"Arriva un momento in cui ti accorgi che la tua vita è cambiata. Forse per molti non è possibile dire quando o perché ciò è avvenuto: la vita cambia e poi ti rendi conto che è successo. Per quel che mi riguarda, non mi posso sbagliare: la mia vita è cambiata di colpo una brutta giornata di marzo del 1933. Quanto alla causa, anche su quella posso essere molto preciso, visto che la sto guardando negli occhi. È un uomo. Un uomo che risponde al nome di Adolf Hitler. Un uomo che tra pochi istanti cesserà di vivere".
Sono quasi sicuro che se potesse scrivere le sue memorie Erik Van Heller comincerebbe con parole di questo tipo. Ma Erik Van Heller non può né potrà mai scrivere la sua storia perché è morto, si è immolato per cancellare dalla faccia della terra un uomo che in tanti consideravamo l'incarnazione stessa dell'odio.
Ancora mi è difficile crederlo, mi sembra ancora di vivere in un sogno: il tiranno è stato annientato, la sua follia non potrà più nuocere a nessuno. E questo grazie a Erik Van Heller, solo a lui.
Che uomo eccezionale. Tutta la sua esistenza è stata una vita fuori del comune, entusiasmante e tragica allo stesso tempo, e io ho avuto la fortuna di condividerne una parte, visto che sono stato suo amico, confidente e braccio destro per tanti anni.
L'ho visto diventare famoso e temuto, le donne s'innamoravano di lui e i potenti lo ammiravano. I giornali lo chiamavano "Il maestro della chiaroveggenza", il "Mago di tutte le età", il "fenomeno del nostro tempo". Ma il marchio che più gli si era incollato addosso era "il profeta del Reich", anche se io ho sempre odiato quella definizione.
E pensare che, all'inizio, tutto quello che Erik voleva era solamente diventare come il suo idolo, Harry Houdini, il grande mago ungherese. Che poi, guarda a volte il caso, fu il mio primo datore di lavoro nel mondo dello spettacolo.
Fu proprio con Houdini, infatti, che cominciai a lavorare dietro le quinte dei teatri, a organizzare le trovate più spettacolari e a risolvere i problemi più ostici. Furono anni fantastici e mi piacerebbe poter raccontare tutte le avventure di cui sono stato testimone e indiretto protagonista. Ma mi manca il tempo. Un giorno spero di poterlo fare. Se uscirò vivo da qui.
Per il momento, devo a tutti i costi raccontare la storia di Erik Van Heller. Non che abbia paura di dimenticarmela! Ho tutto stampato nel cervello, mi ricordo ogni più piccolo dettaglio: ricordo persino com'ero vestito il giorno in cui incontrai Erik la prima volta. No, non è della mia memoria che ho paura: ciò che mi spaventa è il rischio molto concreto che, se non la racconterò io, questa storia potrà essere cancellata dalla faccia della terra e nessuno saprà mai che cosa è successo veramente.
Adesso però devo fare una pausa. E devo chiedere scusa.
Sono ancora così esaltato da quanto è accaduto e così ansioso di lasciare un documento scritto di tutta la vicenda che rischio di farmi prendere dalla foga, di confondermi e confondere anche chi mi leggerà - se mai questo manoscritto mi sopravvivrà e sarà davvero letto da qualcuno, intendo.
Il motivo per cui ho tanta fretta di finire sta nel fatto che sono un uomo braccato. È passata poco più di un'ora da quando Erik ha distrutto l'autoproclamatosi "Führer" e io, Franz Kukol, ero là. È scoppiato il pandemonio, come si può immaginare, e io ho approfittato di quella tremenda confusione per fuggire e nascondermi qui, in attesa che le acque si calmino e mi sia possibile dileguarmi.
Non mi faccio illusioni, so benissimo che adesso partirà una caccia all'uomo spietata e che tutti quelli che risulteranno coinvolti nell'attentato - o anche solo sospettati di esserlo, temo - saranno giustiziati. Io, che ero l'ombra di Erik, non avrei possibilità di uscirne indenne. Se mi prendessero avrei chiuso con questa vita. E il bello è che non sapevo nemmeno cosa avrebbe fatto Erik. O meglio, lo sapevo ma fino a un certo punto: è stata una sorpresa terribile ed elettrizzante al tempo stesso scoprire fino in fondo che cosa aveva in mente.
Ma non ha importanza, anche se mi troveranno e mi uccideranno lo sgretolamento di quello che doveva essere un "Reich millenario" è iniziato; Hitler è morto e con quello che so ce n'è abbastanza da far fuori buona parte dello stato maggiore nazista. L'unica cosa che conta adesso è che io riesca a mettere sulla carta tutta questa storia e a nasconderla prima che mi trovino.
So bene che, a questo punto, qualcuno potrà pensare che sono impazzito: ma come, mi si potrebbe chiedere, ti stanno braccando, hai i nazisti alle calcagna e tu, invece di scappare, perdi tempo a scrivere? Il fatto è che per ora è bene che non vada da nessuna parte: questa notte certamente bloccheranno tutte le vie d'uscita da Berlino, fermeranno treni, automobili e chiunque si muova per le strade. Domani, quando si conoscerà meglio la situazione, potrò cominciare a pensare alla fuga.
Visto, quindi, che devo restare qui per tutta la notte almeno, e considerato che nello stato d'eccitazione in cui mi trovo mi sarebbe impossibile prendere sonno, ho deciso di approfittarne per raccontare questa incredibile vicenda. Anche perché, se non lo faccio ora, non so se ne avrò mai più la possibilità e il mondo deve conoscere la storia dell'uomo che quasi sicuramente lo ha salvato dal baratro. L'ho promesso.
Ho guardato l'orologio, sono quasi le undici di sera. Questo significa che tra circa mezz'ora comincerà l'oscuramento e che devo trovare un modo per poter vedere quello che scrivo: non vorrei proprio farmi scoprire in un modo tanto stupido!
Quello della luce non è il solo problema: ammesso che riesca a lavorare senza sosta e a finire il mio resoconto nel giro di qualche ora, resta da capire come farò a mettere al sicuro queste carte e, se possibile, anche me stesso. Sono questioni che richiedono un minimo di riflessione, ma per riflettere serve tempo: proprio quello che io non ho.
Basta dunque con le chiacchiere, affronteremo un problema alla volta. La cosa più urgente adesso è che mi metta a raccontare per bene la storia di Erik Van Heller. Dall'inizio, dal momento cioè in cui lo incontrai. Ricordo ancora esattamente cosa indossavo... (continua).
Massimo Polidoro
Segretario nazionale CICAP