così. Aveva una curiosità eccezionale. Dopo aver passato una giornata con lui ti sembrava di aver letto non so quanti libri. Ti raccontava soprattutto cose sorprendenti ed entusiasmanti.
Ecco l’aneddoto: lo conoscevo di persona da appena due giorni – prima comunicavamo via lettera o via fax – ed eravamo a Roma, verso i Fori Imperiali. Randi all’improvviso si ferma, mi indica qualcosa sul pavimento, verso il selciato. Io chiedo: ma che cos’è? Lui si china e raccoglie una sbarrettina di metallo piatta, simile a una bacchetta di una ventina di centimetri. «Hai mai visto questo oggetto?» E io: «No... perché, l’ho perso da qualche parte?» «No, no... Sono sicuro che l’hai visto tante volte ma non l’hai mai notato. Lo trovi un po’ ovunque nel mondo... Al mattino presto, vicino ai marciapiedi... Riesci a capire che cosa può essere?» Io: «Non ne ho la più pallida idea!» Allora lui mi ha spiegato che le spazzatrici stradali che puliscono di notte hanno le spazzole con setole di metallo, e che ogni tanto se ne stacca una: era una di quelle. «Sai a cosa serve»? «Beh, a pulire le strade». E lui, ridacchiando: «Sì, sì, a parte quello... Vedi questa forma particolare? Io me ne sono servito tante volte per un uso non particolarmente onesto». «O mamma – mi sono detto – che cosa mi sta per raccontare?» E invece mi ha spiegato che quella barretta si chiama shim, e che è lo strumento per aprire un paio di manette. «Vedi? È della misura perfetta... Questo si infila qui, dove ci sono i dentini. Serve a liberare il perno che tiene agganciati i denti. Così la manetta si apre, e tu sei libero». In quel modo mi ha raccontato un trucco dell’escapologia, prendendo a pretesto un oggetto qualunque visto per strada. Ecco, Randi era il maestro di queste cose. Per tutto il tempo che l’ho conosciuto – trentadue anni – di questi aneddoti era sempre pieno. È una delle cose che mi mancheranno di più.
Cosa lo faceva arrabbiare particolarmente?
Quello che dicevo prima, il cinismo e la crudeltà di certi guaritori e di certi personaggi, che approfittano delle debolezze che hanno tante persone nei momenti di bisogno. Questo lo faceva veramente infuriare.
E cosa gli dava più gioia e soddisfazione?
I sorrisi delle persone che incontrava. Poteva aver attraversato il globo, arrivare stanchissimo. Ma appena arrivava da qualche parte e lo accoglieva un gruppo di scettici o di amici, lui si illuminava e diventava una macchina da spettacolo. Raccontava aneddoti, faceva battute, stupiva con un gioco. E non si fermava mai! Io, quando si andava in giro per delle conferenze, a volte ero stremato: lui era inarrestabile! Ma la cosa che forse gli dava più gioia era guardare le stelle. Aveva un piccolo telescopio. Ricordo che una delle volte in cui sono andato a trovarlo in Florida, siamo andati fuori con il telescopio e abbiamo guardato insieme Giove e Saturno. Lui era assolutamente incantato nel raccontarmi storie di astronomia... gli dava tantissima gioia. La curiosità scientifica gli dava tantissima felicità. Lo stesso quando parlava di un’altra sua grande passione, l’archeologia. Aveva seguito alcune spedizioni in Centro e in Sudamerica, e gli avevano regalato – quando c’erano norme meno rigide – alcuni reperti di epoca precolombiana...
E ci sarebbe tanto altro da raccontare!
Voglio solo aggiungere, per chiudere con un sorriso, che la foto che vedere qui accanto è stata scattata a Stonehenge, in occasione di uno spettacolo televisivo, Exploring Psychic Powers Live. Randi era il conduttore, e durante lo show venivano messi alla prova alcuni sensitivi. Proprio in quell’occasione era stato alzato il premio a centomila dollari... Io mi ero appena unito a lui per il mio apprendistato: un’esperienza eccezionale. Grazie a un permesso, ci era possibile stare accanto ai megaliti che compongono il monumento.
Quella volta, per un’esibizione, doveva far levitare una ragazza. Era vestito tutto di bianco, come un druido. Doveva farla volare, in modo spettacolare, attraverso i megaliti di Stonehenge. Come assistenti c’erano un ragazzo, un attore che faceva parte della troupe del programma, e poi io. Solo che mi aveva messo in testa una sorta di strofinaccio blu, come se fossi un druido anch’io... E si divertiva un mondo a presentarmi come un santone!
Più che sembrare un santone, facevo ridere!
L’ho conosciuto nel 1988. Gli avevo scritto una lettera dopo aver letto Viaggio nel mondo del paranormale di Piero Angela e lui mi aveva risposto, quindi nel 1987 avevamo cominciato a scriverci. Finché, l’anno dopo, Piero lo aveva invitato in Italia e ci eravamo incontrati. Quasi subito, pochi giorni dopo, Piero mi aveva chiamato a Roma per poter stare qualche giorno con a loro, e lì mi avevano proposto di andare negli Stati Uniti a studiare insieme a Randi. Sono passati 32 anni...
Parliamo ora di Randi: quando ha iniziato a interessarsi allo scetticismo e come?
Lui raccontava sempre questa storia: da bambino, Randi era molto appassionato di giochi di prestigio e aveva un quoziente intellettivo altissimo. Aveva ottenuto una sorta di permesso che gli permetteva di non frequentare le lezioni a scuola, e ci andava solo per fare gli esami, le verifiche e le interrogazioni. Per il resto poteva “educarsi da solo”, come si diceva all’epoca: passava il tempo in biblioteca, andava nei musei, si interessava di tutto. E nel suo interessarsi di tutto un giorno era finito in una sorta di congrega spiritista dove c’era questo pseudo-sacerdote che raccontava ai suoi fedeli di poter leggere i messaggi rivolti agli spiriti. I messaggi erano tutti scritti in bigliettini che lui non apriva, ma di cui magicamente conosceva il contenuto. Solo che Randi, che all’epoca avrà avuto 12-13 anni, aveva subito riconosciuto un classico trucco dei mentalisti. Quindi si era alzato, aveva cominciato a fare baccano, e a dire: «No! No! È un trucco! Non sta leggendo con i suoi poteri quello che c’è scritto nei biglietti, vi sta prendendo in giro!». Insomma, il risultato fu che chiamarono la polizia e lo fecero portare via. Lui all’epoca abitava a Toronto, in Canada, e passò un pomeriggio alla centrale di polizia. Suo padre dovette andarlo a prendere e fargli la ramanzina: «Non si disturba!» Lui se l’è segnata, si può dire... Nel senso che raccontava che da quel momento cominciò a guardare con grande sospetto le manifestazioni che venivano spacciate per paranormali, ma in cui lui riusciva a riconoscere i trucchi dei prestigiatori.
Questa battaglia ha cominciato ad assorbirlo di più a partire dagli anni ’60: all’epoca conduceva un programma radiofonico notturno a New York, in cui spesso parlava del paranormale. Lui stesso partecipava, quando gli capitava, a sperimentazioni su soggetti che dicevano di avere poteri sovrannaturali, e ci sono ancora i suoi resoconti di quel decennio. Aveva partecipato, ad esempio, a una verifica su una bambina che diceva di poter vedere attraverso una benda, e aveva contribuito a bendarla in un modo che il trucco che stava usando non fosse più possibile: le aveva fatto togliere la benda e le aveva fatto mettere due piccoli cerottini sulle palpebre. Con la benda, la bambina riusciva a sbirciare di sotto, mentre in questo modo non poteva più vedere niente.
Poi, sempre negli anni '60, Randi andava spesso in televisione e rifaceva i trucchi dei medium, spiegando come funzionavano questi inganni. Lui stesso organizzava sedute spiritiche in cui poi succedeva di tutto – ma dopo ne svelava i trucchi. Nel 1967 ha avuto la possibilità di vedere da vicino Ted Serios, che raccontava di poter fotografare il pensiero, e ha spiegato in televisione come ci riusciva grazie a un piccolo visore nascosto nella mano...
Insomma, direi che negli anni '60 lui era già ben avviato su quella strada. La nascita del suo “premio” risale proprio all’esperienza con Ted Serios: diecimila dollari a chiunque fosse riuscito a dimostrare una facoltà paranormale in condizioni controllate! E poi, da lì, fu un crescendo. Quando è arrivato Uri Geller, Randi ha messo in secondo piano la sua carriera di illusionista e ha iniziato a dedicarsi in maniera intensa all’indagine del paranormale. Pochi anni dopo, insieme a Ray Hyman e a Martin Gardner, fondò lo CSICOP. Siamo nel 1973-’74, e lo CSICOP nacque ufficialmente nel 1975.
Quale era la molla che spingeva Randi nella sua instancabile attività?
Lui non sopportava le ingiustizie, non sopportava i prepotenti e chi si approfittava dei più deboli. Aveva una grande compassione per chi credeva, a causa della disperazione, nelle affermazioni dei ciarlatani, come chi si convinceva che i guaritori filippini o quelli carismatici potessero davvero curare le malattie... Perché si rendeva conto che si trattava di persone disperate, che erano state illuse. Dunque, era furibondo nei confronti dei personaggi che alimentavano false credenze. Ed era questo un po’ il motore che lo faceva insistere, andare avanti e impegnarsi tantissimo per ridurre – se non togliere di mezzo – le attività di questi ciarlatani. Uno dei suoi casi più famosi fu quello di Peter Popoff, un guaritore carismatico che diceva di poter parlare con Dio: in realtà aveva una radiolina nascosta nell’orecchio attraverso la quale comunicava con sua moglie. In effetti, quando Randi svelò il suo trucco in televisione, da Johnny Carson al True Night Show, Popoff finì in bancarotta. Ma pochi anni dopo tornò a fare i suoi giri e le sue rappresentazioni pseudoreligiose, e riprese a far soldi come prima. Quindi, sì, può essere frustrante: purtroppo, come ben sappiamo, le persone vogliono credere all’incredibile anche quando non c’è nessuna prova.
Il nome di Randi è legato alla sua celebre sfida da un milione di dollari. Ce ne vuoi parlare? Avrebbe ancora senso oggi? E pensi che ci sarà qualcosa di simile in futuro?
La sfida nasce, come dicevo, da quella contesa con Ted Serios nel 1967, come premio da 10.000 dollari. Poi è stata portata nel 1989 a 100.000 dollari. Io ero con lui, a quel tempo, per un programma televisivo. Quando nel 1996 è nata la sua fondazione, la James Randi Educational Foundation, la posta è stata alzata a un milione di dollari, grazie al contributo di un finanziatore molto facoltoso. Dopo tutto, un milione di dollari fa molta più scena che non 10.000 o anche 100.000 dollari. Però i soldi c’erano davvero, erano depositati in banca e aspettavano di essere vinti. Ovviamente, le centinaia di casi di persone che hanno partecipato non hanno mai nemmeno passato i test preliminari.
Avrebbe ancora senso oggi? Oggi forse non sarebbe lo strumento giusto, perché non ci sono più quei personaggi che affermano di avere facoltà straordinarie. O meglio, ci sono ancora, ma non hanno più quella visibilità e quel credito che potevano avere fino a qualche tempo fa. E questo grazie a Randi in primo luogo, e poi a tutte le associazioni internazionali come il CICAP che hanno contribuito a smascherarli – ma grazie anche al web, credo, perché non appena uno di questi individui salta fuori con qualche affermazione straordinaria, quasi subito c’è chi spiega esattamente come fa: oggi è molto più difficile per persone del genere farsi strada.
Invece, al giorno d’oggi sono molto più pervasive le teorie del complotto, e con queste forse avrebbe senso mettere un premio da un milione di dollari, per chi fosse in grado di dimostrare che la teoria è vera. Però temo che non avrebbe la stessa presa, perché con il complottismo non è in gioco qualcuno che dice di avere delle facoltà paranormali; ci si trova davanti a persone che dicono: «le cose stanno così, le prove ci sono, ma non sono facili da trovare»... È sufficiente quello, a volte, a convincere il pubblico, no?
Qual è stato il rapporto di Randi col CICAP?
Beh, quando Piero pensava di far partire il suo Comitato – idea che gli era venuta frequentando negli Stati Uniti lo CSICOP – ha scelto di coinvolgere fin da subito Randi. Era previsto che partecipasse al primo pranzo sociale, quello di Torino, nel 1988, in cui lui era indicato come l’ospite speciale; però aveva dovuto fare un intervento chirurgico e quindi aveva mancato l’occasione. Credo si fosse in ottobre, Randi riuscì a raggiungerci poi a novembre o giù di lì. Ed era venuto proprio per dare una mano a Piero per il lancio del CICAP.
In seguito io l’ho sempre tenuto aggiornato, e quando sono tornato in Italia l’ho coinvolto tante tante volte. L’ho invitato ogni volta che c’era la possibilità di organizzare qualcosa. È venuto nel 1991, quando ha fatto un giro di conferenze a Pavia, a Trieste e in altre città. È tornato nel 1992, quando abbiamo fatto il convegno internazionale degli scettici a Saint Vincent, e poi in seguito in altre occasioni. Con il CICAP ha sempre mantenuto un rapporto affettuoso, e tante volte ha anche fornito consulenze su possibili trucchi e sperimentazioni – mi ricordo, ad esempio, a Gigi Garlaschelli, ma anche ad altre persone. E tutte le volte che ha avuto la possibilità di viaggiare è venuto a trovarci. L’ultimissimo appuntamento pubblico che ha presenziato fuori dagli Stati Uniti è stato proprio il CICAP Fest numero zero, quello del 2017.
Quell’anno è stato con noi tutto il tempo, ma quando è rientrato ha avuto problemi di salute. Da quel momento gli hanno sconsigliato di fare altri viaggi intercontinentali. Tra l’altro, viaggiava quasi sempre solo, con tutte le valigie! Ha ancora fatto qualcosa nel 2018, quando l’ho accompagnato al Convegno degli scettici americani a Las Vegas. Nel 2019 io non sono potuto andare, lui invece ha partecipato, però non ha parlato... Penso proprio che sia stata l’ultima sua apparizione in pubblico.
All’attività di lotta ai ciarlatani Randi ha affiancato sempre la divulgazione. Hai un libro da consigliarci?
Il suo libro di riferimento è Fandonie, in italiano, tradotto e ristampato dalle edizioni Avverbi (Flim-Flam, se vogliamo leggerlo in originale). Poi lui era orgoglioso del suo libro su Nostradamus, anche quello tradotto in italiano: in quell’occasione, ho avuto la possibilità di aiutarlo facendo qualche ricerca in biblioteca. Un altro libro che amava molto era quello sull’illusionismo, Conjuring. Di libri ne ha scritti tanti, ma non tantissimi. Purtroppo ce n’è uno che è rimasto nel cassetto, e che ho letto. Si sarebbe dovuto chiamare The magician in the laboratory (in italiano, Il mago in laboratorio), e raccontava un po’ tutta la sua carriera, le indagini... È un librone, in realtà, e temo anche per questo non sia riuscito a trovare un editore adatto. In più, Randi non voleva limitarsi alla “stampa per scettici”, voleva un editore grande come quelli che avevano pubblicato gli altri suoi libri. Penso che le dimensioni del volume abbiano contribuito a scoraggiare un po’ la pubblicazione. Speriamo che un giorno possa vedere la luce in qualche forma.
Randi è stato spesso in Italia. Quali pensi siano stati i suoi interventi più significativi nel nostro Paese?
Forse la prima volta “memorabile” in cui è intervenuto da noi è stato per i test che ha condotto insieme a Piero sui rabdomanti, sui veggenti e su quelli che dicevano di mummificare la carne, per l’inchiesta sulla parapsicologia... Parliamo del 1978, perché è stato dopo la messa in onda del programma TV di Angela. Significativa è stata anche la volta in cui è venuto per la nascita del CICAP, per darci una mano a promuoverlo. Un altro evento importante è stato quando ero coinvolto in un programma televisivo e la società di produzione aveva ricevuto l’incarico dal circuito degli Space Cinema (una catena di sale cinematografiche), di fare degli eventi di persona che potessero essere trasmessi via satellite in tutte le sale. E quindi, in un posto c’era la persona che teneva l’evento, che veniva ripresa dalle telecamere e mostrata in tutti i cinema del circuito. Siccome ero coinvolto in quel programma, mi hanno chiesto qualche suggerimento, e io ho risposto: «Beh, se facessimo venire Randi sarebbe una cosa straordinaria». E siamo riusciti a portarlo in Italia. Effettivamente è stata una bellissima esperienza, e molti degli Space Cinema italiani, non solo quello di Milano in cui si teneva l’evento, erano andati tutti esauriti... Ovunque era pieno di gente che voleva seguirlo.
Ma in realtà, ogni volta che è venuto è stata per me significativa. Sono state tante volte... Non mi viene in mente un’occasione che abbia spiccato su tutte, ad esempio, per un’indagine particolare; anche perché, a dirla tutta, facevamo noi le selezioni per la partecipazione al premio Randi, e non è mai successo che qualcuno superasse il test preliminare e che fosse il caso di coinvolgere Randi per fargli fare l’esperimento...
Ci racconti qualcosa sul Randi mago? Quanto è importante la competenza nell’illusionismo per fronteggiare le truffe del paranormale?
Come sappiamo, è fondamentale per quel tipo di affermazioni – sensitivi, medium eccetera. Se si ha una competenza sulle tecniche dell’inganno (e dell’autoinganno!) è molto meglio… Ma Randi non aveva solo questo, disponeva di una competenza molto ampia che comprendeva anche la metodologia scientifica, la psicologia... Ha studiato tantissimo, ed era ben consapevole dei trabocchetti in cui si può cadere. Magari il prestigiatore “normale” esegue i suoi giochi di prestigio, sa come deve fare, capisce che deve svolgerli in un certo modo, e in maniera intuitiva utilizza tecniche psicologiche che magari non saprebbe definire o riconoscere. Randi, invece, le conosceva, le studiava, le utilizzava e gli servivano anche per capire che cosa accadeva.
Ci sarebbero tantissimi aneddoti che lo riguardano, ed è difficile individuarne uno solo. Randi si era ispirato a Houdini (che aveva in qualche modo anticipato la carriera di Randi, nel senso che prima era stato un grande illusionista e poi si era dedicato a smascherare i ciarlatani dello spiritismo): anche lui sfidava i ciarlatani e aveva messo un suo premio in palio. Houdini, però, diceva: «darò cinquemila dollari se non riesco a ripetere un trucco», e così si assumeva un grosso rischio, perché poteva trovare qualcuno più furbo di lui che faceva un trucco che non riusciva a capire. E quindi poteva esser costretto a consegnare il premio a chi, semplicemente, era più bravo di lui.
Randi, giustamente, diceva invece: «Noi il premio lo daremo a chi, in condizioni di controllo, sarà in grado di dimostrare le sue facoltà paranormali». Occorre quindi applicare non solo dei controlli che tengano conto dei possibili inganni, ma anche una metodologia sperimentale rigorosa.
Uno degli episodi che mi hanno sempre colpito molto è quello concernente James Hydrick, un ragazzo che affermava di essere di origine cinese e di aver sviluppato le arti marziali in maniera talmente speciale da sconfinare nel paranormale. Sosteneva che, concentrandosi, poteva far girare le pagine di un libro, far muovere oggetti posti sotto una campana di vetro, farne ondeggiare altri appesi al soffitto, e addirittura di poter colpire le persone con una forza inaudita e di essere al contempo immune a qualsiasi colpo ricevuto. Quando Randi si è occupato di Hydrick per una trasmissione televisiva, ha subito capito come il ragazzo riusciva a girare le pagine di un grosso elenco telefonico. La tecnica utilizzata era banale: Hydrick riusciva a emettere aria dal naso in maniera assolutamente invisibile. Allo stesso tempo, i colpi di fiato erano così forti da girare le pagine del librone. Per esaminarlo, Randi non disse cose del tipo: «Mettetegli una benda, chiudiamogli la bocca»... Perché naturalmente non sarebbe successo nulla, e Hydrick avrebbe potuto dire: «Beh, mi avete messo in una condizione insostenibile: non posso fare le cose così». E avrebbe avuto ragione. Dunque, Randi dispose delle particelle di polistirolo intorno al librone, dicendo: ecco, vediamo che cosa succederà. Se avesse soffiato, si sarebbe visto lo spostamento del polistirolo... Inutile dire che Hydrick non ce la fece. Come prevedibile, da allora la sua carriera andò calando sempre di più. Finì in carcere. Quando Randi venne a saperlo, s’informò su di lui, apprendendo che Hydrick aveva avuto un’infanzia difficile, comprensiva di abusi in famiglia. Cercò di aiutarlo, scrivendogli, mandandogli dei libri e cercando di convincerlo a sviluppare il suo talento. Si offrì di aiutarlo a fare il prestigiatore e ad intraprendere una carriera.
Questo a riprova del fatto che Randi non era un cinico che voleva distruggere i ciarlatani in quanto persone. Si rendeva conto che molti di loro avevano problemi di vario genere. Non pubblicizzava la cosa, ma anche altre volte cercò di aiutarli. Io stesso ho copia di una lettera che scrisse a Uri Geller in una prima fase dell’attività del sensitivo, in cui riconosceva il suo talento, e gli spiegava il suo dispiacere perché cercava di spacciare dei trucchi per facoltà paranormali: in questo modo, metteva a repentaglio la carriera di scienziati e ricercatori che inseguivano in lui una chimera. Gli chiese di rivelare a tutti che era un prestigiatore, promettendogli di aiutarlo nella sua carriera di illusionista, lui che conosceva tutti, in quell’ambiente. Inutile dire che Geller preferì andare in tutt’altra direzione. A quel punto, per Randi smontare le sue bufale non era più nemmeno un problema morale.
Con la morte di Randi il mondo scettico si sente un po’ orfano. Cosa pensi abbia lasciato al movimento scettico e alla società? Qual è la sfida più importante da portare avanti?
Randi è stato l’iniziatore di questo movimento di cui il CICAP fa parte. È da lui che partì l’idea del Comitato americano. Ne parlò per primo a Martin Gardner e a Ray Hyman, che convenirono sull’importanza dell’iniziativa. Più tardi coinvolsero Paul Kurtz ed altri, ma i primi furono loro tre, e il primissimo fu lui. Randi aveva un vantaggio: riusciva a rendere divertenti e spettacolari questioni di metodo e di filosofia della scienza, che per molti potevano essere noiose. Trasformandole in uno spettacolo, Randi rendeva evidente che certi personaggi erano dei ciarlatani e che facevano affermazioni assurde. E queste sembravano vere solo perché la gente non conosceva i trucchi: ma quando si trovavano davanti degli esperti, finivano smentiti.
Di certo ha lasciato un grande entusiasmo e tantissime lezioni, perché i casi di cui si è occupato riguardano sempre episodi esemplari. Tutta la sua vita è stata un manuale d’indagine dello straordinario. Un progetto al quale stavamo lavorando da anni è la sua biografia. Una storia non solo di avventura, ma anche colma di eventi che meritano di essere conosciuti. Per una serie di motivi (di cui magari un giorno vi racconterò) non siamo riusciti a realizzare questo libro mentre era in vita. Speriamo di riuscirci in futuro: ho tutto quello che serve per realizzarlo. Ho migliaia di ore di interviste a coloro che l’hanno conosciuto, migliaia di documenti, fotografie, registrazioni... Ed è davvero incredibile quante cose abbia lasciato a tante persone, quante ne abbia aiutate. È davvero un’eredità gigantesca!
Hai un ricordo o un aneddoto particolare che vorresti condividere?
La cosa bella di Randi è che aveva un aneddoto, una storia, un racconto per qualunque cosa. Potevi camminare con lui, andare al ristorante, salire in ascensore, ed era in grado di raccontarti qualcosa su qualsiasi questione. Poteva trattarsi, che so io, del quadrante dell’orologio di una chiesa – e lui poteva spiegarti perché i numeri erano scritti in quel modo, magari perché il quattro in numeri romani era scritto con quattro stanghette e non con una “I” e una “V”. Oppure vedeva un font particolare nell’insegna di un ristorante e ti spiegava perché era fatto così. Aveva una curiosità eccezionale. Dopo aver passato una giornata con lui ti sembrava di aver letto non so quanti libri. Ti raccontava soprattutto cose sorprendenti ed entusiasmanti.
Ecco l’aneddoto: lo conoscevo di persona da appena due giorni – prima comunicavamo via lettera o via fax – ed eravamo a Roma, verso i Fori Imperiali. Randi all’improvviso si ferma, mi indica qualcosa sul pavimento, verso il selciato. Io chiedo: ma che cos’è? Lui si china e raccoglie una sbarrettina di metallo piatta, simile a una bacchetta di una ventina di centimetri. «Hai mai visto questo oggetto?» E io: «No... perché, l’ho perso da qualche parte?» «No, no... Sono sicuro che l’hai visto tante volte ma non l’hai mai notato. Lo trovi un po’ ovunque nel mondo... Al mattino presto, vicino ai marciapiedi... Riesci a capire che cosa può essere?» Io: «Non ne ho la più pallida idea!» Allora lui mi ha spiegato che le spazzatrici stradali che puliscono di notte hanno le spazzole con setole di metallo, e che ogni tanto se ne stacca una: era una di quelle. «Sai a cosa serve»? «Beh, a pulire le strade». E lui, ridacchiando: «Sì, sì, a parte quello... Vedi questa forma particolare? Io me ne sono servito tante volte per un uso non particolarmente onesto». «O mamma – mi sono detto – che cosa mi sta per raccontare?» E invece mi ha spiegato che quella barretta si chiama shim, e che è lo strumento per aprire un paio di manette. «Vedi? È della misura perfetta... Questo si infila qui, dove ci sono i dentini. Serve a liberare il perno che tiene agganciati i denti. Così la manetta si apre, e tu sei libero». In quel modo mi ha raccontato un trucco dell’escapologia, prendendo a pretesto un oggetto qualunque visto per strada. Ecco, Randi era il maestro di queste cose. Per tutto il tempo che l’ho conosciuto – trentadue anni – di questi aneddoti era sempre pieno. È una delle cose che mi mancheranno di più.
Cosa lo faceva arrabbiare particolarmente?
Quello che dicevo prima, il cinismo e la crudeltà di certi guaritori e di certi personaggi, che approfittano delle debolezze che hanno tante persone nei momenti di bisogno. Questo lo faceva veramente infuriare.
E cosa gli dava più gioia e soddisfazione?
I sorrisi delle persone che incontrava. Poteva aver attraversato il globo, arrivare stanchissimo. Ma appena arrivava da qualche parte e lo accoglieva un gruppo di scettici o di amici, lui si illuminava e diventava una macchina da spettacolo. Raccontava aneddoti, faceva battute, stupiva con un gioco. E non si fermava mai! Io, quando si andava in giro per delle conferenze, a volte ero stremato: lui era inarrestabile! Ma la cosa che forse gli dava più gioia era guardare le stelle. Aveva un piccolo telescopio. Ricordo che una delle volte in cui sono andato a trovarlo in Florida, siamo andati fuori con il telescopio e abbiamo guardato insieme Giove e Saturno. Lui era assolutamente incantato nel raccontarmi storie di astronomia... gli dava tantissima gioia. La curiosità scientifica gli dava tantissima felicità. Lo stesso quando parlava di un’altra sua grande passione, l’archeologia. Aveva seguito alcune spedizioni in Centro e in Sudamerica, e gli avevano regalato – quando c’erano norme meno rigide – alcuni reperti di epoca precolombiana...
E ci sarebbe tanto altro da raccontare!
Voglio solo aggiungere, per chiudere con un sorriso, che la foto che vedere qui accanto è stata scattata a Stonehenge, in occasione di uno spettacolo televisivo, Exploring Psychic Powers Live. Randi era il conduttore, e durante lo show venivano messi alla prova alcuni sensitivi. Proprio in quell’occasione era stato alzato il premio a centomila dollari... Io mi ero appena unito a lui per il mio apprendistato: un’esperienza eccezionale. Grazie a un permesso, ci era possibile stare accanto ai megaliti che compongono il monumento.
Quella volta, per un’esibizione, doveva far levitare una ragazza. Era vestito tutto di bianco, come un druido. Doveva farla volare, in modo spettacolare, attraverso i megaliti di Stonehenge. Come assistenti c’erano un ragazzo, un attore che faceva parte della troupe del programma, e poi io. Solo che mi aveva messo in testa una sorta di strofinaccio blu, come se fossi un druido anch’io... E si divertiva un mondo a presentarmi come un santone!
Più che sembrare un santone, facevo ridere!