Novità sul caso di cattiva scienza di cui avevamo parlato su “Query” n. 8: Diederik Stapel, lo psicologo olandese ritenuto responsabile della fabbricazione dei dati di diverse decine di studi su effetto priming e altri temi di psicologia sociale, eviterà pesanti conseguenze penali per il suo comportamento. Come rivela “Science Insider”, ha infatti raggiunto un accordo con la Giustizia del suo paese che prevede 120 ore di volontariato obbligatorio e la rinuncia a benefici economici da parte del suo ex datore di lavoro (l’Università di Tilburg) corrispondenti a diciotto mesi di stipendio[1].
Il rapporto finale delle commissioni accademiche incaricate di occuparsi del caso, apparso qualche mese fa e che si è avvalso sia della collaborazione parziale dello stesso Stapel, sia di una serie di analisi statistiche volte a identificare le anomalie, presenta risultati allo stesso tempo interessanti e assai tristi: dati falsificati sono stati utilizzati in almeno 55 articoli. Fra questi, due degli articoli dello psicologo più citati, pubblicati entrambi dal “Journal of Personality and Social Psychology”, rispettivamente nel 2004 e nel 2007: From seeing to being: subliminal social comparisons affect implicit and explicit self-evaluations, ritrattato nel gennaio 2013, nel quale gli autori giungevano alla conclusione che la semplice esposizione subliminale a informazioni comparative influenzava opinioni, giudizi e valutazione di se stessi dei partecipanti, era stato menzionato, secondo il servizio Web of Knowledge di Thomson Reuters, 98 volte in lavori successivi, mentre On models and vases: Body dissatisfaction and proneness to social comparison effects, ritrattato nel settembre 2012, in cui si dimostrava che l’insoddisfazione verso il proprio corpo in donne esposte alle immagini femminili veicolate dai media era legato sia alle caratteristiche rappresentate sia alle caratteristiche della percipiente, era stato citato successivamente 52 volte. Nel primo caso, oltre all’ammissione da parte dello stesso Stapel, è stato identificato un valore p, o livello di significatività osservato, non corretto e sono state notate inconsistenze nei dati e nell’analisi, mentre nel secondo appaiono molti casi duplicati nei dati che lo psicologo ha fornito al suo collega e coautore che doveva occuparsi delle analisi. Per altri dieci articoli vi sono prove di falsificazione, ma la cosa non può essere stabilita al di là di ogni ragionevole dubbio[2]. Fra questi The effects of diffuse and distinct affect, ritrattato nel febbraio 2013, in cui si mostrava che reazioni affettive/non affettive a uno stimolo potevano avvenire senza consapevolezza, pubblicato ancora una volta dal “Journal of Personality and Social Psychology” nel 2002 e citato 69 volte. Come conseguenza, al momento di scrivere questo pezzo, 54 articoli sono stati ritrattati da Stapel, dai co-autori o direttamente dalle stesse riviste. Infine, dati non veritieri sono stati utilizzati in dieci tesi di dottorato coordinate dallo psicologo.
Per gli autori del rapporto risulta essere «quasi inconcepibile» che «i co-autori che hanno analizzato in profondità i dati e i revisori delle principali riviste internazionali [che hanno pubblicato gli articoli] [...] non abbiano notato una serie di problemi nel design sperimentale (spesso quasi impossibile da realizzare), nei valori statistici forniti e che non abbiano individuato una serie di anomalie, quali cifre ripetute nei valori pubblicati. Ciò chiama quindi in causa sia la metodologia di review di tali riviste, sia la loro preferenza per risultati attraenti ed eleganti, anche se non essenziali per il campo di studio[3]». In una lettera aperta citata all’interno dello stesso rapporto, lo psicologo Daniel Kahneman, vincitore nel 2002 del Premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel, si è appellato agli studiosi dell’effetto priming perché questi facciano pulizia al loro interno: «il vostro campo è oggi emblematico dei dubbi sull’integrità della ricerca psicologica. Il vostro problema non è con quelle poche persone che hanno attivamente contestato la validità di alcuni risultati [delle ricerche sul] priming. È con la popolazione molto più grande di colleghi che in passato hanno accettato i vostri sorprendenti risultati come fatti quando sono stati pubblicati. Queste persone hanno ora contrassegnato il campo di ricerca con un punto di domanda, ed è vostra responsabilità rimuoverlo[4]». Critiche forti, alle quali le associazioni professionali che rappresentano gli psicologi sociali hanno voluto presto rispondere. Come ha argomentato sul “Times Higher Education” Stephen Gibson, segretario onorario della sezione di psicologia sociale della British Psychological Society (l’associazione professionale degli psicologi britannici) riecheggiando forse inconsapevolmente i termini di una vecchia controversia parapsicologica, non sarebbe possibile, partendo dal caso Stapel, implicare che la frode scientifica sia più comune in quella sotto-disciplina rispetto alle altre o che il processo editoriale di peer reviewing sia particolarmente debole nell’individuarla[5]. Sulla stessa linea il comitato esecutivo dell’European Association of Social Psychology, secondo la quale il rapporto ha portato discredito sull’intera disciplina, mentre avrebbe invece dovuto mostrare quanto era accaduto e mettere la parola fine «a uno dei capitoli più oscuri della storia della psicologia sociale[6]». Gli estensori del rapporto hanno risposto alle rimostranze in una lettera sulla rivista britannica The Psychologist: se è vero che «il rapporto non confronta i fatti inquietanti osservati nel campo della psicologia sociale con la situazione in altre scienze più o meno lontane, sia per quanto riguarda l’incidenza di frodi, o più in generale, per quanto riguarda il manifestarsi di cattiva o sciatta scienza», tale comparazione non era comunque fra gli obiettivi dell’indagine[7].
Al di là di queste schermaglie, dovute a una diversa valutazione delle responsabilità strutturali dell’affaire, tutti sono d’accordo: quanto accaduto non dovrà più accadere. Rimane da stabilire come.
Il rapporto finale delle commissioni accademiche incaricate di occuparsi del caso, apparso qualche mese fa e che si è avvalso sia della collaborazione parziale dello stesso Stapel, sia di una serie di analisi statistiche volte a identificare le anomalie, presenta risultati allo stesso tempo interessanti e assai tristi: dati falsificati sono stati utilizzati in almeno 55 articoli. Fra questi, due degli articoli dello psicologo più citati, pubblicati entrambi dal “Journal of Personality and Social Psychology”, rispettivamente nel 2004 e nel 2007: From seeing to being: subliminal social comparisons affect implicit and explicit self-evaluations, ritrattato nel gennaio 2013, nel quale gli autori giungevano alla conclusione che la semplice esposizione subliminale a informazioni comparative influenzava opinioni, giudizi e valutazione di se stessi dei partecipanti, era stato menzionato, secondo il servizio Web of Knowledge di Thomson Reuters, 98 volte in lavori successivi, mentre On models and vases: Body dissatisfaction and proneness to social comparison effects, ritrattato nel settembre 2012, in cui si dimostrava che l’insoddisfazione verso il proprio corpo in donne esposte alle immagini femminili veicolate dai media era legato sia alle caratteristiche rappresentate sia alle caratteristiche della percipiente, era stato citato successivamente 52 volte. Nel primo caso, oltre all’ammissione da parte dello stesso Stapel, è stato identificato un valore p, o livello di significatività osservato, non corretto e sono state notate inconsistenze nei dati e nell’analisi, mentre nel secondo appaiono molti casi duplicati nei dati che lo psicologo ha fornito al suo collega e coautore che doveva occuparsi delle analisi. Per altri dieci articoli vi sono prove di falsificazione, ma la cosa non può essere stabilita al di là di ogni ragionevole dubbio[2]. Fra questi The effects of diffuse and distinct affect, ritrattato nel febbraio 2013, in cui si mostrava che reazioni affettive/non affettive a uno stimolo potevano avvenire senza consapevolezza, pubblicato ancora una volta dal “Journal of Personality and Social Psychology” nel 2002 e citato 69 volte. Come conseguenza, al momento di scrivere questo pezzo, 54 articoli sono stati ritrattati da Stapel, dai co-autori o direttamente dalle stesse riviste. Infine, dati non veritieri sono stati utilizzati in dieci tesi di dottorato coordinate dallo psicologo.
Per gli autori del rapporto risulta essere «quasi inconcepibile» che «i co-autori che hanno analizzato in profondità i dati e i revisori delle principali riviste internazionali [che hanno pubblicato gli articoli] [...] non abbiano notato una serie di problemi nel design sperimentale (spesso quasi impossibile da realizzare), nei valori statistici forniti e che non abbiano individuato una serie di anomalie, quali cifre ripetute nei valori pubblicati. Ciò chiama quindi in causa sia la metodologia di review di tali riviste, sia la loro preferenza per risultati attraenti ed eleganti, anche se non essenziali per il campo di studio[3]». In una lettera aperta citata all’interno dello stesso rapporto, lo psicologo Daniel Kahneman, vincitore nel 2002 del Premio della Banca di Svezia per le scienze economiche in memoria di Alfred Nobel, si è appellato agli studiosi dell’effetto priming perché questi facciano pulizia al loro interno: «il vostro campo è oggi emblematico dei dubbi sull’integrità della ricerca psicologica. Il vostro problema non è con quelle poche persone che hanno attivamente contestato la validità di alcuni risultati [delle ricerche sul] priming. È con la popolazione molto più grande di colleghi che in passato hanno accettato i vostri sorprendenti risultati come fatti quando sono stati pubblicati. Queste persone hanno ora contrassegnato il campo di ricerca con un punto di domanda, ed è vostra responsabilità rimuoverlo[4]». Critiche forti, alle quali le associazioni professionali che rappresentano gli psicologi sociali hanno voluto presto rispondere. Come ha argomentato sul “Times Higher Education” Stephen Gibson, segretario onorario della sezione di psicologia sociale della British Psychological Society (l’associazione professionale degli psicologi britannici) riecheggiando forse inconsapevolmente i termini di una vecchia controversia parapsicologica, non sarebbe possibile, partendo dal caso Stapel, implicare che la frode scientifica sia più comune in quella sotto-disciplina rispetto alle altre o che il processo editoriale di peer reviewing sia particolarmente debole nell’individuarla[5]. Sulla stessa linea il comitato esecutivo dell’European Association of Social Psychology, secondo la quale il rapporto ha portato discredito sull’intera disciplina, mentre avrebbe invece dovuto mostrare quanto era accaduto e mettere la parola fine «a uno dei capitoli più oscuri della storia della psicologia sociale[6]». Gli estensori del rapporto hanno risposto alle rimostranze in una lettera sulla rivista britannica The Psychologist: se è vero che «il rapporto non confronta i fatti inquietanti osservati nel campo della psicologia sociale con la situazione in altre scienze più o meno lontane, sia per quanto riguarda l’incidenza di frodi, o più in generale, per quanto riguarda il manifestarsi di cattiva o sciatta scienza», tale comparazione non era comunque fra gli obiettivi dell’indagine[7].
Al di là di queste schermaglie, dovute a una diversa valutazione delle responsabilità strutturali dell’affaire, tutti sono d’accordo: quanto accaduto non dovrà più accadere. Rimane da stabilire come.
Note
2) AA.VV. 2012. Flawed science: The fraudulent research practices of social psychologist Diederik Stapel, disponibile all’url http://tinyurl.com/flawedscience-stapel
3) Ibidem, p. 53
7) Drenth, et al. 2013, February. Flawed science? “The Psychologist”, (26) Part 2: pp. 80-81, disponibile all’url http://tinyurl.com/thepsychologist-flawedscience