Se il male èun vampiro
Metafore e riflessioni nel capolavoro di Abel Ferrara
THEADDICTION
Regia di Abel Ferrara
Interpreti: Lili Taylor, Christopher Walken, Annabella Sciorra
USA 1995
Il capolavoro oscuro e "maledetto" di un regista tanto grande quanto discontinuo. Ferrara è uno dei registi chiave dell'ultimo decennio del secolo scorso: Occhi di serpente, Il cattivo tenente, ma soprattutto Fratelli. Fondamentale nella sua opera la collaborazione con l'amico sceneggiatore Nicholas St. John, col quale condivide l'idea di fondo del proprio narrare: il silenzio di Dio in un mondo che ci paralizza con la sua rabbia e la sua oscurità. Entrambi provenienti da un'infanzia di educazione cattolica, il loro straordinario sodalizio esprime un cinema morboso e vagamente iniziatico, con una idea del male come grande forza attrattiva e di una sostanziale dipendenza (the addiction, appunto) dell'uomo da esso. Un'idea quasi da predicatore e forse un po' manicheista, grezza, martellante, insinuante e provocatoria: il male è una droga che si propaga per contagio, quale migliore metafora di un vampiro?
Ecco qua tutti i luoghi comuni del film di genere (l'impossibilità di morire, la carica erotica del gesto di succhiare sangue, la superiorità rispetto ai poveri mortali), ma la grande forza di questo regista ce li aggiorna con potenza straordinaria, eccezionalmente supportato in questo dalla fotografia espressionista in bianco e nero di Ken Kelsch e con la contaminazione di quell'altro genere che è l'horror metropolitano. La storia vampiresca è solo un travestimento di questo film terribile e irresistibile che ci offre l'ultima esperienza sconvolgente di cui il grande cinema americano è ancora capace: Kathleen, una giovane studentessa (L. T.), viene aggredita e morsa da una donna elegante e affascinante (A. Sciorra in una versione tremendamente eccitante), contagiata, impara a convivere e a sfruttare tutti i benefici della sua nuova condizione dal maestro Peina (C. W.), il più controllato ma il più feroce dei vampiri, che contraccambia soddisfacendo ogni suo desiderio. Il bisogno di sangue di cui è sempre più spesso preda l'accompagna sul crinale di una orribile consapevolezza, fino al momento più impressionante di una festa di laurea che degenera in una orgia vampiresca, un incubo esagerato e anarchico al cui turbamento forse solo con un riso isterico si può rispondere. Al culmine dell'orgia Kathleen si sente male, all'ospedale lottano per salvarle la vita, ma lei sa di essere condannata a vivere, che la dipendenza dal male e il fascino della violenza le scorreranno nel sangue in eterno.
Io non so, non ho capito, se Abel Ferrara cerchi o meno una possibile catarsi, o se i suoi sentimenti e le sue paure verso i dilemmi della condizione umana siano irreversibili. Il fatto poi che St. John abbia scritto questa sceneggiatura subito dopo la morte del suo primo figlio, nel momento più triste della sua vita, induce a pensare che forse una ricerca di luce e di verità ci sia, ancorchE9 inesorabile. Duro e radicale come solo un cattolico che si ribella alla propria educazione sa essere, Ferrara conclude con un suo messaggio un'intervista relativa a The Addiction:ABC8 un tema che coinvolge le persone di ogni età, ma soprattutto quelli della generazione che sta diventando maggiorenne in quest'epoca di cinismo e confusione moraleBB. Sulla base di riflessioni come questa qualcuno ha parlato di "narrativa bergmaniana": certo, se solo Ingmar fosse nato nel Bronx come Abel, un film cosEC avrebbe potuto farlo lui. C8 un'opera che incute timore, tant'è vero che, in concorso a Berlino nel '95, nessuno lo aveva mai distribuito. Il coraggio della piccola casa distributrice bolognese Vitagraph ha offerto alla sparuta pattuglia dei più attenti frequentatori di cineforum di goderne la visione originale sottotitolata; mi dicono che sia passato incredibilmente su Telepiù, non so se sia vero, ma ricordate questo titolo: da vedere assolutamente.
Lucio Braglia