Davanti a un gran bosco abitava un povero taglialegna con moglie e due bambini: il maschietto di chiamava Hänsel e la femminuccia Gretel..."
Così comincia una delle più famose fiabe della raccolta pubblicata dai fratelli Grimm nel 1812.
La storia è arcinota. I due bambini abbandonati dal padre nel bosco finiscono in una radura dove sorge una casetta di marzapane, ricoperta di dolci e con le finestre di zucchero candito, dove vive una vecchia strega zoppa che li fa prigionieri per mangiarseli "con sommo godimento". Hänsel è chiuso in una stia all'ingrasso mentre Gretel, dopo aver aiutato la strega a spicciare le faccende di casa e ad attingere acqua dal pozzo, dovrebbe finire nel forno, ma con uno stratagemma riesce a chiuderci dentro la strega che finisce bruciata. Così i due bambini possono tornare a casa a vivere per sempre felici e contenti con i loro (poco raccomandabili) genitori.
Una storia, a prima vista, perfettamente in linea con lo spirito macabro-sanguinolento che anima le "fiabe per famiglie" dei due famosi fratelli: ma sulla quale, negli anni sessanta del Novecento un insegnante tedesco di liceo, il professor Georg Osseg avrebbe condotto un'indagine sherlockiana destinata a far intravvedere una ben diversa - e ancor più fosca - realtà.
La scoperta della "vera storia di Hänsel e Gretel" da parte del professor Osseg è narrata in un volumettto di Hans Traxler dal titolo La strega e il panpepato pubblicato in traduzione italiana dalla Emme Edizioni di Milano nel 1981.
Traxler racconta come Osseg, convinto che dietro la fiaba si celasse un fatto di "cronaca vera" (un po' alla maniera di Schliemann con Troia), aveva inizialmente scoperto la prodigiosa somiglianza di uno scorcio della foresta di Spessart con un'illustrazione ottocentesca della fiaba; ed era poi pervenuto all'ancor più sbalorditiva scoperta delle fondamenta della "casetta di marzapane", completa di pozzo e di ben quattro forni, dentro uno dei quali era stato rinvenuto lo scheletro calcinato di una donna. Tutto vero dunque? Sì e no, perché lo studio dei resti umani e altre ricerche avevano rivelato: a) che la "strega" non era vecchia né zoppa; b) che la donna era stata strangolata prima di esser bruciata; c) che Hänsel e Gretel non erano affatto due bambini, ma un baldo giovanotto e sua sorella, entrambi sulla trentina.
Cos'era successo in realtà? Il successivo colpo di fortuna era stato la scoperta a Werningerode del solito manoscritto sino ad allora dimenticato, con un titolo dallo stile barocco in tedesco arcaico che prometteva l'accurata descriptione de lo interrogatorio con terribilissimo supplicio della Katharina Schraderin nota come "la strega pastizziera". Il documento, datato MDCLI (vale a dire 1651) faceva riferimento al processo tenuto il 15 luglio 1647 contro la detta Katharina Schraderin (di 35 anni), accusata di stregoneria dal capo pasticciere della corte ducale di Norimberga Hans Metzler: forse innamorato respinto, ma certamente ansioso di metter le mani sulla mirabile ricetta che consentiva alla "pastizziera" di sfornare le più appetitose focacce di panpepato di tutta la zona. Katharina era alla fine stata assolta dall'accusa ed era fuggita a vivere nel mezzo del bosco per sfuggire al suo persecutore che però, insieme con la sorella Gretel, era riuscito a scovarla. La coppia aveva ucciso la povera Katharina prima di gettarla nel forno per tentare di farne scomparire il cadavere: ma non era invece riuscita a trovare la miracolosa ricetta, perché la "strega" l'aveva nascosta in una piccola cavità a ridosso del muro maestro... dove sarebbe stata ritrovata oltre tre secoli più tardi dal professor Osseg durante i suoi scavi.
E la storia sarebbe così finita a far parte del folclore popolare con una bizzarra inversione di ruoli sino a giungere all'orecchio dei fratelli Grimm due secoli più tardi.
Il libro, corredato da un ricco apparato iconografico è un raffinato esempio di "provocazione accademica" appena mascherata: come emerge chiaramente non solo da una dotta e ammiccante prefazione del massimo esperto di letteratura infantile, Antonio Faesti, ma anche da un'ancor più scoperta postfazione a firma di tale Pierre Menard (omonimo del protagonista del famoso racconto di Jorge Luis Borges, Pierre Menard, autore del Don Chisciotte), che si proclama scopritore di un "dagherrotipo dai toni appassiti" di She-Ayesha, Colei-che-si-deve-obbedire proprio nel momento in cui sta per immergersi nuda nella fiamma che le aveva donato la vita eterna e che ora stava per consumarla sino a farla diventare una sorta di piccola mummia. Analogo esempio della possibilità di ottenere la "prova materiale" di un'altra storia classica, immortalata (è proprio il caso di dirlo) dalla penna di H. Risder Haggard, prima di prender posto definitivamente nel nostro immaginario popolare grazie ai tratti sexy attribuiti alla misteriosa Regina Loana in uno degli albi a fumetti più amati nella serie di Cino & Franco.
Un godibile "scherzo letterario" dunque, seppure con qualche interrogativo ancora da risolvere. Per esempio sull'origine tedesca dell'opera per tipi dell'improbabile casa editrice Zweitausendens di Frankfurt a/M; e soprattutto sulla vera identità dell'autore celato dietro lo pseudonimo di Hans Traxler ("illustratore e caricaturista, amante del nosense, dei gialli e della satira" come si legge nella stuzzicante "quarta di copertina" del volume).
Tutto qui? Non proprio, a causa di una successiva puntata che merita di essere ricordata per i nuovi interrogativi che evoca. Mi riferisco alla riesumazione dell'inchiesta del prof. Osseg prima da parte dell'esperto di favolistica in chiave letterario-scientifica Giuseppe Sermonti nel suo Fiabe del sottosuolo (Rusconi, Milano 1989); e poi dallo storico Franco Cardini nel suo recentissimo Il ritmo della storia (Rizzoli, Milano 2001) come esempio di "processo inquisitorio morbido" a causa dell'assoluzione di Katharina (in contrasto con la "mitologia illuministica" violentemente anti-inquisitoriale da tempo oggetto degli strali dell'illustre medievista).
Due studiosi di indiscussa serietà e acume che però sembrano entrambi attribuire piena credibilità sia al resoconto del misterioso Hans Trexler a proposito dell'indagine condotta dal professor Osseg, sia alla sua davvero "stupefacente" (l'aggettivo è di Sermonti) scoperta della "vera storia" (idem) di Hänsel e Gretel.
Bizzarria che potrebbe spiegarsi solo ricorrendo all'ipotesi che la "beffa" abbia riguardato soltanto la parte relativa al ruolo del famoso professore Osseg e del suo sfuggente biografo.
Ma se l'episodio del processo è storico e la sua inclusione nell'immaginario popolare a ruoli invertiti era stata reale, perché mai continuare a far riferimento a La strega e il panpepato (con tanto di note a piè di pagina) come se si fosse trattato di un vero testo di riferimento?
A meno che - e nel caso di personaggio caustico e ironico come Cardini la cosa potrebbe anche avere un fumus di credibilità - la "vera storia della strega e il panpepato" non sia stata utilizzata dallo storico per un'altra beffa: come dire una sorta di Hoax al secondo grado....
Sergio De Santis
Giornalista e storico, è direttore della collana "StoricaMente"
della casa editrice Avverbi