Fin da piccino mi è stato insegnato a procedere con cautela tra pietraie e zone assolate: le vipere potevano essere in agguato. Per non parlare poi del pessurdu, ovvero il maschio della vipera, insidioso e venefico quant'altri mai.
Anche da adulto ho sentito ripetere questa storia, soprattutto dai boscaioli e dai contadini, gente che conosce tutti i segreti dei boschi dell'entroterra ligure.
Sorprendentemente, però, un caro amico erpetologo non è mai stato daccordo circa l'esistenza di questo mostro.
Non che il maschio della vipera non esista, tutt'altro, è che semplicemente non ha tutte quelle caratteristiche che gli vengono riconosciute dalla tradizione popolare: anziché più grande sarebbe più piccolo e non avrebbe una particolare veneficità.
Il meccanismo che porta a formare una leggenda è curioso ma assai funzionale; voglio dire che le leggende o i pregiudizi si formavano per la necessità di far circolare informazioni ritenute importanti. Oggi abbiamo strumenti e metodi per approfondire tanti argomenti e possiamo sapere (tra le altre cose) con buon margine cosa e quanto ci può essere dannoso.
Vediamo allora da dove può essere nata questa storia. Torniamo indietro di qualche secolo: c'erano pochissime informazioni sul comportamento e la velenosità dei rettili. A titolo precauzionale le bisce, quali esse fossero, andavano comunque spiaccicate sul posto. Niente di meglio per radicare l'informazione che trasformarla in cronaca, in leggenda. Ognuno di noi quando racconta un fatto, un avvenimento degno di nota tende, anche involontariamente, a renderlo ora più tragico ora più comico di quel che è stato. Talvolta la memoria stessa inganna il cronista e succede che sulla narrazione di un fatto accaduto si innesti qualcosa di letto o sentito dire da un'altra parte.
Il serpente in genere raccolglie intorno a se una grandissima serie di simboli, in ogni cultura: già dalla Bibbia si presenta come il demonio; per i germani del nord è Midgard, il serpente che cinge la terra e rappresenta l'oceano, l'equivalente egizio di Apophis, che minaccia la barca del dio Sole. In oriente il serpente Kundalini si trova avvolto alla spina dorsale e simboleggia l'energia vitale da risvegliare con la meditazione... Nella cultura greca è noto il serpente Uroboros, rappresentato mentre si morde la coda, simbolo della ciclicità del tutto (giorno-notte, estate-inverno eccetera). Secondo alcuni è la stessa simbologia che domina il merendino, sorta di ciambella con un uovo intero, che le nostre nonne confezionavano subito dopo pasqua inconsapevoli di continuare una tradizione pagana. Purtroppo per gli ofidi è più nota la simbologia negativa, tanto che gli animali distruttori dei serpenti sono sempre positivi: aquila, cicogna, falco. Fa eccezione il colubro di Esculapio il quale campeggia onorato tutt'oggi sulle insegne mediche e farmaceutiche. Pure per le civiltà precolombiane il coalt (che rappresenta un segno del calendario) ha valore negativo, essendo ritenuto sterile e privo di casa.
Nel medioevo l'immagine del serpente ha generato il fantastico basilisco, incrocio tra un gallo e un serpente, secondo alcuni, di un rospo e un serpente secondo altri. La sua velenosità era proverbiale: bastava l'alito o lo sguardo per restarne uccisi. L'unico mezzo per eliminarlo consisteva nel mostrargli la sua stessa immagine riflessa in uno specchio.
La tradizione popolare contadina non poteva esser da meno. Anche qui esisteva (e a sentire i più esiste tuttora) il terribile spessurdu. Si provi a chiedere a persone che frequentano assiduamente i boschi dell'entroterra ligure per mestiere o per diletto, tutti affermeranno di averlo visto. Il mitico maschio della vipera assume quindi le più disparate caratteristiche fisiche le quali farebbero impazzire l'erpetologo a caccia di animali ignoti: corto e tozzo (normale per la vipera) marrone scuro, con un corno sul capo (e questa è una caratteristica della vipera del corno, che si trova però solo in Alto Adige), la coda tra il giallo e l'arancione, enorme, dal diametro pari a un braccio umano (si noti che le braccia di chi lavora nei boschi raggiungono sovente diametri notevoli). Le caratteristiche più impressionanti riguardano il comportamento: salta, per questo è più pericoloso della femmina; soffia se minacciato e col suo venefico alito può uccidere un cane (in questo ricorda il basilisco); si muove a strappi. Pure la vipera femmina raccoglie un buon numero di leggende: quando beve avvelena l'acqua; la punta della coda è velenosa; quando striscia estroflette i denti e quindi è pronta a mordere; ha lo sguardo ipnotico; se passa su dei funghi li rende velenosi; infine, la più curiosa e dalla matrice più misteriosa delle altre, se tagliata in due non muore ma saltano fuori due viperotti, uno da ogni troncone. Curioso anche il fatto che la vipera salga sulle piante in una sola occasione: subito dopo il parto. I figli sono talmente malvagi da divorare la madre appena nati. Di questa leggenda esiste una variante: i figli, portati in grembo in piccole uova, sono tanto ansiosi di venire al mondo da lacerare il ventre stesso dell'ofide e uccidere così la madre. Curiosamente la stessa cosa è raccontata nella Storia Naturale di Plinio (X, 170) e questa potrebbe essere l'unica traccia scritta dell'inizio di una leggenda.
A proposito del nome del maschio, spessurdu, si potrebbe, a titolo di congettura, tentare una etimologia. Pessum in latino è il superlativo di malus e cioè cattivo, brutto, sgradevole, deforme, malvagio, iniquo, disonesto, dannoso, nocivo, pericoloso, ostile, sfavorevole, funesto, nefasto, incapace, inetto, malato. Surdus sempre in latino vale sordo, ma anche sconosciuto, ignorato, muto, silenzioso.
Colpisce comunque come certe leggende si siano salvate e tramandate; questa capacità di salvare informazioni attraverso i secoli è propria di ogni civiltà contadina, legata ai riti, alle ripetizioni cicliche delle stagioni e agli insegnamenti dei patriarchi. Il dubbio non era ammesso o era mal vissuto. Mettere in dubbio le parole del vecchio di casa, carico d'anni ed esperienza, equivaleva a mettere in dubbio il ripetersi delle stagioni, il mistero del seme che germoglia, l'esistenza stessa di Dio.
Ma come mai questa leggenda resiste? Tutti sono convinti dell'esistenza del maschio della vipera. Il fatto è che nessuno può negarne l'esistenza, è solo che nessuno ne conosce le caratteristiche. Si tratta insomma di un equivoco. Ma il bisogno di stupire l'interlocutore rende necessario usare termini specifici. Non si dirà mai d'aver visto una semplice biscia, sarà necessario dilungarsi sulle dimensioni e sulla sua pericolosità, generare nell'interlocutore un brivido di paura.
Con tutto questo non si vuol dire che nessuno abbia mai visto lo spessurdu, anzi. L'equivoco sta nel fatto che le vipere in genere si possono presentare anche di dimensioni considerevoli (rare, peraltro) e non sempre si osservano con calma: o si fugge, o fugge l'ofide o ci si scatena nello scempio della bestia. Va benequando si è minacciati o se ce la troviamo dentro casa, ma se siamo noi in casa sua (leggi bosco o pietraie in aperta campagna) occorrerebbero un po' più di buone maniere. In ogni caso non mi risulta che nessuno abbia mai sollevato la coda di un serpente per controllarne gli attributi.
Ma ecco cosa pensa l'erpetologo Corrado Ricca delle varie leggende sulle vipere:
Vipere e paracaduti: alcuni dicono che si liberino delle vipere dagli elicotteri, queste, restando impigliate sugli alberi, aggredirebbero i passanti causandone la morte.
Questa è un'altra delle famose storie di vipere. Come si può pensare che a qualcuno possa venire in mente di riempire un sacco di vipere munite di paracadute, affittare un elicottero, quindi spargere l'originale carico per prati e boschi? La cosa più difficoltosa dev'essere insegnare ai rettili ad aprire il paracadute! Inoltre ci vorrebbe una valida ragione per avventurarsi in una simile impresa e in effetti una spiegazione esiste. Un po' originale ma esiste.In genere il discorso inizia così: "Quei maledetti verdi...", eccetera.... Si ipotizza che non ben definite organizzazioni naturalistiche facciano questo per nutrire rari e protetti rapaci, oppure per ripopolare zone troppo carenti di questi ofidi. Si mettessero almeno d'accordo!
Nel primo caso non vedo perché non si potrebbero nutrire eventualmente i rapaci con comuni topolini, ugualmente graditi da questi uccelli e facilmente allevabili in cattività; nel secondo caso sarebbe certo più pratico e meno dispendioso spargere le vipere passeggiando anziché volando.
Altra leggenda: le vipere partoriscono sugli alberi.
In questa diffusa credenza manca totalmente la base scientifica che la possa comprovare, in quanto le vipere, e non solo loro, sono incapaci di arrampicarsi sugli alberi.L'unico serpente del nord Italia in grado di salire agevolmente su alberi anche molto alti con disinvoltura è il saettone o colubro d'Esculapio. Questo grazie alla particolare conformazione delle sue squame ventrali, molto lunghe e dotate di una carenatura verticale che gli consente una fortissima aderenza anche sulle più piccole asperità di un liscio tronco.
Può essere che la vipera, cercando un posto atto al parto (preferibilmente in discesa, per agevolare la fuoriuscita dei viperotti) possa salire su bassi cespugli, ma niente di più.
Credo che nessuno sia mai stato morso da una vipera cogliendo mele sugli alberi.
Un'altra: le vipere sono attirate dal latte.
Le vipere non sono, secondo la scienza, più golose di latte di quanto non potrebbe esserlo un accanito alcolista. Nonostante questo, suddetta credenza risulta piuttosto radicata. Alcuni le catturerebbero usando il latte per attirarle in vari contenitori (bottiglie, lattine), altri giurano di averle personalmente sorprese avvolte intorno alle mammelle di una mucca nell'atto di mungerla, altri ancora asseriscono che, essendo questi o altri ofidi attirati dal bianco alimento, possano seguirne il profumo fin nella gola dei neonati, soffocandoli nella culla. Atroce.Quale mente malata può partorire una simile bestialità?
Questi animali, a parte alcune specie mangiatrici di uova, si nutrono esclusivamente predando altri esseri viventi dagli insetti ai mammiferi nessuno escluso. Sarebbe curioso sapere come potrebbero, con le loro rigide labbra, suggere il latte dal capezzolo di un mammifero. Tuttavia si può cercare d'indovinare l'origine di questa assurda credenza popolare partendo da un serpente morfologicamente molto simile alla vipera: la biscia d'acqua, che in Italia, vero primato, è presente con tutte e tre le specie europee.
Le natrici, volgarmente dette bisce d'acqua, hanno un originale sistema di difesa quando i precedenti falliscono: si fingono morte immobilizzandosi, girando la testa indietro con la bocca aperta e facendo fuoriuscire dalla stessa una schiuma biancastra non lasciando molti dubbi sul loro decesso. Può essere che in passato qualche allevatore abbia ucciso uno di questi rettili nei pressi di una stalla e, scambiando detta bianca schiuma per latte, si sia inventato un'improbabile spiegazione, dando origine a questa diffusa credenza popolare.
Naturalmente è solo una teoria, insufficiente a spiegare tanto accanimento nei confronti di questo innocuo ofide.
Alessandro Marenco
Studioso tradizioni locali