L'immaginazione ha questo di straordinario: consente a un individuo di anticipare mentalmente una situazione che non è ancora entrata nel campo visivo. Gli consente cioè di "vedere", o meglio di "pre-vedere" le conseguenze di un gesto, di un'azione, di un comportamento.
È un talento tipicamente umano, che risulta dall'attività di certe zone della corteccia celebrale situate probabilmente nei lobi frontali. Infatti il gran numero di cellule nervose di elaborazione (cioè cellule nervose che hanno tra loro molte ramificazioni e collegamenti e che creano fittissimi circuiti in queste aree corticali) rende probabilmente possibile un'attività di associazione basata su "montaggi" simulati di frammenti di esperienze.
Per dirla in modo più semplice, è come se possedessimo nel cervello un caleidoscopio mentale, in cui certe memorie di esperienze venissero ad assemblarsi in un'immagine unica, dandoci una veduta di come si presenterà il problema che stiamo affrontando, se collegato ai vari fattori che gli sono associati.
Questa capacità di immaginare è tipica del gioco, quando, per esempio, un ragazzo (o un adulto) cambia ruolo e si mette nei panni di un altro. In quest'altro caso il procedimento è simile: si tratta soltanto di mettersi nei panni del futuro.
C'è un celebre detto che afferma: "Governare è prevedere" (ahimè! Quanto disatteso...). Ed è vero. Così come quando si va in bicicletta non bisogna guardare le ruota ma la strada dinnanzi a sé (altrimenti si cade o si va a urtare contro qualcosa), analogamente una società umana deve poter prevedere e calcolare la traiettoria dei suoi gesti e delle sue decisioni.
La difficoltà è che, diversamente da quanto avviene andando in bicicletta, la nostra visibilità è limitata. Vediamo fisicamente solo una parte della strada, l'altra dobbiamo immaginarla. Dobbiamo cioè collegare mentalmente (e nel modo più corretto possibile) le nostre esperienze e conoscenze per "simulare" situazioni non ancora entrate nel nostro campo visivo.
Non è un esercizio semplice; eppure siamo condannati a imparare a farlo, perché in un mondo che si muove a velocità sempre più elevata la visibilità diventa sempre più corta, e quindi l'antico apprendimento per errore non serve più. Occorre quello che alcuni psicologi e pedadogisti, in un rapporto per il Club di Roma (un'associazione di umanisti, economisti, ecologi e scienziati che cerca di capire l'evoluzione futura dei nostri sistemi) hanno definito l'"apprendimento innovativo". Vediamo di che si tratta.
L'apprendimento innovativo
Come dice il proverbio; "sbagliando si impara". Ed è vero. Lungo tutta la nostra vita noi accumuliamo esperienze attraverso i nostri errori.
Impariamo per esempio a camminare senza cadere, a non toccare prese elettriche, a moltiplicare 6 per 8 e a guidare l'auto senza confondere il freno con l'acceleratore.
Ognuna di queste esperienze ha richiesto un certo numero di errori, o magari traumi, ma questi errori ci hanno insegnato a non ripetere gesti o scelte sbagliate. È l'apprendimento per esperienza. È un tipo di apprendimento comune anche agli animali. Premi e punizioni consentono di memorizzare le esperienze, e di tenerne conto per il futuro. Ma in certi casi l'apprendimento per esperienza non serve. Anzi è catastrofico.
Se, per esempio, si scala l'Everest senza conoscerne i pericoli, non c'è più tempo per trarre insegnamento dagli errori. Si muore prima, per freddo, fame, intemperie e mancanza di ossigeno. Ciò vale per molte altre cose. In particolare vale per le scelte che riguardano il nostro avvenire. Se si va verso il futuro senza conoscerne i problemi, l'apprendimento per errori non serve più. È troppo tardi. Però come dicevamo l'uomo, diversamente dall'animale è in grado di utilizzare anche un altro tipo di apprendimento; quello che gli consente di immaginare le situazioni future, e intuirne le conseguenze, grazie ad associazioni mentali.
Questa capacità è il frutto non solo di un cervello complesso, ma di un allenamento mentale che deve cominciare sin dall'infanzia attraverso l'esperienza del gioco e continuare poi con una varietà di stimoli creativi. È un tipico meccanismo umano, che da sempre è alla base dell'immaginazione e delle invenzioni. Invenzioni di macchine, di idee, di strategie, di progetti. Per risolvere problemi non ancora reali, ma immaginati tempestivamente. Attraverso l'immaginazione l'uomo è riuscito a realizzare grandi imprese.
La conquista della Luna, per esempio, è avvenuta grazie a una serie di simulazioni mentali. Sulla Luna non c'era mai stato nessuno prima: e non si poteva certamente usare l'apprendimento per errore.
Per fare arrivare fin lassù degli astronauti e riportarli a casa sani e salvi, è stato necessario simulare mentalmente (e risolvere) i problemi prima ancora che si ponessero: problemi collegati alla forza di gravità, alle temperature, alle comunicazioni, ai carburanti, agli strumenti di navigazione, ai veicoli.
In altre parole si è imparato a fare una cosa del tutto nuova, cioè ad andare sulla Luna senza mai esserci andati. È stato un apprendimento immaginato. Un "apprendimento innovativo". Che ha consentito di operare nel modo giusto.
Anche per andare verso il futuro è ormai necessario affrontare il viaggio allo stesso modo. Sarebbe infatti catastrofico imparare con gli errori. Dobbiamo ormai riuscire a simulare mentalmente i problemi (e a risolverli) prima ancora che si pongano. In fondo, è quello che già aveva fatto, a modo suo, Noè. Noè iniziò infatti, secondo la leggenda, a costruire l'Arca prima che cominciasse il diluvio, e non dopo. Cominciò a costruirla quando ancora non pioveva. Se avesse aspettato la pioggia, non avrebbe fatto in tempo a salvarsi. Noi oggi siamo costretti a fare altrettanto. Dobbiamo prevedere i problemi e imparare a risolverli prima di andarci a cozzare. Invece ci stiamo avviando verso il futuro con il metodo dell'apprendimento per errori. Non abbiamo per esempio saputo prevedere in tempo la crisi energetica, e stiamo procedendo a velocità crescente senza tener conto di tutti gli altri gravi ostacoli che stanno emergendo.
Piero Angela
Giornalista e scrittore