Il Cicap e la televisione
Cari amici del Cicap,
dopo aver visto le trasmissioni di RAITRE su quello strano alieno fatto a pezzetti nel corso di una ancor più strana autopsia, vorrei fare alcune osservazioni più generali sui dibattiti riguardanti i fenomeni paranormali, UFO, ecc. ai quali partecipano spesso membri del Cicap o critici tendenzialmente aventi le stesso tipo di approccio mentale.
Partirei intanto da una considerazione di base: la maggioranza delle persone crede a qualcuno dei fenomeni sopraccennati, o per lo meno non esclude che possano essere veri. Già questa prima constatazione dovrebbe far meditare quei critici che ritengono che un servizio pubblico come la RAI, ma questo vale anche per gli altri organi di informazione, non dovrebbe sprecare tempo e denaro ad occuparsi di questo tipo di fenomeni. Ritengo invece che dovrebbe essere tutto il contrario, naturalmente gestendo queste informazioni con un minimo di serietà. E penso che in questo possa essere preziosa naturalmente la presenza ed il supporto del Cicap.
Però a questo punto subentra un'altra domanda: come affrontare questi dibattiti?
Purtroppo molto spesso si finisce in una contrapposizione frontale fra, chiamiamoli, i "credenti" ed i critici, alla fine della quale il risultato è che ognuna delle due parti rimane tenacemente ancorata alla sua "credenza"; questo alla fin fine è una conseguenza ovvia, ma anche che le persone non schierate per uno dei due contendenti, chiamiamoli i "dubbiosi", rimangono tali in quanto non riescono ad avere qualche appiglio che li spinga a propendere per una delle due parti.
A questo proposito mi si permetta un inciso: quelli del Cicap vengono considerati normalmente fra gli addetti della parte avversa, come degli scettici inveterati coi quali è del tutto inutile dialogare, e su questo si dovrebbe fare un piccolo esame di coscienza.
Come uscire da questa impasse ? Provo a buttare qualche suggerimento. Innanzitutto avere un atteggiamento molto costruttivo, cioè prendere all'inizio molto seriamente in considerazione quello che gli altri espongono. Cioè non partire a priori a dichiarare l'inconsistenza delle loro affermazioni, anche se ciò può sembrare del tutto evidente. Anzi, più assurde esse sono, tanto più seriamente vanno prese in considerazione: poiché così risulta più facile evidenziare la loro incongruenza interna. Secondo me la tattica più opportuna dovrebbe esser quella di far risaltare la loro autocontradditorietà partendo dalle stesse premesse che essi pongono a base delle loro affermazioni. Costerà un po' di fatica, ma alla fine questa tattica potrà riuscire a creare qualche dubbio, forse non ai fautori della teoria, ma perlomeno agli ascoltatori del dibattito.
Importante sarebbe anche far capire preventivamente per quale motivo certi fenomeni vanno considerati con molte circospezione prima di poterli accettare, domandando per esempio per quale motivo nessuno dubita dell'esistenza dei panda, anche se magari non li hanno mai visti di persona, mentre ci sono tante persone serie che dubitano della presen-za degli extraterrestri sul nostro pianeta; oppure perché tutti danno per scontata l'esistenza della telefonia ma non quella della telepatia e così via.
Una delle situazioni più comuni in questi dibattiti è l'asserzione dell'effettivo verificarsi di fenomeni paranormali, a cui segue la domanda: «allora mi spieghi Lei come mai questo è avvenuto».
La risposta classica di mettere in dubbio quanto descritto crea subito una situazione di contrapposizione frontale senza via di uscita. Sarebbe invece opportuno in questo caso partire con il descrivere quali debbano essere i criteri di controllo di una qualsiasi affermazione, spiegando in maniera molto semplice quali siano i principi su cui si basa il metodo scientifico, che nor-malmente viene considerato qualcosa di completamente astruso da parte dei non addetti ai lavori, per poi passare alla controdomanda di quali controlli siano stati effettuati su quanto affermato.
Successivamente andrebbe chiesto alla controparte come loro spiegano questi fenomeni, facendo presente che una pura descrizione di eventi non implica alcuna conoscenza degli stessi, se essa non è accompagnata da una qualche teoria che consenta di inquadrarli ed esaminarli in maniera razionale.
Prima di Newton tutti vedevano cadere le mele, ma questo non è sufficiente per affermare che tutti fossero a conoscenza della teoria della gravitazione universale.
Può darsi che queste mie considerazioni non siano state tutte molto centrate, ma mi sono servite soltanto per sottolineare che queste discussioni andrebbero affrontate con molta umiltà e pazienza se si vuole sperare di trarne un effetto educativo.
Cordiali saluti e tanti auguri per il proseguimento della vostra attività.
Paolo Adami
San Donato Milanese 25. 10. 1995
In relazione all'articolo di Lorenzo Montali dal titolo Scetticismo e televisione: rapporto impossibile? e pubblicato sul numero 10 di Scienza & paranormale, desidero proporre le seguenti considerazioni.
Sicuramente, come afferma Montali, è importante andare in televisione per fare conoscere ai telespettatori «l'altra campana», per dare voce a chi è stanco di sentire fandonie senza essere in grado di replicare. Ritengo, diversamente da Montali, che il problema non sia tanto quello di non partecipare ai cosiddetti programmi "trappola", quanto di presentarsi con un certo appeal nei confronti del pubblico. Mi spiego meglio. Il criterio base per la definizione della scaletta di una trasmissione è, come ben sappiamo, l'audience. In sostanza viene mandato in onda l'attrazione, il sensazionale. il divertente. Quindi per ottenere attenzione, bisogna proporsi come un "prodotto televisivo" attraente, curioso, talvolta anche sensazionale.
Nel gioco della TV. lo spettatore è come Pinocchio che viene guidato da Lucignolo (maghi e santoni vari) nel paese dei balocchi (il paranormale, l'irrazionale). I membri del Cicap spesso impersonano il ruolo del Grillo parlante che avverte e insegna, ma che purtroppo resta del tutto inascoltato da un Pinocchio che preferisce il fascino del mistero, la facile affabulazione. Con questa breve esemplificazione voglio dire che il Cicap, per potere combattere ad armi pari, per non rimanere più schiacciato nelle seconde file dei diversi contenitori televisivi, dovrebbe proporre le proprie ragioni in maniera altrettanto spettacolare quanto quelle portate dalla controparte. Quando ciò è avvenuto (per esempio ricordo un esperimento condotto dal prof. Garlaschelli sul presunto miracolo di San Gennaro) si ottiene un sostanziale risalto all'interno del programma e, quindi, una maggiore attenzione da parte del pubblico.
Concludendo, ritengo esista la possibilità di un proficuo rapporto tra le esigenze televisive e quelle della ragione, ma solo se si entra nella logica dei massmedia adeguando il codice di presentazione delle argomentazioni alla realtà televisiva: non più "noioso" Grillo parlante, ma attraente e, perché no, spettacolare controinformazione.
Marco Monti
Bologna, 18 giugno 1996
Risponde Lorenzo Montali:
Le due lettere sollevano una questione importante: come affrontare una discussione che riguardi i cosiddetti fenomeni paranormali in maniera positiva ed utile. Di fronte all'ingenuità di certe affermazioni o alla malafede di alcuni interlocutori, tutti noi, infatti, talvolta cadiamo in quell'atteggiamento da "grillo parlante" che viene giustamente criticato. In questo senso, i due lettori affermano l'esigenza di offrire le proprie argomentazioni in maniera più congrua rispetto alle ca-ratteristiche del mezzo televisivo. Trovo, perciò, utili e stimolanti i suggerimenti che vengono forniti, poiché vanno indubbiamente nella direzione di garantire una maggiore efficacia alle nostre argomentazioni.
Il mio articolo però cercava di segnalare un'ulteriore questione. E, cioè, che la partecipazione a trasmissioni televisive non è di per sé un elemento positivo, se non è accompagnata da una reale possibilità di intervento e, come viene definita, controinformazione.
Vi sono, infatti, programmi che non sono costruiti per ospitare un corretto confronto su un problema, ma per colpire lo spettatore con emozioni e sensazioni forti che impediscono una seria riflessione.
Ciò che succede in questi casi è che chi espone un punto di vista scettico viene, di fatto, emarginato poiché non gli viene concessa un'adeguata possibilità di replica o perché la sua è l'unica voce critica mentre ben più numerosi sono coloro che affermano l'evidenza del paranormale, o ancora perché il conduttore si oppone alle sue argomentazioni in nome del "diritto del pubblico a credere". Dimenticando che il primo diritto del pubblico dovrebbe essere quello di capire, partendo da una corretta informazione, la reale portata dei fenomeni.
Quanto alla necessità di spettacolarizzare gli interventi, richiamata in una delle due lettere, va detto che molte volte l'invito a prendere parte a trasmissioni tv arriva in extremis, e, altrettanto frequentemente, la scaletta degli ospiti, e quindi degli argomenti di cui ci si troverà ci discutere è definita solo all'ultimo momento, rendendo impossibile un'accurata preparazione.
Tutto ciò non è affatto casuale, ma va appunto nella direzione di privilegiare chi si fa sostenitore delle tesi più inverosimili (e, quindi, sensazionali), trattando come un "guastafeste" chi non accetta questa logica giornalistica.
In situazioni come queste, perciò, tutti noi rischiamo di garantire una patente di credibilità ad interlocutori che spesso non lo sono affatto.
Questo non è però, vorrei ribadirlo, un generico "no" alla possibilità di prendere parte a trasmissioni televisive, ma solo un invito a considerare che non tutti i programmi sono uguali, che il contenitore incide molto sulla possibilità di veicolare o meno un certo messaggio e, quindi, che la nostra presenza in tv non deve essere un automatismo, ma il frutto di una scelta maturata valutando volta per volta gli obiettivi delle trasmissioni stesse.
Lorenzo Montali
segretario CICAP
Cari amici del Cicap,
dopo aver visto le trasmissioni di RAITRE su quello strano alieno fatto a pezzetti nel corso di una ancor più strana autopsia, vorrei fare alcune osservazioni più generali sui dibattiti riguardanti i fenomeni paranormali, UFO, ecc. ai quali partecipano spesso membri del Cicap o critici tendenzialmente aventi le stesso tipo di approccio mentale.
Partirei intanto da una considerazione di base: la maggioranza delle persone crede a qualcuno dei fenomeni sopraccennati, o per lo meno non esclude che possano essere veri. Già questa prima constatazione dovrebbe far meditare quei critici che ritengono che un servizio pubblico come la RAI, ma questo vale anche per gli altri organi di informazione, non dovrebbe sprecare tempo e denaro ad occuparsi di questo tipo di fenomeni. Ritengo invece che dovrebbe essere tutto il contrario, naturalmente gestendo queste informazioni con un minimo di serietà. E penso che in questo possa essere preziosa naturalmente la presenza ed il supporto del Cicap.
Però a questo punto subentra un'altra domanda: come affrontare questi dibattiti?
Purtroppo molto spesso si finisce in una contrapposizione frontale fra, chiamiamoli, i "credenti" ed i critici, alla fine della quale il risultato è che ognuna delle due parti rimane tenacemente ancorata alla sua "credenza"; questo alla fin fine è una conseguenza ovvia, ma anche che le persone non schierate per uno dei due contendenti, chiamiamoli i "dubbiosi", rimangono tali in quanto non riescono ad avere qualche appiglio che li spinga a propendere per una delle due parti.
A questo proposito mi si permetta un inciso: quelli del Cicap vengono considerati normalmente fra gli addetti della parte avversa, come degli scettici inveterati coi quali è del tutto inutile dialogare, e su questo si dovrebbe fare un piccolo esame di coscienza.
Come uscire da questa impasse ? Provo a buttare qualche suggerimento. Innanzitutto avere un atteggiamento molto costruttivo, cioè prendere all'inizio molto seriamente in considerazione quello che gli altri espongono. Cioè non partire a priori a dichiarare l'inconsistenza delle loro affermazioni, anche se ciò può sembrare del tutto evidente. Anzi, più assurde esse sono, tanto più seriamente vanno prese in considerazione: poiché così risulta più facile evidenziare la loro incongruenza interna. Secondo me la tattica più opportuna dovrebbe esser quella di far risaltare la loro autocontradditorietà partendo dalle stesse premesse che essi pongono a base delle loro affermazioni. Costerà un po' di fatica, ma alla fine questa tattica potrà riuscire a creare qualche dubbio, forse non ai fautori della teoria, ma perlomeno agli ascoltatori del dibattito.
Importante sarebbe anche far capire preventivamente per quale motivo certi fenomeni vanno considerati con molte circospezione prima di poterli accettare, domandando per esempio per quale motivo nessuno dubita dell'esistenza dei panda, anche se magari non li hanno mai visti di persona, mentre ci sono tante persone serie che dubitano della presen-za degli extraterrestri sul nostro pianeta; oppure perché tutti danno per scontata l'esistenza della telefonia ma non quella della telepatia e così via.
Una delle situazioni più comuni in questi dibattiti è l'asserzione dell'effettivo verificarsi di fenomeni paranormali, a cui segue la domanda: «allora mi spieghi Lei come mai questo è avvenuto».
La risposta classica di mettere in dubbio quanto descritto crea subito una situazione di contrapposizione frontale senza via di uscita. Sarebbe invece opportuno in questo caso partire con il descrivere quali debbano essere i criteri di controllo di una qualsiasi affermazione, spiegando in maniera molto semplice quali siano i principi su cui si basa il metodo scientifico, che nor-malmente viene considerato qualcosa di completamente astruso da parte dei non addetti ai lavori, per poi passare alla controdomanda di quali controlli siano stati effettuati su quanto affermato.
Successivamente andrebbe chiesto alla controparte come loro spiegano questi fenomeni, facendo presente che una pura descrizione di eventi non implica alcuna conoscenza degli stessi, se essa non è accompagnata da una qualche teoria che consenta di inquadrarli ed esaminarli in maniera razionale.
Prima di Newton tutti vedevano cadere le mele, ma questo non è sufficiente per affermare che tutti fossero a conoscenza della teoria della gravitazione universale.
Può darsi che queste mie considerazioni non siano state tutte molto centrate, ma mi sono servite soltanto per sottolineare che queste discussioni andrebbero affrontate con molta umiltà e pazienza se si vuole sperare di trarne un effetto educativo.
Cordiali saluti e tanti auguri per il proseguimento della vostra attività.
Paolo Adami
San Donato Milanese 25. 10. 1995
In relazione all'articolo di Lorenzo Montali dal titolo Scetticismo e televisione: rapporto impossibile? e pubblicato sul numero 10 di Scienza & paranormale, desidero proporre le seguenti considerazioni.
Sicuramente, come afferma Montali, è importante andare in televisione per fare conoscere ai telespettatori «l'altra campana», per dare voce a chi è stanco di sentire fandonie senza essere in grado di replicare. Ritengo, diversamente da Montali, che il problema non sia tanto quello di non partecipare ai cosiddetti programmi "trappola", quanto di presentarsi con un certo appeal nei confronti del pubblico. Mi spiego meglio. Il criterio base per la definizione della scaletta di una trasmissione è, come ben sappiamo, l'audience. In sostanza viene mandato in onda l'attrazione, il sensazionale. il divertente. Quindi per ottenere attenzione, bisogna proporsi come un "prodotto televisivo" attraente, curioso, talvolta anche sensazionale.
Nel gioco della TV. lo spettatore è come Pinocchio che viene guidato da Lucignolo (maghi e santoni vari) nel paese dei balocchi (il paranormale, l'irrazionale). I membri del Cicap spesso impersonano il ruolo del Grillo parlante che avverte e insegna, ma che purtroppo resta del tutto inascoltato da un Pinocchio che preferisce il fascino del mistero, la facile affabulazione. Con questa breve esemplificazione voglio dire che il Cicap, per potere combattere ad armi pari, per non rimanere più schiacciato nelle seconde file dei diversi contenitori televisivi, dovrebbe proporre le proprie ragioni in maniera altrettanto spettacolare quanto quelle portate dalla controparte. Quando ciò è avvenuto (per esempio ricordo un esperimento condotto dal prof. Garlaschelli sul presunto miracolo di San Gennaro) si ottiene un sostanziale risalto all'interno del programma e, quindi, una maggiore attenzione da parte del pubblico.
Concludendo, ritengo esista la possibilità di un proficuo rapporto tra le esigenze televisive e quelle della ragione, ma solo se si entra nella logica dei massmedia adeguando il codice di presentazione delle argomentazioni alla realtà televisiva: non più "noioso" Grillo parlante, ma attraente e, perché no, spettacolare controinformazione.
Marco Monti
Bologna, 18 giugno 1996
Risponde Lorenzo Montali:
Le due lettere sollevano una questione importante: come affrontare una discussione che riguardi i cosiddetti fenomeni paranormali in maniera positiva ed utile. Di fronte all'ingenuità di certe affermazioni o alla malafede di alcuni interlocutori, tutti noi, infatti, talvolta cadiamo in quell'atteggiamento da "grillo parlante" che viene giustamente criticato. In questo senso, i due lettori affermano l'esigenza di offrire le proprie argomentazioni in maniera più congrua rispetto alle ca-ratteristiche del mezzo televisivo. Trovo, perciò, utili e stimolanti i suggerimenti che vengono forniti, poiché vanno indubbiamente nella direzione di garantire una maggiore efficacia alle nostre argomentazioni.
Il mio articolo però cercava di segnalare un'ulteriore questione. E, cioè, che la partecipazione a trasmissioni televisive non è di per sé un elemento positivo, se non è accompagnata da una reale possibilità di intervento e, come viene definita, controinformazione.
Vi sono, infatti, programmi che non sono costruiti per ospitare un corretto confronto su un problema, ma per colpire lo spettatore con emozioni e sensazioni forti che impediscono una seria riflessione.
Ciò che succede in questi casi è che chi espone un punto di vista scettico viene, di fatto, emarginato poiché non gli viene concessa un'adeguata possibilità di replica o perché la sua è l'unica voce critica mentre ben più numerosi sono coloro che affermano l'evidenza del paranormale, o ancora perché il conduttore si oppone alle sue argomentazioni in nome del "diritto del pubblico a credere". Dimenticando che il primo diritto del pubblico dovrebbe essere quello di capire, partendo da una corretta informazione, la reale portata dei fenomeni.
Quanto alla necessità di spettacolarizzare gli interventi, richiamata in una delle due lettere, va detto che molte volte l'invito a prendere parte a trasmissioni tv arriva in extremis, e, altrettanto frequentemente, la scaletta degli ospiti, e quindi degli argomenti di cui ci si troverà ci discutere è definita solo all'ultimo momento, rendendo impossibile un'accurata preparazione.
Tutto ciò non è affatto casuale, ma va appunto nella direzione di privilegiare chi si fa sostenitore delle tesi più inverosimili (e, quindi, sensazionali), trattando come un "guastafeste" chi non accetta questa logica giornalistica.
In situazioni come queste, perciò, tutti noi rischiamo di garantire una patente di credibilità ad interlocutori che spesso non lo sono affatto.
Questo non è però, vorrei ribadirlo, un generico "no" alla possibilità di prendere parte a trasmissioni televisive, ma solo un invito a considerare che non tutti i programmi sono uguali, che il contenitore incide molto sulla possibilità di veicolare o meno un certo messaggio e, quindi, che la nostra presenza in tv non deve essere un automatismo, ma il frutto di una scelta maturata valutando volta per volta gli obiettivi delle trasmissioni stesse.
Lorenzo Montali
segretario CICAP