Nel 1912 l’antiquario polacco Wilfrid Michael Voynich si recò a Frascati presso Villa Mondragone, all’epoca di proprietà dei Gesuiti. La sua visita non era casuale poiché, grazie alle informazioni del gesuita Joseph Strickland, sapeva che questi avevano bisogno di fondi per effettuare opere di restauro. Durante la visita i Gesuiti sottoposero all’attenzione di Voynich una collezione di libri antichi, tra cui l’antiquario ne selezionò e acquistò trenta.
Uno dei trenta libri, in particolare, colpì l’attenzione dell’antiquario: era scritto con caratteri misteriosi, all’apparenza dunque un codice cifrato, e conteneva numerosissime illustrazioni a colori; in totale 102 fogli ripiegati, probabilmente 116 in origine perché 14 risultarono mancanti, a formare un libro di 22,5 cm per 16 cm.
In principio, Voynich non fece caso[1] a un documento datato 19 agosto 1665 attaccato alla copertina del manoscritto. Quando successivamente lo esaminò con cura, scoprì che era una lettera di Johannes Marcus Marci, medico ed erudito ceco, inviata all’amico gesuita Athanasius Kircher. Marci nella lettera scriveva[2] che il libro in codice gli era stato lasciato da un amico molto vicino e che sin dal primo momento aveva pensato di destinarlo a Kircher il quale, grazie alle sue doti di decifratore, avrebbe potuto comprenderne il testo. Nella lettera, Marci indicava inoltre che tale Dottor Raphael gli aveva riferito che il libro era appartenuto all’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, il quale lo aveva acquistato a sua volta per 600 ducati da un messaggero, e che a suo avviso l’autore del misterioso libro era l’inglese Roger Bacon.
Nasce così nel 1912 la moderna storia di quell’enigmatico libro, da quel momento noto con il nome di Manoscritto Voynich.
Del manoscritto, la cui pergamena datata al radiocarbonio è risultata appartenere al periodo storico tra il 1404 e 1438, si sono occupati nel corso del tempo moltissimi studiosi, con l’obiettivo di decodificarne il codice. In rete si trovano poi diversi siti[3]che ne consentono una comoda visione attraverso le scansioni[4] e che raccolgono e archiviano preziose e minuziose informazioni, nella speranza di contribuire alla soluzione del mistero.
Dal momento che quasi tutte le pagine del manoscritto sono illustrate con disegni a colori che sembrano organizzati per argomenti, si è tentato di identificare nel documento diverse sezioni: botanica, astronomica-astrologica, cosmologica, biologica, farmaceutica, ricette.
La prima sezione infatti contiene disegni di erbe e piante, alcune delle quali sembrano realistiche mentre altre totalmente immaginarie; la seconda mostra il Sole, la Luna, stelle e simboli dello zodiaco, mentre disegni a sviluppo circolare la terza; figure femminili e forse parti anatomiche con sistemi di tubi che trasportano liquidi sono presenti nella quarta, nella quinta sono invece riprodotte erbe, foglie e radici vicine a contenitori e nell’ultima sezione ci sono centinaia di paragrafi con il disegno di stelle sul lato.
Benché nel corso del tempo siano state proposte numerose soluzioni[5], il manoscritto ad oggi non è stato di fatto decodificato, infatti le varie interpretazioni sono state via via criticate e falsificate.
Fra le tante analisi prodotte, ne segnaliamo qui una particolarmente interessante ad opera di William Ralph Bennett, professore alla Yale University, pubblicata nel 1976 nel libro Scientific and Engineering Problem Solving with the Computer (Englewood Cliffs: Prentice-Hall, 1976). Bennet calcolò l’entropia linguistica del manoscritto e notò che questa era straordinariamente bassa, se comparata con quella delle lingue europee sia antiche che moderne.
L’entropia linguistica è una misura numerica che può essere interpretata come indice di prevedibilità di un testo; tanto più è bassa, tanto più il testo è prevedibile e dunque meno contenuto informativo contiene. Questa analisi mostrerebbe, pertanto, una certa ripetitività del testo e una semplicità lessicale del manoscritto, come se l’autore, o gli autori, avessero ripetuto gli stessi grafemi più volte in sequenza senza una vera logica; per dirla con altre parole, il testo avrebbe tutte le caratteristiche per essere stato creato ad arte con il solo scopo di ottenere un libro magico e misterioso da vendere, ma senza un vero contenuto informativo al suo interno. Altro indizio importante a favore di questa interpretazione è l’assoluta mancanza di cancellature, correzioni o esitazioni nella scrittura, che avrebbero potuto evidenziare normali errori ortografici comuni a tutti i manoscritti in qualsiasi lingua. In alcuni casi le stesse parole, sequenze cioè di simboli separati da uno spazio, compaiono ripetute diverse volte una di seguito all’altra.
È però del 29 aprile 2019 l’ultima pubblicazione[6], secondo la quale il manoscritto di Voynich sarebbe stato definitivamente decodificato, questa volta ad opera del Dr. Gerard Cheshire dell’Università di Bristol. Cheshire dichiara incredibilmente di aver trovato la soluzione del codice in sole due settimane, durante il mese di maggio del 2017, e spiega che il codice sarebbe stato scritto in una lingua proto-romanza sulla cui esistenza pochissimi studiosi concordano; se così veramente fosse, il manoscritto sarebbe addirittura l’unica testimonianza scritta rimasta di quella lingua. Abbastanza incredibile anche questo. Le decodifiche di Cheshire contengono, inoltre, come evidenziato da diversi ricercatori[7], numerose forzature tipiche di chi vuole adattare a tutti i costi le proprie fantasie e arbitrarie interpretazioni ad una realtà ben diversa.
Dulcis in fundo il 16 maggio 2019 l’Università di Bristol, dopo aver pubblicato la notizia della decodifica da parte del Dr Gerard Cheshire, ha pubblicato[8] un aggiornamento della stessa attraverso il quale prende le distanze dalla decodifica, dichiarando che la ricerca di Cheshire è da ritenersi interamente opera dell’autore e che non c'è alcuna relazione fra quei risultati e l’università stessa. La precisazione prosegue chiarendo che l’Ateneo aveva divulgato la notizia sul proprio sito web come normalmente avviene quando un qualsiasi articolo viene pubblicato su una rivista scientifica dopo aver passato il filtro del processo di peer-review, ma che, a seguito delle numerose critiche sulla validità dei contenuti del lavoro di Cheshire, l’Università di Bristol aveva infine preso la decisione di rimuovere il comunicato stampa.
Dunque nulla di fatto per il momento, il Manoscritto Voynich continua ancora a custodire il proprio segreto, in attesa che qualcuno riesca a fare ulteriore luce sul suo mistero. La sfida è ancora aperta.
Uno dei trenta libri, in particolare, colpì l’attenzione dell’antiquario: era scritto con caratteri misteriosi, all’apparenza dunque un codice cifrato, e conteneva numerosissime illustrazioni a colori; in totale 102 fogli ripiegati, probabilmente 116 in origine perché 14 risultarono mancanti, a formare un libro di 22,5 cm per 16 cm.
In principio, Voynich non fece caso[1] a un documento datato 19 agosto 1665 attaccato alla copertina del manoscritto. Quando successivamente lo esaminò con cura, scoprì che era una lettera di Johannes Marcus Marci, medico ed erudito ceco, inviata all’amico gesuita Athanasius Kircher. Marci nella lettera scriveva[2] che il libro in codice gli era stato lasciato da un amico molto vicino e che sin dal primo momento aveva pensato di destinarlo a Kircher il quale, grazie alle sue doti di decifratore, avrebbe potuto comprenderne il testo. Nella lettera, Marci indicava inoltre che tale Dottor Raphael gli aveva riferito che il libro era appartenuto all’imperatore Rodolfo II d’Asburgo, il quale lo aveva acquistato a sua volta per 600 ducati da un messaggero, e che a suo avviso l’autore del misterioso libro era l’inglese Roger Bacon.
Nasce così nel 1912 la moderna storia di quell’enigmatico libro, da quel momento noto con il nome di Manoscritto Voynich.
Del manoscritto, la cui pergamena datata al radiocarbonio è risultata appartenere al periodo storico tra il 1404 e 1438, si sono occupati nel corso del tempo moltissimi studiosi, con l’obiettivo di decodificarne il codice. In rete si trovano poi diversi siti[3]che ne consentono una comoda visione attraverso le scansioni[4] e che raccolgono e archiviano preziose e minuziose informazioni, nella speranza di contribuire alla soluzione del mistero.
Dal momento che quasi tutte le pagine del manoscritto sono illustrate con disegni a colori che sembrano organizzati per argomenti, si è tentato di identificare nel documento diverse sezioni: botanica, astronomica-astrologica, cosmologica, biologica, farmaceutica, ricette.
La prima sezione infatti contiene disegni di erbe e piante, alcune delle quali sembrano realistiche mentre altre totalmente immaginarie; la seconda mostra il Sole, la Luna, stelle e simboli dello zodiaco, mentre disegni a sviluppo circolare la terza; figure femminili e forse parti anatomiche con sistemi di tubi che trasportano liquidi sono presenti nella quarta, nella quinta sono invece riprodotte erbe, foglie e radici vicine a contenitori e nell’ultima sezione ci sono centinaia di paragrafi con il disegno di stelle sul lato.
Benché nel corso del tempo siano state proposte numerose soluzioni[5], il manoscritto ad oggi non è stato di fatto decodificato, infatti le varie interpretazioni sono state via via criticate e falsificate.
Fra le tante analisi prodotte, ne segnaliamo qui una particolarmente interessante ad opera di William Ralph Bennett, professore alla Yale University, pubblicata nel 1976 nel libro Scientific and Engineering Problem Solving with the Computer (Englewood Cliffs: Prentice-Hall, 1976). Bennet calcolò l’entropia linguistica del manoscritto e notò che questa era straordinariamente bassa, se comparata con quella delle lingue europee sia antiche che moderne.
L’entropia linguistica è una misura numerica che può essere interpretata come indice di prevedibilità di un testo; tanto più è bassa, tanto più il testo è prevedibile e dunque meno contenuto informativo contiene. Questa analisi mostrerebbe, pertanto, una certa ripetitività del testo e una semplicità lessicale del manoscritto, come se l’autore, o gli autori, avessero ripetuto gli stessi grafemi più volte in sequenza senza una vera logica; per dirla con altre parole, il testo avrebbe tutte le caratteristiche per essere stato creato ad arte con il solo scopo di ottenere un libro magico e misterioso da vendere, ma senza un vero contenuto informativo al suo interno. Altro indizio importante a favore di questa interpretazione è l’assoluta mancanza di cancellature, correzioni o esitazioni nella scrittura, che avrebbero potuto evidenziare normali errori ortografici comuni a tutti i manoscritti in qualsiasi lingua. In alcuni casi le stesse parole, sequenze cioè di simboli separati da uno spazio, compaiono ripetute diverse volte una di seguito all’altra.
È però del 29 aprile 2019 l’ultima pubblicazione[6], secondo la quale il manoscritto di Voynich sarebbe stato definitivamente decodificato, questa volta ad opera del Dr. Gerard Cheshire dell’Università di Bristol. Cheshire dichiara incredibilmente di aver trovato la soluzione del codice in sole due settimane, durante il mese di maggio del 2017, e spiega che il codice sarebbe stato scritto in una lingua proto-romanza sulla cui esistenza pochissimi studiosi concordano; se così veramente fosse, il manoscritto sarebbe addirittura l’unica testimonianza scritta rimasta di quella lingua. Abbastanza incredibile anche questo. Le decodifiche di Cheshire contengono, inoltre, come evidenziato da diversi ricercatori[7], numerose forzature tipiche di chi vuole adattare a tutti i costi le proprie fantasie e arbitrarie interpretazioni ad una realtà ben diversa.
Dulcis in fundo il 16 maggio 2019 l’Università di Bristol, dopo aver pubblicato la notizia della decodifica da parte del Dr Gerard Cheshire, ha pubblicato[8] un aggiornamento della stessa attraverso il quale prende le distanze dalla decodifica, dichiarando che la ricerca di Cheshire è da ritenersi interamente opera dell’autore e che non c'è alcuna relazione fra quei risultati e l’università stessa. La precisazione prosegue chiarendo che l’Ateneo aveva divulgato la notizia sul proprio sito web come normalmente avviene quando un qualsiasi articolo viene pubblicato su una rivista scientifica dopo aver passato il filtro del processo di peer-review, ma che, a seguito delle numerose critiche sulla validità dei contenuti del lavoro di Cheshire, l’Università di Bristol aveva infine preso la decisione di rimuovere il comunicato stampa.
Dunque nulla di fatto per il momento, il Manoscritto Voynich continua ancora a custodire il proprio segreto, in attesa che qualcuno riesca a fare ulteriore luce sul suo mistero. La sfida è ancora aperta.