Mondi sotterranei. Il mito della Terra cava
Walter Kafton-Minkel
Edizioni Mediterranee
2012, 384 pp., € 22,50
Recensione di Andrea Albini Aventitré anni dalla sua comparsa negli Stati Uniti presso una minuscola casa editrice, viene ora tradotto in Italia questo curioso saggio, mai ristampato nell’edizione originale ma che, nel corso degli anni, è diventato un’opera di riferimento nel suo genere. Il sottotitolo spiega che il libro parla di «draghi, gnomi, giganti, terre dei morti, razze perdute, regni segreti, alieni, nazisti e UFO»; e se questo elenco aiuta poco la vostra comprensione, considerate che Kafton-Minkel (un autore così poco noto da far pensare che il suo non sia altro che uno pseudonimo) si presenta come uno studioso di letteratura fantastica che in quest’opera cerca di tracciare una storia antropologica e culturale di uno dei concetti più antichi dell'esistenza di un luogo “altro”, spesso inquietante, nascosto sotto la crosta del nostro pianeta: un mondo che ci visita o in cui ci imbattiamo per caso; che aspetta di essere colonizzato o che, al contrario, ci sovrasta con la sua tecnologia superiore.
Il punto di partenza della meticolosissima ricerca di Kafton-Minkel è stato un tipo peculiare di fantascienza americana della seconda metà del Novecento, e in particolare un articolo sull’argomento che da adolescente lesse sulla rivista “pulp” Fate. Questa pubblicazione mescolava con disinvoltura il reale con il possibile e il fantastico con l’inventato, sacrificando il rigore sull’altare dell’aumento di copie vendute. Il capitolo dedicato a Ray Palmer, definito «l’illusionista dei pulp» e direttore per quarant’anni di una serie di riviste di fantascienza e “realtà alternative” come Amazing Stories, Other Worlds, Fate e Flying Saucers, è illuminante per chi vuole capire come sono nati e si sono alimentati i miti pseudoscientifici nella cultura consumistica novecentesca – principalmente americana – ben prima dell’avvento di internet. Palmer, in particolare, seppe sfruttare con abilità il cosiddetto “mistero di Shaver”, presentando e rielaborando opportunamente le teorie di un certo Richard Shaver, a metà tra il fantascientifico e il paranoico.
Ma il libro di Kafton-Minkel parte da molto più lontano e contiene capitoli sui miti e le leggende popolari che dalle epoche più remote sono state intessute sui mondi sotterranei: luoghi che per la loro inaccessibilità sembrano il palcoscenico ideale per collocare misteri e descrivere utopie positive o angoscianti. Interessante è anche il capitolo sulle antiche rappresentazioni scientifiche della geologia interna della Terra, da Platone a Kircher, fino alla teoria di Edmond Halley, che nel 1692 presentò un modello secondo cui la Terra era formata da sfere concentriche per spiegare il magnetismo del nostro pianeta. Scritte con una vivacità degna di Martin Gardner sono anche le parti dedicate a una serie di personaggi decisamente più eccentrici, che ipotizzarono l'esistenza sulla Terra di aperture ai poli che permettevano l’accesso a un mondo interno inesplorato. Tra questi, l’ufficiale americano in congedo John Cleves Symmes, che nel 1818 lanciò un appello al Congresso degli Stati Uniti affinché si organizzasse una spedizione e si colonizzasse il mondo interno; oppure il mistico Cyrus Teed, in arte “Koresh”, che inculcò ai suoi adepti la convinzione che la nostra civiltà si era sviluppata senza saperlo all’interno di un mondo cavo, e mise a punto un ingombrante sistema di misurazione per dimostrare che, considerando una distanza adeguata, la superficie terrestre piegava verso l’alto invece che verso il basso.
Quando lo scorso secolo l’esplorazione dei poli geografici non mostrò nessuna apertura, gli adepti della “Terra cava” si divisero tra chi diceva che l’ingresso al mondo interno esisteva ma era nascosto e chi gridava al complotto, sostenendo che la sua scoperta era stata messa sotto silenzio. Anche alcuni simpatizzanti neonazisti si interessarono a questa teoria, e ci fu chi affermò che gli inafferrabili UFO provenivano dall’interno del nostro pianeta ed erano di fabbricazione tedesca, mescolando fantascienza con fantapolitica.
Naturalmente il racconto sui mondi sotterranei ha trovato il suo terreno più fertile nella letteratura, partendo dall’Inferno di Dante fino ai romanzi di fantascienza, e su questo l’esposizione di Kafton-Minkel non può essere esaustiva.
Nell’esporre le teorie più eccentriche sulla “Terra cava” l’autore ha evitato i giudizi e tenuto lo sguardo neutro dell’antropologo. Egli è però consapevole che tali teorie sono creazioni umane e che, per quanto affascinanti, non debbono condurci a dubitare di ciò che ci dicono geologi e scienziati sulla loro improponibilità nel mondo reale.
Milano insolita e segreta
Massimo Polidoro
Edizioni Jonglez
2012, 335 pp., € 17,90
Recensione di Giorgio Bardelli Massimo Polidoro è un chiaroveggente: non poteva sapere che uno dei miei hobby prediletti consiste nel passeggiare per Milano dotato di macchina fotografica, alla ricerca di cose interessanti e belle ma soprattutto insolite e curiose. Può trattarsi di ben note opere d’arte, monumenti o reperti archeologici, ma la mia preferenza va senz’altro a quelle minuzie e a quei dettagli un po’ nascosti che possano testimoniare un frammento di storia della città o, semplicemente, farsi notare per la loro bizzarra e residuale esistenza.
Per fare qualche esempio, potrei citare il proiettile di artiglieria infisso nella facciata del palazzo di Corso di Porta Romana 3 e risalente al 1848, oppure la casa in cui visse il giovane Albert Einstein in Via Bigli 21, con la famosa equazione E=mc2 riportata su di una targa, o ancora i coloratissimi piatti di ceramica sulle finestre di Via Casati 13. Di solito si tratta di cose alla portata dello sguardo di chiunque, le quali tuttavia passano per lo più inosservate a quella vasta moltitudine di ignari bipedi che si aggira per negozi il sabato e la domenica pomeriggio.
Dunque, la guida si aggiunge ad alcune altre che già fanno parte della mia biblioteca personale. La differenza più evidente è nella ricchezza di illustrazioni, insieme all’eterogeneità dei soggetti presi in esame, opportunamente raggruppati per dislocazione topografica. Trovo molto apprezzabili le indicazioni per raggiungere ciascuna meta con i mezzi pubblici, anche se le migliori scoperte a volte si fanno andando in giro a piedi, senza fretta e senza mete prefissate.
Rispetto alle guide compilate da storici, archeologi ed esperti d’arte, Polidoro ha finalmente, e opportunamente, considerato anche soggetti attinenti alla cultura scientifica e alla storia della tecnologia. E forse avrebbero potuto essere anche più numerosi.
Si passa con disinvoltura dalla cripta di San Giovanni in Conca allo scheletro di un cavallo appartenuto a Napoleone, da un diabolico automa di legno costruito nel Seicento al museo dei Vigili del Fuoco, dalla Pietà Rondanini di Michelangelo al telescopio con il quale Giovanni Schiaparelli “vide” i cosiddetti canali di Marte. Non sapevo dell’esistenza di quel respingente ferroviario in Corso Sempione, residuo di una stazione scomparsa: devo urgentemente andare a vederlo, prima che sparisca inghiottito da qualche lavoro stradale!
Essendo Milano enormemente ricca di soggetti che avrebbero potuto essere descritti in questa guida, non si può certo pretendere che essa sia esauriente. Per esempio, non vi troverete la decoratissima casa di Via Malpighi 3, né le fondamenta della cappella di Sant’Aquilino in San Lorenzo, o le enormi e un po’ inquietanti formiche che si arrampicano sulla facciata di un palazzo in Via del Torchio (andate a vederle, prima che qualcuno le cancelli…), né il gatto di lamiera che vi osserva sornione dal seminterrato di Corso Monforte 43 o gli altri ferri battuti del grande artigiano Mazzucotelli: i miei preferiti sono quelli ai balconi di Via Spadari 3, di fianco alla celeberrima gastronomia.
Questa città è così colma di curiosità che il loro insieme, difficilmente numerabile, potrebbe essere oggetto di un’intera serie di guide a ciò che di interessante, ma anche di insolito e curioso, vi si trova. È davvero incredibile quante cose si possano non conoscere di Milano, pur avendoci vissuto per decenni. La raccolta delle informazioni utili per compilare il volume deve avere richiesto una notevole quantità di tempo e, come si sa, nel tempo le cose cambiano. Di conseguenza, troverete che la lupa di Corso Venezia 21 non è più, in realtà, «protetta da una lastra di vetro» ed è quindi molto ben visibile, al contrario di quanto dice la guida. Tuttavia, alcune inesattezze non tolgono certamente interesse e utilità a questa guida, semmai possono fornire un ulteriore incentivo a non considerarla soltanto una fonte di consultazione da sfogliare pigramente sdraiati sul divano, bensì a utilizzarla per verificare personalmente, con spirito scientifico, come stanno davvero le cose recandosi sul posto.
Per quanto mi riguarda, la prima uscita in compagnia di questo piacevolissimo libro ha già dato i suoi frutti, portandomi a conoscere diverse cose tra le innumerevoli che ancora devo vedere, a cominciare dagli inquietanti satiri che ornano l’ingresso di Via Guastalla 15. Del resto il volumetto, di formato molto contenuto rispetto alla ricchezza di informazioni, ha le dimensioni adatte per essere portato ovunque comodamente. Se avete qualche problema di vista, però, non dimenticate a casa gli occhiali, perché il corpo tipografico è di quelli piccoli. Molto piccoli.
Tra le decine di monumenti, opere d’arte, oggetti curiosi, piccole testimonianze del passato e luoghi nascosti, talvolta un po’ “misteriosi”, ce n’è davvero per tutti i gusti, sempre con il corredo di una descrizione puntuale e dettagliata. Ottimo e stimolante lavoro, direi. Mi aspettano molte passeggiate in città.
Nove vite come i gatti
Margherita Hack (con Federico Taddia)
Rizzoli, 2012, 140 pp., € 16,00
Recensione di Luca Menichelli Se si dovesse stilare una lista delle persone che maggiormente rappresentano un modello da seguire, sicuramente la nostra italianissima Margherita Hack occuperebbe una posizione di grande rilievo. Tutti la conoscono come la carismatica astrofisica dal sorriso pungente, la prima donna alla guida di un centro di ricerche astronomico. Una donna che non è mai scesa a compromessi e che attraverso la perseveranza nel seguire le sue convinzioni ha ottenuto la realizzazione dei sogni della propria infanzia. Ebbene sì, perché Margherita Hack non è mai stata una donna che si accontentava di quello che passava il convento, ma che si buttava a capofitto in ciò che voleva ottenere fino a raggiungere il suo scopo. In molte occasioni le mani esperte di Margherita Hack hanno incontrato carta, penna e calamaio regalandoci capolavori di divulgazione scientifica che hanno sempre riscosso un grande successo presso gli amanti delle sue care stelle. Questa volta, a novant'anni suonati, Margherita ha deciso di mettersi a nudo, di abbandonare per un po’ l’astronomia e di parlare di se stessa.
Nove vite come i gatti è una sorta di autobiografia, anche se fuori dagli schemi. Non è scritta come una cronologia di eventi dalla nascita alla contemporaneità, come spesso accade, ma sembra più il frutto di una chiacchierata tra la protagonista e l’amico lettore, nell’inconfondibile stile letterario della Hack – una sorta di pastiche tra l’italiano e il fiorentino – che l’ha sempre caratterizzata.
È così che l’astrofisica più famosa d’Italia fa i conti col suo passato, raccontandoci, attraverso aneddoti e riflessioni, il perché di ogni sua scelta: dalla difficile vita di una famiglia laica e antifascista nel Ventennio, fino alle peripezie universitarie per affermarsi come ricercatrice e non come segretaria del “barone” capo; dal perché di una vita incentrata sullo spirito laico al più personale rifiuto di avere figli. Gli appassionati della Hack non possono fare a meno di apprezzare l’occasione di scoprire la dimensione umana di una donna che fino a questo momento hanno conosciuto come scienziata.
Pagina dopo pagina, tra un sorriso pungente e una scrollata di spalle tipica di quando si vuol dire “non me ne importa nulla”, si rimane incantati dinanzi alla lezione di vita che una donna che veramente ha dimostrato di avere nove vite come i gatti ci ha voluto regalare: mai scendere a compromessi e mai abbandonare i propri sogni. Parola di Margherita Hack.
Perché l’antiproibizionismo è logico (e morale)
Persio Tincani
Sironi Editore
2012, 256 pp., € 18,00
Recensione di Anna Rita Longo DI CHE COSA SI PARLA: la tesi fondamentale sostenuta dall’autore è quella dell’inefficacia della legislazione proibizionistica nel contrastare i problemi correlati con il consumo di stupefacenti, nonché la sua totale illogicità sul piano giuridico. Anche ammettendo la validità del principio del diritto paternalistico (quello secondo cui la legge deve aiutare il cittadino a non farsi del male), il proibizionismo si rivela arma di scarsissima efficacia.
PERCHÉ LEGGERLO: perché è interessante l’opera di debunking condotta dall’autore relativamente a tutti i luoghi comuni in materia di stupefacenti e proibizione.
Il secondo libro dell’ignoranza
John Lloyd, John Mitchinson
Einaudi, 2012, 264 pp., € 17,50
Recensione di Anna Rita Longo I gustosi cataloghi di castronerie a uso e divertimento dei curiosi compilati dal duo Lloyd-Mitchinson sono ben noti ai lettori di Query, che hanno già letto la recensione del Libro dell’ignoranza e del Libro dell’ignoranza sugli animali. I due autori, giornalisti e scrittori, hanno intrattenuto il pubblico televisivo britannico con il fortunato programma QI, dal quale è tratto il materiale che confluisce nei loro libri, diventati bestseller internazionali. Il Leitmotiv di queste pubblicazioni è il fatto che «tutto ciò che si ritiene vero è sbagliato», ma, per fortuna, Lloyd e Mitchinson non danno a questa affermazione il significato paranoico e complottistico tipico di altri testi, che vorrebbero fare controinformazione e, invece, cadono piuttosto nella disinformazione.
Nulla di tutto ciò in quest’opera leggera e divertente, piacevole da portare con sé per regalare ai propri amici qualche momento di divertente stupore. Tra le pagine di questo Secondo libro dell’ignoranza scopriremo che Napoleone non era affatto un tappo, che i pipistrelli ci vedono benissimo e che non è detto che un’arancia matura debba essere sempre del suo ben noto colore arancione.
Molto probabilmente dopo aver letto il libro sarà difficile avere il coraggio di assaggiare le noccioline sul bancone del bar o chiedere al cameriere dei cubetti di ghiaccio: non sveliamo il motivo per evitare gli spoiler, ma vi assicuriamo che non si tratterà di una piacevole sorpresa.
Immaginiamo la meraviglia dei nostri amici ai quali diremo che, in realtà, i pesci non esistono (sic!), oppure che la teoria dell’evoluzione permette da lungo tempo di rispondere all’antico enigma: “è nato prima l’uovo o la gallina?”
Permangono, purtroppo, anche in questo volume i difetti delle opere precedenti, in primo luogo la scarsa sistematicità nella collocazione dei vari argomenti, che rende difficile ritrovare qualcosa che si desideri rileggere (bisogna scorrere tutto il lungo indice per farlo).
Alcune affermazioni, inoltre, peccano di scarsa precisione: ad esempio, il significato etimologico dell’ectocotile, organo usato dal polpo maschio per la riproduzione, non è, come viene affermato, “cento coppette”, ma “coppa esterna”: evidentemente le fonti di Lloyd e Mitchinson hanno confuso il greco “ektòs” (fuori), con il greco “ekatòn” (cento).
Alla traduttrice (e, in generale, a Einaudi, che ha un buon nome da difendere) vorremmo, inoltre, ricordare che i composti del numerale tre vogliono l’accento – acuto – in ultima sede: a questo proposito, rammentiamo che anche molte delle dicerie sull’ortografia italiana sono false.
È l’enigmistica, bellezza!
Ennio Peres
Ponte alle Grazie
2012, 297 pp., € 13,00
Recensione di Anna Rita Longo DI CHE COSA SI PARLA: il giocologo più famoso d’Italia, Ennio Peres, raccoglie in un volume da portare con sé nelle serate tra amici il meglio del suo repertorio di giochi logici, matematici e linguistici.
PERCHÉ LEGGERLO: perché il divertimento intelligente esiste ed è alla portata di tutti, purché si abbia la voglia di mettersi “in gioco” (appunto!), conservando la capacità di stupirsi e il gusto per la scoperta che spesso si perdono in età adulta. Sia i giochi matematici sia quelli linguistici concorrono, inoltre, a rispolverare senza annoiarsi alcune nozioni apprese a scuola, relegate per lungo tempo nel più riposto cassetto della memoria.