"Rapina a occhi armati"; "Ipnotizza la cassiera: "A me i soldi!""; "Indiano ipnotizzatore, un'altra rapina alle poste". Sono solo alcuni dei tanti titoli di giornale che raccontano di misteriose rapine verificatesi negli ultimi anni un po' in tutta Italia. Solitamente, si racconta di strani individui, in genere dall'aspetto orientale, che guardando negli occhi le proprie vittime riescono a ipnotizzarle e a farsi consegnare l'incasso o la borsa. Ma cosa c'è di vero in queste storie? Davvero l'ipnosi permette di trasformare le persone in burattini senza volontà? Ed è davvero possibile ipnotizzare una persona su due piedi, in mezzo alla strada o a uno sportello di banca?
L'ipnosi richiede il consenso
"C'è ancora tanta confusione nel pubblico sulla natura dell'ipnosi", dice Graham Wagstaff, psicologo all'Università di Liverpool. "Solitamente, si pensa che l'ipnosi sia uno stato alterato di coscienza e che la persona ipnotizzata possa essere messa in una vera e propria trance, da cui può uscire solamente al comando dell'ipnotizzatore. Non è così. Se si misura l'elettroencefalogramma di un soggetto ipnotizzato, infatti, si scopre che è molto simile a quello di una persona sveglia e semplicemente rilassata". Nessuno stato alterato, dunque.
"L'ipnosi", continua Wagstaff, "va vista più propriamente come una forma di interazione sociale tra due persone, in cui una chiede all'altra di comportarsi in un certo modo e l'altra obbedisce perché in quel momento, in quella situazione, si sente di farlo e non perché manipolata da una forza a cui non può resistere".
"La volontà non può essere annientata", mi ha confermato Giampiero Mosconi, psicoterapeuta e presidente dell'Associazione di medicina italiana per lo studio dell'ipnosi (Amisi), quando l'ho sentito per un articolo su Focus. "Anzi, l'ipnosi agisce solo se si verificano determinate condizioni. La prima delle quali è che il soggetto sia disposto a farsi ipnotizzare: senza il totale consenso del paziente, l'ipnosi non funziona".
In ambito medico, l'ipnosi registra successi contro l'ansia, la depressione e i vari disturbi psicosomatici che ne conseguono. "Se il paziente è ben motivato", continua Mosconi, "l'ipnosi può essere decisiva nel risolvere molti casi di dipendenza: dall'alcol al tabacco, dal cibo alla droga. Qualunque sia il problema, i risultati dipendono esclusivamente dalla fiducia del paziente nel medico, e dalle motivazioni che spingono una persona a sottoporsi alla terapia. Se il tossicodipendente o l'obeso mi sono affidati dai familiari, ma personalmente non intendono uscire dal loro problema, non li accetto: sicuramente l'esito sarebbe fallimentare". Quando l'ipnosi riesce ad avere un effetto, dunque, è solamente perché la persona che ha un problema è motivata a risolverlo: se vuole smettere di fumare, per esempio, è decisa a farlo ed è disposta a mettersi d'impegno per riuscirci. In questo senso, dunque, l'ipnosi si può paragonare a una stampella, o meglio a un aiuto psicologico che possa facilitare il raggiungimento dell'obiettivo prefissato. Ma senza la volontà del paziente di risolvere il suo problema, l'ipnosi non serve a nulla.
Mandrake non esiste
Durante una tipica seduta di ipnosi, il soggetto è invitato a fissare un piccolo oggetto, un punto sul muro, una matita, mentre l'ipnotizzatore ripete dolcemente una serie di parole che favoriscono il rilassamento e la concentrazione. Il rilassamento rende la persona più facilmente suggestionabile perché le sue capacità critiche e di verifica vengono meno, anche se non sono annullate del tutto. "Il paziente", spiega ancora Mosconi, "si trova in una condizione psicologica tra il dormiveglia e il cosiddetto incantamento, quello in cui cadono spesso i bambini quando sono distratti, uno stato di chiusura agli stimoli esterni e apertura verso quelli interni. A questo punto il medico dà i suoi suggerimenti ipnotici".
Per capire meglio come ci si sente durante l'ipnosi, lo psicologo americano Andrew Neher fa questo esempio: "Ogni giorno eseguiamo una serie di azioni in modo automatico, senza nemmeno pensarci: lavarsi i denti, allacciare le scarpe, fare la strada da casa al lavoro. Ci sentiamo indotti a compierle ma le facciamo senza aver preso, a livello conscio, una decisione in merito e senza essere pienamente consci di queste azioni. Questo è quello che si chiama condizionamento ed è lo stesso tipo di situazione mentale in cui ci si trova quando si è ipnotizzati".
È evidente, da quanto detto fin qui, che per poter ipnotizzare una persona è necessaria una certa tranquillità e un certo tempo: non è proprio possibile ipnotizzare qualcuno su due piedi, come il Mandrake dei fumetti.
Eppure, talvolta si vedono in TV personaggi, come l'illusionista Giucas Casella, per esempio, che sembrano in grado di fare proprio questo. "In realtà", spiega Michael Heap, psicologo al Dipartimento di Psichiatria dell'Università di Sheffield, in Inghilterra (con lui vedi anche la lunga intervista che segue a questo articolo, NdR), "gli ipnotizzatori da palcoscenico sono abili uomini di spettacolo, niente di più e niente di meno; vale a dire che spesso si servono di complici per le loro dimostrazioni, altre volte usano trucchi ben noti ai prestigiatori ma, più comunemente, approfittano della disponibilità degli stessi volontari a prestarsi di buon grado alle esibizioni richieste loro, magari perché la cosa li diverte o perché esprimono tendenze esibizionistiche" (vedi i due box in questa pagina).
Negli anni Sessanta andavano di moda romanzi e film in cui organizzazioni come la CIA o il KGB prendevano persone normali e le trasformavano in spie o assassini "telecomandati" dall'ipnosi. Nella realtà, ciò non sarebbe possibile. "Gli studi di laboratorio", spiega Heap, "mostrano che le persone non sono più ubbidienti durante l'ipnosi di quanto lo sarebbero altrimenti". In altre parole, nessuno farebbe sotto ipnosi qualcosa che non farebbe anche normalmente. "L'ipnosi", spiega Mosconi, "lascia assolutamente intatto l'impianto morale della persona, non la costringe a fare ciò che intimamente non vuole".
Rapinatori ipnotici?
Chiarito che non esistono irresistibili fluidi magnetici, come nel Settecento credeva Franz Anton Mesmer, il precursore dell'ipnosi (vedi S&P 50), né capacità romanzesche di imporre la propria volontà agli altri, come si spiegano i misteriosi resoconti di rapine e furti elencati all'inizio?
"Io non credo che l'ipnosi abbia la proprietà di indurre qualcuno a consegnare dei soldi a un estraneo contro la propria volontà", risponde Heap. "Devono esserci altri fattori che entrano in gioco in questi casi. Per esempio, la vittima potrebbe consegnare i propri soldi per paura, oppure perché pensa che il ladro abbia intenzioni benevole o ancora perché si trova in una situazione di confusione e, in seguito, quando si rende conto di essere stata derubata l'unica spiegazione che riesce a formulare è quella di essere stata ipnotizzata. C'è ancora una cosa interessante da sottolineare: nella letteratura scientifica non esistono casi del genere e io personalmente non ho mai sentito parlare prima di rapine sotto ipnosi: quelle segnalate in Italia sono le uniche di cui sia a conoscenza".
Dalla lettura dei resoconti giornalistici, infatti, un dato comune che emerge è proprio l'apparente abilità dei ladri nel creare confusione. "La coppia distinta di stranieri si avvicina al bersaglio prescelto con cura e attenzione", si legge per esempio in uno di questi articoli. "Entrano nel negozio o nella banca, si presentano con garbo e, sfoderando un sorriso accattivante, chiedono se è possibile avere in cambio di dollari americani alcune banconote di lire. La domanda è bizzarra ma precisa: i rapinatori vogliono solo banconote con la lettera "I" nel numero di serie. "Stiamo ritornando a casa dopo una vacanza - dicono - e ci vorremmo portare dietro questo curioso souvenir del vostro paese". Scatta la trappola. Il malcapitato comincia a cercare le banconote e, un po' per la sorpresa e per la necessità di soddisfare l'inattesa richiesta, viene probabilmente indotto a confondere i soldi sul banco: "Quelli sono i suoi? No sono i miei. Ecco, questi li metto via, sono i miei, altrimenti ci confondiamo... Mi scusi, ho cambiato idea: mi ridia i miei soldi: ecco i suoi". E nel trambusto una mazzetta di denaro è sparita..." "È ovvio", spiega Mosconi, "che se uno è stato imbrogliato in questo modo ha tutto l'interesse a dire che è stato ipnotizzato: magari in buona fede, perché in quel momento era in stato confusionale e non ha nemmeno capito bene come ha fatto a lasciarsi derubare così, con quattro chiacchiere. Ma questa gente ha a che fare con veri professionisti della suggestione, che è cosa ben diversa dall'ipnosi. La suggestione è più che altro una confusione mentale che indebolisce la logica, e può anche essere indotta con artifici, dando ottimi risultati su persone particolarmente influenzabili e di carattere debole (vedi l'articolo sulla suggestione a pagina 34). Ho incontrato alcune vittime di questi furti e, per dirla tutta, probabilmente sarei riuscito anch'io a mandarle in confusione e a derubarle..."
Massimo Polidoro
Segretario nazionale del CICAP
Magnetismo "animale"
Sebbene pratiche simili all'ipnosi si possano rinvenire anche nell'antico Egitto e in Cina, si è soliti far partire la storia dell'ipnosi al '700, quando un medico viennese, Franz Anton Mesmer, formulò la teoria del "magnetismo animale". La sua idea era che ogni cosa al mondo fosse pervasa da un fluido magnetico universale: se tale fluido non era equilibrato nel corpo umano insorgevano le malattie. Mesmer sviluppò dunque una serie di tecniche per riequilibrare il fluido che consistevano nel passare alcune calamite sulle parti malate. In seguito, scoprì che i disturbi dei suoi pazienti (spesso di natura isterica) sparivano anche senza l'uso delle calamite.
Una commissione istituita da re Luigi XVI nel 1784, e presieduta da Benjamin Franklin, esaminò per sette anni il lavoro di Mesmer. La conclusione fu che i fenomeni registrati, le guarigioni e i comportamenti esalatati, non erano dovuti al fantomatico fluido magnetico ma "all'immaginazione sovraeccitata" dei pazienti e alla suggestione creata dalla personalità carismatica di Mesmer (l'intero rapporto della Commissione di Luigi XVI è stato pubblicato in uno speciale a colori nel n. 50 di S&P).
Intervista con l'ipnotista
Come si diventa ipnotisti da palcoscenico? "E chi lo sa", dice Martin S. Taylor (nella foto), il Giucas Casella inglese. "Per quanto mi riguarda, dopo aver visto un'ipnotista in azione ho provato anch'io a rifare le stesse cose con gli amici e, dopo un po' di pratica, ci sono riuscito". E come si riesce a indurre i volontari a fare cose sempre più bizzarre? "Si tratta di dare ai soggetti una scusa per fare ciò che vogliono, aiutarli a superare le loro inibizioni e lasciarli liberi di manifestare le proprie tendenze esibizionistiche. Nelle mie dimostrazioni non parlo di ipnosi e non fingo di mettere in trance nessuno, eppure tutti continuano a fare ciò che ci si aspetta da loro. Non ci credete? Allora proverò a "ipnotizzarvi" dalle pagine di questo giornale. Pensate alla saliva: tanta saliva! Vi gira in bocca, sulla lingua e sui denti. Concentratevi sulla saliva nella vostra bocca: a volte ne avete così tanta che dovete ingoiarla. Quanta saliva in bocca! Saliva, saliva, saliva... Allora, come vi siete sentiti leggendo queste parole? Avevate troppa saliva in bocca e l'avete mandata giù, vero? Bene, inoltre vi dico che chi non l'ha fatto leggendo quelle parole lo farà nei prossimi quindici secondi!"
I trucchi degli ipnotizzatori