Segnali dal grano

Crop circles: una lingua che nessuno sembra conoscere

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  • 16-02-2006
  • di Margherita Campaniolo
"Sfortunatamente la vera bellezza dell'agricoltura, con i suoi stimolanti principi intellettuali è quasi misconosciuta. L'arte dell'agricoltura si perderà per colpa di insegnanti ignoranti, ascientifici e miopi che convinceranno gli agricoltori a riporre tutte le loro speranze in rimedi universali, che non esistono in natura. Seguendo i loro consigli, abbagliati da risultati effimeri, gli agricoltori dimenticheranno il suolo e perderanno di vista il suo valore intrinseco e la sua influenza [...]"

Dal testamento di Liebig


Cos'è l'Agronomia? Come si trae bene dall'origine greca del termine formato dalle parole campo e norma, l'Agronomia[1] è quella scienza che studia l'insieme delle leggi che regolano la conduzione dei campi. In tal senso dedicare, come io farò parlando di crop circles, particolare attenzione ad una scienza quale l'Agronomia, può apparire per certi versi inusuale.

Dacché il fenomeno dei cerchi nel grano ha assunto una vasta eco, sia per il numero (sempre crescente) di pittogrammi comparsi che per la loro diffusa collocazione geografica (non confinata, come in origine accadeva, quasi esclusivamente alla sola Inghilterra ma allargatasi alle più svariate parti del globo), l'attenzione del pubblico si è focalizzata su alcuni aspetti di tale fenomenologia: lo studio della simbologia dei pittogrammi, l'analisi storica del fenomeno, le questioni legate a chi (da ricercare tra gli esponenti della land art, nell'ambito militare, tra entità extraterrestri o paranormali) o quale tipo di forza (da ricercare nella fisica, nell'astrofisica, nella meteorologia, nelle energie psichiche) possa esserne all'origine e causare non solo il comparire degli agroglifi [2] ma produrre tutta una serie di effetti che permetterebbero di identificarne alcuni come genuini, in contrapposizione ad altri, falsi (hoax) di "creazione" umana o naturale.

È proprio a questo punto che ho avuto la netta sensazione che in questi ragionamenti si parlasse sì di effetti, o meglio, di risposte causa-effetto sulle piante coinvolte in un crop circle, ma con una grande assente in tutto ciò: l'Agronomia. Non è forse di piante e di terra che stiamo parlando? Perché allora sottovalutare l'aspetto agronomico nelle speculazioni sui crop circles? Cosa, a mio parere, manca e non si trae affatto da questi ragionamenti? Che occuparsi di crop circles vuol dire sicuramente ammirarne e discuterne la bellezza, la complessità, la simbologia, andare alla ricerca della loro eventuale realtà storica, osservarli, misurarli, prelevarne campioni ma con lo spirito di chi non dimentica che i crop circles sono "entità viventi" e in quanto tali rispondono a leggi biologiche ben precise, leggi che un ufologo, un ricercatore o un semplice appassionato non può esimersi dall'imparare a conoscere e considerare come punti di riferimento se vuole leggere, nella sua vera natura, un segno su un campo. Occuparsi di crop circles e di divulgazione o ricerca sull'argomento significa tenere presente in modo costante che entrare in un agroglifo è come sconfinare in un mondo a noi umani estraneo, quello dei vegetali, un mondo complesso, dove ogni singola componente vivente reagisce alle sollecitazioni, insite nell'essere parte di un crop circle, in un'infinita gamma di maniere legate ad altrettante infinite variabili; cosa complessa, estremamente complessa quanto necessaria. Viene fatto? No, assurdamente no!

È vero, l'Agronomia è lo studio delle norme agricole ma è, altresì, uno studio che non può prescindere dalla conoscenza delle strette connessioni esistenti tra pianta, terreno, atmosfera e ambiente biologico. Questo il campo in cui l'agronomo è chiamato ad operare, questo il campo, in senso stretto, in cui prendono forma e vita i crop circles.

Le anomalie


La straordinaria bellezza di queste figure, la loro complessità, il loro misterioso sbocciare, la loro muta realtà di opere a cielo aperto prive di una qualsiasi indicazione sugli autori, la loro presenza costante e oggettiva da molti lustri... sono tutte componenti che, come abbiamo visto in precedenza, hanno irresistibilmente attirato l'attenzione sull'evento crop circle; tali componenti, se per alcuni possono essere state ragione di forte motivazione all'interesse, agli occhi di altri, da sole, sarebbero apparse deboli e dopo un iniziale coinvolgimento, senza la presenza di qualcosa di più, molta dell'attenzione critica centrata sui crop circles sarebbe probabilmente scemata. Ciò che ha fatto sì che l'interesse nei confronti dei cerchi nel grano non andasse esaurendosi nel tempo, è il riscontro di alcune caratteristiche nelle piante all'interno delle formazioni definite col termine di anomalie.
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Una formazione in un campo di grano inglese.
Di cosa si tratta? Osservando i crop circles ben presto ci si accorse che al loro interno le piante assumevano un aspetto o avevano un comportamento non riscontrabile, almeno apparentemente, all'esterno degli stessi. Le anomalie dei cerchi nel grano sono state portate all'attenzione del grande pubblico principalmente dal BLT [3] - Burke, Levengood, Talbott Research Team - gruppo di ricerca americano sui crop circles costituito nel 1992 e per diverso tempo finanziato del filantropo Laurance S. Rockefeller. Il BLT costituisce internazionalmente, e per molti anni, un caso pressoché unico di gruppo di ricerca sui cerchi nel grano; le osservazioni, le ipotesi e le deduzioni del gruppo sono state adottate e utilizzate dai vari ricercatori in campo crop circles, gli autoproclamatisi cereaologi.

I crop circles interessano un'ampia varietà di coltivazioni (erba medica ed erbe spontanee, colza, piselli, patate) e di superfici (ghiaccio, sabbia, roccia) ma la stragrande maggioranza degli agroglifi compare su campi coltivati a graminacee: dal grano all'orzo, la segale, l'avena, il mais, il riso... È su questi crop circles che sono state effettuate la maggior parte delle ricerche.

Rivediamo insieme alcune delle presunte anomalie strettamente legate alla struttura dei vegetali cioè delle diversità organiche, biologiche e comportamentali riscontrate al loro interno:

  • le spighe appiattite al suolo di un crop circle non muoiono, continuano a crescere;
  • le spighe si piegano lungo un nodo, allungato rispetto alla norma;
  • le spighe presentano nodi sottoterra;
  • i nodi presentano fori d'espulsione;
  • le spighe presentano poliembrionia o sterilità;
  • le spighe presentano crescita non regolare bensì distorta alla base della parte fruttifera che può restare imprigionata nell'ultima foglia;
  • i semi presentano anomalie nella germinazione;
  • modificazioni di natura genetica.
Entro il 1994 oltre 80 formazioni e i relativi campioni di piante (da Stati Uniti, Canada, Australia e Inghilterra) erano stati esaminati dal BLT. Secondo quando indicato da W. C. Levengood e Nancy P. Talbott [4] le piante appartenenti a più del 95% dei crop circles presi a campione rivelavano anomalie (sia singole che multiple). Come mai tutto questo? La presenza di queste anomalie era da interpretare come l'indicazione che un crop circle trova origine in qualcosa di totalmente estraneo a quanto da noi conosciuto? Sono dell'idea, come disse Charles Fort, ricercatore statunitense dei primi del secolo scorso detto il "profeta dell'insolito", che "l'anomalia è la stella polare della ricerca scientifica: lo spiraglio attraverso il quale si intravede il nuovo" ma cos'è il nuovo? È possibile che nello studio dei crop circles si sia tralasciato o non valutato abbastanza qualcosa? Oppure la metodologia d'indagine e di ricerca adottata e, conseguentemente, le osservazioni scientifiche dei vari cereaologi sparsi per il mondo sono da ritenersi assolutamente valide e ci troviamo perciò di fronte ad un inequivocabile e misterioso fenomeno? Ciascuna anomalia meriterebbe una lunga e seria rivisitazione ma esigenze di spazio ci impongono di tentare di considerarne una solamente; quella più facilmente rinvenibile e alla portata di chiunque si trovasse a visitare un agroglifo è senza dubbio l'anomalia dell'allungamento dei nodi.

Quegli strani nodi


Alla luce di quelle che sono le regole fondamentali per la comprensione del comportamento dei vegetali vediamo cosa accade all'interno di un crop circle o meglio iniziamo con lo stabilire cos'è, agronomicamente parlando, un crop circle. Un crop circle, dal punto di vista della pianta, è una formazione di spighe allettate, termine specifico con il quale gli agronomi definiscono la situazione fisica di piante non in naturale portamento (eretto) ma prostrate al suolo.

Questa condizione fisica innaturale non scoraggia le piante che, in tutti i modi possibili e secondo le leggi che ne regolano lo sviluppo, cercano di assolvere al loro ciclo riproduttivo [5] anche se l'allettamento ha degli effetti inevitabili sulla produzione e/o sullo sviluppo delle piante stesse (come conseguenza alla legge del Minimo [6] e della Tolleranza [7] ).

Constatare come i nodi delle piante di un crop circle su graminacee, nella stragrande maggioranza dei casi, si presentano allungati e piegati lungo uno di questi è un dato di fatto incontrovertibile. Il significato che il BLT diede alla diversa dimensione e conformazione dei nodi fu di anomalia. Adriano Forgione, insieme ad Alfredo di Prinzio, nel suo Cerchi nel grano - Messaggi tra cielo e terra a tal proposito scrive: "È stato determinato senza possibilità di errore che il fenomeno presenta un'origine non adducibile all'opera umana" [8].

Levengood infatti ipotizzò che a causare l'anomalia dovesse essere una radiazione elettromagnetica assimilabile alle microonde; prese in considerazione la possibilità che il fenomeno fosse una risposta naturale dipendente dall'allettamento delle piante, ipotesi comunque presto abbandonata perché il numero comparativo tra la misura dei nodi delle spighe non prostrate e quelle al suolo sembrò lui essere eccessivo. In seguito, l'ingegnere Eltjo H. Haselhoff, cereaologo olandese, riprendendo una osservazione già fatta da Levengood [9], registrò come, in un paio di misurazioni su porzioni di piante prostrate a sviluppo circolare, la lunghezza del nodo appariva variare all'interno dell'area del cerchio; non si trattava di piante tutte ugualmente allettate? Perché mai si presentavano nodi più lunghi di altri e perché sembravano occupare una disposizione geometrica all'interno del crop circle? "Forse può sapere una pianta che nel campo è presente una traccia circolare e conoscere la propria posizione all'interno del cerchio? La risposta è semplice: la pianta non lo sa" [10] - così si esprime Haselhoff in merito.

Effettivamente, nell'analisi del fenomeno dei crop circles, la questione dei nodi non può non colpire, su questo argomento è centrata gran parte dell'attenzione e degli studi dedicati ai cerchi nel grano. Giusto ascoltare le tesi dei cereaologi ma altresì giusto fare ciò che, apparentemente, può sembrare un passo indietro da tali certezze e, cum grano salis, provare a chiedere agli esperti della terra se tale fenomenologia è nota, con quali caratteristiche e incidenza. Le indicazioni che se ne traggono dimostrano come il mondo delle piante è un mondo estremamente complesso (non meno di quello degli umani), alieno, veramente alieno alla maggior parte di noi!

Partiamo con l'analizzare qual è la struttura delle graminacee e, in particolare, dei cereali: presentano un fusto eretto detto culmo di altezza variabile (a seconda della specie e della varietà della graminacea) cavo internamente. Lungo il culmo sono distribuiti dei nodi che l'intervallano in zone dette internodi (circa 7/9 per pianta). Nella fase iniziale dello sviluppo della pianta questi nodi sono molto vicini gli uni agli altri, poi, a causa della crescita del culmo, si allontanano, allungando gli internodi (e non come spesso si legge in certi articoli sui cerchi nel grano apparsi in Italia in cui si parla di nodi in termini di noduli e di nodi d'accrescimento, i nodi non lo sono, la crescita avviene negli internodi).

Eppure i nodi sono punti di grande importanza, punti che potremmo definire dei "crocevia": da questi nascono e si diramano le foglie nonché, altra caratteristica molto importante, permettono il movimento della pianta.

Le piante, lungo la loro evoluzione, hanno dovuto affrontare e risolvere una grande molteplicità di problemi legati alla sopravvivenza: sviluppare una struttura di sostegno, inventarsi un sistema di trasporto delle sostanze minerali nutritive attraverso le varie parti dell'organismo, proteggere i delicati organi riproduttivi, assicurare la riproduzione nel periodo più adatto, dare protezione e alimento alle giovani plantule, perfezionare i meccanismi di adattamento alle variabili condizioni climatiche in rapporto alla stagionalità eccetera. Tutto ciò ha comportato grosse modifiche al loro metabolismo e ha reso necessaria l'acquisizione di complesse strutture sensorie per la messa a punto di un preciso orologio biologico interno. Oltre al tempo le piante sono in grado di misurare la gravità, la temperatura, la luce e molto altro e agire di conseguenza (dire quindi di sapere ciò che la pianta "sa", possiamo solamente considerarla una battuta tanto semplicistica quanto superficiale); si nutrono, respirano, combattono le infezioni, interagiscono e attuano forme di comunicazione chimica tra loro; in alcuni casi, entrano in simbiosi con funghi e batteri e si possono rigenerare in vari modi anche utilizzando singole cellule, poiché ognuna di queste contiene le informazioni genetiche per ricostituire qualunque parte della pianta.

Ciò non di meno le piante vivono fortemente in continua competizione sia con l'ambiente che con gli altri vegetali per la conquista della luce, dello spazio e delle sostanze nutritive, elementi necessari alla loro sopravvivenza. Gli animali, dotati di movimento proprio, riescono a rispondere meglio alle variazioni climatiche e alle condizioni logistiche avverse ma le graminacee hanno scoperto, si sono "inventate", un sistema che nel nodo trova un meccanismo magnifico per poter in qualche modo muoversi e ripristinare situazioni ottimali di crescita legate principalmente al fattore luce.

Le piante hanno sviluppato la capacità di attivare dei tropismi (piegature o rotazioni delle piante verso stimoli esterni); due di questi riguardano la risposta dei coleoptili [11], dei germogli e della parte aerea delle piante alla gravità e alla luce e prendono il nome di geotropismo o gravitropismo negativo (negativo in quanto direzionato in senso opposto alla forza di gravità) e fototropismo positivo (positivo in quanto direzionato verso la fonte luminosa). Queste abilità sono ancora oggi oggetto di serio studio da parte degli scienziati; sappiamo che sia il geotropismo che il fototropismo sono veicolati principalmente da un particolare ormone, l'Auxina, ormone vegetale che regola una vasta gamma di effetti: sviluppo di foglie e frutti, accrescimento secondario e, appunto, risposta geotropica (o gravitropica) e fototropica, la prima forse associata ad una redistribuzione di ioni Ca++ che rafforzerebbero l'effetto dell'ormone.

Qualsiasi sia la posizione del seme in terra, l'apice delle graminacee (coleoptile o coleottile), guidato dal geotropismo negativo, fuoriesce dal terreno; da quel momento passa ad orientarsi secondo la struttura propria della specie (eretta per i cereali) e, sotto l'influenza delle condizioni ambientali e guidato dal fototropismo positivo, si orienta verso la luce. Una prima spiegazione sui tropismi dei coleottili fu data dalla teoria di Cholodny-Went. Secondo tale teoria in un certo modo lo stimolo fototropico risulterebbe da una distribuzione disuguale e laterale dell'auxina nell'apice (maggiore concentrazione dell'auxina nella parte in ombra). Più complessa e ancora non del tutto chiarita la risposta al gravitropismo negativo poiché i risultati dei numerosi e recenti studi sono stati contraddittori. È certo che le varie parti della pianta rispondono in maniera diversificata allo stimolo gravitropico, ragion per cui non è possibile avere, ancora oggi, una spiegazione generale della fenomenologia.

Graminacee in campo e in situazione di allettamento (situazione che può avvenire per cause naturali o artificiali) sia per poter ripristinare accettabili condizioni di luce che per orientarsi secondo gravità, producono una quantità maggiore di auxina (a sua volta controllata dal criptocromo, una flavoproteina che si attiva con la luce) che va a depositarsi nelle cellule della parte del nodo meno esposto alla luce; l'auxina induce questo ad un accrescimento differenziato, anomalo, sproporzionato, al punto che il nodo si piega, ginocchia e fa in modo che la pianta possa raddrizzarsi. Ho chiesto in modo specifico alla dottoressa Bruna Saviotti, presidente dell'AIS e dell'APSOV [12] e ritenuta una delle massime esperte cerealicole d'Italia, se questo accrescimento è uguale per tutte le piante e per tutte quelle presenti in una porzione di raccolto allettato e lei mi ha risposto essere questo impossibile; di quanto si allunghi il nodo dipende dalle caratteristiche genetiche della pianta, (più una pianta è geneticamente alta più il nodo si allunga), dal grado di fittezza della coltivazione (più piante competono più si allungano), da come è avvenuto l'allettamento (maggiore o minore compressione, intrecci ecc...), se coperte da altre (le piante sotto si allungano di più di quelle sopra). In buona sostanza tutte le piante cercano la luce e si allungano a cercarla ma in modo differenziato.

Un'altra domanda specifica che ho posto riguardava l'esistenza di eventuali studi che riportassero la misura standard di questi nodi anche se tutto indicava già chiaramente come non ci fossero nodi all'interno di un campo allettato di pari misura se non quelli che potrebbero trovarsi in uguale privazione di luce o che ricevessero la stessa quantità di radiazione luminosa o schiacciate con ugual forza o intrecciate nello stesso gruppo di spighe producendo una uguale quantità di auxina e, non volendo qui parlare dell'ulteriore complicazione che nasce dalla consuetudine contadina di effettuare semine in pieno campo composte da mix differenti di varietà dello stesso cereale (diversità, nella maggior parte dei casi, assolutamente invisibili all'occhio umano inesperto), con variazioni presenti finanche tra pianta e pianta della stessa varietà al variare della condizione genetica iniziale di ciascun singolo seme. Mi è stato chiaramente indicato come in letteratura agronomica vi siano studi e pubblicazioni che parlano dell'allettamento e dei nodi ma che non esistono assolutamente studi su quanto questi nodi si allunghino; sarebbe pressoché assurdo, impossibile per la scientificità dei dati, dare oggi dei numeri.

Se ne deduce che occorrerebbe un lungo e serio studio per arrivare a poter dare numeri significativi, uno studio che, oltre alle problematiche già dette, dovrebbe tenere in considerazione non solo le caratteristiche di ciascuna specie e, all'interno di una specie, delle differenti cultivar [13] (e per ogni cultivar della situazione genetica di partenza) ma, per ciascuna di queste, le variabili al mutare dell'umidità, delle correnti d'aria, della luce ricevuta, della diversa situazione del terreno, delle condizioni ecologico-ambientali, colturali, climatiche ecc.. un'infinita molteplicità di situazioni che inciderebbero inevitabilmente sui dati venendo a creare una serie numerosissima di indici standard di lunghezza dei nodi per allettamento umano o atmosferico, uno per ciascuna singola situazione e poi... avrebbe senso, ai fini agronomici, l'effettuazione di una tale complessa analisi con un numero così sconfinato di variabili? Effettivamente un'indagine così vasta e lunga (in ordine di tempi di realizzazione) oltre che onerosa (da un punto di vista finanziario e di unità scientifiche da impiegare) non avrebbe certo come scopo ultimo il miglioramento del rendimento colturale quindi è logico comprendere come un'indagine di questo tipo possa essere stata ritenuta "inutile" rispetto ad altre emergenze, ad esempio lo studio e la selezione di cereali maggiormente resistenti a fenomeni di allettamento naturale.

Eppure nello studio dei crop circles si parla dell'esistenza di un indice della misura della lunghezza dei nodi delle piante allettate per cause note, uno standard che, conseguentemente, funge da termine di paragone per misure oltre la norma e che ha così permesso definire anomala l'entità di un nodo all'interno di un crop circle e decretarne quindi la possibile natura misteriosa. Il dottor Haselhoff nel suo libro La natura complessa dei cerchi nel grano, accenna: " [...] tuttavia, studi precedenti hanno indicato che tale meccanismo (si parla della ginocchiatura per cause naturali o artificiali) non può incidere più del 10, (si parla della lunghezza del nodo) massimo 20% sulla crescita dei nodi in una settimana" [14]; studi che, per le motivazioni di cui abbiamo parlato prima, sarebbero d'immane portata (qualora qualcuno avesse trovato le motivazioni per consentirne l'espletamento), ma di cui la comunità scientifica agronomica non è a conoscenza. Perché? Haselhoff li cita nelle note: Studi effettuati da Burke, Levengood and Talbott (BLT Research), Vedi lab reports #27 (1994) and #86 (1997).

Secondo Levengood, l'indicazione numerica a partire dalla quale possiamo ritenere essere presente un'anomalia nella lunghezza di un nodo di una pianta all'interno di un crop circle di dubbia natura, tratta dalla comparazione con un indice standard rilevato statisticamente in piante in situazione di allettamento controllato (entrambi da lui determinati), quello che presumibilmente viene usato da tutti i ricercatori di crop circles su tutti i crop circles, qualsiasi e ovunque essi si trovino, in qualsiasi tipo di terreno, in qualsiasi condizione climatica, in qualsiasi condizione d'allettamento, in qualsiasi periodo di sviluppo della pianta, per qualsiasi tipo di graminacea e, nello stesso tipo, per qualsiasi varietà eccetera, sono un esperimento effettuato nel 1994 in Michigan e uno nel 1997 in Maryland su crop circles (nel primo caso esattamente n. 4, nel secondo caso n. 3 coppie di 2 cerchi) appositamente realizzati in due campi e su due non meglio identificate varietà di grano tenero (una vernino) "commercialmente coltivato".

Sarebbe interessante chiedere ai cereaologi qual è la misura, in termini numerici, che essi usano per giudicare anomala la grandezza di un nodo, come ne sono venuti a conoscenza e le motivazioni che li inducono a utilizzarla; forse ritengono sufficiente la frase di Haselhoff, 10 - 20% rispetto alle piante erette e l'accenno ai due studi oppure fanno riferimento al resoconto del solo esperimento del Maryland presente nell'articolo su Physiologia Plantarum n.105: 615-624 (1999) a firma Levengood-Talbott. Quell'articolo è sicuramente una delle più note pubblicazioni riguardo lo studio dei crop circles, una vera "bibbia" per gli interessati al fenomeno; nota, sicuramente nota, ma quanto realmente letta? Persino il più scrupoloso e puntiglioso ricercatore, in grado di seguire le varie attività dei "dottori in crop circles" e di analizzare ogni pubblicazione d'interesse, si sarebbe trovato nella difficoltà estrema di non sapere come agire sulla questione nodi; perché? I risultati presentati in quell'articolo a riguardo dell'esperimento del Maryland sono davvero parziali, dicono e non dicono praticamente nulla di esaustivo, a mio parere visibilmente scarni e assolutamente lacunosi. Il solo fatto di essere a conoscenza dell'esistenza di quei report è possibile sia riuscito a tranquillizzare a tal punto appassionati e ricercatori da ritenere loro inutile andarli a visionare attentamente? No, sarebbe una leggerezza a cui rifiuto di credere. Di certo sul sito del BLT, alla pagina in cui vengono presentati i rapporti di laboratorio [15], non si fa nemmeno un accenno al Lab Report #27 (1994); viene riportata la voce "Lab Report #86 1997 Maryland (USA) Control Study", ma non viene offerto alla libera consultazione; la pagina contiene l'elencazione di uno scarno numero di rapporti di laboratorio (solo pochissimi visionabili), una breve introduzione e l'affermazione che i report saranno pubblicati tempo permettendo. Gli appassionati aspetteranno pazientemente e magari qualcuno attende dal 1994 e cioè da ben undici anni che il BLT li renda disponibili; è possibile scrivere a Nancy Talbott (io l'ho fatto) e chiedere di visionare i report d'interesse; lei vi darà tutte le indicazioni di come acquisirli a pagamento. Per chi volesse farlo più velocemente e senza oneri di spesa consiglio la consultazione del link:

www.cropcirclenews.com/... .

Vuoi per averli ricevuti vuoi perché se li sono procurati, è evidente che almeno i ricercatori devono aver consultato gli studi menzionati e da questi tratto le indicazioni che utilizzano "giornalmente" nell'analisi dei nodi di un crop circle; logico pensare che una maggiore chiarezza devono aver tratto visionando direttamente i due report, quelli citati da Haselhoff e che egli valuta prove scientifiche talmente inconfutabili da rendere assolutamente sereno ogni ricercatore ritenesse di giudicare non causato dai tropismi un nodo trovato di lunghezza superiore al 10% rispetto al campione di controllo o, per ripetere l'esatta espressione di Haselhoff, "più del 10, massimo 20% in una settimana". E gli interrogativi crescono... logico pensarlo ma nella realtà dei fatti quei due report sono ben lontani dal potere essere considerati studi, nel senso alto del termine, sulle risposte gravitropiche e fototropiche dei cereali; possibile che nessuno abbia notato e si sia posto la questione trattarsi di due esperimenti che, secondo basi scientifiche agronomiche, non possono essere assolutamente utilizzati per l'analisi della grandezza dei nodi dei vari crop circles? Che potrebbero limitarsi ad essere un numero "significativo" solo per crop circles di natura ignota apparsi sulla stessa identica varietà di grano tenero (quale?), in uguali condizioni fisico-ambientali presenti in quel campo del Michigan nel 1994 o del Maryland nel 1997 e in più effettuati con uguali tecniche, nella medesima condizione di prostrazione e sottoposti a verifica negli stessi intervalli di tempo? E tutti gli altri casi?

Sono appena 396 le varietà di triticum durum (ovvero di grano duro) presenti nell'elenco delle varietà delle Specie Agrarie iscritte nel Registro dell'Unione Europea dell'anno 2005 [16], dalla varietà Acalou a quella Zenit passando per Casanova ed Exalibur, Icaro, Nerone e Sfinge; molte, molte di più quelle di grano tenero (triticum aestivum) circa 1250.

Qual è poi la risposta all'allettamento nel nodo dell'orzo (vero "campione" in fatto di risposta tropica, quello che risponde con più immediatezza e incisività), dell'avena, della segale, del mais? E, non dimentichiamo, vengono persino analizzati e valutati nodi di colza e di altre piante che non sono neppure graminacee. Oppure, molto più semplicemente (e assurdamente) si è continuato a mettere a confronto i nodi dentro ad un crop circle con quelli fuori dal cerchio stupendosi di trovarli di misura differente, leggerezza commessa tutt'oggi da moltissimi e alla quale, probabilmente, Levengood ha tentato di "mettere una pezza" con lo studio comparativo #27 ma soprattutto con quello #86 dove sottolinea come: "Nei nostri studi delle lunghezze dei nodi degli steli in relazione alle energie della formazione dei crop, è diventato importante definire quantitativamente il ruolo del gravitropismo nelle formazioni allettate".

Verrebbe inoltre spontaneo chiedersi: in tutti i sopralluoghi effettuati sui vari crop circles sparsi per il mondo e ritenuti, anche per l'anomalia dei nodi, di natura non umana o naturale e precedenti al 1997 quale metodologia è stata adottata per misurarli e valutarli se non esisteva neppure un tentativo di studio sulle risposte tropiche dei nodi di piante in situazione di allettamento controllato?

Pur volendo dimenticare per un colpo improvviso di insanità mentale tutte quelle considerazioni di cui abbiamo in precedenza parlato (varietà di pianta, clima, terreno, temperatura, stadio vegetativo, stato genetico, fitopatologico, ecologico, tipo e stato d'allettamento, posizione e fittezza delle piante, sollecitazione subita ecc...) i due report, se messi a confronto, fanno riflettere anche per altri aspetti:

- i cerchi del Michigan, effettuati (con rullo di metallo di 45 libbre) in data 27 maggio, 4 giugno, 10 giugno, 18 giugno 1994; al controllo davano rispettivamente un allungamento nodale medio di 2.2%, 6.8%, 8.6% e 5.2%; nei comments Levengood non fornisce medie conclusive, dice solamente che l'incidenza massima di accrescimento nodale trovata è stata dell'8%;

- le coppie di cerchi del Maryland, effettuati (con tavola) il 3 giugno, il 13 giugno e il 25 giugno 1997 su due strisce di terra (A e B), una maggiormente fertilizzata (striscia B), al controllo Levengood ci dice di registrare un aumento medio del 10%.

I conti tornano? Vediamo: il primo esperimento è stato verificato in data 13 luglio 1994 e cioè a distanza di 47 giorni dalla realizzazione del primo cerchio, il secondo è stato verificato in itinere e, senza fornire dati precisi, viene solamente indicato come, facendo una media tra i dati ottenuti nella striscia A e B al terzo giorno dall'avvio dell'esperimento, è stato notato un allungamento del 10%. Numeri più precisi vengono presentati unicamente per quanto riguarda la situazione nodale, sempre al terzo giorno (16 giugno), per le coppie di cerchi effettuati in data 13 giugno con un allungamento medio, per ogni singola striscia, rispettivamente del 9.6% e dell'11.8%. Tra le annotazioni a carattere generale si dice che i dati che sono tratti dall'analisi dei crop circles di natura ignota registrano allungamenti dal 40 al 200% (diventati dal 30 al 200% nell'articolo n.105 su Physiologia Plantarum). Sempre riguardo all'esperimento, Levengood dice che nei primi set di cerchi la risposta fototropica, essendo piante in fase di sviluppo, è stata immediata, visibile a poche ore di distanza dalla realizzazione delle tracce circolari e si sottolinea come la scelta di puntare l'attenzione sui dati del terzo giorno trova giustificazione dal fatto che i cerchi nel grano vengono solitamente scoperti e vagliati da immediatamente dopo la loro comparsa ai tre giorni successivi. Si commenta davvero poco altro su quell'esperimento, un report realmente molto, molto scarno per essere l'unico studio al mondo sulla risposta dei nodi dei cereali (anche solo di quella varietà di grano tenero) a una condizione di allettamento. Dopo la terza (e ultima) pagina fornisce uno schizzo a mano delle strisce di terreno e dei cerchi effettuati e un grafico riassuntivo di una popolazione totale di 60-80 piante sia della striscia A che B, lo stesso presentato sull'articolo n.105 di Physiologia Plantarum e in questo presentato come lo schema della coppia di cerchi effettuati il 25 giugno (figura sotto):
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Grafici riassuntivi sulla risposta all'allettamento (effettuato con tavola) dei nodi di una popolazione totale di 60-80 piante su due strisce di terra (A e B), una maggiormente fertilizzata (striscia B).
Nel report #86 si dice che i dati medi al terzo giorno dei campioni vagliati il 16 giugno (9.6% e 11.8%) sono pressoché uguali a quelli indicati nel grafico. A noi non sembra affatto così: non c'è nessuna similarità di risultati per la striscia A, nemmeno se consideriamo il dato di deviazione standard (indicato con le barrette sopra e sotto il punto). Eppure questa dichiarata similarità di risultati fa affermare a Levengood: "Queste risposte molto simili a tre giorni in due set di campioni formati circa a due settimane di distanza suggeriscono che le risposte gravitropiche rimangono piuttosto costanti al di là dello sviluppo della pianta in fase primaria". A noi sembra che le piante "più giovani" della striscia A (normalmente concimata) hanno risposto in maniera più incisiva all'allungamento del nodo rispetto a quelle più "vecchie" della medesima striscia. Tra 9.11 e 3% c'è una considerevole differenza. Se invece dei soli dati al terzo giorno Levengood avesse fornito tutti gli altri dati avremmo potuto verificare la percentuale di similarità; su quattro soli dati, due sono simili a due no, con una percentuale quindi del 50%. Sempre in relazione ai dati ottenuti dall'esperimento, Levengood dice che questi dimostrano come "le analisi della regressione lineare (linee continue) hanno essenzialmente costanti identiche di inclinazione, una chiara indicazione che la sovrafertilizzazione non influenza la risposta gravitropica". Al di là della regressione lineare delle linee continue a noi non appare che i nodi delle due aree abbiamo reagito in modo analogo: al decimo giorno la striscia B (con maggior fertilizzante) dava un allungamento del 44% circa (qui si supera il 10-20% alla settimana indicato da Haselhoff) contro il 21% circa della striscia A. Al terzo giorno com'è andata? 12-13% per la striscia B e 3% per la striscia A. Sesto giorno 21% per la striscia B e 16-17% per la striscia A (giorni e percentuali non possono spesso essere dati con assoluta precisione per la pessima indicizzazione dei due grafici). Dal decimo al ventiduesimo giorno non c'è alcuna rilevazione, scelta che non capiamo come non capiamo la totale assenza di tutti gli altri dati tranne per il terzo giorno della seconda coppia di cerchi.

Insomma cosa trarre da questi studi del Michigan e del Maryland? Che pur trattandosi dei report di due soli esperimenti, i dati in questi contenuti (davvero pochi) fanno rilevare il semplice comportamento differente di piante e nodi a situazione differenziata. E con altri esperimenti che sarebbe potuto accadere? Su Physiologia Plantarum n.105: 615-624. 1999 Levengood ricorda che "sebbene ci sia considerevole letteratura riguardante il fototropismo e gravitropismo nei coleottili, vi è una scarsità di informazioni sulle risposte dei nodi di stelo in condizioni normali". È ragionevole e sensato dedurre che questi due esperimenti rappresentino davvero troppo poco per poter sopperire a tale mancanza; a tutt'oggi nessuno può dire di conoscere quale sia il limite massimo che un nodo di una graminacea può raggiungere nel suo allungarsi per risposta tropica come, sempre a tutt'oggi, la comunità scientifica agronomica s'interroga ancora sui tropismi, specie sul gravitropismo. Per il mondo scientifico, quella che Levengood chiama la considerevole letteratura, non deve apparire ancora sufficiente.

Fatto sta che ciò che è rimasto noto di tali osservazioni, nella realtà oggettiva delle varie analisi dei crop circles misteriosi, pur nella inconsistenza di questi lavori, è solamente un numero, quel 10% (cancellata dalla memoria l'indicazione al terzo giorno), fino a 20% per chi presta fede alle affermazioni di Haselhoff (cancellata l'indicazione alla settimana) e dimenticato totalmente che quei numeri dovrebbero essere il risultato di una media totale su un intero campione quando invece ci pare che i cereaologi alla vista di un numero imprecisato di n nodi con lunghezza superiore al 10% gridano alla straordinarietà. Forse la cosa che più disorienta è che, nei vari sopralluoghi effettuati, alcune cose le dimentica persino Levengood, ad esempio la "prescrizione dei tre giorni": molti gli esempi in cui non c'è data certa di comparsa del cerchio e veramente tanti i cerchi valutati a distanza di dieci giorni e più dalla loro comparsa. Un esempio: il cerchio nel grano dello Utah, a Logan, nella Seth Alder Farm, comparso tra la prima e la seconda settimana dell'agosto 1996, scoperto il 15 e campionato il 25 agosto (quindi ben più di tre giorni dopo la data di comparsa) è stato giudicato anomalo con un allungamento medio dei nodi del 15%. Nel report [17], discutendo i risultati viene scritto: "Quando si esaminano i dati d'insieme della lunghezza del nodo si dovrebbe tenere in considerazione che ogni gruppo di campioni che ha un cambiamento medio della lunghezza del nodo più grande del 15% (relativo a "normali" piante di controllo) è statisticamente significativo. Quando un dato è statisticamente significativo si può essere sicuri che c'è una probabilità maggiore del 95% che i dati sono anomali, in relazione ai campioni di controllo. "

Questo è quanto sull'anomalia dei nodi delle graminacee.

Alla luce di tutto ciò, può essere affermato senza ombra di dubbio che il nodo allungato in un crop circle geometrico di dubbia natura sia una anomalia senza possibilità di errore e che non possa dipendere dall'allettamento?

Credo che tale affermazione abbia davvero bisogno di essere meglio organizzata per non generare il dubbio, ancora una volta, che nulla sia stato fatto al fine di ridurre il contributo di soggettività della logica umana e aumentare la considerazione oggettiva della logica della natura [18].
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Haselhoff, nel libro La natura complessa dei cerchi nel grano, scrive alcune sue considerazioni sotto forma di conclusioni e che vorremmo riprende e fare nostre poiché ci trova perfettamente concordi. La prima dice: "L'ipotesi che i cerchi nel grano siano tutti opera di burloni muniti di semplici strumenti per appiattire il grano non fornisce affatto la spiegazione plausibile capace di chiarire le osservazioni documentate". Vero, non è l'ipotesi "burloni" che è in grado di darci spiegazioni ma l'osservazione e lo studio delle osservazioni. Partiamo da queste e dopo, solo dopo, chiediamoci chi potrebbe esserne la causa. Forse scopriremmo, ad esempio per i nodi, l'ipotesi "allettamento"; i "burloni" in questo caso sarebbero solo il mezzo della sopraggiunta condizione, non la causale delle reazioni. Tengo a precisare che considerare il circlemaking inglese una semplice burla rappresenta sicuramente un approccio troppo semplicistico al problema, ma purtroppo in questo articolo sarebbe fuori luogo approfondirne il perché.

La seconda: "Il più delle volte il fenomeno dei cerchi nel grano viene erroneamente ridicolizzato e ampiamente sottovalutato nella sua complessità". Vero, così sottovalutato che si crede di poter parlare di cerchi nel grano e analizzarne le anomalie (in Italia è quasi una costante) senza considerare le leggi dei vegetali in tutta la loro complessità; ridicolizzato al punto da far passare poche osservazioni, e per giunta povere di dati, come scientificamente accettabili, corrette e universali.

La terza: "La vera natura del fenomeno dei cerchi nel grano è sconosciuta al grande pubblico". Vero anche questo; purtroppo ciò che l'informazione e i media propinano in fatto di crop circles è un mix di dati, di inesattezze, di leggerezze, di leggende metropolitane, sempre le stesse, quasi disarmanti. Qual è la percentuale di riuscita, per un lettore o ascoltatore che volesse saperne di più e approfondire la tematica dei cerchi nel grano attraverso quanto l'informazione divulga e di farlo a 360 gradi? È disarmante notare come trasmissioni televisive che, più di altre, danno spazio ai cerchi nel grano (Voyager, RAI2 - programmazione del 21 settembre 2004), tra le letture suggerite ai telespettatori per l'approfondimento individuale inseriscono libri come Gli archetipi raccontano di Maria Morganti in cui l'autrice ci informa del fatto che i cerchi sono messaggi di entità aliene. No, a disarmarci non è tanto il fatto che un alieno le detti tale criptico messaggio quanto invece constatare che l'alieno (o l'autrice sensitiva) non si sia nemmeno preso la briga di evitare d'inserire nell'elenco dei crop circles spiegati, formazioni di nota natura umana a scopo pubblicitario, come ad esempio la clamorosa "H" del canale satellitare History Channel. Questo ciò che "passa". Sì, quello dei cerchi è un fenomeno assolutamente sconosciuto.

La quarta: "Chi non è qualificato per giudicare dovrebbe astenersi da ogni commento (citazione ripresa dal dottor G. Terence Meaden [19])". Vero anche questo! Per quanto ciò possa apparire come l'invito, un caldo invito a persone "normali" come me che non scrivono commenti su rivista scientifica in merito a cerchi nel grano, a "stare debitamente zitte" poiché non accreditate a parlare, ad avere dubbi, ad esprimerli, a porre domande (ma è solo apparenza, un serio ricercatore ama il contraddittorio e si compiace che un argomento da lui trattato appassioni altri e le sue ricerche siano da stimolo per tutti); sotto certi aspetti ha perfettamente ragione: chi non è qualificato a parlare di piante e anomalie delle piante non dovrebbe farlo senza il supporto di chi lo è! Personalmente preferisco la preposizione n. 7 del filosofo L. Wittgenstein, per certi versi affine alla frase di Meaden, e che dice: "Su ciò, di cui non si può parlare, si deve tacere". Wittgenstein si riferiva a quanto attiene al mistico, al senso della vita... i crop circle non lo sono, non sono fatti di fede, tacere significa rinunciare a riflettere.

Una ricerca ancora agli albori


Considero il mondo dei crop circle un mondo meraviglioso e affascinante, un fenomeno dei nostri tempi che tanto ha da dire proprio per la sua enorme capacità di richiamo. È un segno di speranza il fatto che l'uomo sappia ancora emozionarsi di fronte ad un segno, un segno a volte anche molto semplice su semplice vegetazione; è un aspetto della vicenda "cerchi nel grano" che, visto dal punto di vista squisitamente sociologico, ha quasi del miracoloso. Non me ne vogliano i seri ricercatori in ambito crop circles per le osservazioni fatte, il mio vuole essere solo l'invito a non fermarsi mai ad una valutazione superficiale e a lasciarsi coinvolgere a tal punto da ciò che ci appare intrigante da volerne sapere un po' di più, da spingerci a ricercare in profondità poiché sono certa che la non conoscenza di determinati fattori è il motivo per cui certe affermazioni continuano ad essere prese in considerazione nella lettura del fenomeno "cerchi nel grano" mentre altre a rimanere assolutamente disconosciute. Spesso ciò che ruota attorno al mondo dei cerchi nel grano, tende a proteggere gli agroglifi in modo anche acceso come se la vera magia dei cerchi non scaturisse dai cerchi in sé, misteriose armonie capaci di risuonare dentro di noi, ma dai cerchi come geometrie legate a qualcosa che DEVE essere fuori di noi, superiore a noi, a noi inspiegabile!

La forza dei crop circles, per essi, è "IL SEGNO" e non quella naturale, straordinaria e quasi spavalda capacità che hanno di innescare una comunicazione immediata tra la dimensione introspettiva e quella cosmica di ciascuno di noi, pur nella realtà oggettiva e nella pochezza tutta terrestre di tratto di grano schiacciato al suolo.
Penso che sia importante e interesse di tutti quanti amano i cerchi nel grano riuscire ad attuare, finalmente, alcuni distinguo tra ciò che può essere indagato e spiegato e ciò che potrebbe rimanere nel campo dell'insondabile o del non ancora comprensibile; è da qui che i ricercatori dovrebbero partire. Buon lavoro a tutti poiché, ahimè, in questo siamo ancora agli albori.

Margherita Campaniolo
Docente di Scuola Primaria
[email protected]

Note


1) Agronomia - Dal greco agros, campo coltivato, e nomos, legge, regola.
2) Agroglifo - Recentemente all'espressione cerchio nel grano si sono aggiunti e affiancati termini quali pittogramma, cereogramma e agroglifo, vocaboli che oggi costituiscono un vero e proprio "linguaggio specifico" del fenomeno crop circles. Il lemma agroglifo è composto da agro (dal greco agros), la più antica voce per designare un campo messo a coltura, e da glifo (dal greco glufe) ovvero intaglio, termine che nell'antichità indicava un incavo a sezione tonda o angolare usato come ornamento architettonico; indica quindi un'immagine prospettica determinata dall'incisione di piante coltivate in campo.
3) The BLT Research Team Inc, www.bltresearch.com
4) W.C. Levengood, Nancy P. Talbott, "Dispersion Of Energies In Worldwide Crop Formations", Physiologia Plantarum n.105: 615-624, 1999
5) Regola comune a tutti gli esseri viventi, geneticamente strutturati in modo da assolvere un compito principe: riprodursi e assicurare la continuità della specie
6) "Legge del Minimo" o "Legge di Liebig" (1840) spiega i meccanismi di crescita degli individui (ma ciò vale anche per le popolazioni) al variare della disponibilità dei fattori ecologici. La produzione delle piante è determinata da diverse componenti, vale a dire: acqua, aria, luce, temperatura, terreno ed elementi nutritivi, tra loro interdipendenti. Nella formulazione originale, la legge di Liebig diceva: "La crescita dei vegetali è determinata dall'elemento che è presente in quantità minore rispetto ai fabbisogni". Ampliata in tempi successivi, la legge del Minimo introdusse il concetto di crescita delle popolazioni all'interno degli ecosistemi: "La crescita di un individuo (o di una popolazione) in un ecosistema è determinata dal fattore ecologico che è presente in quantità minore rispetto alle necessità". Tale fattore è detto "fattore limitante" perché definisce il limite massimo di crescita delle popolazioni. Justus Von Liebig - Nato a Darmstad (Germania) nel 1803 è considerato non solo il fondatore della chimica agronomica ma anche un grande maestro di vita. Ha ideato diversi metodi per l'analisi del carbonio, idrogeno, alogeni organici e ha istituito il primo laboratorio didattico di chimica. Fu un pioniere nella chimica fisiologica.
7) "Legge della Tolleranza" o "Legge di Shelford": "Ogni organismo di fronte ai fattori ambientali ha un intervallo di tolleranza compreso tra un minimo e un massimo entro cui si colloca il suo optimum ecologico". Se il fattore ecologico si presenta ai valori ottimali, ogni specie ha un intervallo ideale di crescita; al di fuori di tali valori la specie ha ancora possibilità di sviluppo, ma ridotto. Ciascun genere di pianta presenta inoltre, per ogni fattore ecologico, i propri limiti di tolleranza, limiti oltre i quali non può esistere in un certo ambiente. Questi possono essere distinti in abiotici e in biotici. I fattori abiotici sono le componenti fisiche e chimiche (non viventi) dell'ecosistema e comprendono la luce, il suolo, l'acqua, il vento, la temperatura e le sostanze nutrienti disponibili. I fattori biotici di un ecosistema sono invece tutti gli organismi viventi presenti nell'ambiente. Victor Ernest Shelford (Chemung, N.Y. - U.S 22/09/1877- 27/12/1968) Fra le figure più importanti nella storia dell'ecologia. I suoi contributi in questo senso vanno dall'ecologia fisiologica, all'ecologia della Comunità, l'ecologia della popolazione e la biogeografia ecologica.
8) Adriano Forgione - Alfredo Di Prinzio, Cerchi nel grano - Messaggi tra cielo e terra + VHS, Edizioni Hera, 2002
9) W.C. Levengood, "Anatomical anomalies in crop formation plants", Physiologia Plantarum 92:356-363.1994
10) Eltjo H. Haselhoff, La Natura Complessa dei Cerchi nel Grano, Natrix Edizioni, 2001
11) 11) Coleoptile o coleottile: guaina di breve durata, non pigmentata, che avvolge la prima foglia vera di un germinello delle graminacee.
12) AIS - Associazione Italiana Sementi; APSOV - Associazione Produttori Sementi Oltrepo Vogherese
13) Cultivar - Termine usato in botanica per indicare le diverse varietà ottenute da una pianta coltivata. Deriva dalla contrazione delle parole inglesi cultivated variety ed è stato ufficialmente adottato durante il XIII Congresso di orticultura tenutosi a Londra nel 1952 al fine di distinguere le cultivar dalla classificazione usata per le varietà ottenute dalle piante allo stato spontaneo. La parola si può intendere come derivata dall'espressione varietas culta.
14) Eltjo H. Haselhoff, La Natura Complessa dei Cerchi nel Grano, Natrix Edizioni, 2001, pag. 84
15) Sito web BLT, pagina report: www.bltresearch.com/labreports.html
16) Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea, C 46 A/10, Catalogo comune delle varietà delle Specie agricole, Ventitreesima edizione integrale del 22.2.2005
17) BLT Research, Lab Report: n.79 Crop Formation: Logan, Utah - Agosto 1996, Pinelandia Biophysical Lab, 16 marzo 1997
18) Cardone, Fabio "Commento alle teorie fisiche - Il rasoio di Occam" - Episteme - Physis e Sophia nel III millennio - An International Journal of Science, History and Philosophy N. 2 del 21 dicembre 2000 - Morlacchi Editore, Piazza Morlacchi 7/9, 06123 Perugia - Italy
19) Meaden, G. Terence - Fisico e meteorologo presso la Oxford University. È stato membro della Royal Meteorological Society e professore associato di fisica alla Dalhousie University di Halifax (Canada). Ha fondato ed è direttore della Tornado and Storm Research Organisation che edita da quasi trenta anni la rivista specializzata The Journal of Meteorology. Occupatosi di cerchi nel grano agli albori del fenomeno, avanzò l'ipotesi che vortici d'aria accompagnati da fenomeni elettrici sono all'origine di alcune tipologie di cerchi.


Bibliografia


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  • Galston, A. W. 1997. I processi vitali delle piante, Bologna: Zanichelli ed.
  • Giardini, L. 2002. Agronomia generale, ambientale e aziendale (Collana: Scienza e Tecniche delle produzioni vegetali, n. 1), Patron Editore
  • Giordani, G. 1986. Il frumento, Bologna: Ed. Agricole
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  • BLT Research, Report N. 27. 1994. Study of simulated crop formations, 10.10.94, Pinelandia & Bayville Labs
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  • Campaniolo, M. Cum grano salis - ricerca sul fenomeno dei crop circles dall'immagine, alla storia, all'agronomia. http://www.margheritacampaniolo.it/cumgranosalis.htm
accessToken: '2206040148.1677ed0.0fda6df7e8ad4d22abe321c59edeb25f',