Chiediamolo all'esperto
Dietro la locuzione "metodo scientifico" c'è una tale quantità di idee che risulta difficile darne una definizione rigorosa, breve e chiara. La difficoltà si può aggirare dicendo, un po' per scherzo e un po' pragmaticamente, che la scienza consiste in quello che fanno gli scienziati. Ma adottando questo punto di vista si finisce per intimidire chi fa un altro mestiere. Così il non addetto ai lavori, di fronte a un evento inconsueto o ad una scelta impegnativa, può ritenersi incapace di utilizzare strumenti presi dall'armamentario dei professionisti. Se cerca altre soluzioni, è possibile che ceda a faciloneria, qualunquismo e fiducia in fatti non provati. Diciamo che si può rifugiare nel senso comune, inteso nel suo peggior significato; il senso comune è altra cosa dal buon senso, suggerisce il Manzoni. Insomma, se si vede il metodo scientifico come proprietà esclusiva degli scienziati, si rinuncia ad impiegarlo nei problemi della vita di tutti i giorni; è un peccato, perché si tratta di un insieme di strumenti potenti, che si possono applicare anche in campi diversi dalla pura ricerca scientifica.
L’utilizzo degli strumenti razionali è importante perché può aiutare chi è in dubbio: fornendogli le procedure per effettuare le opportune verifiche gli si permette di escludere alternative poco raccomandabili. In questa logica, il CICAP si è assunto il compito di indirizzare alla valutazione critica delle affermazioni e alla osservazione realistica degli eventi (soprattutto quelli strani...); ha anche spesso richiamato il fatto che verifiche semplici, fatte con approccio scientifico, possono chiarire eventi "inspiegabili" o smontare affermazioni fantasiose. Diversi aspetti del metodo scientifico sono trattati in articoli e rubriche di Query; Ferrero e Bagnasco (2014) ne parlano estesamente in un loro "quaderno".
È interessante osservare come alcuni approcci e metodi della scienza si ritrovino anche in circostanze inattese e in ambiti diversi da quello specifico. Di primo acchito, senza riflettere, il mondo della scienza e il mondo della legge sembrano nettamente separati. Istintivamente, infatti, si vede molto lontana la figura del giurista da quella del ricercatore scientifico, anche se un punto di contatto può venire in mente considerando la figura del medico legale - generalmente non di più. Tuttavia basta documentarsi un po' per rendersi conto della rilevanza e dell'ampiezza dell'argomento. Trattiamo qui l'intenso dibattito che si è sviluppato negli Stati Uniti su una particolare prospettiva dell'interazione legge-scienza. Nell'ambito dei procedimenti giudiziari, gli aspetti scientifici e tecnologici non possono essere padroneggiati da giudici ed avvocati. Questi aspetti devono essere invece chiariti da chi ha conoscenze certe e aggiornate: servono esperti, capaci di fornire a giudici e giurie pareri e informazioni scientificamente solide. Vediamo in che modo la legge ha cercato di rispondere al quesito "Come si scelgono gli esperti, per essere sicuri che il loro contributo sia affidabile?".
Accusa e difesa, giudici e testimoni
Il dibattito sull'argomento è legato principalmente al sistema giudiziario anglosassone; sembra perciò opportuno premettere qualche cenno - da un punto di vista non specialistico, senza pretese di rigore - su tale sistema. Lo conosciamo indirettamente tutti, perché è rappresentato in numerosi film e serie televisive; uno dei motivi del successo di questi prodotti sta nella spettacolarità dei procedimenti. È un aspetto legato al modello accusatorio: due parti contrapposte, accusa e difesa, devono dimostrare le proprie tesi davanti a giudici e giurie. Nelle lunghe fasi che precedono il dibattimento le parti raccolgono le prove e scelgono i testimoni. Quando si arriva all'udienza in aula, si ha spesso il momento più teatrale: il giudice regola la contesa, particolarmente aspra nell'interrogatorio dei testimoni da parte degli avvocati della parte avversaria (è la cross examination). Procedure e terminologie diverse rispetto a quelle impiegate nei nostri processi tengono viva l'attenzione; queste differenze sono connesse, tra l'altro, al fondamento di legge dei due sistemi: quello europeo si basa sulla civil law, quello anglosassone sulla common law. Nel primo, esistono raccolte di leggi che codificano i diversi tipi di infrazioni e di reati, e ne determinano le relative pene. Nel secondo, i criteri di giudizio si formano principalmente nella pratica giudiziaria, e ci si rifà ai casi precedenti per giudicare quelli attuali analoghi. Così, quando in un paese dove si applica la common law viene formulata una sentenza innovativa, essa assume una grande rilevanza, perché costituisce il precedente che determina la regola da applicare a simili situazioni successive.
Uno dei precedenti più richiamati ha origine da un processo di una ventina di anni fa negli Stati Uniti. È la causa Daubert v. Merrell Dow Pharmaceuticals, Inc. (1993), riguardante presunti effetti indesiderati di un farmaco. Di questa causa, spesso citata semplicemente come Daubert, non ci occuperemo qui dell'oggetto, né dell'esito giudiziario, ma dell'aspetto di metodo che da essa ha preso l'avvio. Nel suo svolgimento sono stati riformulati i criteri da seguire per ammettere a partecipare alla causa un expert witness - un "testimone esperto". Si deve notare che nell'ordinamento nordamericano gli esperti sono considerati testimoni, e vengono proposti dalle parti; l'expert witness, a differenza dagli altri testimoni (lay witnesses), non si limita ai fatti, ma fornisce opinioni: il suo ruolo è di grande importanza. È perciò necessario valutare l'attendibilità del contributo che questa persona può portare. Nella causa in questione, la corte stabilì i requisiti necessari per ammettere un testimone esperto, modificando la prassi fino ad allora seguita; sulla base di quei nuovi criteri non venne accettato un esperto dell'accusa (Corbellini e Pani, 2014). Fu dunque in quel caso che vennero rese esplicite le credenziali richieste all'expert witness. In due cause successive le regole vennero chiarite ed ampliate, andando a costituire la "Trilogia Daubert" che ha dato origine a quello che si indica ora come Daubert standard.
Rispettare lo standard - ma quale?
Uno standard è il modello di riferimento che il giudice impiega - in questo caso per valutare se la testimonianza di un esperto è fondata su teorie e metodologie scientificamente valide. Per il Daubert standard i fattori da considerare sono, in una traduzione quasi letterale:
se la teoria può essere saggiata, e se lo è stata;
se tale teoria è stata sottoposta a revisione paritaria (peer review) ed è stata pubblicata;
la disponibilità di standard di misura; gli errori di misura noti o potenziali;
se è stata ampiamente accettata da una rilevante comunità scientifica.
Questi fattori vanno considerati, ma nessuno è indispensabile. Lo standard li indica, ma non impone la lista come un blocco unico. Come era da attendersi, sull'applicazione più o meno rigorosa dei punti elencati si sono accese nel tempo varie dispute. Riconosciamo facilmente in questi punti vari aspetti di metodo della pratica scientifica; possiamo parafrasarli con una serie di domande:
La teoria può essere verificata? Finora è sempre stata confermata?
I contenuti sono stati revisionati da persone competenti? È stata pubblicata e quindi sottoposta al giudizio generale?
I metodi impiegati sono ripetibili e i margini di errore sono conosciuti?
La gente del mestiere valuta positivamente la teoria?
È evidente che domande del genere individuano facilmente teorie e metodi inadeguati. Una prima riflessione potrebbe allora essere quella che, applicando il Daubert standard, verranno ammessi solo i testimoni esperti capaci di fornire informazioni scientificamente solide. Bene, abbiamo risolto tutti i problemi. O no?
Prima dell'adozione del Daubert standard la testimonianza dell'esperto era sottoposta a una valutazione basata sul Frye standard, dal caso Frye v. United States (1923). Il testo è articolato e poetico, forse anche per il periodo in cui è stato scritto; in una libera traduzione dice:
È difficile decidere quando principi o scoperte scientifici oltrepassano la linea di demarcazione tra sperimentazione e dimostrabilità. Da qualche parte, in questa luce crepuscolare, si deve individuare la forza probatoria del principio. Quando le corti affrontano un lungo lavoro per ammettere una testimonianza ricavata da un principio scientifico o una scoperta ben riconosciuti, quello che è alla base del ragionamento deduttivo deve essere tanto solido da godere di accettazione generale nello specifico campo di competenza.
Il criterio è chiarito nell'ultimo periodo: è il richiamo all'accettazione generale del principio scientifico in esame. In sostanza, è quello che viene richiamato dall'ultimo punto del Daubert standard. Abbiamo però evidenziato che quest'ultimo prevede anche altri controlli, e ciò rende meno stringente tale aspetto. Daubert responsabilizza il giudice, che deve valutare la scientificità dell'approccio dell'esperto, senza limitarsi a prendere atto dell'accettazione generale.
Le cose a questo punto sembrano ben definite: un criterio, piuttosto rigido, di quasi un secolo fa (Frye), è stato superato da una formulazione più moderna, analitica e flessibile, che richiede la verifica di pratiche e metodi scientifici (Daubert). Sembra tutto abbastanza chiaro. Sembra, appunto: un ventennio di discussioni non ha ancora risolto i dubbi. Litigiosità dei giuristi? Il fatto è che, come sempre, le cose sono più complesse di quanto ci si aspetta.
Semplificando, il problema di scegliere un esperto affidabile si può esprimere con una domanda: "Sto esaminando vari esperti, che sulla questione di mio interesse danno pareri diversi. Di quale mi fido?" Seguendo Frye, la risposta è: "fidati di quello che presenta una teoria generalmente accettata"; seguendo Daubert è: "fidati di quello che presenta una teoria verificabile, basata su metodiche ripetibili, revisionata e pubblicata, ampiamente accettata". Tra i tanti argomenti presentati a favore e a sfavore dell'uno o dell'altro standard, vediamone schematicamente quattro.
Pro Frye - Se una teoria è generalmente accettata, significa che sono state fatte le opportune verifiche dai competenti in quel campo. È sufficiente a garantirne la solidità.
Contro Frye - È uno standard conservatore, che non accetta le novità scientifiche. Ci può essere una teoria innovativa e valida che non ha ancora ottenuto la generale accettazione, solo perché è molto recente e non c'è stato il tempo.
Pro Daubert - Se si sono impiegati robusti metodi scientifici, c'è stata la revisione paritaria e la teoria è ampiamente condivisa, ci si può fidare.
Contro Daubert - Come fa il giudice, che non ha una preparazione scientifica, a decidere se la metodologia scientifica è stata correttamente applicata? Dovrebbe chiederlo agli scienziati, che è poi quanto fa Frye.
È proprio quest'ultimo, che si potrebbe definire il paradosso della prova scientifica (Giupponi, 2013) l'argomento più interessante, perché ci riporta al problema dal quale siamo partiti: l'utilizzo di idee del metodo scientifico da parte di non-scienziati.
E' provato, è affidabile?
Mentre Frye si affida all'accettazione generale delle teorie, e il giudice deve solo verificare se tale accettazione c'è o no, Daubert chiede al giudice di decidere in prima persona se i metodi alla base della teoria presentata sono scientificamente solidi. Gli affida cioè il ruolo di gatekeeper, il guardiano che decide chi entra e chi non entra; è evidente che ammettere o non ammettere un certo esperto significa influenzare in modo rilevante l'andamento della causa.
Vari giudici non hanno accettato di buon grado il nuovo compito ed hanno espresso preoccupazioni e perplessità. Riconoscendo la complessità del problema, per aiutare i giudici in questo impegno è stato prodotto il Reference Manual on Scientific Evidence, un corposo testo ormai giunto alla terza edizione (2011). È una raccolta di saggi di diversi autori; vi si trova, tra l'altro, un gradevole capitolo sulle basi del metodo scientifico: How Science Works.
Va fornita una ulteriore informazione. Nel 1975 è entrata in vigore una codificazione delle norme che regolano l'acquisizione delle prove nei procedimenti giudiziari federali: si tratta delle Federal Rules of Evidence. In esse, la regola 2 dell'articolo 7 (Rule 702) tratta la testimonianza di testimoni esperti. Dall'entrata in vigore ad ora alle Federal Rules of Evidence sono stati apportati diversi emendamenti. Ad esempio, la nostra Rule 702 fu ampliata nel 2000, a seguito della "Trilogia Daubert". Tra i vari emendamenti che le Rules hanno subito, merita ricordare per la sua particolarità quello del 2011. Esso ha riscritto tutte le norme, ma senza modificarne il significato: il suo scopo esclusivo era di migliorare la chiarezza del testo!
Ecco la formulazione attuale della nostra norma:
Regola 702. Testimonianza di testimoni esperti
Un testimone riconosciuto come esperto per conoscenze, abilità, esperienza, formazione o istruzione può testimoniare fornendo un parere o altro se:
(a) le conoscenze scientifiche, tecniche, o altre conoscenze specialistiche dell'esperto potranno aiutare chi giudica a comprendere le prove o a chiarire un fatto in esame;
(b) la testimonianza si basa su fatti o dati sufficienti;
(c) la testimonianza è il prodotto di principi e metodi affidabili; e
(d) l'esperto ha applicato in modo affidabile i principi e i metodi per i fatti in esame.
Osserviamo che i punti (b), (c), (d) vennero aggiunti nell'emendamento del 2000.
In quale rapporto stanno le Federal Rules of Evidence con i precedenti rappresentati dalle sentenze dei casi? Detto in breve, le Rules dettano legge, i precedenti (la common law) possono dare un aiuto nell'applicarla. Ad esempio, torniamo alla Rule 702, e analizziamo il punto (c), "La testimonianza è il prodotto di principi e metodi affidabili". Le Rules lo prescrivono; il Daubert standard dice come ciò può venire verificato, chiarendo quali sono questi principi e metodi: verificabilità, peer review, dati corretti, accettazione di competenti. L'informazione giuridica va completata sottolineando che le Federal Rules of Evidence sono applicate dalle corti federali, mentre diversi stati (es. California) hanno proprie regole; il Daubert standard viene applicato a livello federale e nella maggioranza degli stati, mentre altri continuano ad applicare il Frye standard.
La situazione è notevolmente complessa e il dibattito certamente continuerà. I due standard che vengono contrapposti hanno ciascuno i propri pregi e difetti, e va osservato che in vari casi la loro applicazione porterebbe allo stesso risultato. Per alcuni giuristi, la differenza tra di essi non è poi così profonda, e si è detto (Rice, 2000) che, nella pratica, Daubert è poco più di Frye travestito (...in practical application, Daubert is really little more than Frye in drag). Al di là della battuta divertente, si deve tuttavia comprendere che il cambiamento di punto di vista prodotto da Daubert è stato veramente rivoluzionario (Faigman, 2013), e che ormai ai giudici è richiesto un approfondimento scientifico che prima non c'era (Faigman, 2006).
Sembra sicuro che Daubert finirà col prevalere su Frye, ma serviranno ancora tempo e altre messe a punto e altre messe a punto. Ad esempio, non si può trascurare il fatto che i criteri di Daubert si prestano ad essere applicati in modo molto restrittivo per escludere esperti sgraditi.
Da questo punto di vista, lo standard lascia spazio a chi vuole seminare il dubbio, soprattutto in casi di inquinamento, danni alla salute, tossicità.
Va infatti tenuto presente che negli studi ecologici, epidemiologici, tossicologici sono implicate discipline biologiche e mediche, meno "dure" di quelle fisiche o ingegneristiche; spesso non si possono basare su esperimenti controllati e ripetibili, ma solamente sull'esame statistico di dati raccolti nell'ambiente. In questi casi i criteri di Daubert, applicati troppo rigidamente, possono portare al rifiuto della prova di un danno subito dalla parte ricorrente. Se ci spostiamo su discipline come la psicologia o lo studio del comportamento i problemi sono anche maggiori.
E in Italia...
La situazione in Italia è piuttosto diversa. è il giudice che sceglie l'esperto che deve fornirgli informazioni in campi specialistici. Questa figura da noi si chiama consulente tecnico nelle cause civili e perito tecnico nelle cause penali. Sono ammessi anche consulenti di parte, che possono anch'essi fornire informazioni in sede di processo.
Il giudice sceglie l'esperto da appositi elenchi - gli albi dei consulenti del tribunale. Dal sito del Ministero della Giustizia:
"Possono fare richiesta di iscrizione all'albo coloro che
- sono forniti di speciale competenza tecnica in una determinata materia
- sono di condotta morale specchiata (sic)
- sono iscritti nelle rispettive associazioni professionali"
Si deve poi produrre un curriculum ed effettuare vari altri adempimenti burocratici. Mancano invece linee guida per il controllo della validità scientifica delle competenze del perito. è il giudice che deve valutare come sceglierlo e motivare la scelta, ma ciò può anche essere fatto sbrigativamente. Ci sono senz'altro consulenti e periti aggiornati e capaci, ma il caso Stamina ha messo in evidenza come ci siano stati più volte giudici mal consigliati da esperti loro consulenti.
Per informarsi sul pasticcio merita leggere "Stamina. Una storia sbagliata" di Beatrice Mautino, scaricabile da http://www.cicap.org/ . Il Senato a fine 2013 ha affidato alla propria Commissione permanente Igiene e Sanità lo svolgimento di un'indagine su origine e sviluppo del "CASO STAMINA". I lavori della commissione sono durati oltre un anno; la ponderosa relazione finale (Senato della Repubblica, Doc XVII n. 2, 2 marzo 2015) è un interessante documento che fa il punto della vicenda. Nelle proposte conclusive per evitare il ripetersi di simili situazioni, al punto 7 troviamo che "Quanto alla figura del consulente tecnico in ambito giudiziario, questa Commissione ritiene opportuna l’introduzione nel nostro ordinamento di specifici parametri individuabili sulla falsariga del cosiddetto standard Daubert".
Il Daubert standard sarà recepito anche a casa nostra?
Perché è così complicato?
Cerchiamo di non cadere nel tranello di voler stabilire nettamente chi ha torto e chi ha ragione, e di considerare invece con spirito laico i motivi della complessità della questione. L'incontro tra scienza e legge fa emergere tutte le difficoltà di armonizzare questi diversi aspetti dell'attività umana. Uno slogan dice che la scienza punta alla verità e la legge punta alla giustizia; nella sua schematicità, evidenzia il diverso scopo delle due discipline. Riflettere sulla differenza degli obbiettivi aiuta a capire perché nell'incontro non tutto fila liscio. Nei tribunali si devono (si dovrebbero) risolvere le contese e punire i reati, sulla base di prove e testimonianze. Volta per volta si lavora su un singolo caso, che si deve risolvere in tempi brevi.
Nei laboratori ci si possono permettere tempi più lunghi, si usa strumentazione sofisticata, si punta a risultati generali e complessi. Ma, nella ricerca dei fatti, ci sono anche forti somiglianze tra i due approcci (Denemark, 1993). In ogni caso, al di là delle differenze, un incontro comporta reciproche influenze; gli operatori di una parte possono condividere esigenze di quelli dell'altra; si determina così una "coevoluzione" di scienza e legge (Jasanoff, 1997). E comunque l'essere rigorosi e impiegare la logica è raccomandabile in entrambe le attività, e i principi del metodo scientifico sono comprensibili e utilizzabili anche da chi professionalmente si occupa d'altro.
Il fatto che la legge si sia impegnata per utilizzare i metodi della scienza e chiarirne le possibilità di utilizzo offre qualche occasione di impiego nell'azione del CICAP. Frye, Daubert, e la Rule 702 sono dei buoni promemoria anti pseudoscienze. Quando chiediamo le prove delle loro affermazioni ad acchiappafantasmi, ufologi, sensitivi, astrologi, naturopati e compagnia, possiamo rifarci ai due standard citati, e forse ancora più semplicemente alla regola 702. E se domandano da dove viene questa richiesta gli si può far presente che nell'ambito giudiziario anglosassone, così attento a prove e testimonianze, è una pratica consueta. Oppure, ricalcando la battuta finale di un vecchio film americano, gli si può rispondere "Sono le Federal Rules of Evidence, bellezza!"
Riferimenti bibliografici
- Corbellini e Pani, 2014 - "Sentenza storica per il Bendectin". Domenica del Sole - 24 ore, 28 settembre 2014.
- Denemark, 1993 - The search for "scientific knowledge" in federal courts in the post-Frye era: refuting the assertion that "law seeks justice while science seeks truth". Berkeley Technology Law Journal, Volume 8, Issue 2 (Fall 1993).
- Faigman, 2006 - Judges as "Amateur Scientists". Boston University Law Review, 86 B.U. L. REV. 1207 (2006).
- Faigman, 2013 - The Daubert Revolution and the Birth of Modernity: Managing Scientific Evidence in the Age of Science. UC Davis Law Review, vol. 46 (2013).
- Ferrero e Bagnasco, 2014 - "I ferri del mistero - Strumenti e idee della scienza per esplorare l'insolito". I quaderni del Cicap, 19.
- Giupponi, 2013 - Il giudice, l'esperto e il paradosso della prova scientifica.
- Jasanoff, 1997. Science at the bar. Harvard University Press, 1997.
- Reference Manual on Scientific Evidence, terza edizione (2011).
- Rice, 2000. Letter to the Editor.