L'evoluto uomo occidentale del Terzo millennio ha la presunzione, che gli deriva dalla consapevolezza del conseguito progresso tecnologico, di essere lontano anni luce dai costumi dell'uomo del passato, che guarda con indulgenza e superiorità, a tratti sfiorato dal dubbio che a quell'essere ignorante e imperfetto si potesse realmente attribuire la denominazione di "uomo". Il sorriso aleggia sulle sue labbra quando, tra le pagine di un libro di storia, legge delle lunghe e flagellanti processioni del Medioevo, che erano l'unico scudo che l'uomo pensava di poter frapporre tra sé e il flagello della peste, e che, invece, ne favorivano il contagio. L'indulgenza sfiora quasi la pietà quando pensa alla persecuzione degli innocenti ritenuti "untori" e delle presunte streghe, all'ingenuo culto di reliquie improbabili come il "cranio di Sant'Antonio bambino" e la "piuma dell'Agnolo Gabriele" di boccaccesca memoria, alle spiegazioni in chiave sovrannaturale di ogni fenomeno naturale che apparisse, in qualche modo, misterioso. «Ora quel tempo è passato», sembrano dire i suoi occhi, il suo sorriso, le sue scrollatine di spalle. Ma A volte ritornano, ammoniva l'inquietante titolo di un film cult degli anni '90, ed è proprio vero.
Chi vedesse le file di fedeli osannanti che ogni giorno si riversano in un piccolo paesino della Bosnia, Medjugorje, recitare coralmente un rosario o assistere ad una celebrazione eucaristica, o, nei casi più fortunati, a una delle – ormai non più quotidiane – apparizioni pubbliche della Gospa (la Vergine Maria nella lingua locale), potrebbe pensare che si tratti di un fenomeno che riporta indietro l'orologio della storia di decenni, o, piuttosto, di secoli, e la tentazione sarebbe quella di liquidare il tutto come "roba da ignoranti", destinata a non far presa presso chi vanta un regolare curriculum di studi e un bagaglio di esperienze umane sufficienti a formarne la coscienza critica. Ma sottovalutare un fenomeno o ignorarne la portata non è mai un bene, perché la naturale conseguenza di un atteggiamento simile è appunto il consolidarsi del problema, a dispetto di ogni atteggiamento di sufficienza. Anche perché, a quanto sembra, Medjugorje non è affatto "roba da ignoranti", come non lo sono l'astrologia, l'agopuntura, l'omeopatia e tante altre manifestazioni della crisi della mentalità scientifica che la nostra epoca vede proliferare e che vedono come fautori proprio quelle persone i cui studi dovrebbero mettere al riparo da simili aberrazioni. Nel blog curato dall'autore del libro oggetto di questa recensione, un anonimo giovane ingegnere lo spiega chiaramente. Nella sua interessante e intensa testimonianza afferma, infatti: «Medjugorje è fatta per "spegnere la parte razionale": ci si lascia suggestionare dal meraviglioso, dal fantastico, dall'ultraterreno. Per questo dico che a Medjugorje è come se si avesse una febbre molto alta! Medjugorje promette una fuga da una situazione disperata e dal male di vivere in un mondo che spesso ha il sapore dell'assurdo» e avverte: «Se ci sono caduto io, che sono ingegnere laureato con 110 e lode, quali effetti può avere Medjugorje sulla credulità popolare?» Effetti devastanti, annichilenti per molte delle vite che vi sono coinvolte, verrebbe da rispondere al giovane ingegnere, che ha sperimentato personalmente quanto possa essere rischioso premere sull'interruttore della razionalità e lasciarsi brancolare nel buio, nella speranza che questo porti un po' di sollievo alle proprie sofferenze. È per il fatto che sono esistite ed esistono ancora troppe persone come questo giovane che ritengo che il libro di Marco Corvaglia sia una lettura importante, e che lo sia per tutti. Perché, che si sia avuto o no contatto con il fenomeno Medjugorje, l'analisi lucida, pacata, stringentemente consequenziale del prof. Corvaglia è vera "ginnastica per il cervello", organo che troppe volte ci si dimentica di allenare.
Non ripeterò le lodi che da più parti sono giunte al lavoro di Marco Corvaglia, ma quel che fa particolarmente piacere notare in un libro di questo tipo è il tono sereno, la totale assenza di livore. Corvaglia non è un mangiapreti né si comporta da tale, anzi il suo periodare pacato e rigoroso, l'assenza dei luoghi comuni della retorica persuasiva e dell'ironia beffarda di altri libri su fenomeni simili dispongono al meglio gli stessi medjugoristi, o almeno quelli moderati.
Con l'accuratezza che lo contraddistingue, l'autore affronta l'affaire Medjugorje da tutti i punti di vista, mettendo in luce l'abbondanza di contraddizioni e di anomalie, l'evidente abuso della credulità popolare, l'ambiguità della posizione della Chiesa e l'assoluta assenza di metodo scientifico nelle indagini cui nel tempo i veggenti sono stati sottoposti. E, nonostante la pacatezza dimostrata dal Corvaglia, i fanatici della Gospa si sono inalberati perché la pletora di dati citati dall'autore, senza alcun bisogno di commenti, parla da sé: la verità è lì, pronta per essere colta da parte di chiunque abbia voglia di vederla, di sentirla, di comprenderla. Medjugorje è indubbiamente una colossale truffa ai danni dell'intelletto umano, portata stancamente avanti ai soli fini economici. Una verità, questa, che non sfugge certamente a chi a Medjugorje vive e lavora. Interessantissimo il codino di chiusura del volume: gli appunti del viaggio a Medjugorje che Marco Corvaglia intraprende nell'estate del 2007. È qui che incontriamo la figura di un giovane tassista, cui l'autore confida la propria incredulità, aggiungendo la domanda impertinente: «Tu ci credi?» (in inglese, chiaramente). La risposta del ragazzo, che prima ha parlato senza peli sulla lingua della quantità di turisti e di denaro che la Gospa ha riversato su Medjugorje è uno «Yes» seguito da un «Of course» a mezza voce, corredato da uno sguardo inequivocabile e da una stretta di mano che denota cordialità e rispetto. E in questa stretta di mano, più significativa di molti altri commenti, ritengo si possa riassumere tutta la morale della storia.
Chi vedesse le file di fedeli osannanti che ogni giorno si riversano in un piccolo paesino della Bosnia, Medjugorje, recitare coralmente un rosario o assistere ad una celebrazione eucaristica, o, nei casi più fortunati, a una delle – ormai non più quotidiane – apparizioni pubbliche della Gospa (la Vergine Maria nella lingua locale), potrebbe pensare che si tratti di un fenomeno che riporta indietro l'orologio della storia di decenni, o, piuttosto, di secoli, e la tentazione sarebbe quella di liquidare il tutto come "roba da ignoranti", destinata a non far presa presso chi vanta un regolare curriculum di studi e un bagaglio di esperienze umane sufficienti a formarne la coscienza critica. Ma sottovalutare un fenomeno o ignorarne la portata non è mai un bene, perché la naturale conseguenza di un atteggiamento simile è appunto il consolidarsi del problema, a dispetto di ogni atteggiamento di sufficienza. Anche perché, a quanto sembra, Medjugorje non è affatto "roba da ignoranti", come non lo sono l'astrologia, l'agopuntura, l'omeopatia e tante altre manifestazioni della crisi della mentalità scientifica che la nostra epoca vede proliferare e che vedono come fautori proprio quelle persone i cui studi dovrebbero mettere al riparo da simili aberrazioni. Nel blog curato dall'autore del libro oggetto di questa recensione, un anonimo giovane ingegnere lo spiega chiaramente. Nella sua interessante e intensa testimonianza afferma, infatti: «Medjugorje è fatta per "spegnere la parte razionale": ci si lascia suggestionare dal meraviglioso, dal fantastico, dall'ultraterreno. Per questo dico che a Medjugorje è come se si avesse una febbre molto alta! Medjugorje promette una fuga da una situazione disperata e dal male di vivere in un mondo che spesso ha il sapore dell'assurdo» e avverte: «Se ci sono caduto io, che sono ingegnere laureato con 110 e lode, quali effetti può avere Medjugorje sulla credulità popolare?» Effetti devastanti, annichilenti per molte delle vite che vi sono coinvolte, verrebbe da rispondere al giovane ingegnere, che ha sperimentato personalmente quanto possa essere rischioso premere sull'interruttore della razionalità e lasciarsi brancolare nel buio, nella speranza che questo porti un po' di sollievo alle proprie sofferenze. È per il fatto che sono esistite ed esistono ancora troppe persone come questo giovane che ritengo che il libro di Marco Corvaglia sia una lettura importante, e che lo sia per tutti. Perché, che si sia avuto o no contatto con il fenomeno Medjugorje, l'analisi lucida, pacata, stringentemente consequenziale del prof. Corvaglia è vera "ginnastica per il cervello", organo che troppe volte ci si dimentica di allenare.
Non ripeterò le lodi che da più parti sono giunte al lavoro di Marco Corvaglia, ma quel che fa particolarmente piacere notare in un libro di questo tipo è il tono sereno, la totale assenza di livore. Corvaglia non è un mangiapreti né si comporta da tale, anzi il suo periodare pacato e rigoroso, l'assenza dei luoghi comuni della retorica persuasiva e dell'ironia beffarda di altri libri su fenomeni simili dispongono al meglio gli stessi medjugoristi, o almeno quelli moderati.
Con l'accuratezza che lo contraddistingue, l'autore affronta l'affaire Medjugorje da tutti i punti di vista, mettendo in luce l'abbondanza di contraddizioni e di anomalie, l'evidente abuso della credulità popolare, l'ambiguità della posizione della Chiesa e l'assoluta assenza di metodo scientifico nelle indagini cui nel tempo i veggenti sono stati sottoposti. E, nonostante la pacatezza dimostrata dal Corvaglia, i fanatici della Gospa si sono inalberati perché la pletora di dati citati dall'autore, senza alcun bisogno di commenti, parla da sé: la verità è lì, pronta per essere colta da parte di chiunque abbia voglia di vederla, di sentirla, di comprenderla. Medjugorje è indubbiamente una colossale truffa ai danni dell'intelletto umano, portata stancamente avanti ai soli fini economici. Una verità, questa, che non sfugge certamente a chi a Medjugorje vive e lavora. Interessantissimo il codino di chiusura del volume: gli appunti del viaggio a Medjugorje che Marco Corvaglia intraprende nell'estate del 2007. È qui che incontriamo la figura di un giovane tassista, cui l'autore confida la propria incredulità, aggiungendo la domanda impertinente: «Tu ci credi?» (in inglese, chiaramente). La risposta del ragazzo, che prima ha parlato senza peli sulla lingua della quantità di turisti e di denaro che la Gospa ha riversato su Medjugorje è uno «Yes» seguito da un «Of course» a mezza voce, corredato da uno sguardo inequivocabile e da una stretta di mano che denota cordialità e rispetto. E in questa stretta di mano, più significativa di molti altri commenti, ritengo si possa riassumere tutta la morale della storia.