Sono ben noti i tanti pregi delle “vecchia” aspirina (ASA), farmaco il cui successo terapeutico negli ultimi decenni è dovuto più al suo effetto collaterale sull’aggregazione delle piastrine (che viene efficacemente inibita) che a quello primario antireumatico/antiinfiammatorio/antifebbrile.
A questo scopo è in uso soprattutto l’aspirina a basso dosaggio (75-100 mg), la cosiddetta aspirinetta, che conserva l’effetto antiaggregante, ma minimizza il rischio di effetti collaterali avversi quali erosioni, ulcere e sanguinamenti nel tratto digestivo. L’efficacia dell’aspirinetta in soggetti che già hanno avuto infarto e ictus è ben documentata (riduzione del rischio di recidiva di circa il 25% circa) e da qui l’ipotesi, non altrettanto documentata, che l’aspirina possa essere efficace anche in soggetti in salute che non abbiano già sofferto di patologia cardio-cerebrovascolare.
In realtà, una meta-analisi di 6 studi controllati randomizzati condotta su quasi 100.000 mila soggetti e pubblicata sulla rivista “Lancet” nel 2009, conclude che “in soggetti senza pregressa patologia cardiovascolare l’uso dell’aspirina è di incerto valore poiché la riduzione di eventi trombotici trombosi deve essere confrontata con l’incremento di emorragie non trascurabili”. Più chiaramente, un effetto preventivo dell’aspirina si registra anche in persone sane, ma la riduzione del rischio suggerita dalla meta-analisi risulta meno della metà di quella osservabile in pazienti che abbiano già avuto ictus o infarto e c’è da chiedersi se un beneficio modesto sia tale da compensare il rischio emorragico.
Arrivare a conclusioni certe, tuttavia, non è facile, anche perché i soggetti considerati sani possono in realtà essere una popolazione con fattori addizionali di rischio multipli ed eterogenei, al di là di quelli cardio-cerebrovascolari. La questione è quindi oggetto di ampio dibattito medico-scientifico. Ulteriore problema è che a influenzare la condotta dei cittadini entrano in scena (“a gamba tesa”, si direbbe calcisticamente) erogatori di consigli medici che non sono degli esperti, ma solo personaggi noti per tutt’altro motivo.
Questo numero crescente di “testimonial”, spesso impegnati in campagne a vantaggio non dei pazienti ma di aziende che di comunicazione se ne intendono, è non di rado inopportuno e talora potenzialmente pericoloso. Posso ad esempio citare, tra i molti a me noti, il recentissimo caso di un amico sano, sportivo, con esami laboratoristici perfetti e senza fattori di rischio se non l’età (over 70), che assumeva regolarmente l’aspirinetta non su indicazione del suo medico, ma perché aveva letto su una rivista che “era meglio fare così”. Urtato banalmente da una vettura mentre viaggiava sul suo motorino, veniva portato prudenzialmente al Pronto Soccorso dove si escludeva ogni frattura e si diagnosticava un semplice ematoma della coscia. Con sorpresa dei medici, tuttavia, l’amico si anemizzava velocemente tanto da avere bisogno di trasfusioni. Con un certo inevitabile ritardo (non aveva avvertito i dottori che stava assumendo l’aspirinetta) e dopo esami vari si è infine scoperto che un piccolo vaso della coscia continuava a sanguinare a causa dell’effetto antiaggregante sulle piastrine dell’aspirina, con conseguente ampliamento della zona originaria dell’ematoma.
Morale della vicenda è che un cantante o una show-girl famosi (è successo!), un conduttore televisivo (è successo!) o un principe da rotocalco (è successo!) e altri “persuasori”, grazie alla notorietà conquistata sul piccolo schermo o sui giornali, riescono ad influenzare con le loro dichiarazioni più di quanto non sono in grado di fare ricercatori seri che scrivono su (e sono controllati da) prestigiose riviste scientifiche, a meno che anch’essi non compaiano in televisione per promuovere la ricerca (ci ricordiamo di Dulbecco a San Remo?).
Lo stesso è successo per il possibile effetto preventivo dell’aspirinetta assunta ogni giorno per 5 anni sul rischio e sulla mortalità per cancro del colon e di altri organi suggerito da un articolo di Lancet del gennaio 2010. Probabilmente è in base a questo articolo che Fergus Walsh, giornalista britannico curatore della sezione Salute e Medicina per l’autorevole BBC, si sente di dichiarare pubblicamente che lui prenderà comunque un’aspirina al giorno per altri (presunti) 25 anni. Questa eventualità non è del tutto astrusa, ma la “sicurezza” di Walsh ci serve per sottolineare nuovamente una questione cruciale e cioè quanto sia opportuno e corretto che i cittadini vengano influenzati/plagiati da personaggi della TV che con disinvoltura danno consigli senza specifica competenza più che da referenti medici attendibili, i soli in grado di soppesare la portata dei dati pubblicati.
A questo scopo è in uso soprattutto l’aspirina a basso dosaggio (75-100 mg), la cosiddetta aspirinetta, che conserva l’effetto antiaggregante, ma minimizza il rischio di effetti collaterali avversi quali erosioni, ulcere e sanguinamenti nel tratto digestivo. L’efficacia dell’aspirinetta in soggetti che già hanno avuto infarto e ictus è ben documentata (riduzione del rischio di recidiva di circa il 25% circa) e da qui l’ipotesi, non altrettanto documentata, che l’aspirina possa essere efficace anche in soggetti in salute che non abbiano già sofferto di patologia cardio-cerebrovascolare.
In realtà, una meta-analisi di 6 studi controllati randomizzati condotta su quasi 100.000 mila soggetti e pubblicata sulla rivista “Lancet” nel 2009, conclude che “in soggetti senza pregressa patologia cardiovascolare l’uso dell’aspirina è di incerto valore poiché la riduzione di eventi trombotici trombosi deve essere confrontata con l’incremento di emorragie non trascurabili”. Più chiaramente, un effetto preventivo dell’aspirina si registra anche in persone sane, ma la riduzione del rischio suggerita dalla meta-analisi risulta meno della metà di quella osservabile in pazienti che abbiano già avuto ictus o infarto e c’è da chiedersi se un beneficio modesto sia tale da compensare il rischio emorragico.
Arrivare a conclusioni certe, tuttavia, non è facile, anche perché i soggetti considerati sani possono in realtà essere una popolazione con fattori addizionali di rischio multipli ed eterogenei, al di là di quelli cardio-cerebrovascolari. La questione è quindi oggetto di ampio dibattito medico-scientifico. Ulteriore problema è che a influenzare la condotta dei cittadini entrano in scena (“a gamba tesa”, si direbbe calcisticamente) erogatori di consigli medici che non sono degli esperti, ma solo personaggi noti per tutt’altro motivo.
Questo numero crescente di “testimonial”, spesso impegnati in campagne a vantaggio non dei pazienti ma di aziende che di comunicazione se ne intendono, è non di rado inopportuno e talora potenzialmente pericoloso. Posso ad esempio citare, tra i molti a me noti, il recentissimo caso di un amico sano, sportivo, con esami laboratoristici perfetti e senza fattori di rischio se non l’età (over 70), che assumeva regolarmente l’aspirinetta non su indicazione del suo medico, ma perché aveva letto su una rivista che “era meglio fare così”. Urtato banalmente da una vettura mentre viaggiava sul suo motorino, veniva portato prudenzialmente al Pronto Soccorso dove si escludeva ogni frattura e si diagnosticava un semplice ematoma della coscia. Con sorpresa dei medici, tuttavia, l’amico si anemizzava velocemente tanto da avere bisogno di trasfusioni. Con un certo inevitabile ritardo (non aveva avvertito i dottori che stava assumendo l’aspirinetta) e dopo esami vari si è infine scoperto che un piccolo vaso della coscia continuava a sanguinare a causa dell’effetto antiaggregante sulle piastrine dell’aspirina, con conseguente ampliamento della zona originaria dell’ematoma.
Morale della vicenda è che un cantante o una show-girl famosi (è successo!), un conduttore televisivo (è successo!) o un principe da rotocalco (è successo!) e altri “persuasori”, grazie alla notorietà conquistata sul piccolo schermo o sui giornali, riescono ad influenzare con le loro dichiarazioni più di quanto non sono in grado di fare ricercatori seri che scrivono su (e sono controllati da) prestigiose riviste scientifiche, a meno che anch’essi non compaiano in televisione per promuovere la ricerca (ci ricordiamo di Dulbecco a San Remo?).
Lo stesso è successo per il possibile effetto preventivo dell’aspirinetta assunta ogni giorno per 5 anni sul rischio e sulla mortalità per cancro del colon e di altri organi suggerito da un articolo di Lancet del gennaio 2010. Probabilmente è in base a questo articolo che Fergus Walsh, giornalista britannico curatore della sezione Salute e Medicina per l’autorevole BBC, si sente di dichiarare pubblicamente che lui prenderà comunque un’aspirina al giorno per altri (presunti) 25 anni. Questa eventualità non è del tutto astrusa, ma la “sicurezza” di Walsh ci serve per sottolineare nuovamente una questione cruciale e cioè quanto sia opportuno e corretto che i cittadini vengano influenzati/plagiati da personaggi della TV che con disinvoltura danno consigli senza specifica competenza più che da referenti medici attendibili, i soli in grado di soppesare la portata dei dati pubblicati.