Il racconto del furto di organi, nelle sue differenti versioni, è una delle leggende contemporanee più diffuse anche da mezzi di comunicazione di un certo prestigio, e la sua veridicità è ormai talmente scontata che chi la mette in dubbio rischia di essere messo sullo stesso piano di chi nega l'esistenza delle camere a gas ad Auschwitz. Non c'è studioso del folklore contemporaneo che non le abbia dedicato almeno un articolo o una relazione, e il tema torna sempre a galla nei gruppi di studio dedicati alle leggende, ma le trattazioni sistematiche di ampio respiro sono rare. La più completa è indubbiamente lo studio di Véronique Campion-Vincent, ingegnere del CNRS (Centre National de la Recherche Scientifique) di Parigi, saggista, specializzata nello studio sociologico delle leggende contemporanee, autrice tra l'altro di Légendes urbaines. Rumeurs d'aujourd'hui (Payot, 1992) e De source sûre. Nouvelles légendes urbaines (Payot, 2002), entrambi scritti con Jean-Bruno Renard.
Sembra che queste voci siano apparse per la prima volta in America Latina poco dopo la metà degli anni Ottanta, più o meno in contemporanea a due fenomeni realmente accaduti: l'aumento della richiesta di adozioni internazionali, che aveva generato un mercato nero di bambini da adottare, alimentato talvolta da rapimenti, e la vendita da parte di abitanti del Terzo Mondo di parti del loro corpo (solitamente reni) per trapianti. Dalla fusione dei due eventi reali nacque la leggenda - mai dimostrata - di bambini prima rapiti per espiantare loro le cornee o i reni e poi, assurdamente, liberati vivi con la beffa di una ricompensa irrisoria in tasca. Da quel momento in poi si sono diffuse numerose varianti via via più complesse e articolate, tra le quali quella particolarmente nota in Italia del "rene rubato": un uomo viene adescato da una bella sconosciuta in discoteca e si risveglia qualche tempo dopo con una cicatrice sulla schiena e un rene mancante.
Intorno a questi racconti sono fioriti negli anni Novanta i documentari e le inchieste di denuncia, sempre privi di fondamento e a volte anche con vere e proprie frodi giornalistiche, ricostruite dalla Campion-Vincent con precisione e ricchezza di riferimenti.
Non manca un capitolo "scettico" che spiega l'incongruenza di queste narrazioni, per tutte le ragioni ben note ai lettori di S&P (vedere l'Enciclopedia del CICAP ) più un'interessante analisi del rapporto costi-benefici: se questi racconti fossero veri, per ogni cliente malato e senza scrupoli l'organmafia dovrebbe rapire, per sottoporre a complessi esami di laboratorio ed eventuale espianto, centinaia di vittime, fino a trovare quella con la giusta compatibilità tissutale, affrontando rischi e costi esorbitanti, per poi, con una strategia criminale degna dei Soliti ignoti, lasciarle libere di rivolgersi alla polizia... L'autrice sottolinea correttamente che singoli episodi di questo genere non si possono escludere al cento per cento e che la massima sorveglianza contro ogni abuso è tassativa; tuttavia, per credere a un traffico di organi umani su vasta scala come quello implicato dalla leggenda, occorrerebbero prove molto convincenti, che mancano del tutto.
Ma la parte più originale del libro è la seconda, dove la Campion-Vincent esamina con eccezionale ampiezza di approccio le origini di queste voci e le motivazioni che le rendono così attraenti e persuasive.
Ne emerge un quadro affascinante, in cui il malcostume, sempre denunciato dal CICAP, dell'irresponsabilità dei media alla continua ricerca del sensazionalismo, viene sì evidenziato con indignazione e passione civile dall'autrice, ma è ben lontano dall'esaurire il problema.
La studiosa francese ci spiega in modo convincente come questi racconti discendano da narrazioni molto più antiche: in primo luogo la "strage degli innocenti" nelle sue diverse declinazioni, da Erode a Costantino - che secondo la leggenda si oppose all'abominio - fino a Ceausescu, passando per Luigi XV e le secolari accuse di omicidio rituale dei bambini cristiani da parte degli ebrei, ma anche i miti del vampirismo nelle loro diverse varianti regionali e altro ancora. Si capisce così come questi racconti possano esprimere metaforicamente, secondo una simbologia corporale consolidata nelle leggende popolari, diversi tipi di conflitto: lo sfruttamento dei paesi ricchi nei confronti del Terzo Mondo, la vulnerabilità dei ninos de rua di fronte ad ogni tipo di abuso, ma anche il rifiuto popolare della medicina moderna, che con il concetto di morte cerebrale e la pratica dei trapianti trasgredisce le frontiere apparentemente immutabili dell'identità della vita e della persona. Anche il parallelismo con la campagna contro la tratta delle bianche che infuriò per mezza Europa all'inizio del ventesimo secolo aiuta a inquadrare la portata del fenomeno: appare evidente il ruolo attivo che nella promozione di tali leggende hanno le associazioni militanti per i diritti umani, per il riscatto del Terzo Mondo, contro la vivisezione, per le medicine alternative. Per tutti questi gruppi (e i giornali che li sostengono) il furto di organi è un crimine così perfetto, vero o falso che sia, che non vi si può rinunciare, proprio come l'ignominiosa tratta delle bianche era un bersaglio ideale per accendere gli animi dei moralisti di inizio Novecento.
Si finisce di leggere il libro con il piacere di aver ricevuto una grande lezione, esemplare non soltanto per lo studio delle leggende urbane, ma anche per il metodo che il CICAP dovrebbe seguire in ogni indagine per non accontentarsi di smentire la bufala del momento, ma capire anche perché si è sviluppata proprio in quel modo e quali bisogni profondi soddisfa.
Sembra che queste voci siano apparse per la prima volta in America Latina poco dopo la metà degli anni Ottanta, più o meno in contemporanea a due fenomeni realmente accaduti: l'aumento della richiesta di adozioni internazionali, che aveva generato un mercato nero di bambini da adottare, alimentato talvolta da rapimenti, e la vendita da parte di abitanti del Terzo Mondo di parti del loro corpo (solitamente reni) per trapianti. Dalla fusione dei due eventi reali nacque la leggenda - mai dimostrata - di bambini prima rapiti per espiantare loro le cornee o i reni e poi, assurdamente, liberati vivi con la beffa di una ricompensa irrisoria in tasca. Da quel momento in poi si sono diffuse numerose varianti via via più complesse e articolate, tra le quali quella particolarmente nota in Italia del "rene rubato": un uomo viene adescato da una bella sconosciuta in discoteca e si risveglia qualche tempo dopo con una cicatrice sulla schiena e un rene mancante.
Intorno a questi racconti sono fioriti negli anni Novanta i documentari e le inchieste di denuncia, sempre privi di fondamento e a volte anche con vere e proprie frodi giornalistiche, ricostruite dalla Campion-Vincent con precisione e ricchezza di riferimenti.
Non manca un capitolo "scettico" che spiega l'incongruenza di queste narrazioni, per tutte le ragioni ben note ai lettori di S&P (vedere l'Enciclopedia del CICAP ) più un'interessante analisi del rapporto costi-benefici: se questi racconti fossero veri, per ogni cliente malato e senza scrupoli l'organmafia dovrebbe rapire, per sottoporre a complessi esami di laboratorio ed eventuale espianto, centinaia di vittime, fino a trovare quella con la giusta compatibilità tissutale, affrontando rischi e costi esorbitanti, per poi, con una strategia criminale degna dei Soliti ignoti, lasciarle libere di rivolgersi alla polizia... L'autrice sottolinea correttamente che singoli episodi di questo genere non si possono escludere al cento per cento e che la massima sorveglianza contro ogni abuso è tassativa; tuttavia, per credere a un traffico di organi umani su vasta scala come quello implicato dalla leggenda, occorrerebbero prove molto convincenti, che mancano del tutto.
Ma la parte più originale del libro è la seconda, dove la Campion-Vincent esamina con eccezionale ampiezza di approccio le origini di queste voci e le motivazioni che le rendono così attraenti e persuasive.
Ne emerge un quadro affascinante, in cui il malcostume, sempre denunciato dal CICAP, dell'irresponsabilità dei media alla continua ricerca del sensazionalismo, viene sì evidenziato con indignazione e passione civile dall'autrice, ma è ben lontano dall'esaurire il problema.
La studiosa francese ci spiega in modo convincente come questi racconti discendano da narrazioni molto più antiche: in primo luogo la "strage degli innocenti" nelle sue diverse declinazioni, da Erode a Costantino - che secondo la leggenda si oppose all'abominio - fino a Ceausescu, passando per Luigi XV e le secolari accuse di omicidio rituale dei bambini cristiani da parte degli ebrei, ma anche i miti del vampirismo nelle loro diverse varianti regionali e altro ancora. Si capisce così come questi racconti possano esprimere metaforicamente, secondo una simbologia corporale consolidata nelle leggende popolari, diversi tipi di conflitto: lo sfruttamento dei paesi ricchi nei confronti del Terzo Mondo, la vulnerabilità dei ninos de rua di fronte ad ogni tipo di abuso, ma anche il rifiuto popolare della medicina moderna, che con il concetto di morte cerebrale e la pratica dei trapianti trasgredisce le frontiere apparentemente immutabili dell'identità della vita e della persona. Anche il parallelismo con la campagna contro la tratta delle bianche che infuriò per mezza Europa all'inizio del ventesimo secolo aiuta a inquadrare la portata del fenomeno: appare evidente il ruolo attivo che nella promozione di tali leggende hanno le associazioni militanti per i diritti umani, per il riscatto del Terzo Mondo, contro la vivisezione, per le medicine alternative. Per tutti questi gruppi (e i giornali che li sostengono) il furto di organi è un crimine così perfetto, vero o falso che sia, che non vi si può rinunciare, proprio come l'ignominiosa tratta delle bianche era un bersaglio ideale per accendere gli animi dei moralisti di inizio Novecento.
Si finisce di leggere il libro con il piacere di aver ricevuto una grande lezione, esemplare non soltanto per lo studio delle leggende urbane, ma anche per il metodo che il CICAP dovrebbe seguire in ogni indagine per non accontentarsi di smentire la bufala del momento, ma capire anche perché si è sviluppata proprio in quel modo e quali bisogni profondi soddisfa.