Washington. Verso la metà di febbraio 2005, numerosi quotidiani hanno dato notizia della pubblicazione di un articolo scientifico che dimostrerebbe l'esistenza del famoso sesto senso. L'articolo in questione è stato pubblicato sulla prestigiosa rivista Science e autori sono due ricercatori della Washington University a St. Louis (J.W. Brown, T.S. Braver, "Learned predictions of error likelihood in the anterior cingulate cortex", Science 307, 1118-21, 2005).
Sede del presunto sesto senso sarebbe una regione del cervello che si trova nella cosiddetta corteccia cingolata anteriore, posta tra i due emisferi. Come spiega Joshua Brown, uno degli autori, in questa zona del cervello risiede un sistema di allarme che ci avverte per tempo quando qualcosa non va o quando qualche nostra azione potrebbe compromettere la nostra incolumità; si tratta di un circuito che ci fornisce informazioni per aggiustare la "rotta" dei nostri comportamenti e metterci al riparo dai pericoli.
Quindi a un esame più attento, si capisce subito che non si tratta affatto della scoperta di un vero nuovo senso. Si tratta semplicemente della scoperta di una zona del cervello in grado di elaborare in modo sofisticato le informazioni derivanti dai nostri soliti cinque sensi. Chiamare questa facoltà sesto senso appare quindi improprio.
Al di là dei nomi, tuttavia, lo studio pubblicato da Science riveste un indubbio interesse. Piuttosto curiosa è stata la procedura sperimentale adottata dai ricercatori. Alcuni ragazzi sani sono stati posti di fronte a un computer e il loro compito consisteva nel guardare un pallino, alternativamente bianco o blu, trasformarsi rapidamente in una freccia. La freccia poteva muoversi sullo schermo in due direzioni opposte. I ragazzi dovevano stare in allerta e premere un bottone a seconda della direzione presa dalla freccia. Occasionalmente però faceva la sua comparsa una seconda freccia e in questi casi i ragazzi dovevano indicare la direzione presa dalla prima freccia premendo i pulsanti in maniera invertita rispetto al solito. Questa complicazione aveva lo scopo di creare una situazione conflittuale nel loro cervello. Inoltre nel gioco vi era un trucco che però i ragazzi ignoravano: quando il pallino iniziale era blu, sarebbe comparsa la seconda freccia di disturbo con una probabilità maggiore.
Dopo un po' di allenamento i ragazzi hanno iniziato a commettere meno errori. In altre parole il loro cervello aveva intuito l'esistenza del trucco, anche se i ragazzi non ne erano per nulla consapevoli. Durante il gioco i ricercatori monitoravano il cervello dei ragazzi mediante la tecnica della risonanza magnetica funzionale (fMRI). In tal modo hanno osservato un aumento di attività della corteccia cingolata anteriore in concomitanza della comparsa della freccia ingannatrice.
Secondo Brown, da queste osservazioni si può dedurre che tale corteccia impara a sentire "odore di inganno" e si attiva avvertendo la persona di cambiare istantaneamente comportamento (in questo caso di premere il bottone opposto). Il soggetto non è consapevole di questo cambiamento imminente, ma i suoi riflessi migliorano. Questo nella vita reale significa che il sistema endogeno ha dato l'allarme in tempo per sfuggire a un errore o a un pericolo. Si tratta evidentemente di un adattamento evolutivo finalizzato alla sopravvivenza dell'individuo.
La scoperta, al di là dell'interesse teorico, sembra poter avere anche importanti ricadute in campo psichiatrico. È infatti noto da tempo che la corteccia cingolata può presentare anomalie anatomiche in pazienti affetti da patologie quali la schizofrenia e i disturbi ossessivo-compulsivi. Inoltre, secondo alcuni, la corteccia cingolata sarebbe la sede decisionale del cervello che interviene quando dobbiamo effettuare scelte cruciali e ben ponderate. Questa corteccia rappresenterebbe infine il crocevia tra ragione ed emozioni nonché la sede di ragionamenti complessi.